Sequestro liberatorio
08 Gennaio 2018
Inquadramento
Il sequestro liberatorio, disciplinato dall'art. 687 c.p.c., consente al debitore di sottrarsi dal rischio della mora ogni qualvolta, sorta controversia sull'obbligo, sul modo del pagamento, sulla consegna o sull'idoneità delle somme o delle cose offerte previamente al creditore, occorre attendere la definizione del giudizio relativamente instaurato (Cass. civ., sez. I, 11 giugno 1987, n. 5078). In particolare, il sequestro delle somme o delle cose che il debitore offre o mette a disposizione del creditore ex art. 687 c.p.c., può essere concesso solo qualora vi sia stata, da parte del debitore, un'offerta formale (artt. 1208 e 1209 c.c.) o non formale (art. 1214 c.c.) e quando vi sia contestazione circa l'obbligo o il modo di pagamento o di consegna o circa l'inidoneità della cosa offerta (App. Reggio Calabria, 17 febbraio 2005). Nella giurisprudenza di merito si sono altresì delineati i confini tra l'istituto in esame, misura cautelare che presuppone una contestazione del creditore rispetto all'offerta del debitore, ed il sequestro di cui all'art. 1206 c.c., di natura contrattuale, che si fonda invece su un immotivato rifiuto del creditore messo in mora a ricevere la prestazione (Trib. Napoli, 27 aprile 2001). Interesse da tutelare e natura cautelare del provvedimento
L'art. 687 c.p.c. reca in rubrica “Casi speciali di sequestro”. La locuzione “casi” fa riferimento ai casi in cui il sequestro in esame può essere concesso. La norma stabilisce infatti che la misura può essere accordata quando la controversia fra debitore e creditore abbia ad oggetto «l'obbligo o il modo del pagamento o della consegna, o l'idoneità della cosa offerta»; il sequestro è dunque uno, mentre molteplici sono i casi in cui lo stesso può essere richiesto e concesso. L'unità tipologica della misura è data dall'unicità dell'interesse sotteso che è quello del debitore di liberarsi dai rischi della mora (cfr. art. 1206 c.c.) in cui il medesimo potrebbe incorrere qualora si rivelino sussistenti «l'obbligo o il modo del pagamento o della consegna, o l'idoneità della cosa offerta» (Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2003, n. 10992). Da qui la definizione di sequestro liberatorio: il provvedimento del giudice cautelerebbe le “somme” o le “cose” oggetto di possibile adempimento, liberando medio tempore il debitore anche dalla loro responsabilità; il medesimo ha dunque natura cautelare (Cass. civ., sez. I, 11 giugno 1987, n. 5078). Requisiti soggettivi ed oggettivi
Dal punto di vista soggettivo, il provvedimento in esame può essere richiesto solo dal debitore; in effetti la tutela dell'interesse sotteso alla misura impone che legittimato attivo sia unicamente costui (cfr. Cass. civ., sez. III, 11 settembre 2014, n. 19157; Cass. civ, sez. III, 14 luglio 2003 n. 10992; Trib. Lucca, 11 ottobre 2012). Da un punto di vista oggettivo invece l'individuazione dei requisiti deve essere condotta alla luce della sommarietà e della natura cautelare del procedimento. Partendo dalla sommarietà del procedimento, ai fini del rilascio del provvedimento cautelare, si tratterà di valutare non già la probabilità di accoglimento della domanda avanzata o da avanzarsi nel giudizio di merito, bensì la fondatezza della pretesa sulla base di un materiale probatorio (presuntivo, argomentativo documentale) sufficientemente solido. Da un punto di vista cautelare, la richiesta promossa dovrà invece presentare specifici requisiti. Anzitutto occorre che il debitore abbia inutilmente «offerto o messo comunque a disposizione del creditore per la sua liberazione» le somme o le cose oggetto di contestazione; infatti, il sequestro può essere concesso solo qualora vi sia stata, da parte del debitore, un'offerta formale ex artt. 1208 e 1209 c.c. o non formale ex art. 1214 c.c. (cfr. App. Reggio Calabria, 17 febbraio 2005; App. Bologna, 3 aprile 1996; Trib. Napoli, 4 marzo 2003). Il rifiuto del creditore (necessario per giustificare l'istanza cautelare) non dovrà essere immotivato (come accade nell'art. 1206 c.c.) poiché sarà proprio sul motivo a sostegno del rigetto che potrà instaurarsi il giudizio di merito. In punto di fumus, occorre che il detto giudizio abbia ad oggetto «l'obbligo o il modo del pagamento o della consegna, o l'idoneità della cosa offerta». Si esclude, pertanto, che il sequestro in esame possa essere invocato in presenza di un titolo esecutivo giudiziale, potendo il debitore sollecitare altri rimedi alternativi quali il versamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario e il deposito della somma richiesta ex art. 494 c.p.c., la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata ex art. 283 c.p.c., la sospensione dell'esecuzione ex art. 624 c.p.c. nonché, nel caso di titolo esecutivo provvisorio ex art. 648 c.p.c., l'imposizione di cauzione al creditore ex art. 648, comma 2, c.p.c. (Trib. Milano, 20 luglio 1995). In punto di periculum in giurisprudenza non vi è unanimità di vedute. Parte della giurisprudenza ritiene che detto requisito sia inutile, soprattutto se lo si vuole inquadrare, ex art. 671 c.p.c., nel timore di perdere la garanzia che dovrebbe offrirgli il creditore (Trib. Milano, 12 marzo 1991). Altra parte della giurisprudenza reputa che tale requisito, data la natura cautelare del provvedimento richiesto, dovrebbe in ogni caso sussistere (Trib. Taranto, II, 15 luglio 2014; Trib. Prato, 4 maggio 1988). In realtà, non si può non evidenziare come il sequestro liberatorio goda di una propria autonomia (Trib. Torino, 9 marzo 1988) e sia connotato da elementi di specialità, concretando una peculiare forma di provvedimento cautelare in cui il requisito del periculum (non espressamente richiesto dalla formulazione dell'art. 687 c.p.c.) può identificarsi anche con gli effetti negativi della mora debendi (cfr. Trib. Santa Maria Capua Vetere, 22 gennaio 2013); sicché il pericolo tipico del sequestro liberatorio è proprio quello della verificazione della mora debendi, che esiste in re ipsa in ogni caso in cui la richiesta di sequestro è formulata dal debitore che è disposto ad eseguire la prestazione al soggetto legittimato, ma vi è incertezza su chi sia effettivamente legittimato (Trib. Biella, 27 aprile 2005). La giurisprudenza si è soffermata in particolare:
Il sequestro liberatorio, godendo di una propria autonomia, deve essere distinto dal sequestro giudiziario, poiché solo in quest'ultimo si controverte sulla proprietà o sul possesso di un bene, e dal sequestro conservativo, in quanto solo in quest'ultimo si offrirebbe un mezzo di conservazione della garanzia spettante al creditore a tutela delle proprie ragioni creditorie. Il sequestro in esame va altresì tenuto distinto dal sequestro che si perfeziona ai sensi e per gli effetti dell'art. 1216, comma, 2 c.c.. In effetti, quest'ultimo non ha natura cautelare ma sostanziale, in quanto tende a perfezionare la liberazione del debitore nel momento in cui avviene la consegna della cosa dovuta (bene immobile) al sequestratario nominato dal giudice. In tal senso, il sequestro di cui all'art. 1216, comma 2, c.c. si inserisce nel meccanismo della mora credendi di cui agli artt. 1206 e ss. c.c., presupponendo, a differenza del sequestro liberatorio, un rifiuto senza motivo legittimo. Riferimenti
Cendon P., Commentario al codice di procedura civile, artt. 633 – 705, Giuffrè, 2012. |