La responsabilità ex art. 2051 c.c. e i vizi di costruzione del bene

18 Gennaio 2018

A quali condizioni il fatto del terzo può integrare gli estremi del caso fortuito, con conseguente esclusione della responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.?
Massima

Il fatto del terzo può integrare gli estremi del caso fortuito ed escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. a condizione che consista in una condotta estranea al custode, di per sé idonea a provocare il danno, a prescindere dall'uso della cosa oggetto di custodia.

Il vizio costruttivo del bene imputabile al terzo costruttore non integra il caso fortuito e non vale a escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.

Il caso

Due persone convengono in giudizio un condominio per ottenere il risarcimento dei danni da loro subiti in seguito alla caduta della cabina dell'ascensore condominiale, in cui si trovavano al momento del guasto.

Il Tribunale rigetta la domanda.

La Corte d'Appello accoglie le doglianze dei ricorrenti e condanna il condominio al risarcimento dei danni.

Il condominio ricorre per cassazione, adducendo la violazione dell'art. 2051 c.c.: secondo il ricorrente, la responsabilità del custode va esclusa quando il danno è dovuto unicamente alla condotta del terzo consistente nella costruzione viziata del bene, mai manifestatasi prima e non sospettabile dal custode.

La questione

A quali condizioni il fatto del terzo può integrare gli estremi del caso fortuito, con conseguente esclusione della responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.?

Il vizio costruttivo del bene integra gli estremi del caso fortuito, con conseguente esclusione della responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.?

Le soluzioni giuridiche

ed escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. in presenza di alcune condizioni. In particolare, deve consistere in una condotta del terzo che sia idonea di per sé a cagionare il danno, a prescindere dall'uso della cosa oggetto di custodia.

Tale principio si inserisce nell'ambito del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il caso fortuito consiste in un fatto imprevedibile ed eccezionale non imputabile al custode, che sia stato da solo sufficiente a causare il danno. Dunque, per integrare il caso fortuito, la condotta del terzo deve cagionare essa stessa il danno, a prescindere dall'uso che sia fatto del bene oggetto di custodia: in questo caso, la cosa custodita non è causa o concausa del danno ma è solo il mezzo o l'occasione per la produzione del danno, cagionato invece dal fatto esterno (in questi termini, Cass. civ., 20 agosto 2003, n. 12219 e Cass. civ., 15 marzo 2004, n. 5236).

Alla luce di tale principio, la Corte di Cassazione nella sentenza in commento afferma che il vizio di costruzione del bene oggetto di custodia non può integrare gli estremi del caso fortuito e, dunque, non esclude la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. Infatti, il danno dovuto a un vizio di costruzione non deriva in via diretta dalla condotta del terzo costruttore, ma deriva dall'utilizzo della cosa, che non è semplice mezzo o occasione per la produzione del danno. Il danno è dunque riconducibile causalmente al dinamismo interno della cosa oggetto di custodia e, quindi, alla responsabilità del custode (nello stesso senso, Cass. civ., 10 marzo 2009, n. 5755 e Cass. civ., 30 ottobre 2008, n. 26051).

In linea con quanto statuito dalla pronuncia in commento, la giurisprudenza riconduce alla responsabilità del custode le potenzialità dannose insite nel bene, indipendentemente dalle cause che ne sono all'origine e dall'indagine su quali soggetti abbiano eventualmente contribuito a realizzare la cosa: il custode risponde dei danni cagionati dalla cosa quale è, compresi i suoi vizi di costruzione (in questi termini, Cass. civ., 20 agosto 2003, n. 12219 e Cass. civ., 15 marzo 2004, n. 5236).

Peraltro, la giurisprudenza rileva che i difetti originari di costruzione della cosa non possono integrare gli estremi del caso fortuito anche perché non rappresentano circostanze eccezionali, corrispondendo i relativi danni a un rischio tipico collegato al bene. Inoltre, l'ambito di operatività dell'art. 2051 c.c. verrebbe drasticamente ridotto se si escludessero i danni ricollegabili al processo di fabbricazione della cosa. La potenzialità dannosa della maggior parte dei beni, infatti, discende dalle caratteristiche tecniche della loro costruzione (in questi termini, Cass. civ., 20 agosto 2003, n. 12219 e Cass. civ., 15 marzo 2004, n. 5236).

Ribadita la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. per i vizi di costruzione, la giurisprudenza precisa che ciò non vale a escludere la responsabilità del costruttore nei confronti del danneggiato e l'eventuale rivalsa del custode verso il costruttore (in questo senso, Cass. civ., 30 ottobre 2008, n. 26051; Cass. civ., 10 marzo 2009, n. 5755; Cass. civ., 20 agosto 2003, n. 12219; Cass. civ., 15 marzo 2004, n. 5236).

Osservazioni

L'art. 2051 c.c. fonda una responsabilità extracontrattuale speciale, derogatoria rispetto al modello generale di cui all'art. 2043 c.c. (si v. Cass. civ., 21 settembre 2015, n. 18463, con nota di F.AGNINO, Responsabilità aquiliana, responsabilità per danni da cose in custodia: il diverso regime probatorio in Ridare.it).

L'orientamento prevalente qualifica la responsabilità ex art. 2051 c.c. come oggettiva, in linea con quanto affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel 1991 (Cass. civ., Sez. Un. 11 novembre 1991, n. 12019; aderiscono a tale ricostruzione, tra le tante, Cass. civ., 28 settembre 2015, n. 19121, con nota di C.CATALIOTTI, Art. 2051 c.c.: ripartizione dell'onere della prova tra danneggiato e custode e elementi integranti il caso fortuito per fatto di terzi, in Ridare.it; Cass. civ., 4 ottobre 2013, n. 22684, con nota di M.GIORGETTI, Onere della prova sul danno cagionato da cose in custodia, in Ridare.it). La sentenza che si commenta, pur in assenza di una espressa presa di posizione, è inquadrabile nell'ambito di tale maggioritario orientamento, considerata l'assenza di qualsiasi riferimento ai profili soggettivi della colpa del custode.

Il filone giurisprudenziale opposto, ormai recessivo, considera tale responsabilità soggettiva, secondo lo schema della colpa presunta (si v. Cass. civ., 6 novembre 1986, n. 6507), con la conseguenza che la responsabilità del custode sarebbe esclusa, oltreché dalla prova diretta del caso fortuito, anche dalla prova dell'assenza di colpa in capo al custode.

La responsabilità ex art. 2051 c.c. grava sul custode della cosa, inteso in senso ampio come il soggetto che disponga del “governo” sul bene, avendo un potere effettivo, di diritto o anche solo di fatto, che gli consente di vigilare e controllare la cosa, affinché non produca il danno (si v., da ultimo, Cass. civ., Sez. Un. 10 maggio 2016, n. 9449 e Cass. civ., 29 settembre 2017, n. 22839). In questi termini, il condominio è considerato custode delle parti comuni dell'edificio ex art. 1117 c.c., in quanto investito di specifiche funzioni di deliberazione e di gestione (Cass. civ., 9 novembre 2017, n. 26533 qui in commento; per una più ampia argomentazione, si v. Cass. civ., 20 ottobre 2005, n. 20317).

Secondo la prevalente ricostruzione in chiave oggettiva, la responsabilità ex art. 2051 c.c. si fonda sulla sussistenza di un nesso causale tra la cosa oggetto di custodia e la produzione del danno: questo dipende dalla natura stessa del bene e dalla sua concreta potenzialità dannosa o dal dinamismo intrinseco della cosa (si v. Cass. civ., 28 giugno 2012, n. 10860 e Cass. civ., 20 agosto 2003, n. 12219).

Il custode non risponde dei danni provocati dalla cosa quando questi sono dovuti al caso fortuito, che consiste in una circostanza estranea alla sfera di controllo del custode, in quanto imprevedibile ed eccezionale, che recide il nesso causale tra il danno e la cosa in custodia (si v. Cass. civ., 5 febbraio 2013, n. 2660; Cass. civ., 6 aprile 2004, n. 6753. Per una peculiare applicazione di questi principi, si v. Trib. Milano, sez. X civ., 3 marzo 2014, n. 2981, con nota di M.MOIRAGHI, Il fatto del terzo non interrompe gli obblighi del custode ove da tempo è a conoscenza della pericolosità della cosa, in Ridare.it).

Il caso fortuito può essere integrato dal fatto del terzo, purché il danno ne sia conseguenza diretta e non dipenda dall'uso che viene fatto dalla cosa (in questi termini, Cass. civ., 9 novembre 2017, n. 26533 qui in commento). A titolo d'esempio, la giurisprudenza riconosce efficacia interruttiva del nesso causale alla condotta del soggetto che dia fuoco ad un'automobile in sosta, così escludendo l'addebitabilità al proprietario dell'auto dei danni cagionati dall'incendio (Cass. civ., 7 ottobre 2008, n. 24755). Analoga efficacia è assegnata alla condotta del proprietario di un immobile locato che non informi il conduttore dell'avvenuto cambio di tensione nell'erogazione di energia elettrica, quanto ai danni cagionati da tale cambiamento (nella specie, esplosione di una lampadina e ferimento all'occhio: Cass. civ., 28 agosto 1995, n. 9057). Come anticipato, la giurisprudenza nega invece che i vizi di costruzione del bene possano essere qualificati in termini di caso fortuito e così escludere la responsabilità del custode, per le ragioni esposte supra (in questi termini, Cass. civ., 9 novembre 2017, n. 26533 qui in commento; analogamente Cass. civ., 10 marzo 2009, n. 5755 e Cass. civ., 30 ottobre 2008, n. 26051).

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