Il legittimo impedimento per gravidanza e maternità. Le novità introdotte dalla legge di bilancio 2018
18 Gennaio 2018
Abstract
L'art. 1, commi 465 e 466, della legge di bilancio 2018 (pubblicata in G.U. 29 dicembre 2017 e in vigore dall'1 gennaio 2018) ha novellato l'art. 420-terc.p.p. introducendo e disciplinando l'ipotesi di legittimo impedimento per gravidanza e maternità (comma 5-bis).
Il legittimo impedimento per stato di gravidanza. Disciplina
Per effetto della disposizione contenuta nel comma 5-bis lo stato di gravidanza deve ritenersi, oggi, causa di legittimo impedimento assoluto. Il difensore potrà, nei due mesi antecedenti la data (presunta) del parto e nei tre mesi successivi ad esso ottenere il rinvio dell'udienza fissata in tale periodo. Il presupposto del suo riconoscimento sarà esclusivamente costituito dalla preventiva comunicazione con tempi e modalità congrue a integrare l'avverbio prontamente (sinonimo di tempestivo, senza indugio, immediatamente, sollecitamente, subito, ecc. ), già utilizzato nel richiamato comma 5. Varranno, pertanto, i precedenti giurisprudenziali e le eventuali prassi di cui ai vari protocolli sottoscritti dagli uffici giudiziari territoriali che già si erano occupati del problema. In proposito, secondo la giurisprudenza, l'udienza non dovrà essere rinviata qualora il difensore non si attivi tempestivamente per prospettare al giudice la sussistenza dell'impedimento, ancorchè questo sussista effettivamente (Cass. pen, Sez. I, n. 6528/1998). Ora, a fronte della tempestiva comunicazione il giudice dovrà disporre il rinvio dell'udienza senza alcun vaglio discrezionale in merito alla sussistenza dell'assoluta impossibilità a comparire del difensore. Come ogni altro impedimento del difensore (comma 5) o dell'imputato (comma 1) anche lo stato di gravidanza e successivo periodo di puerperio dovranno essere comprovati mediante idonea certificazione attestante anche la data del parto. Quanto alle modalità dell'invio della comunicazione e relativa istanza di rinvio varranno le regole dettate dall'art. 121 c.p.p. che prevede la forma scritta e il deposito presso la cancelleria del giudice. Seppur la giurisprudenza maggioritaria escluda l'utilizzo del fax da parte del difensore non essendo considerato mezzo idoneo a garantire la certezza della provenienza del documento (Cass. pen.,Sez. VI, n. 28244/2013; Cass. pen. Sez. V, n. 6696/2006), altre pronunce hanno ammesso che la comunicazione, data la genericità del dettato normativo, possa avvenire con qualsiasi mezzo e forma (Cass. pen, Sez. III, n. 10637/2010). La proposta di legge A.C. 4058 (Rossomando), specificava, in proposito, che lo stato di gravidanza dovesse essere documentato mediante certificazione del medico curante da depositare entro tre giorni dalla richiesta in udienza tramite “persona” allo scopo delegata o inviata in cancelleria tramite Pec. Tale previsione, tuttavia, non è stata recepita preferendo inserire una disposizione omogenea rispetto alla previsione del comma 5. Proprio per il richiamo operato dalla norma al comma 5, anche in caso di gravidanza e puerperio, la professionista non avrà diritto ad ottenere alcun rinvio nel caso in cui l'imputato sia assistito da due difensori o quando venga designato un sostituto ex art. 102 c.p.p o, ancora, quando l'imputato chieda si proceda in assenza del difensore impedito (in tale ipotesi sarà la volontà dell'imputato a prevalere, costituendo revoca implicita del mandato: Cass. pen. Sez. VI, n. 32329/2003). Anche in caso d'impedimento per gravidanza e puerperio troverà applicazione l'art. 159, comma 1, n. 3) c.p.p.: l'udienza non potrà essere differita oltre il sessantesimo giorno decorrente dalla scadenza dell'impedimento (tre mesi dopo il parto) e la prescrizione resterà sospesa. Osservazioni
Negli ultimi decenni la professione forense si è arricchita di un numero sempre maggiore di donne. Per questo motivo le istituzioni forensi e le varie associazioni professionali hanno avvertito l'esigenza di dover garantire alle colleghe di poter svolgere la loro attività al pari dei colleghi uomini, consentendo loro di conciliare, per quanto possibile, lavoro e impegni familiari. Mentre, infatti, l'ordinamento prevede che le lavoratrici dipendenti non possano essere adibite al lavoro nel periodo di maternità compreso tra i due mesi prima delle data della presunta gravidanza e tre mesi dopo il parto (c.d. congedo di maternità, art. 16 d.lgs. 151/2001), le lavoratrici autonome non godevano di analoga tutela. In molti consigli dell'ordine e nell'ambito delle istituzioni forensi ed associazioni sono stati istituiti, a partire dal 1998, comitati pari opportunità che hanno creato e sottoscritto protocolli d'intesa con i tribunali, Corti d'appello e magistratura militare volti, appunto, a consentire di poter meglio gestire da parte delle colleghe l'attività d'udienza ed il carico familiare. Sino ad oggi, tuttavia, la giurisprudenza della Corte di cassazione è stata conforme nel ritenere che il solo stato di gravidanza non potesse, di per sé, costituire causa di legittimo impedimento, «in assenza di specifiche attestazioni sanitarie indicative del pericolo derivante dall'espletamento delle attività ordinarie o professionali» (Cass. pen, Sez. V, n. 21262/2013; Cass. pen.,Sez. V, n. 8129/2007). Si è reso necessario, quindi, intraprendere una battaglia volta a disciplinare legislativamente la materia, allo scopo di garantire «anche alle avvocate il diritto a una maternità serena, la tutela del nascituro, pari opportunità nello svolgimento dell'attività professionale e il diritto di difesa fondato, com'è noto, principalmente su una scelta elettiva del difensore» (proposta di legge Rossomando, A.C. 4058, presentata alla Camera il 27 settembre 2016). Le proposte di legge presentate e discusse in commissione Giustizia sono state due (Di Lello C. 4000 e Rossomando C. 4058), entrambe volte a disciplinare in modo dettagliato il legittimo impedimento per gravidanza e puerperio. La novella legislativa ha recepito solo in parte il contenuto delle proposte riducendone la portata in termini strettamente essenziali, inserendo dopo il comma 5 dell'art. 420-ter c.p.p. il comma 5-bis. La norma in commento rappresenta un notevole passo in avanti verso la parità di genere riconoscendo l'importanza dell'impegno familiare anche per l'avvocato donna, così come già avviene per i magistrati e le altre lavoratrici dipendenti. Restano, tuttavia, aperte alcune questioni che potranno creare dubbi interpretativi e questioni di legittimità costituzionale. Tra queste, si evidenzia come la disposizione sul legittimo impedimento tuteli solo il difensore dell'imputato e non anche della parte civile che, in quanto parte eventuale, non gode delle medesime prerogative. Tuttavia, la legge di bilancio ha previsto che anche nel processo civile il difensore possa documentare il proprio stato di gravidanza e il giudice debba tener conto, nel fissare il calendario del processo, del periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi (art. 1, comma 465, che è intervenuto sull'art. 81-bis disp. att. c.p.c.). A fronte di tali modifiche, e in ragione della ratio delle stesse, deve ritenersi iniquo che anche l'avvocato donna che assiste la parte civile non possa poter vedere riconosciuto e tutelato il proprio diritto, costituzionalmente garantito, alla maternità e pari opportunità nello svolgimento della professione. |