Imposta di registro: chiarimenti da Assonime sulla riqualificazione degli atti

La Redazione
12 Febbraio 2018

Assonime, lo scorso 6 febbraio, ha pubblicato la Circolare n. 3 con la quale provvede a dare chiarimenti sulla riqualificazione degli atti nell'imposta di registro, mettendo in luce i riflessi delle nuove norme in materia di accertamento.

La Circolare n. 3 pubblicata da Assonime lo scorso 6 febbraio illustra le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio alla disciplina dell'imposta di registro, nella parte in cui prevede l'applicazione del tributo nella misura prevista per il tipo di atto presentato alla registrazione, prescindendo dal nomen iuris e dalla forma apparente dell'atto (art. 20 d.P.R. n. 131/1986). Si tratta della nuova disposizione (art. 1, co. 87, L. 205/2017, ) che chiarisce che la qualificazione dell'atto a questi fini deve essere effettuata solo sulla base degli elementi contenuti nell'atto e non anche di elementi extra testuali, prescindendo, quindi, anche dall'esistenza di altri atti ad esso collegati.

Tra gli effetti scaturenti dalle nuove norme, secondo l'Associazione, viene meno la possibilità di contestare la neutralità di operazioni di riorganizzazione finalizzate semplicemente a un riassetto societario. “Cogliamo l'occasione per sottolineare come” - si legge nella Circolare - “la recente prassi degli uffici sviluppatasi nella vigenza della precedente formulazione dell'art. 20 (d.P.R. n. 131/1986), sia arrivata, in alcune occasioni, a considerare alla stregua di trasferimenti di aziende a titolo oneroso anche operazioni che in nessun modo, a nostro avviso, potrebbero ricondursi a questa fattispecie, nemmeno aderendo all'interpretazione più ampia dell'art. 20, così come risultante da tale precedente formulazione; e cioè della tesi – ripetiamo – secondo cui questa norma avrebbe avuto sino ad oggi il significato di permettere la tassazione di un atto sulla base degli effetti economici desumibili dalla combinazione di questo atto con altri”. Per Assonime non è affatto pacifico che operazioni di questo tipo possano essere riqualificate come cessioni di azienda a titolo oneroso, trattandosi di operazioni – scrivono – “che non hanno alcun effetto realizzativo delle plusvalenze latenti dei compendi aziendali ricollocati nel gruppo e, quindi, non si comprende quale tipo di abuso sia stato in questo modo commesso”. E aggiungono: “a tale conclusione si dovrebbe, dunque, pervenire, a nostro avviso, prescindendo dalla natura innovativa o interpretativa delle nuove disposizioni. In altri termini, anche applicando la disciplina precedente le modifiche introdotte dalla legge di bilancio, così come interpretata dalla Cassazione, riteniamo che questi accertamenti non abbiano un reale fondamento giuridico e andrebbero, quindi, annullati in autotutela dall'Amministrazione finanziaria”.

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