Azioni del conduttore per immobile non fruibile a causa di umidità

Giuseppe Sileci
16 Febbraio 2018

Nel corso del rapporto locativo possono manifestarsi all'interno dell'immobile forme più o meno gravi di umidità tali da compromettere in tutto o in parte l'utilizzazione del bene. Il conduttore può aver diritto al risarcimento dei danni?

Quali sono le azioni del conduttore se l'immobile non è fruibile a causa di umidità?

È dovere del locatore consegnare al conduttore la cosa in buono stato di manutenzione e mantenerla in tale stato, consistendo queste, assieme a quella di garantire il pacifico godimento durante la locazione, le principali obbligazioni del locatore stabilite dall'art. 1575 c.c.

Può accadere, però, che nel corso del rapporto locativo si manifestino all'interno dell'immobile forme più o meno gravi di umidità che possono compromettere in tutto o in parte l'utilizzazione del bene.

Per stabilire quali diritti abbia il conduttore, allorché si manifestano questi problemi durante la locazione, occorre prima esattamente comprenderne la causa, ossia accertare se si è in presenza di un mero difetto di manutenzione ovvero di un vizio dell'immobile.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, costituiscono vizi della cosa locata quelli che alterano l'equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull'idoneità all'uso della cosa stessa ovvero quelli che investono la struttura materiale della cosa, intaccando l'integrità della stessa, in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, mentre non sono tali i guasti o i deterioramenti della cosa dovuti alla naturale usura o quegli accadimenti che determinino disagi limitati e transeunti nell'utilizzazione del bene (Cass. civ., sez. III, sent., 21 novembre 2011 n. 24459).

Più in particolare, non tutte le ipotesi di umidità, che possano manifestarsi all'interno dell'immobile, danno luogo a vizi: la giurisprudenza, infatti, ha ritenuto di inquadrare gli inconvenienti lamentati dal conduttore tra i difetti dell'immobile quando la causa dell'umidità sia dipesa dalla costruzione del fabbricato su terreno argilloso senza adeguata protezione (Cass. civ., sez. III, sent., 4 agosto 1994 n. 7264) ovvero quando il fenomeno sia imputabile al trasudo delle pareti (Cass. civ., sez. III, 10 agosto 1991 n. 8729).

Dunque, non ogni caso di umidità costituirebbe vizio dell'immobile, ma solo quella che sia direttamente riferibile a caratteristiche strutturali del bene locato e non anche quella che sia la conseguenza di una mera omissione della ordinaria manutenzione, quale può essere, in via meramente esemplificativa, il rifacimento della impermeabilizzazione.

La precisazione non è priva di rilievo perché, appunto, diversi sono i rimedi che può esperire il conduttore nell'uno e nell'altro caso.

Ebbene, se la lamentata umidità non dipende da vizi dell'immobile e dunque se le cause possono essere eliminate eseguendo le necessarie riparazioni, a ciò – a mente dell'art. 1576 c.c. – deve provvedere il locatore ma il conduttore deve tollerarle, anche quando queste importano privazione del godimento di parte della cosa locata (art. 1583 c.c.); solo quando l'esecuzione delle opere si protrae per oltre un sesto del rapporto locativo e comunque per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto ad una riduzione del canone proporzionata all'intera durata delle riparazioni ed alla entità del mancato godimento, (art. 1584 comma 1 c.c.).

Tuttavia, se l'esecuzione delle riparazioni, indipendentemente dalla sua durata, rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l'alloggio del conduttore e della sua famiglia, questi, ai sensi dell'art. 1584 comma 2 c.c., potrà ottenere lo scioglimento del contratto.

L'art. 1584 c.c. ha dato luogo a qualche incertezza interpretativa tutte le volte in cui il conduttore, non potendo godere appieno dell'immobile durante le riparazioni, abbia deciso unilateralmente di sospendere il pagamento, in tutto o in parte, del canone.

Secondo un orientamento, «la sospensione totale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo, altrimenti, un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti, atteso che il principio “inadimplenti non est adimplendum” non può prescindere dall'osservanza dei canoni di correttezza e buona fede» (Cass. civ., sez. III, sent., 12 maggio 2017 n. 11783; in senso conforme Cass. civ., sez. III, sent. 23 giugno 2011 n. 13887; Cass. civ., sez. III, sent., 10 gennaio 2008 n. 261). Tuttavia, secondo un orientamento meno rigoroso della stessa Cassazione, «in tema di locazione di immobili, sebbene il pagamento del canone costituisca la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, la sospensione parziale o totale dell'adempimento di tale obbligazione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., può essere legittima non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nell'ipotesi di inesatto inadempimento, purchè essa appaia giustificata in relazione alla oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardata con riferimento all'intero equilibrio del contratto e all'obbligo di comportarsi secondo buona fede» (Cass. civ., sez. III, sent., 22 settembre 2017 n. 22039; in senso conforme Cass. civ., sez. III, sent., 11 febbraio 2005 n. 2855).

Ovviamente, il diritto alla riduzione del canone, ed a maggior ragione alla risoluzione del contratto quando ricorrano i presupposti della legge, non preclude al conduttore di richiedere al locatore il risarcimento dei danni (ulteriori e diversi dal mancato utilizzo) che egli abbia patito se non ha potuto godere in tutto o in parte dell'immobile (Cass. civ., sez. III, sent., 15 dicembre 2003 n. 19181; Cass. civ., sez. III, sent., 14 agosto 1997 n. 7605).

Consegue a quanto esposto sarebbe destinata al rigetto la domanda del conduttore che, in presenza di umidità all'interno dell'immobile locato, chieda la risoluzione del contratto se il difetto di manutenzione non abbia inciso in maniera assoluta sul godimento del bene; anche se ben difficilmente si potrebbe mettere in discussione il diritto del conduttore, qualora la cosa abbia bisogno di riparazioni ed il locatore ometta di eseguirle, di richiedere la risoluzione del contratto secondo i principi generali che regolano l'esatto adempimento degli obblighi negoziali.

Ben diversi, invece, sono i rimedi apprestati dall'ordinamento se la causa dell'umidità è da attribuire ad un vizio dell'immobile.

Infatti, ai sensi dell'art. 1578 c.c., se al momento della consegnala cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può scegliere tra la risoluzione del contratto e la riduzione del corrispettivo.

Le due azioni sono tra loro alternative e sono ammissibili solo se il vizio non era conosciuto o non era facilmente riconoscibile dal conduttore.

Il conduttore ha anche diritto al risarcimento dei danni se il locatore non prova di avere senza colpa ignorato il vizio al momento della consegna, ma non può limitarsi a chiedere il ristoro dei pregiudizi patiti e non anche e contestualmente la risoluzione o la riduzione del canone (App. Brescia 18 aprile 2017 n. 700).

Ha chiarito la Suprema Corte che l'onere di provare l'esistenza del vizio incombe sul conduttore che chieda la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del canone, mentre è sul locatore che grava l'onere «di provare, rispettivamente, che i vizi erano conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore, laddove intenda paralizzare la domanda di risoluzione o di riduzione del corrispettivo, ovvero di averli senza colpa ignorati al momento della consegna, se intenda andare esente dal risarcimento dei danni derivanti dai vizi della cosa» (Cass. civ., sez. III, sent., 10 febbraio 2017 n. 3548).

È appena il caso di aggiungere che il conduttore – in presenza di gravi fenomeni di umidità che diminuiscano in modo apprezzabile l'idoneità della cosa locata all'uso pattuito – non potrà comunque autoridursi il canone perché l'art. 1578, comma 1, c.c. non lo autorizza ad «operare detta autoriduzione, ma solo a domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluto al potere del giudice di valutare l'importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti» (Cass. civ., sez. III, sent., 17 dicembre 2014 n. 26540).

In definitiva, «qualora vengano in rilievo alterazioni non attinenti allo stato di conservazione e manutenzione dell'immobile locato, bensì incidenti sulla composizione, costruzione o funzionalità strutturale, il conduttore non è affatto legittimato ad agire in giudizio per ottenere dal locatore l'adempimento dell'obbligazione di cui all'art. 1576 c.c., né a effettuare direttamente le riparazioni del caso ai sensi dell'art. 1577 c.c. comma 2. Il locatario, infatti, può soltanto richiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, ai sensi dell'art. 1578 c.c. L'obbligo del locatore di effettuare le riparazioni necessarie a mantenere l'immobile in buono stato, di cui all'art. 1576 c.c., riguarda gli inconvenienti eliminabili nell'ambito di opere di manutenzione. Pertanto, non può essere invocato per rimuovere guasti o deterioramenti rilevanti (nella specie il fenomeno dell'umidità nel seminterrato) rispetto ai quali la tutela del locatario resta affidata alle disposizioni dettate dagli art. 1578 e 1581 c.c. per i vizi della cosa locata» (Cass. civ., sez. III, sent., 25 maggio 2010 n. 12712).

Fonte: ridare.it

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