Dall’INL indicazioni operative sugli impianti di videosorveglianza
20 Febbraio 2018
A seguito delle modifiche apportate all'art. 4 St. Lav. da parte dell'art. 23 D.Lgs. n. 151/2015 e del successivo art. 5, co. 2, D.Lgs. n. 185/2016, l'INL ha ritenuto opportuno fornire chiarimenti sul tema dell'installazione ed utilizzo degli impianti di videosorveglianza. In primis viene chiarito che l'attività di istruttoria in ordine alle istanze presentate per il rilascio del provvedimento autorizzativo va demandata al personale ordinario ed amministrativo operante all'interno delle varie unità organizzative dell'ufficio, solo in casi eccezionali comportanti valutazioni tecniche da personale ispettivo tecnico. E questo perchè l'oggetto dell'attività valutativa non coinvolge aspetti tecnici particolari, ma l'effettiva sussistenza delle ragioni legittimanti la richiesta e cioè ragioni organizzative, produttive, di sicurezza sul lavoro e tutela del patrimonio aziendale. Non è, ad esempio, fondamentale specificare il posizionamento predeterminato e l'esatto numero delle telecamere da installare.
Sulla nozione di “tutela del patrimonio aziendale”, inserita dal legislatore tra le ragioni giustificatrici del controllo a distanza, l'Ispettorato specifica che il problema non si pone laddove la richiesta riguardi impianti antifurto. Per l'installazione di dispositivi operanti in presenta dei lavoratori invece «la generica motivazione di “tutela del patrimonio” va necessariamente declinata per non vanificare le finalità poste alla base della disciplina normativa». In merito ai più recenti sistemi di videosorveglianza basati su tecnologie IP, il documento afferma che «l'accesso da postazione remota alle immagini “in tempo reale” deve essere autorizzato solo in casi eccezionali debitamente motivati. L'accesso alle immagini registrate, sia da remoto che “in loco”, deve essere necessariamente tracciato anche tramite apposite funzionalità che consentano la conservazione dei “log di accesso” per un congruo periodo, non inferiore a sei mesi».
Infine, prendendo atto della diffusione di dispositivi e tecnologie per la raccolta di dati biometrici, la Circolare richiama il provvedimento del Garante Privacy pubblicato in G.U. n. 280 del 2 dicembre 2014 affermando che il riconoscimento biometrico installato sulle macchine per impedirne l'utilizzo a soggetti non autorizzati «può essere considerato uno strumento indispensabile a “...rendere la prestazione lavorativa...” e pertanto si possa prescindere, ai sensi del co. 2 dell'art. 4 della L. n. 300/1970, sia dall'accordo con le rappresentanze sindacali sia dal procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsto dalla legge».
|