Ordinanza di pagamento di somme non contestate
01 Marzo 2018
Inquadramento
L'art. 186-bis c.p.c. disciplina l'ordinanza per il pagamento delle somme non contestate, prevedendo al comma 1 che su istanza di parte il giudice istruttore della causa (Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 1998, n. 609) può disporre, fino al momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite. La ratio legis dell'ordinanza prevista dall'art. 186-bis, c.p.c. è quella di anticipare il soddisfacimento dell'istanza dedotta in giudizio, costituendo un provvedimento anticipatorio di condanna, non qualificabile come cautelare in senso tecnico, non avendo natura provvisoria e strumentale (Cass. civ., Sez. Un., 14 novembre 2003, n. 17301), pronunciato dal giudice istruttore nel corso del processo, prima della sentenza definitiva, sullo stesso oggetto della domanda principale. Ambito applicativo
L'ordinanza prevista dall'art. 186-bis c.p.c. per disporre il pagamento delle somme non contestate è un provvedimento endoprocessuale, privo di portata decisoria in quanto soggetto a revoca e modifica, sia in corso di causa da parte del giudice che lo ha emesso, sia in sentenza, da parte del giudice che decide la causa nel merito. Evidente corollario è che l'ordinanza in questione non è vincolante in ordine alla debenza delle somme di cui viene ordinato il pagamento, onde la parte debitrice può sempre contestare, in tutto od in parte, quanto non è risultato, all'inizio, controverso. Il richiamo all'art. 336 c.p.c. sottolinea la differenza di regime tra l'ordinanza in questione e quei provvedimenti, anch'essi dotati di esecutività provvisoria ma che, per essere altresì definitivi - in quanto esauriscono il potere del giudice di pronunciare sulla questione - hanno effetto espansivo esterno, consentendo quindi di chiedere la restituzione immediata, al giudice d'appello od altrimenti, in separato giudizio. In altri termini, l'ordinanza ex art. 186-bis c.p.c. non statuisce sulla sussistenza ed entità del debito, in quanto dovrà essere la sentenza che definisce il giudizio a determinarne l'ammontare, e, solo da tale momento, si potrà, per le maggiori somme eventualmente corrisposte, agire in restituzione ex art. 2033 c.c., avendo l'ordinanza in questione una mera funzione anticipatoria e, soltanto latamente - non è richiesto il periculum - cautelare (Cass. civ., sez. I, 25 maggio 2005, n. 11023). Il presupposto del provvedimento previsto dall'art. 186-bis c.p.c., emesso dal giudice istruttore è quindi la non contestazione della somma di denaro oggetto dell'istanza proposta dalla parte costituita nel processo. La mancata contestazione delle somme di denaro può consistere: a) nell'ammissione dei fatti costitutivi posti a fondamento della richiesta di pagamento;
b) nella omessa indicazione di fatti modificativi, impeditivi ed estintivi della stessa domanda;
c) nella mancata presa di posizione sui fatti enunciati dalla parte che richiede l'emissione dell'ordinanza. Il procedimento anticipatorio di condanna, richiesto dalla parte istante, ripercorre la linea procedimentale inaugurata dall'art. 423, comma 1, c.p.c. per il rito del lavoro e trae linfa dalla sussistenza di una pretesa che sia rimasta insoddisfatta fuori dal processo e non contestata nel processo dalle parti costituite. La norma in esame, precisando che la "non contestazione" deve provenire dalla "parti costituite", non consente quindi la pronuncia dell'ordinanza contro la parte rimasta contumace, e ciò a differenza del disposto dell'art. 423, comma 1, c.p.c. che, non contenendo un'analoga precisazione, ha invece dato luogo a due contrapposti orientamenti interpretativi circa la possibilità o meno di configurare la "non contestazione" come derivante dalla contumacia (Trib. Torino, sez. III, 26 ottobre 2006). Tale regola risulta peraltro conforme al principio per cui nel rito civile ordinario la contumacia rappresenta un evento "naturale" del processo, consistendo in una condotta neutra, ricollegabile ad una libera scelta del soggetto chiamato in giudizio, e dalla quale non possono perciò farsi derivare in modo automatico conseguenze negative, al di fuori delle ipotesi specifiche e degli effetti di volta in volta specificati dalla legge. In dottrina, non vi è consenso di opinioni quanto alla individuazione dei comportamenti che, in concreto, possano integrare il presupposto della "non contestazione", certo è che, essendo l'istituto della non contestazione oggi generalizzato nel nuovo art. 115 c.p.c. a seguito della l. n. 69/2009, deve accedersi, perché confermata dal legislatore, a quella impostazione dottrinaria che richiede una contestazione "specifica" sostenendo che una contestazione "generica" equivale ad un contegno inidoneo ad inibire la facoltà del giudice di provvedere ai sensi dell'art. 186-bis c.p.c. (Ex multis, cfr. Trib. Varese, sez. I, 1 ottobre 2009; in precedenza, anche nella giurisprudenza di merito si sono registrate opinioni contrastanti sul tema qui considerato, cfr. Trib. Trani, 30 settembre 1996, in Giur. it., 1997, I, 2, 150, secondo cui la "non contestazione di somme", quale presupposto per l'emissione dell'ordinanza di cui all'art. 186-bis c.p.c., non si identifica con il concetto di "ammissione" o di "riconoscimento del diritto" e non è esclusa da una contestazione assolutamente generica o dalla mancata "presa di posizione" sui fatti allegati dall'avversario. In particolare, deve escludersi il presupposto di emissione dell'ordinanza di condanna al pagamento di somme non contestate ex art. 186-bis c.p.c., nel caso in cui la parte, sebbene dichiaratasi disponibile stragiudizialmente al pagamento di una certa somma, in giudizio contesti la proponibilità dell'avversa domanda (cfr. in tal senso Trib. Torino, sez. III, 4 ottobre 2006; Cass. civ. sez. III, 22 gennaio 1998, n. 609 in Giust. civ. Mass. 1998, 132). Inoltre, secondo Trib. Roma, 5 aprile 2000, in Giur. romana, 2000, 332, non può essere pronunciata ordinanza per il pagamento di somme non contestate, ex art. 186-bis c.p.c., quando il convenuto, pur non contestando l'esistenza del debito, eccepisca il previo inadempimento dell'attore, ex art. 1460 c.c.. La pronuncia dell'ordinanza ai sensi dell'art. 186-bis c.p.c. non è ammissibile nell'ambito di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo atteso che in tal modo si avrebbe una indebita duplicazione di titoli esecutivi per lo stesso credito che comporterebbe, in caso di estinzione del processo, il riprendere vigore del decreto ingiuntivo opposto (Trib. Mondovì, 25 agosto 1994, in Foro it., 1995, I, 331; Trib. Biella, 14 febbraio 2000, in Giur. it., 2000, 1194; Trib. Cagliari, 13 febbraio 1996, in Riv. giur. Sarda, 1997, 375). Istanza e pronuncia del provvedimento
L'istanza può essere presentata fuori udienza od in udienza, a partire da quella ex art. 183 c.p.c., fino al momento della precisazione delle conclusioni ex art. 189 c.p.c. (Trib. Cagliari, 13 febbraio 1996, in Riv. giur. Sarda, 1997, 375). Nel caso in cui l'istanza sia presentata fuori udienza, il giudice deve fissare l'udienza di comparizione delle parti assegnando un termine per la notifica dell'istanza e del suo decreto. La struttura dell'ordinanza ex art. 186-bis c.p.c. suppone un vaglio anticipato e provvisorio della fondatezza della domanda, con riserva di una definitiva valutazione in sede di sentenza definitiva, ove il giudizio non si estingua (App. Milano, 29 novembre 2002, in Giur.it., 2003, 1195). In tale senso depone il comma 3 della stessa norma laddove prevede la sua assoggettabilità alla revocabilità di cui agli artt. 177, comma 1 e 2, e 178, comma 1, c.p.c. a conferma della possibilità che sia il medesimo giudice a valutare diversamente la fattispecie. L'ordinanza di condanna al pagamento di somme non contestate, emessa ai sensi dell'art. 186-bis c.p.c., come si è detto, è un provvedimento endoprocessuale, privo di decisorietà in quanto revocabile e modificabile sia in corso di causa ex artt. 177, comma 1 e 2, e 178, comma 1, c.p.c., da parte dello stesso giudice che lo ha emesso, sia in sentenza, da parte del giudice che decide la causa, e, dato il suo carattere meramente anticipatorio, è insuscettibile di passare in cosa giudicata formale (Cass. civ.,sez. I, 25 maggio 2005, n. 11023). Pertanto, come affermato anche dalla più giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. VI, 5 settembre 2017, n. 20789) una volta che l'ordinanza ex art. 186-bis c.p.c., viene ad essere revocata dal giudice istruttore o con la sentenza, definitiva o meno, in rito e/o nel merito, che decide la causa, si caducano anche tutti i suoi effetti e l'eventuale esecuzione forzata che sia stata intrapresa in forza di detto titolo esecutivo, e, che non si sia ancora conclusa, diviene, per la caducazione sopravvenuta del medesimo titolo, illegittima ex tunc, in quanto l'esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce un'ineludibile presupposto dell'azione esecutiva. Inoltre, la sentenza che condanna la parte al pagamento di una somma maggiore rispetto a quella liquidata a suo carico nel corso del giudizio ai sensi dell'art. 186-bis c.p.c. ha efficacia assorbente rispetto all'ordinanza emessa ai sensi di tale ultima disposizione (Trib. Roma, sez. III, 6 giugno 2016). L'ordinanza ex art. 186-bis c.p.c., non è reclamabile ma solo revocabile in corso di causa o con la sentenza che definisce il giudizio, ma ciò non toglie valore al provvedimento stesso, il quale costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo. L'art. 186-bis c.p.c., autorizza il giudice istruttore a disporre - in corso di causa - il pagamento delle somme non contestate, con un provvedimento qualificabile come un frazionamento anticipato della decisione di merito, ragione per cui finchè è pendente il giudizio nel corso del quale l'ordinanza è stata emessa, se non è revocata, in corso di causa o con la sentenza che definisce il processo, costituisce valido titolo esecutivo per la somma per la quale è stata emessa mentre in caso di estinzione del giudizio conserva la sua efficacia, alla stregua di un decreto ingiuntivo non opposto ovvero opposto, se il giudizio di opposizione si estingue (Cass. civ., sez. I, 15 gennaio 2015, n. 576). Riferimenti
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