Il ricorso alle intercettazioni nei procedimenti per il delitto di minaccia

08 Marzo 2018

È ammissibile il ricorso alle intercettazioni nei procedimenti relativi al delitto di minaccia? L'art. 266, comma 1, lett. a), c.p.p. prevede che il ricorso alle intercettazioni è possibile nei procedimenti per delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'art. 4 c.p.p. La successiva lett. f) della medesima disposizione estende la possibilità di impiegare il mezzo di ricerca della prova anche per i reati di ingiuria, minaccia, usura ...

È ammissibile il ricorso alle intercettazioni nei procedimenti relativi al delitto di minaccia?

L'art. 266, comma 1, lett. a), c.p.p. prevede che il ricorso alle intercettazioni è possibile nei procedimenti per delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'art. 4 c.p.p. La successiva lett. f) della medesima disposizione estende la possibilità di impiegare il mezzo di ricerca della prova anche per i reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono.

Questa disposizione, originariamente, prevedeva il solo riferimento ai reati di ingiuria, di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono. Si trattava di fattispecie delittuose (ingiuria, minaccia) per le quali non sussisteva il limite edittale previsto in via generale dall'art. 266 c.p.p. perché si possa fare ricorso alle intercettazioni oppure di fattispecie contravvenzionali (molestia o disturbo alle persone ex art. 660 c.p.), escluse per definizione dall'area operativa delle intercettazioni che è circoscritta ai delitti. La norma permetteva il ricorso al mezzo di ricerca della prova in esame nel solo caso in cui detti reati fossero compiuti con il mezzo del telefono, perché, altrimenti, tenuto conto del mezzo impiegato per la consumazione, non sarebbe stata possibile la ricerca della prova di tali illeciti.

L'attuale versione della disposizione, invece, costituisce il risultato di due interpolazioni: prima, l'art. 8 della legge 7 marzo 1996, n. 108 ha inserito le parole da usura a finanziaria; poi, l'art. 9, comma 5, della legge 18 aprile 2005, n. 62 - legge comunitaria 2004 - ha inserito le parole abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato.

Per effetto delle descritte modifiche, secondo un'interpretazione letterale della norma, è possibile disporre intercettazioni in presenza della gravità indiziaria dei reati suddetti, anche se non compiuti con il mezzo del telefono. Questa modalità operativa sarebbe necessaria solo per le captazioni che fossero autorizzate per la ricerca della prova della contravvenzione di molestia o disturbo alle persone.

Una diversa lettura della disposizione continua a ritenere rilevante la modalità con la quale gli illeciti sono realizzati e, dunque, a ritenere necessario l'impiego del mezzo del telefono per poter autorizzare le intercettazioni. Questa seconda interpretazione fa leva anche sul disposto dell'art. 13 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203 che estende lo standard probatorio meno stringente perché siano disposte intercettazioni (sufficienti indizi di reato; necessità del mezzo di ricerca della prova), oltre che ai reati di criminalità organizzata anche ai delitti di minaccia col mezzo del telefono.

A sostegno di questa seconda esegesi si possono indicare taluni arresti della Suprema Corte. Ad esempio Cass. pen., n. 45535/2016 ha ritenuto utilizzabili per il reato di minaccia emerso nel corso delle captazioni le intercettazioni originariamente disposte per il reato di omicidio; Cass. pen., n. 46963/2003, inoltre, ha esplicitamente affermato che le intercettazioni possono essere disposte per il reato di minaccia posta in essere con il mezzo del telefono.

In ogni caso, il problema si pone solo per il delitto di minaccia e di abusivismo finanziario (art. 166 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, testo unico finanziario), perché le altre fattispecie contemplate dalla norma, prevedono ormai limiti edittali che superano quelli previsti dall'art. 266, comma 1, lett. a), c.p.p.

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