Il difetto di rappresentanza del socio-amministratore di s.n.c.

La Redazione
14 Febbraio 2018

In caso di limitazioni statutarie del potere di rappresentanza di una s.n.c., l'inefficacia dell'atto posto in essere dal falsus procurator non è rilevabile d'ufficio ma solo su eccezione di parte; legittimato a dolersi dell'operato di colui che ha operato senza poteri è unicamente la società pseudo-rappresentata, e non anche il terzo.

In caso di limitazioni statutarie del potere di rappresentanza di una s.n.c., l'inefficacia dell'atto posto in essere dal falsus procurator non è rilevabile d'ufficio ma solo su eccezione di parte; legittimato a dolersi dell'operato di colui che ha operato senza poteri è unicamente la società pseudo-rappresentata, e non anche il terzo. Lo ha affermato la Cassazione, con l'ordinanza n. 3416 del 13 febbraio.

Il caso. La dipendente di una farmacia otteneva in primo grado il versamento della rendita, maturata e non versata, per alcuni anni di attività, nonché di una quota degli utili. La domanda era stata svolta sia nei confronti della farmacia – una s.n.c. – che dei soci singolarmente. La Corte d'appello dichiarava inammissibile l'impugnazione proposte dai due soci, in proprio e quali soci della farmacia, con due atti d'appello distinti. La vicenda giungeva, infine, in Cassazione.

La rappresentanza nelle s.n.c. L'appello sarebbe inammissibile in quanto proposto dai due soci singolarmente, mentre nell'atto costitutivo della s.n.c. si prevedeva che nelle controversie la società dovesse essere rappresentata congiuntamente dai due soci.

Per risolvere la questione, la S.C. richiama la speciale normativa che regola la rappresentanza sociale da parte dei soci e che prevale sulla disciplina generale di cui all'art. 182 c.p.c. (applicabile ratione temporis). La fattispecie in esame, in particolare, deve essere regolata in base al principio secondo cui, nelle società in nome collettivo, ogni socio ha la capacità di rappresentare l'ente che, salvo diversa volontà statutaria, può essere rappresentata disgiuntamente da ciascun socio, ai sensi dell'art. 2257 c.c., richiamato dall'art. 2293 c.c.

La legittimazione a far valere i vizi di rappresentanza. Tuttavia, prosegue la Cassazione, in caso di falsa rappresentanza, l'unico soggetto a far valere l'inefficacia dei relativi atti è pur sempre la società pseudo-rappresentata dal falsus procurator.

In altre parole, quando un atto venga compiuto solo da un socio-amministratore, in una situazione in cui l'amministrazione spetterebbe congiuntamente a più soggetti, il terzo non è legittimato a far valere l'inefficacia interna alla società dell'attività svolta dall'amministratore, poiché soltanto la società può farne valere il vizio o ratificarne l'operato.

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