Cessione del contratto di locazione

Aldo Ferrari
09 Marzo 2018

Con l'espressione cessione del contratto di locazione si intende la sostituzione di una delle parti del contratto con un terzo: la cessione del contratto può quindi astrattamente avvenire sia per quanto riguarda la posizione del conduttore sia per quanto riguarda quella del locatore. Nel caso di modifica soggettiva del conduttore, il nuovo si sostituisce a quello originario, a differenza di quanto avviene nel caso della sublocazione in cui le parti del contratto “base” continuano ad essere le stesse. Le norme del codice civile consentono, salvo patto contrario, la sublocazione mentre subordinano la cessione del contratto, dal lato del conduttore, al consenso del locatore parimenti la disciplina speciale, per le locazioni abitative, la vieta, salvo espressa autorizzazione del locatore. Diversa è la situazione nel caso in cui il contratto di locazione per uso diverso dall'abitativo venga ceduto unitamente all'azienda. La cessione non consentita del contratto può determinare conseguenze quali la risoluzione del contratto.
Inquadramento

Con l'espressione cessione del contratto di locazione, che ricomprende più ipotesi tra loro similari ma diversamente disciplinate, si intende la sostituzione nel contratto di uno dei contraenti con un terzo in luogo del contraente originario. Va, quindi, rilevato come la cessione possa avvenire tanto dal lato del locatore quanto da quello del conduttore.

Mentre nel primo caso, solitamente non si pongono problemi particolari, nella seconda ipotesi (modifica del conduttore) si possono realizzare più evidenti criticità: la disciplina di settore regola diversamente le due ipotesi.

Preliminarmente va ricordato il principio generale posto dal nostro codice civile secondo cui il conduttore «salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa locatagli, ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore» (art. 1594 c.c.). Tale previsione normativa - in linea con quella generale posta dall'art. 1406 c.c. che stabilisce che la cessione possa avvenire purché «l'altra parte vi consenta» - induce a precisare la differenza tra la cessione del contratto e la sublocazione. Nel primo caso, infatti, ci si riferisce alla sostituzione di una delle parti del contratto con una nuova che subentra nella posizione contrattuale e nella titolarità delle obbligazioni che ne discendono. Nel caso della sublocazione, invece, permane il contratto originario mai il conduttore conclude un nuovo e subordinato contratto di locazione con cui concede in locazione il medesimo immobile che forma oggetto del contratto di locazione “principale” (sulla disciplina della ci si soffermerà diffusamente in altra sezione).

Con specifico riguardo al tema della cessione del contratto di locazione, va detto che la normativa di settore (l. n. 392/1978 c.d. legge sull'equo canone, tutt'ora in parte vigente) si conforma, in larga misura, ai principi codicistici poc'anzi richiamati. In particolare, la disciplina dispone che «il conduttore non può sublocare totalmente l'immobile né può cedere ad altri il contratto senza il consenso del locatore» (art. 2 l. n. 392/1978). Il principio cardine in materia è, dunque, che il conduttore non può cedere il contratto a terzi senza l'espresso consenso del locatore. Va, peraltro, evidenziato come tale principio, dettato con specifico riguardo agli immobili ad uso abitativo, valga in linea di principio anche con riguardo a quelli per uso diverso. Tuttavia una particolare considerazione è posta per il contratto locativo che riguardi un'attività aziendale. Rispetto agli immobili locati per uso diverso dall'abitativo (commerciale) è, infatti, previsto che il conduttore possa (sublocare l'immobile o) cedere il contratto di locazione «anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda» (art. 36 l. 392/78). A tale riguardo va, dunque evidenziato come l'esigenza di salvaguardia dell'attività d'impresa abbia indotto il legislatore a dare prevalenza alla tutela dell'azienda e della sua integrità rispetto agli ordinari criteri di cui si è detto che tendono a privilegiare, invece, la posizione del locatore che può stabilire se consentire o meno alla richiesta di cessione del contratto. Pertanto nel caso in cui il contratto di locazione acceda e si riferisca ad un'attività aziendale il conduttore che esercita l'azienda avrà facoltà di cedere il contratto unitamente all'azienda o al ramo di azienda interessato (salvo i limiti che saranno esaminati nel prosieguo).

La cessione del contratto di locazione di immobile abitativo: effetti

Come si è visto, in ossequio ai principi generali e tenuto conto del particolare valore economico e sociale del bene immobile, è fatto divieto al conduttore di cedere la propria posizione contrattuale in difetto del consenso del locatore. Uno degli aspetti che si apre al riguardo è come debba essere prestato il consenso. Non v'è dubbio sul fatto che il consenso debba essere espresso e tuttavia non necessariamente deve essere prestato in forma scritta, salvo che nella sola ipotesi di cessione relativa ad un contratto ultranovennale. Tale circostanza, in caso di contrasto tra le parti sull'esistenza o meno del consenso del locatore, apre ovviamente il varco ad un considerevole problema probatorio, perché il conduttore potrebbe dedurre di avere ricevuto un consenso verbale o addirittura implicito e per fatti concludenti. Per tale ragione, ossia per evitare dubbi al riguardo, spesso nel contratto di locazione viene inserita una clausola che stabilisce espressamente il divieto di cessione ovvero nega a priori il consenso alla cessione medesima. Ove il contratto preveda una tale clausola, assai frequentemente la stessa è munita di una tutela rafforzata nel senso che il contratto prevede altresì che l'eventuale violazione del divieto di cessione possa comportare la risoluzione di diritto del contratto (ex art. 1456 c.c.). In mancanza di una tale previsione negoziale, resta invece affidato al giudice di valutare le conseguenze dell'eventuale violazione del divieto legale o convenzionale di cessione del contratto di locazione con le maggiori incertezze che ciò può determinare.

Ove la cessione del contratto venga assentita ovvero autorizzata dal locatore va sottolineato come l'unica modifica contrattuale riguardi proprio ed esclusivamente la sostituzione di una delle parti del contratto (ossia il conduttore) con un soggetto terzo che, in virtù della cessione, subentra nel rapporto contrattuale, assumendone diritti e obblighi nella situazione in cui il contratto medesimo si trova. Ciò vuol dire che il terzo che subentra nel contratto, assumendo la posizione di conduttore, lo accetta nella situazione in cui si trova, in via esemplificativa, il nuovo conduttore accetta il canone, la durata, eventuali oneri ulteriori posti a carico del conduttore ovvero limitazioni o divieti nell'utilizzo dell'immobile. Dal momento della cessione (assentita), per le obbligazioni contrattuali risponde solo il nuovo conduttore.

Diversamente, si pone il problema di quale sia la sorte relativa ad eventuali diritti ed oneri maturati prima della cessione del contratto di locazione. Alla stregua di quanto previsto dall'art. 1408 c.c. deve ritenersi che il (conduttore) cedente sia liberato dalle sue obbligazioni dal momento in cui la sostituzione del conduttore sia efficace e quindi dal momento in cui il locatore abbia prestato il suo consenso alla cessione. Il locatore può, peraltro, dichiarare di non liberare il cedente e, in questo caso, può agire nei suoi confronti se il conduttore non adempie le proprie obbligazioni.

Per quanto riguarda, invece, le obbligazioni pregresse (ad esempio la morosità che si fosse maturata prima della cessione del contratto) la questione si presta a diverse interpretazioni. Secondo una risalente giurisprudenza il locatore non potrebbe agire nei confronti del nuovo conduttore (cessionario) per i crediti maturati prima della cessione, potendo quindi agire a tale riguardo solo nei confronti dell'originario conduttore (Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 1956, n 364). Tale soluzione non appare, tuttavia, pienamente appagante per il fatto che il cessionario subentra nel contratto nella situazione in cui lo stesso si trova, assumendosi l'onere di far fronte alle obbligazioni che ne discendono, per le quali potrebbe peraltro essere difficoltoso stabilire se riferiscano ad un momento antecedente o successivo rispetto a quello della cessione.

In evidenza

Volendo evitare incertezze, che possono dar luogo a controversie, in caso di cessione del contratto il locatore può prestare il consenso alla cessione precisando, ad esempio, che non intende liberare il conduttore cedente rispetto alle obbligazioni già sorte ovvero che il cessionario dovrà farsi carico anche di quelle già maturate e non ancora adempiute dal conduttore cedente.

La cessione del contratto di locazione di immobile ad uso diverso dall'abitativo

Anche per quanto riguarda il contratto di locazione di un immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo valgono le stesse regole e i medesimi principi poc'anzi richiamati ossia che per la sostituzione del conduttore mediante la cessione del contratto è richiesto il consenso del locatore. La peculiarità della disciplina si riscontra tuttavia laddove il contratto di locazione inerisca ad un complesso aziendale: in questo caso il legislatore ha dato prevalenza alle esigenze di tutela dell'azienda consentendo che il conduttore possa «cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento» (art. 36 l. n. 392/1978). Dunque, se viene ceduta o locata l'azienda il contratto di locazione segue il percorso del complesso aziendale e inerendo alla stessa può parimenti essere ceduto. Va precisato che la norma riserva al locatore la facoltà di formulare opposizione alla cessione «per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione»(art. 36 l. cit.). Le conseguenze del mancato consenso alla cessione sono che qualora il locatore non abbia liberato il cedente «può agire verso il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte»(art. 36, comma 2, l. cit.).

Posti i principi che precedono, si sono poste una serie di questioni di carattere interpretativo della disciplina in esame. Un primo aspetto venuto sotto la lente di ingrandimento del giurista è se la cessione del contratto, nel caso in cui sia collegata al trasferimento (cessione o affitto di azienda) debba essere condensata in un unico documento con il trasferimento dell'azienda o meno. A tale riguardo appare senz'altro preferibile il canone interpretativo che esclude la necessità che i due atti siano racchiusi in un unico documento, per cui il conduttore ben può concludere un primo atto con cui trasferisce l'azienda e poi una separata scrittura con cui trasferisce anche il contratto di locazione. Ciò non esclude che possa essere redatto un unico atto con cui viene trasferita l'azienda e contestualmente venga indicato, all'interno del medesimo il contratto di locazione (facente parte della consistenza aziendale) di cui viene contestualmente disposta la cessione (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2001, n. 8854). La giurisprudenza ha chiarito come nel caso in cui il contratto di affitto o cessione riguardi un'azienda che, in virtù di un contratto di locazione, dispone del godimento di un immobile si debba presumere, fino a prova contraria, anche la cessione del contratto di locazione piuttosto che la sublocazione. In particolare, si è osservato che quando l'azienda comprende un immobile goduto in virtù di un contratto di locazione, si deve ritenere che si tratti di una cessione di tale contratto piuttosto che di una sublocazione e che tale ricorrenza «va presunta fino a prova contraria, alla stregua dei principi fissati dall'art. 2588 c.c.»(Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 1992, n. 2353). La medesima conclusione potrebbe trovare conferma nel fatto che «il locatore abbia accettato il pagamento del canone direttamente in suo favore così aderendo alla costituzione del rapporto con l'affittuario» (Cass.civ., sez. III,26 febbraio 1992, n. 2353). Naturalmente il contratto di locazione continua a produrre effetti o meno a prescindere dalla sua cessione: sicché se alla cessione dell'azienda (e del connesso contratto di locazione) sopravviene un provvedimento risolutivo del contratto, lo stesso produce i suoi effetti anche nei confronti del cessionario che subentra nel rapporto nello stato in cui si trova e, in ipotesi, anche in relazione ad un contratto che si sia risolto e rispetto al quale il cessionario non possa che prendere atto dell'intervenuto provvedimento (se definitivo).

La giurisprudenza ha ritenuto senz'altro applicabile la richiamata disciplina al caso della cessione o dell'affitto di un ramo di azienda (cui acceda il contratto di locazione). Per ramo di azienda si intende una parte del complesso dei beni e dell'organizzazione aziendale che sia dotato di una propria distinta autonomia organizzativa. In questo caso, se il rapporto locativo attiene al ramo di azienda ceduto può essere parimenti ceduto in caso di cessione di quello specifico ramo dell'azienda rispetto alla cui attività è funzionalmente collegato.

Naturalmente non può parlarsi di cessione o affitto dell'azienda nel caso in cui vengano ceduti o affittati singoli beni o parti dell'azienda che non siano dotate di autonoma unità e funzionalità.

RAMO DI AZIENDA E CESSIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE

Cosa si intende per ramo di azienda

- Il conduttore può, senza il consenso del locatore, sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione, purché venga, insieme ceduta o locata l'azienda o parte di essa, e cioè di una porzione dei beni destinati all'attività esercitata nell'immobile autonoma e funzionalmente sufficiente per tale attività; conseguentemente detta possibilità deve essere negata nel caso di mera alienazione di singoli beni privi degli indicati requisiti, nella quale ipotesi è necessario il consenso del locatore (Cass. civ., sez. III, 19 aprile 2001, n. 5817).

- Costituisce azienda soltanto il complesso dei beni organizzato per l'esercizio di una specifica e ben individuata impresa, non di una qualsiasi possibile impresa astrattamente ipotizzabile (Cass. civ., sez. III, 27 febbraio 2004, n. 3973).

Rilevanza dell'autonomia organizzativa

Per configurare l'azienda o il ramo d'azienda è sufficiente che la cessione riguardi anche attività facenti parte di un più vasto insieme di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'attività in varie sedi, purché dotati di una propria autonomia organizzativa, tale da permettere di assolvere, rispetto all'attività esercitata nell'immobile, alla funzione propria dell'azienda (Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 1986, n. 7326).

Occorre soffermarsi ulteriormente sull'onere della comunicazione di cui all'art. 36 della l. n. 392/1978, a carico del conduttore cedente, per rendere opponibile al locatore la cessione: è infatti noto che «la mancata comunicazione della sublocazione o della cessione del contratto nel caso di immobile destinato ad uso diverso da quello abitativo, rende solo inopponibile l'avvenuta sublocazione o la cessione al locatore» (Cass.civ., sez. III, 1 agosto 2002, n. 11427). Tale comunicazione, che deve essere inviata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, deve contenere gli elementi essenziali dei contratti posti in essere e del soggetto che subentra nel contratto in maniera tale da consentire al locatore «di esercitare il suo diritto di opposizione per gravi motivi» (Cass.civ., sez. III, 19 aprile 2001, n. 5817).

Il principale effetto della comunicazione al locatore della cessione del contratto insieme alla cessione o alla locazione dell'azienda è di rendere la cessione stessa opponibile al locatore cioè di consentire che il contratto prosegua e produca i suoi effetti nei confronti del nuovo soggetto.

In evidenza

La comunicazione della cessione del contratto di locazione ad uso commerciale deve essere inviata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ed è essenziale per rendere opponibile ossia efficace la cessione nei confronti del locatore.

Va precisato che, nel caso di omessa comunicazione, l'eventuale accettazione della cessione da parte del locatore può, comunque, valere a rendere la cessione efficace nei suoi confronti anche in difetto della previa prescritta comunicazione del conduttore. Va, peraltro, detto che in questo caso si pone un problema di prova dell'accettazione che dovrebbe essere possibilmente scritta o comunque derivare da comportamenti concludenti non equivoci per evitare un contenzioso che potrebbe altrimenti facilmente insorgere in ordine alla sussistenza o meno dell'accettazione del locatore.

Va, infine, precisato che in ogni caso il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire anche contro il medesimo «qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte».

L'opposizione del locatore alla cessione del contratto

La comunicazione relativa alla cessione del contratto di locazione, insieme all'azienda, che il conduttore deve eseguire nei confronti del locatore per renderla opponibile ovvero efficace nei confronti di quest'ultimo ha, altresì, un'altra tipica funzione, ossia quella di far decorrere il termine per l'eventuale opposizione da parte del locatore. La disciplina in esame stabilisce, infatti, che «il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione» (art. 36 della l. n. 392/1978). La comunicazione è dunque essenziale per far decorrere il termine per l'opposizione di tal che, decorsi trenta giorni, la cessione diviene definitivamente opponibile al locatore. Per converso quest'ultimo ove ritenga sussistano gravi ragioni può proporre l'opposizione disciplinata dall'art. 36 cit. Il carattere estremamente scarno dei riferimenti normativi al riguardo pone una serie di interrogativi sulla forma ed il contenuto dell'opposizione.

Per quanto concerne gli effetti dell'opposizione, si ritiene che a seguito dell'opposizione il locatore possa denunciare l'inadempimento del conduttore se questi provvederà comunque alla stipula dell'atto. Nel conseguente giudizio andrà, quindi, accertata la sussistenza del dedotto inadempimento, rispetto al quale il conduttore potrà chiedere che venga accertato se i «gravi motivi» dedotti dal locatore siano effettivamente tali e se siano sussistenti o meno.

Va detto che anche se la norma nulla dice in ordine ai requisiti formali dell'opposizione, che dovrebbe quindi ritenersi un atto stragiudiziale a forma libera, è buona norma che l'opposizione sia proposta mediante atto scritto e che vi provveda mediante un atto che dia conferma della ricezione (o se non altro dell'invio) dell'atto. Ciò perché nel caso di un successivo giudizio in merito è necessario che il locatore opponente possa fornire la prova di avere proposto l'opposizione nel termine di legge (di trenta giorni): va da sé infatti che in difetto di tale prova, il termine potrebbe considerarsi decorso e quindi la cessione divenuta efficace e opponibile allo stesso locatore. Per tale ragione è interesse del locatore di provvedere all'opposizione mediante, ad esempio, raccomandata con avviso di ricevimento o con altro strumento equipollente. Un aspetto di particolare interesse consiste nell'individuare quali possano essere i «gravi motivi» di opposizione.

CASISTICA

Gravi motivi in genere

I gravi motivi che giustificano la opposizione del locatore alla sublocazione o alla cessione del contratto di locazione di immobili ad uso diverso da quello di abitazione debbono riguardare la persona del nuova conduttore, al sua affidabilità e posizione economica ovvero il complesso della operazione progettata, con esclusione di motivi che attengano in via immediata e diretta, alle esigenze e alla situazione del locatore (Cass. civ., sez. III, 7 marzo 1991, n. 2386).

Insolvenza del cessionario

Un grave motivo di opposizione alla cessione della locazione di un immobile è configurabile nell'insolvibilità del cessionario, presunta per i protesti di titoli cambiari emessi da una società in nome collettivo - a ristretta base sociale, di natura familiare - di cui egli è socio, perché l'autonomia patrimoniale e il beneficium excussionis costituiscono soltanto un sottile diaframma in sede recuperatoria, mentre la corresponsabilità del cedente non liberato, non esclude l'inaffidabilità del cessionario (Cass. civ., sez. III, 4 marzo 1998, n. 2405).

Guida all'approfondimento

Ulessi, Cessione del contratto, termini per l'azione di ripetizione dell'indebito e riconsegna dell'immobile nelle locazioni per uso commerciale, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 1125;

Cappabianca, Sublocazione o cessione della locazione e comunicazione al locatore, in Corr. giur., 1994, fasc. 3;

Falabella, Trasferimento e reimpiego della posizione contrattuale, in La locazione, Torino, 2010, 1461.

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