La lunga transizione
19 Marzo 2018
La giustizia penale sta attraversando una significativa fase di transizione, nel corso della quale non sono poche le “rivoluzioni” già evidenziatesi ma restano incerti gli approdi finali. Forse, approdi – immediati – non ci sono e la fase di transizione è destinata a protrarsi a lungo. Basterebbe pensare, fra le tante, alla riforma in tema di responsabilità degli enti che rompe un principio consolidato in materia di responsabilità personale ora riletto in chiave adeguata alle profonde trasformazioni della società e dell'economia. Nel contesto delle riferite trasformazioni un ruolo significativo e incisivo sta assumendo il processo alle cose sempre più presente nelle scelte legislative. In altri termini, affiancato e ora anche disgiunto (in qualche modo, come si dirà) dal processo alla persona, si evidenzia sempre più un processo alle cose, per le quali il sistema penale decide di occuparsi interessandosi della loro “potenzialità” criminale. La pericolosità della res non è certamente una novità per la giustizia penale. L'elemento significativo è la progressiva dilatazione che questo elemento è venuto assumendo attraverso meccanismi sanzionatori (preventivi ed ablativi) sempre più intensi e sofisticati. In ogni vicenda procedimentale penale, pur nella loro differenziazione, come si dirà, sono tre gli elementi di cui tenere conto: il profilo soggettivo, il percorso (con la relativa regola di giudizio), il risultato. Nei diversi procedimenti, questi elementi si compongono in maniera diversa. Pur non mancando sovrapposizioni, naturalmente, si tratta di procedimenti differenziati che, salva la loro inutilità, non possono identificarsi e che presuppongono e mantengono le loro specificità.
Sono sostanzialmente due i procedimenti nei quali le situazioni del processo alle cose si evidenziano. Il primo è il processo penale. Va messo in luce come all'interno di questo percorso si articolino due sviluppi, tra loro collegati. Il processo alla persona, che porta alla sua condanna o alla sua assoluzione e il processo alle cose, che porta alla confisca della res ovvero alla restituzione delle cose sequestrate in via preventiva. I due percorsi, come recentemente dimostrato, sono sicuramente riconducibili a un soggetto ma possono avere esiti diversi rispetto alla condanna alla pena: invero, pur con il necessario collegamento, è possibile che esiti processuali, pur sottintendendo la responsabilità, non escludendo una sanzione, portino ugualmente alla “condanna” del res attraverso la confisca. Si può fare riferimento alla disciplina della tenuità del fatto, a quella delle condotte riparatorie, a quella degli eterni giudicabili, alla prescrizione in appello (cui sia sotteso un giudizio di condanna in prima istanza) che pur esentando l'imputato da pena, consente di valutare negativamente la res. Pur esprimendosi in relazione alla soggettività, anche in modo sfumato, nel contesto di un quadro meramente indiziario di reato o di non riconoscimento di responsabilità, si vuole sottolineare come la condanna per la res, attraverso la sua confisca, diventi conseguenza processuale obbligata. In altri termini, pur in relazione a un variegato riferimento soggettivo (la cosa potrebbe essere anche nella disponibilità di un terzo) il risultato sanzionatorio del processo riguarda comunque la cosa “pericolosa”. Va sottolineato, peraltro, che la pericolosità della res, che potremmo definire conseguenza diretta del rapporto tra il reato e la res, trova una estrinsecazione particolare, fermo il riferimento soggettivo, attraverso la c.d. confisca per equivalente. Nelle situazioni di impossibilità di confiscare la res di cui al reato, si procede al sequestro e alla confisca del suo equivalente nel quale si afferma che la pericolosità (“originaria”) della res si sarebbe trasferita. Il rapporto in qualche modo stretto tra responsabilità personale e res – dentro al processo – trova una più rigorosa previsione in caso di condanna o di pena patteggiata (in relazione a precisi reati), ma consente un trasferimento a una sfera ulteriore dell'indicazione della pericolosità della res (c.d. confisca allargata). La condanna, infatti, diventa un indice per verificare la consistenza del patrimonio del soggetto. Il reato accertato diventa una “spia” di possibili arricchimenti patrimoniali che la “ricchezza” del condannato mette in luce. Il collegamento – che consente anche il ricorso all'equivalente – è dato dalla condanna ma conduce a un accertamento che da questo si separa introducendo un autonomo procedimento alla res. Questo percorso, inizialmente previsto da una legge speciale, proprio per le sue implicazioni sostanziali e processuali penali, è da ultimo rifluito all'interno del sistema penale attraverso la c.d. riserva di codice, confermando i suoi stretti legami con la giustizia penale e le sue regole (art. 240-bis ex d.lgs. in corso di pubblicazione) ancorché connotato da regole probatorie differenziate.
Il quadro delineato si completa attraverso la disciplina delle procedure di prevenzione. Anche in questo caso al procedimento di prevenzione alla persona, di cui alla c.d. legislazione antimafia, si affianca oggi quello della prevenzione patrimoniale. Nato quale armamentario a tutela della borghesia, con natura di strumento di polizia di sicurezza, il procedimento di prevenzione personale ha subito nel tempo varie declinazioni, adeguandosi alle esigenze sicuritarie nei confronti delle mutevoli situazioni di affermata pericolosità (brigantaggio, dissenso politico), per approdare, nel nostro sistema, a strumento sanzionatorio della variegata determinazione di indici di pericolosità delle persone, nei molteplici contesti. L'inadeguatezza dello strumentario, rispetto agli sviluppi della potenziale pericolosità delle persone inserite nelle dinamiche criminali, ha reso necessario – stante il diffondersi della dimensione economica delle attività stesse – affiancare alle misure soggettive, quelle patrimoniali. L'ulteriore espansione delle dimensioni criminali del profitto da attività illecite, non sempre facilmente perseguibili con lo strumento penale, stante gli elevati standard di garanzia del processo, ha convinto il Legislatore – fermi alcuni indici di soggettività – di sganciare il percorso delle misure preventive patrimoniali da quelle personali, connotandole di strumenti sempre più articolati di ablazione ed estendendo il raggio della loro operatività. Le possibili ricadute economiche delle misure ablative – stante la rilevanza delle attività interessate – ha suggerito di affiancare allo strumento sanzionatorio, disposizioni gestionali – connotate da professionalità – per evitare un depauperamento delle realtà patrimoniali alle quali possano accompagnarsi non secondarie ricadute sociali. Anche per questa via, come si vede, si prevede e anzi si accentua il procedimento alla res, in considerazione del fatto che, da un lato, non si può consentire un illecito arricchimento dei soggetti che abbiano manifestato indici di pericolosità, dall'altro lato, che vanno evitate pericolose distorsioni del mercato. In altri termini, l'ablazione dei beni, per un verso, toglie ai responsabili la ricchezza illecita, evitando ulteriori accumuli patrimoniali, per un altro, ripristina la regolarità del sistema economico, sempre più necessaria in un mondo globalizzato, per un altro ancora, consente di reintegrare il tessuto sociale del depauperamento che l'attività deviata ha causato. Anche in questo caso, naturalmente sono fissati i presupposti, i percorsi e gli oggetti ai quali è finalizzato il meccanismo sanzionatorio. Considerate le sempre più pregnanti ricadute di queste attività, sono necessarie precise regole di giudizio che disciplinino l'azione giudiziaria.
Entrambi i percorsi così sommariamente delineati devono essere governati dal principio di legalità e di giurisdizione e da regole procedurali di garanzia. Si intende dire che, pur nella già indicata diversità delle finalità, i tre elementi dei soggetti, del procedimento, dell'oggetto non possono sfuggire a indicazioni precise, ancorché, conseguentemente, non identiche. I soggetti, la disciplina procedurale, le regole di giudizio e i beni da ritenere sequestrabili e confiscabili richiedono precise indicazioni da parte del legislatore. In questa prospettiva, sia il Parlamento, con alcune riforme, sia la giurisprudenza costituzionale e quella sovranazionale, nonché le Sezioni unite stanno progressivamente intervenendo delineando in modo più preciso le condizioni, le modalità e le sanzioni applicabili, conservando le diverse specificità, ma affinando gli strumentari giuridici per la loro applicazione. L'elemento centrale è il processo alle cose, secondo la logica del crimine da profitto, variamente declinato. Una nuova frontiera della giustizia, che si affianca a quella degli illeciti amministrativi, di quelli civili, della responsabilità degli enti, della giustizia riparatoria e di quella sociale, prospettando un articolato ventaglio della giustizia sanzionatoria che sappia modularsi sulla diversità delle situazioni illegali. Sotto questo profilo, superando la previsione di un sistema carcerocentrico, sotto il profilo soggettivo, andrebbero affiancate al processo alle cose, misure sanzionatorie soggettive (principali) di natura interdittiva. |