Prime applicazioni pratiche della Taricco-bis
22 Marzo 2018
In un procedimento per i reati di usura, frodi fiscali e associazione per delinquere la Corte d'appello riteneva dover disapplicare la normativa interna in tema di sospensione dei termini di prescrizione (artt. 160 ss. c.p.p.) alla luce di quanto affermato dalla Corte di giustizia europea con la sentenza Taricco dell'8 settembre 2015. Gli imputati ricorrevano in Cassazione lamentando una violazione dei principi nazionali di irretroattività e legalità. La Sezione II penale della Suprema Corte, con sentenza n. 9494 depositata il 2 marzo 2017 ha accolto il ricorso e affermato il seguente principio di diritto: «ai reati tributari commessi antecedentemente alla sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione europea pronunciata il 08/09/2015 in causa C-105/14, Taricco, continua ad applicarsi integralmente la normativa sulla prescrizione, non potendo il giudice disapplicarla stante il divieto di irretroattività, ai sensi dell'art. 325, par. 1 e 2, T.F.Ue, così come interpretato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (Grande Sezione) con sentenza del 05/12/2017 in causa C-42/14». Con tale ultima sentenza, c.d. Taricco-bis, la Corte di giustizia – pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale, disposto dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 24/2017 (vedi nota di SCHETTINO, Altra tappa nella vicenda Taricco: gli atti tornano alla Corte di giustizia Ue), sulla corretta interpretazione da dare a quanto espressa nella c.d. sentenza Taricco in considerazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato membro – aveva affermato che «il giudice nazionale deve disapplicare quelle disapplicare quelle disposizioni interne sulla prescrizione che, per la loro brevità, ostino all'inflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive» riconoscendo però «un limite alla disapplicazione nel caso in cui comporti una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene a causa dell'insufficiente determinatezza della legge applicabile, o dell'applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato». |