Ritardo nel rilascio

Nino Scripelliti
28 Marzo 2018

Non è infrequente che il conduttore non restituisca l'immobile locato al momento della cessazione del relativo rapporto (per scadenza o per altre cause). Sorge, per tale soggetto, l'obbligo di corrispondere al proprietario il corrispettivo in precedenza pattuito, nonché di risarcire l'eventuale maggior danno. In merito a tale fattispecie, sorgono numerose questioni riguardanti i presupposti e la quantificazione del maggior danno, l'onere probatorio, se l'inadempimento decorre dalla cessazione del rapporto locativo o dalla scadenza del termine per il rilascio giudizialmente stabilito.
Inquadramento

L'art. 1591 c.c. prevede che il conduttore che non provveda alla restituzione al locatore della cosa locata in tutti i casi di cessazione del rapporto locativo (scadenza, risoluzione), sia obbligato a corrispondere al locatore, anche non proprietario del bene locato, il «corrispettivo» convenuto fino alla riconsegna, quasi configurando l'ultrattività del rapporto locativo, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno: tuttavia non si è di fronte alla sopravvivenza della obbligazione contrattuale di pagamento del canone, ma ad una delle conseguenze dell'inadempimento del conduttore all'obbligazione di rilascio della cosa (dell'immobile, se tale) prevista dall'articolo 1590, comma 1, c.c.

Si tratta dunque di un'obbligazione avente contenuto risarcitorio, pur se l'oggetto è, imprecisamente, qualificato come «corrispettivo» commisurato al canone nella misura forfettaria minima. Il pagamento è definito anche come indennità di occupazione, in tal modo evidenziandone il carattere indennitario-risarcitorio (Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2003, n. 8240), anche se, nella pratica, queste situazioni destinate a protrarsi nel tempo in sede esecutiva e per motivi di diversa natura, sono considerate come continuazione sotto altra denominazione del canone ed, impropriamente, come una sorta di continuità di fatto del rapporto locativo.

Sul punto, va evidenziato che l'espressione «locazione di fatto» non ha natura empirica o pratica, in quanto utilizzata anche nel testo originario dell'art. 13 della legge n. 431/1998, precedente la novella ex art. 1, comma 59, della legge n. 208/2015 (se ne ignorano altre verosimili utilizzazioni in tempi più risalenti, ma comunque si tratta di esempio di nomenclatura non giuridica tratta dalla pratica, con inevitabile rischio di confusione).

L'art. 1591 c.c. non esclude tuttavia la risarcibilità di un danno maggiore con diritto del locatore alla dimostrazione ed al risarcimento di questo.

Le problematiche

Le principali questioni riguardanti questa disposizione attengono ai presupposti e alla quantificazione del maggior danno, al relativo onere probatorio, al dies a quo dell'inadempimento (se dalla cessazione del rapporto locativo o dalla scadenza del termine per il rilascio che fosse stato giudizialmente stabilito).

Tuttavia è opinione comune che l'inadempimento e la conseguente obbligazione risarcitoria, non sono escluse dai provvedimenti dilatori dell'esecuzione forzata in sede di rilascio, frequenti nella disciplina delle locazioni abitative precedente a quella dell'equo canone, e successivamente ex art. 56 della legge n. 392/1978 ed ex art. 6 della legge n. 431/1998; e quanto alle locazioni ad uso diverso da quello abitativo, le dilazioni furono previste dall'art. 2 l. n. 478/1987, oggi non più in vigore, anche se la Corte costituzionale con sentenza n. 482/2000 ha stabilito che oltre gli stretti limiti delle dilazioni legali delle esecuzioni forzate, l'obbligo risarcitorio previsto dall'art. 1591 c.c. riprende la sua misura ordinaria, così dovendosi prescindere dalla percentuale del 20% (Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2002, n. 10560; Cass. civ., sez. III, 26 settembre 1998, n. 9698; Cass. civ. sez. III, 26 settembre 1989, n. 4429).

È il caso di evidenziare che il citato art. 6 è formulato in analogia all'articolo 1-bis del d.l. n. 551/1988, che predeterminava in base a identici parametri la somma mensile dovuta dal conduttore, ai sensi dell'art. 1591 c.c.; tuttavia, la Corte costituzionale, nel citato provvedimento, ha ricordato che nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione legale ovvero di quello fissato dal giudice e fino all'effettivo rilascio, dovrà operare il regime ordinario che regola il risarcimento del maggior danno secondo l'art. 1591 c.c., così confermando la natura esclusivamente risarcitoria del corrispettivo: la sentenza era stata preceduta da altra della Corte (n. 149/1992), che aveva limitato la portata dell'art. 2 della legge n. 478/1987, sopra citato.

In evidenza

Non sempre il ritardo nel rilascio dell'immobile può esser fonte di obbligo risarcitorio. Infatti, l'esclusione, per effetto di una offerta non formale ex art. 1220 c.c., della mora del conduttore nella restituzione dell'immobile locato, vale a preservarlo dalla responsabilità per il ritardo, e, quindi, ad escludere la sussistenza dell'obbligo di corrispondere al locatore, a titolo risarcitorio, il maggior danno, ossia un importo superiore al canone pattuito nel contratto ormai cessato, senza che rilevi in contrario la circostanza che il conduttore, eventualmente, abbia cessato di usare l'immobile secondo la destinazione convenuta, potendo egli sottrarsi al pagamento solo mediante la riconsegna dell'immobile al locatore o l'offerta formale dello stesso ai sensi dell'art. 1216 c.c., con il risultato di costituire in mora accipiendi il locatore e liberarsi definitivamente della sua obbligazione (Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 2003, n. 1941).

Inoltre nelle locazioni non abitative destinate allo svolgimento di attività aventi contatto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, l'esecuzione del provvedimento di rilascio è condizionata ex art. 34, comma 3, legge n. 392/1978, all'avvenuta offerta della indennità per l'avviamento commerciale, in forma dell'offerta reale non accettata. Pertanto fino a tale momento il mancato rilascio dell'immobile da parte del conduttore è giustificato, con la conseguenza che il conduttore non è in mora né ha obbligo di risarcimento ai sensi dell'art. 1591 c.c., alla condizione, tuttavia, che egli si limiti a mantenere la detenzione dell'immobile senza utilizzarlo (Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 2016, n. 19634).

Il danno risarcibile ai sensi dell'articolo 1591 c.c.

L'art. 1591 c.c. disciplina dunque la responsabilità contrattuale dell'ex conduttore, quale conseguenza dell'inadempimento dell'obbligazione di restituzione dell'immobile al locatore. A questo ultimo spetta il solo onere di provare l'inadempimento, ma non il dolo o la colpa dell'inadempiente, al quale spetta invece il più gravoso onere probatorio di dimostrare l'impossibilità della riconsegna per una causa a lui non imputabile (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. III, 30 luglio 2004, n. 14624; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2007, n. 20589).

Il risarcimento minimo-forfetario previsto dall'art. 1591 c.c. così come la ricordata maggiorazione del 20% prevista dall'art. 6 della legge n. 431/1998, prescindono dalla prova di qualsiasi danno che in tal modo viene presunto juris et de jure in quanto fondato sulla naturale produttività della cosa concessa in locazione, non diversamente dalla previsione di interessi legali nel caso di inadempimento alle obbligazioni pecuniarie. Ne deriva che il conduttore inadempiente non può sottrarsi a questa obbligazione risarcitoria (Cass. civ., sez. III, 19 giugno 2002, n. 8913) dimostrando che il locatore non ha subito alcun danno per effetto della omessa o ritardata riconsegna del bene locato o per avere concorso nella sua determinazione, per esempio, trascurando la ricerca di un conduttore (articolo 1227 c.c.). Dunque rispetto ai principi generali in materia di inadempimento contrattuale di cui all'art. 1223 c.c. e di prova del danno, il locatore è esonerato dalla dimostrazione del danno, con riferimento all'an debeatur e al quantum.

Si badi che nelle obbligazioni pecuniarie, si è affermata anche una presunzione relativa di maggior danno ex art. 1224 c.c. rispetto all'interesse legale (Cass. civ., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19499).

Il criterio di determinazione dell'indennità di occupazione nei contratti di locazione abitativa è stato particolarmente discusso durante il periodo del canone legale ex l. n. 392/1978, esistendo una oggettiva differenza tra il canone legale e il canone del mercato, questo ultimo, all'epoca, secondario e limitato ad usi abitativi atipici (pied-à-terre, foresteria) ma pur sempre accertabile (Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2002, n. 10560), ed essendosi la giurisprudenza della Suprema Corte decisamente orientata, anche se con eccezioni (cfr. Cass. civ. , sez. III, 15 ottobre 1997, n. 10115) nel senso di richiedere la dimostrazione specifica del lucro cessante (perdita di occasioni concrete di altre utilizzazioni rese impossibili dalla indisponibilità dell'immobile locato (Cass. civ., sez. III, 22 luglio 2004, n. 13628). La giurisprudenza del tempo, in linea con i principi ispiratori del canone legale, ritenne tuttavia legittima l'eventuale pattuizione di clausola penale commisurata al ritardo nel rilascio (Cass. civ., sez. III, 4 novembre 1993, n. 10887).

L'obbligazione ex art. 1591 c.c. è stata ritenuta di valuta e non di valore e richiede, in linea di massima, per l'ulteriore risarcimento previsto dall'art. 1284 c.c. la specifica dimostrazione anche se presuntiva (Cass. civ., sez. III, 25 ottobre 2010, n. 21828), della più fruttuosa utilizzabilità del denaro rispetto a quella compensabile con gli interessi legali.

La data da cui decorre la mora del conduttore

Con riguardo alla mora dell'ex conduttore nel rilascio dell'immobile e alla determinazione del dies a quo agli effetti della obbligazione risarcitoria, non vale il principio per cui dies interpellat pro homine ex art. 1219, comma 2, n. 3 c.c., che non richiede diffida ad adempiere, anche se per gli obblighi risarcitori previsti dall'art. 1591 c.c. nel caso di risoluzione giudiziale del contratto ex art. 1458, comma 1, c.c., così come nel caso di scadenza o risoluzione di diritto ex artt. 1456 e 1457 c.c., la mora si verifica dalla data della risoluzione del contratto o della sua scadenza legale, seguita o preceduta da domanda di rilascio dell'immobile, quale che ne sia il motivo, e non dal suo accoglimento anche nel caso di sentenza costitutiva della risoluzione del contratto, per il principio secondo il quale la durata del processo non deve danneggiare che la parte ha ragione (Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2014, n. 7215; Cass. civ., sez. III, 9 luglio 2009, n. 16110). Nell'ipotesi in cui l'immobile offerto in restituzione dal conduttore si trovi in condizione non corrispondente a quello descritta dalle parti all'inizio della locazione, ovvero, in mancanza di descrizione, si trovi in cattivo stato locativo, occorre individuare i motivi del deterioramento, e se il conduttore non abbia adempiuto all'obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione che gli fanno carico, oppure se egli abbia eseguito trasformazioni e/o innovazioni senza il consenso del locatore. Nel primo caso, l'esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino rientra nel dovere di ordinaria diligenza alla quale il locatore è tenuto per non aggravare il danno e il suo rifiuto di ricevere la cosa è conseguentemente illegittimo ed esclude la mora del conduttore, salvo il risarcimento dei danni a carico del conduttore ai sensi dell'art. 1590 c.c.; nel secondo caso, invece, poiché l' opera di ripristino implica il compimento richiederanno un'attività straordinaria e gravosa, il locatore potrà legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta (Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2013, n. 12977).

L'onere probatorio

Si conferma preliminarmente che il maggior danno dovuto oltre l'indennità di occupazione ragguagliata al canone, è soltanto eventuale dovendo il proprietario locatore assolvere all'onere della prova del danno, sia in ordine all'an che del quantum nell'ambito del lucro cessante (art. 1223 c.c.) dovuto alla indisponibilità dell'immobile, avuto riguardo alla dicotomia danno-evento/danno-conseguenza, valida in tema di responsabilità extra-contrattuale: il danno evento si riferisce al danno inteso come violazione della posizione giuridica soggettiva, mentre la seconda espressione rappresenta l'insieme delle conseguenze pregiudizievoli che la vittima dell'illecito civile abbia sofferto a causa della lesione arrecata alla sua condizione giuridica tutelata (cioè a causa del danno-evento). Anche nel caso di ritardo nella restituzione del bene locato, pur nell'ambito della responsabilità contrattuale, il maggior danno rappresenta il danno-conseguenza che deve esser dimostrato.

CASISTICA

Onere della prova del “maggior danno” per presunzioni

In tema di responsabilità del conduttore per ritardato rilascio dell'immobile locato, il maggior danno ex art. 1591 c.c. deve essere provato in concreto dal locatore, anche mediante il ricorso a presunzioni, purché, però, sia dimostrato che il suddetto ritardo abbia concretamente pregiudicato la possibilità di locare a terzi il bene per un canone superiore all'ultimo pattuito con il conduttore inadempiente, non essendo sufficiente la prova del diverso e maggior valore locativo di mercato (Cass. civ., sez. III, 22 novembre 2016, n. 23704)

Il contenuto della prova del maggior danno

Il locatore che intenda essere risarcito del danno per mancato reimpiego del bene, dopo il rilascio da parte del conduttore in mora, ha l'onere di allegare e dimostrare l'esistenza di specifici fatti impeditivi a tale reimpiego, determinati dal ritardato od inesatto adempimento dell'obbligo di restituzione dell'immobile, ed idonei ad escludere che il mancato sfruttamento locativo sia dipeso da mera inerzia o da scelte volontarie riferibili allo stesso locatore. (Così statuendo, la S.C. - nel confermare la sentenza impugnata, correggendone, però, la motivazione - ha precisato che spetta al locatore, che provi di non aver potuto concludere un nuovo contratto di locazione a causa del ritardato rilascio dell'immobile, il conseguente maggior danno patito sino alla data del rilascio, da liquidarsi con riferimento all'importo del canone relativo al contratto non potuto concludere, oltre aggiornamento ISTAT, ma non anche il danno da lucro cessante per il periodo successivo al rilascio e fino alla stipulazione di un nuovo contratto, non potendo ritenersi provato il nesso eziologico tra l'inadempimento e la produzione di tale ulteriore pregiudizio, né essendo possibile rimettere alla mera libertà del locatore la scelta di attivarsi o meno per rilocare l'immobile, una volta restituito, estendendo "sine die" il danno patrimoniale risarcibile). (Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 2016, n. 19981)

Il comportamento secondo buona fede del locatore

Il locatore, una volta scaduto il contratto, o in previsione della scadenza dello stesso, può stipularne uno nuovo con un diverso conduttore, anche se l'immobile non gli sia stato ancora restituito; tuttavia qualora sia prevedibile, con l'uso dell'ordinaria diligenza, che il primo conduttore si renderà moroso nel rilascio del bene locato, e ciononostante il conduttore lo conceda in locazione a terzi, pattuendo volontariamente clausole onerose per l'ipotesi di proprio inadempimento, senza tempestiva e completa informazione dell'originario conduttore, egli non può pretendere dal medesimo il risarcimento di questo maggior danno, ostandovi il disposto dell'art. 1227 comma 2 c.c., in considerazione della propria condotta contraria a buona fede e correttezza. (Nella specie, il locatore aveva concesso l'immobile in locazione ad un terzo soltanto due giorni prima della scadenza dell'obbligo di rilascio da parte del precedente inquilino, quando era evidente che quel termine non sarebbe stato rispettato, e pattuendo col terzo una onerosissima penale per ogni giorno di ritardo nella concessione del godimento del bene. La S.C., confermando la sentenza di merito, ha ritenuto il primo conduttore responsabile per il danno da perdita del canone a causa del ritardato rilascio, ma non della penale pattuita dal locatore col terzo). (Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2013, n. 9722)

Dalla giurisprudenza emergono fattispecie ricorrenti ed inquadrabili prevalentemente come lucro cessante, caratterizzate dalla perdita di determinate proposte di alienazione a condizioni vantaggiose (Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2006, n. 2525; Cass. civ., sez. III, 29 aprile 2015, n. 8707) o di locazione per un canone superiore a quello dovuto dal conduttore moroso (Cass. civ., sez. III, 14 giugno 2011, n. 12962), o da altre analoghe situazioni pregiudizievoli, non essendo sufficiente, se non al fine di una condanna generica (Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1133), il mero riferimento al parametro del mercato e quindi al maggior valore locativo di mercato, come alla mancata realizzazione di altri e più vantaggiosi progetti di utilizzazione del bene, considerate anche le condizioni nelle quali si trova l'immobile, la sua ubicazione (Cass. civ., sez. III, 12 luglio 1993, n. 7670). Ma deve trattarsi di danno quale conseguenza diretta del mancato rilascio dell'immobile, e non per effetto di indisponibilità di un canone maggiore, per usi più vantaggiosi (Cass. civ., sez. III, 20 maggio 2013, n. 12248; Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2010 n. 4950).

Lo stesso si può dire per la prova, egualmente necessaria, del nesso di causalità tra il ritardo nella riconsegna e la perdita della occasione vantaggiosa di utilizzazione dell'immobile, da valutarsi con giudizio prognostico ex ante, che richiede che il giudice si ponga nella situazione del locatore ovvero utilizzando gli elementi di conoscenza a sua disposizione nel momento di compiere la scelta, se, qualora il fatto dannoso - nel caso di specie, il ritardo nell'adempimento della obbligazione di rilascio - non si fosse verificato, avrebbe l'attore potuto evitare il danno, consistente nella perdita di una più favorevole occasione di vendita (Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22352), pur dovendosi tenere conto della nessuna appetibilità nel mercato, degli immobili occupati, per cui nel corso degli anni il buon senso ha prevalso consentendo il riferimento a comportamenti dei locatori ispirati ad una corretta gestione della proprietà. Comunque il giudice dovrà porsi ex ante nella posizione del danneggiato, senza tenere conto di fatti successivi al verificarsi del fatto dannoso.

Per l'assolvimento a tale onere probatorio la giurisprudenza ha ammesso la possibilità di fare ricorso a presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., quindi gravi, precise e concordanti, come quando il fatto ignoto del quale si deve dare dimostrazione, segua quelli noti secondo considerazioni logiche o nella maggioranza dei casi (id quod plerumque accidit), dovendosi tuttavia escludere la presunzione fondata su una ricerca di mercato mediante consulenza tecnica poiché è tuttora affermato in giurisprudenza il principio secondo il quale la sola divergenza tra il canone pattuito e quello maggiore di mercato non vale di per sé come prova del maggior danno di cui all'art. 1591 c.c..

LA PROVA PER PRESUNZIONI DEL MAGGIOR DANNO: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Necessario provare (con ogni mezzo) la lesione patrimoniale

In tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio dell'immobile locato, il diritto del locatore al risarcimento del maggior danno di cui all'art. 1591 c.c., che ha natura contrattuale, non sorge automaticamente, sulla base del raffronto tra un potenziale canone di mercato ricavabile da una nuova locazione e quello corrisposto dal conduttore al momento del rilascio; pertanto, il mero ritardo del conduttore nella riconsegna della cosa locata legittima soltanto la condanna generica al risarcimento del danno, richiedendosi, in sede di liquidazione del danno medesimo, che il locatore dimostri, con ogni mezzo, e, quindi, anche per presunzioni, l'esistenza di una concreta lesione del suo patrimonio in relazione alle condizioni dell'immobile, alla sua ubicazione e alle possibilità di una specifica attuale utilizzazione nonché all'esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsene il godimento dietro corrispettivo. (Cass. civ., sez. III, 16 settembre 2008, n. 23720)

Requisiti della prova per presunzione: fatto ignoto che discende logicamente dal fatto noto

Il maggior danno di cui all'art. 1591 c.c., per la responsabilità del conduttore in mora nel rilascio di immobile locato per uso diverso dall'abitazione, a decorrere dalla data in cui era stata eseguita dal locatore l'offerta reale dell'indennità di avviamento, deve essere provato in concreto dal locatore secondo le regole ordinarie, per cui rientrano tra i mezzi di prova consentiti anche la prova per presunzioni, sempre che queste presentino i requisiti previsti dall'art. 2729, comma 1, c.c., e permettano di ritenere dimostrato il fatto ignoto, con l'ulteriore specificazione che le presunzioni sono da considerare gravi, precise e concordanti, sia quando il fatto da provare segue a quelli noti in modo necessario secondo logica, sia quando ne derivi nella normalità dei casi, cioè secondo quanto in genere suole accadere, come nell'ipotesi di stipula di un nuovo contratto per un determinato canone mensile avvenuta dopo pochi mesi dalla restituzione dell'immobile. (Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2006, n. 1224)

La rilevanza del canone virtualmente ricavabile da una nuova locazione

In tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio dell'immobile locato, che ha natura contrattuale, il diritto del locatore al risarcimento del maggior danno di cui all'art. 1591 c.c. non sorge automaticamente, sulla base del raffronto tra un potenziale canone di mercato ricavabile da una nuova locazione e quello corrisposto dal conduttore al momento del rilascio; per cui il mero fatto del ritardo può legittimare soltanto una condanna generica al risarcimento, richiedendosi per contro, in sede di liquidazione del danno, che il locatore dimostri, con qualsiasi mezzo, e quindi anche per presunzioni, l'esistenza di un'effettiva lesione del suo patrimonio, in rapporto alle condizioni dell'immobile, alla sua ubicazione ed alle possibilità di specifica attuale utilizzazione, nonché all'esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsene il godimento dietro corrispettivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronunzia di merito che, per il periodo di protratta occupazione dell'immobile dopo la scadenza del termine ex art. 56 l. n. 392 del 1978, aveva ritenuto automatica la sussistenza del maggior danno ex art. 1591 c.c. in base al raffronto tra il canone corrisposto dal conduttore in mora nella riconsegna e quello virtualmente ricavabile da una nuova locazione, liquidandolo, per di più, nell'intera misura di quest'ultimo, senza tenere conto degli importi già versati dal conduttore a titolo di corrispettivo per il periodo di ritardato rilascio). (Cass. civ., sez. III, 30 luglio 2004, n. 14624)

L'art. 6 della legge n. 431/1998 sulle locazioni abitative

L'art. 6, comma 6, della legge n. 431/1998 che ha riformato la disciplina delle locazioni abitative, ha previsto, per gli immobili collocati nei Comuni caratterizzati da tensione abitativa, che nel corso dei periodi di sospensione dell'esecuzione disposti dal comma 1 dello stesso art. 6 e da altre disposizioni di leggi speciali anche se ormai non più in vigore (v. le ricorrenti sospensioni favore degli inquilini disagiati disposte a partire dall'art. 11, comma 4, del d.l. n. 9/1982 e dall'art. 3 del d.l. n. 551/1988; con l'ultima sospensione disposta fino al 30/6/2015 dall'art. art. 8, comma 10-bis, del tradizionale ed annuale “milleproroghe” (d.l. n. 192/2014, conv. legge n. 11/2015) e comunque fino all'effettivo rilascio, il conduttore sia tenuto a corrispondere - ai sensi dell'art. 1591 c.c. - una somma pari al canone dovuto al momento della cessazione del contratto, maggiorata del consueto aggiornamento secondo i valori ISTAT e della ulteriore percentuale del 20%, con la precisazione che la corresponsione di tale maggiorazione esime il conduttore dall'obbligo di risarcire il maggior danno ai sensi dell'art. 1591 c.c.: dunque una forfetizzazione anche del maggior danno senza necessità di dimostrazione. La disposizione in esame è stata interpretata nel senso di una presunzione e forfetizzazione del maggior danno, e dell'esonero del locatore dalla sua dimostrazione in deroga all'articolo 1591 c.c., così come di impossibilità per il conduttore di dimostrare l'inesistenza del danno, e quindi, per esempio, di una avvenuta riduzione del canone di mercato.

Non è il caso, a proposito di questo risarcimento indipendente dal suo presupposto essenziale e quindi dal danno patrimoniale, di ricorrere ad analogie con i punitive damages e principi analoghi, ancora estranei al nostro ordinamento, anche se esiste la possibilità concreta di un sovrarisarcimento sanzionatorio legato all'andamento del mercato delle locazioni e che la Corte costituzionale con la citata sentenza n. 482/2000 non poteva prevedere. Cessata la dilazione del rilascio, la condizione delle parti tornerà pari, con la facoltà del locatore di dimostrare un danno ancora superiore, e del conduttore, nel caso di inesistenza di dimostrazione in proposito, di richiedere che il danno torni fino all'importo corrispondente al canone come previsto dall'articolo 1591 c.c.

È utile ricordare che in tempi assai risalenti, nel periodo successivo alla legge n. 392/1978 (avente per oggetto l'equo canone ma anche la disciplina delle locazioni non abitative, nella sostanza tuttora in vigore) il d.l. n. 393/1987 aveva previsto per le locazioni non abitative la forfetizzazione della maggiore indennità di occupazione nella misura massima del 25% per il periodo di occupazione intercorrente fra la data di scadenza del regime transitorio previsto dalla legge n. 392/1978 e quella fissata dal giudice per il rilascio o quella della stipulazione di un nuovo contratto. La norma fu dichiarata parzialmente incostituzionale (Cost. n. 149/1992) nella parte in cui escludeva l'applicazione dell'art. 1591 c.c. in caso di comprovata insussistenza della difficoltà per il conduttore di reperire un altro immobile idoneo all'esercizio della sua attività, in evidente attuazione del principio di quell'articolo 1227 c.c.

Guida all'approfondimento

Gafà, Responsabilità per mancata consegna dell'immobile: la Cassazione indaga le modalità di accertamento del nesso causale, in Giur. it., 2015, fasc. 6, pag. 1339

Di Michele, Ritardo nel rilascio dell'immobile: ecco quando si applica il risarcimento forfettario, in Diritto e Giustizia, 2013, pag. 276

De Tilla, La prova del maggior danno per ritardato rilascio, in Arch. loc. cond., 2011, fasc. 6, pag. 820

Carrato, Principali profili problematici sulla responsabilità per danni da ritardata restituzione in tema di locazioni, in Corr. Giur., 2010, fasc. 2, pag. 237

Greco, Sul risarcimento del danno da ritardato rilascio dell'immobile locato, in Resp. civ. prev., 2008, fasc. 1, pag. 95

Pavan, Il risarcimento del danno da ritardata restituzione dell'immobile ex art. 1591 c.c., in Resp. civile, 2008, fasc. 4, pag. 338

Scalettaris, La forfetizzazione del risarcimento del danno per il ritardo nel rilascio dell'immobile locato davanti alla Corte Costituzionale, in Giust. civ., 2001, fasc. 6, pag. 1455

Terzago, Danni per tardivo rilascio di immobile e Corte Costituzionale, in Riv. giur. ed., 2000, fasc. 6, pag. 1015

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