La necessità di trascrizione dell'atto di accettazione dell'eredità nel processo esecutivo

04 Aprile 2018

Il tribunale di Bologna si è occupato delle sorti della procedura esecutiva allorquando manchi, in capo al debitore esecutato cui sia stato pignorato un bene di provenienza ereditaria, un valido titolo di accettazione dell'eredità regolarmente trascritto.
Massima

Ferma la necessità della trascrizione dell'atto di accettazione dell'eredità, ove manchino atti pubblici rilevanti in tal senso va escluso che si possa disporre in via immediata l'improcedibilità del processo esecutivo, ciò anche per ragioni di economia processuale. La salvezza degli atti posti in essere in tal caso risponde ad un principio espresso peraltro anche dall'art. 499 c.p.c. in tema di intervento nel processo esecutivo, in cui si prevede in favore dell'intervenuto senza titolo un termine per procurarsi il titolo. Conseguentemente potrà il g.e. far ricorso al potere sospensivo di cui all'art. 623 c.p.c..

Il caso

Con ordinanza resa in data 13.7.2017 il giudice dell'esecuzione del tribunale di Bologna si è pronunciato in merito ad una delle tematiche di maggiore rilevanza pratica nell'ambito delle procedure esecutive immobiliari.

In particolare, nel caso di specie, il tribunale si è occupato delle sorti della procedura esecutiva allorquando manchi, in capo al debitore esecutato cui sia stato pignorato un bene di provenienza ereditaria, un valido titolo di accettazione dell'eredità regolarmente trascritto.

La questione

Le soluzioni alternative esaminate dall'ordinanza in commento riguardano la declaratoria di improcedibilità per violazione delle prescrizioni di cui all'art. 567 c.p.c. e la sospensione della procedura, ex art. 623 c.p.c., nell'attesa che il creditore si munisca di un valido titolo trascrivibile.

Il tribunale ha inteso propendere per quest'ultima soluzione richiamando, congiuntamente tra loro, i principi di economia processuale, il contenuto di Cass. civ., n. 11638/14 e proponendo un'analogia con la norma di cui all'art. 499 c.p.c. secondo cui il sistema del processo esecutivo ammette la possibilità per il creditore senza titolo di munirsi dello stesso, previa concessione di un termine, rimanendo salvi gli atti compiuti all'interno della procedura stessa.

Il problema concreto da risolvere è comunque incentrato sul fatto che la verifica dell'appartenenza del bene al debitore (da effettuarsi esclusivamente sulla base dei documenti di cui all'art. 567 c.p.c.) assolve ad una funzione di primaria importanza con riferimento all'art. 2650 c.c. che prevede il principio della continuità delle trascrizioni. Infatti, se da un lato l'azione esecutiva espropriativa è strumentale al soddisfacimento dei diritti del creditore, dall'altro lato essa non può prescindere dalla vendita forzata del bene staggito e dalla sua aggiudicazione in capo ad un terzo. Tale ultimo aspetto è a sua volta, condizionato dalla continuità delle trascrizioni. Ove questa mancasse, l'aggiudicatario si troverebbe a non poter trascrivere il proprio titolo acquisitivo del diritto, costituito dal decreto di trasferimento emesso dal giudice dell'esecuzione.

Si è del resto osservato come la problematica della continuità delle trascrizioni si rifletta incontrovertibilmente anche sulla corretta individuazione del soggetto passivo della procedura di esecuzione forzata. Infatti, la mancanza di certezza circa la titolarità del bene oggetto di esecuzione forzata, potrebbe comportare risvolti negativi mancando una corretta individuazione del soggetto passivo della procedura esecutiva.

Soluzioni giuridiche

Sulla questione è intervenuta nel 2014 la Corte di cassazione con la sentenza n. 11638. In particolare, la Corte è giunta all'importante assunto secondo cui la trascrizione dell'atto di acquisto mortis causa non è presupposto processuale che deve esistere nel momento di avvio dell'azione esecutiva, potendo anche sopravvenire, purché prima della vendita coattiva.

In particolare, aggiunge la Corte, qualora il chiamato all'eredità abbia compiuto atti che comportino accettazione tacita dell'eredità, il creditore può richiederne la trascrizione, sempre che l'atto in questione risulti da atto pubblico o scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente.

É qui rilevante comprendere entro quale scansione processuale il creditore è tenuto a procurarsi il titolo trascrivibile.

Sul punto può concludersi nel senso che il Supremo Collegio ritiene come momento ultimo per l'utile trascrizione quello in cui il g.e. adotta il provvedimento con cui dispone la vendita (art. 569 c.p.c.), la violazione di tale termine peraltro non comportando la nullità dell'aggiudicazione, ma l'esposizione dell'aggiudicatario al pericolo di evizione da parte dell'erede effettivo.

Occorre poi interrogarsi sugli strumenti processuali a disposizione del creditore al fine di procedere a tale accertamento.

Escluso che possa essere il giudice dell'esecuzione ad avere il potere di accertamento in ordine alla titolarità del diritto reale sul bene pignorato in capo all'esecutato (come ben precisa la sentenza del Supremo Collegio più volte citata), va detto che è onere del creditore procurare l'atto trascrivibile (e poi procedere alla relativa trascrizione), di norma tramite un provvedimento giurisdizionale circa l'accertamento della qualità di erede reso ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c..

Ciò però richiede dei tempi, indispensabili per ottenere il provvedimento che accerta l'acquisto e poi per trascrivere lo stesso. Tempi per i quali il creditore è generalmente incolpevole. Una prima soluzione è costituita dalla richiesta di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c., assimilando la necessarietà del titolo trascritto – in quanto imprescindibile per assicurare la continuità delle trascrizioni – alla documentazione prevista dall'art. 567 c.p.c.. Soluzione però non appagante dal momento che il termine decadenziale ivi sancito si riferisce alla documentazione ipocatastale “risultante”, non ad atti necessari ma appunto non ancora trascritti. Altro orientamento ritiene più consono concedere la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c., ma si tratta di una soluzione che non ci si sente di condividere già solo per il fatto che il processo esecutivo non è strumentale alla formazione di alcun giudicato. Da altri (come nel decreto che si commenta) si propone di applicare l'art. 623 c.p.c., norma però relativa alla sospensione disposta dal giudice davanti al quale è impugnato il titolo esecutivo, quindi regolante un'ipotesi assai differente e che non configura un generalizzato potere di sospensione del g.e. al di fuori delle ipotesi normativamente previste. Anche l'idea di ricorrere all'analogia della situazione del creditore che deve procurarsi un atto di accettazione trascrivibile con quanto previsto dall'art. 499, comma 6, c.p.c. (in tema di termine ai creditori intervenuti senza titolo per procurarsi quest'ultimo), appare difficile da condividersi posto che il termine in parola non incide sul processo esecutivo, e non ne determina in particolare la sospensione, anzi in tal caso lo stesso procede, su impulso degli altri creditori, nella fase liquidativa (e in parte procede anche nella fase distributiva, salvo le conseguenze dell'accantonamento).

Osservazioni

Si ritiene qui, a differenza di quanto conclude il tribunale di Bologna nel suo pur argomentato provvedimento, che nessuna delle opzioni indicate siano accettabili. L'unica soluzione quindi consiste nel differimento concesso dal giudice, da determinarsi in relazione alle circostanze da valutarsi caso per caso (differimento che sarà breve in caso l'atto di accettazione sia trascrivibile ma non trascritto; più lungo a fronte della necessità di un giudizio di accertamento), nulla impedendo al creditore di chiedere, per avere certezza di tempi (ma anche una loro limitazione secca a ventiquattro mesi), la sospensione ex art. 624-bis c.p.c..

Si deve peraltro sottolineare come nella specie affrontata dal tribunale di Bologna al debitore era stato dato un termine per accettare ai sensi dell'art. 481 c.c., decorso inutilmente. Poiché in tale ipotesi il chiamato deve intendersi decaduto dal diritto di accettare, la problematica in esame forse poteva ritenersi superata, salvo che fosse intenzione del creditore dimostrare la precedente accettazione del debitore.

Guida all'approfondimento
  • Bianca, Diritto Civile, 2, La famiglia-Le successioni, Giuffré, 2001, 533
  • Musolino, L'accettazione tacita e l'accettazione ex lege dell'eredità, in RdN, 2004, 226 ss.;
  • Saporito, L'accettazione dell'eredità, in Successioni e Donazioni, I, a cura di Rescigno, Padova, 1994.

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