L’infortunio in itinere dell’artigiano
06 Aprile 2018
Massima
L'infortunio in itinere del titolare di impresa artigiana deve essere considerato come avvenuto in occasione di lavoro tutte le volte che sia in collegamento causale con l'attività aziendale, dovendosi abbandonare la precedente distinzione tra attività esecutiva ed attività imprenditoriale. Il caso
Il socio accomandatario di una società in accomandita semplice subisce un gravissimo incidente stradale mentre si reca presso il capannone preso in affitto per ivi svolgere la propria attività artigiana, al fine di controllare l'esecuzione dei lavori di allacciamento della linea elettrica necessaria per l'attività aziendale. Il giudice di primo e secondo grado hanno respinto la domanda proposta dal titolare artigiano per ottenere dall'INAIL l'indennizzo per l'infortunio.
Il giudice d'appello, premesso che era incontestato che si trattasse di un infortunio in itinere di un soggetto tenuto all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ha basato la propria decisione negatoria sulla tradizionale distinzione tra attività lavorativa manuale o professionale direttamente produttiva del bene o servizio, soggetta a tutela INAIL, da quella inerente alla direzione ed amministrazione dell'impresa, cui ineriva il viaggio, sottratta a tale tutela. La questione
Posto che le circostanze di fatto, la sussistenza dell'obbligo assicurativo e la qualificazione dell'infortunio come in itinere sono incontestate, la decisione del caso dipende dal principio di diritto applicabile: o quello tradizionale secondo cui la tutela infortunistica del titolare artigiano è limitata alla sola attività manuale, o altro più ampio ed innovativo che comprenda anche quella che nella distinzione tradizionale era denominata attività imprenditoriale e per tale motivo esclusa. Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha cassato la pronuncia del giudice d'appello, perché non ha applicato la nozione attuale di occasione di lavoro ed il principio consolidato secondo il quale “l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, in attuazione dell'art. 38 Cost., dà rilievo non già, restrittivamente, al cosiddetto rischio professionale, come tradizionalmente inteso, ma a tutti gli infortuni in stretto rapporto di connessione con l'attività protetta”.
La sentenza in commento estende ai titolari di impresa artigiana la svolta giurisprudenziale di Cass. 17 febbraio 2017 n. 4277 (sulla quale vedi il nostro commento "L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per gli imprenditori agricoli", del 10 novembre 2017), come da noi prefigurato nello scritto citato, pur senza citarla e con percorso motivazionale in parte diverso.
In quel caso si trattava del titolare di impresa agricola investito mortalmente mentre a piedi si recava e pagare una fattura di acquisto di gasolio necessario per l'azienda agricola.
Fino a quel momento la giurisprudenza era granitica nel ritenere che ai fini della copertura assicurativa nell'attività sia dell'imprenditore agricolo sia di quello artigiano si dovesse distinguere tra attività manuale ricompresa nella tutela ed attività imprenditoriale viceversa esclusa.
Tale distinzione non era cervellotica, ma coerente con i parametri fondamentali del sistema di tutela come a quel tempo configurati. Quando il decreto legge luogotenenziale 23 agosto 1917 n. 1450, nell'introdurre la tutela assicurativa dei lavoratori agricoli, introdusse altresì la copertura di alcune figure imprenditoriali quali proprietari, mezzadri, affittuari, coltivatori diretti, pretese per costoro il requisito che svolgessero opera manuale abituale nelle rispettive aziende.
Analogamente quando l'art. 3 della legge delega 19 gennaio 1963 n. 15 introdusse l'assicurazione obbligatoria degli artigiani (dapprima solo quando ricorresse l'obbligo assicurativo nei confronti dei propri dipendenti, limitazione poi soppressa dall'art. 4 del t.u. 1124/1965), richiese il medesimo requisito dell'opera manuale abituale. E tale requisito, introdotto dall'art. 18 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 con funzione estensiva in sostituzione dell'originario lavoro operaio di cui all'art. 1 della L. 17 marzo 1898 n. 80 fondativa dell' assicurazione obbligatoria, è conservato tuttora e richiesto in via generale dall'art. 4 t.u. 1124/1965 per tutti i lavoratori tutelati. Osservazioni
Astretta da questi paletti normativi e dalla nozione allora vigente di opera manuale quale esplicazione di energia muscolare, è comprensibile il tentativo nella giurisprudenza di comporre le varie indicazioni normative limitando l'attività protetta dell'imprenditore agricolo e dell'artigiano alla sola attività esecutiva.
Successivamente, le nozioni base di opera manuale e di occasione di lavoro si sono evolute essenzialmente come effetto di tre eventi giurisprudenziali, in un quadro di progressiva maturazione di sensibilità nei confronti dell'art. 38 Cost.: la sentenza della Corte cost. 21 marzo 1989 n. 137 (in Riv.Inf.mal.prof. 1989, II, 1) sui ballerini e tersicorei, per la quale la manualità (e la causa violenta) viene ora a risiedere nella mera gestualità corporea; l'opzione della Corte di legittimità sull'assenza di rischio zero nelle macchine elettriche (a partire da Cass. 25 luglio 1978 n. 3741; ex plurimis Cass. sez. lav., 3 luglio 1990 n. 6800, in Riv.Inf.mal.prof. 1990, II, 160), avvalorata da Corte cost. 14 ottobre 1986 n. 221, per effetto della quale la platea degli assicurati si è enormemente ampliata, non essendoci praticamente più attività umana che si svolga senza un computer, opzione consacrata poi dall'art. 4 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 sull' obbligo assicurativo per i lavoratori dell'area dirigenziale; e la giurisprudenza sulla occasione di lavoro, che è passata dall'originario rischio specifico proprio a tutte le attività in qualche misura connesse al lavoro, compresi gli atti prodromici, quelli contestuali ma non propriamente lavorativi, come le pause fisiologiche e gli atti di locomozione interni, e successivi, come la riconversione igienica dopo il lavoro (su cui ci sia consentito rinviare a DE MATTEIS, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, Milano 2016, 117 segg.).
La sentenza Cass. sez. lav., n. 4277/2017 ha fatto leva sulla nozione di connessione, che ha un particolare rilievo normativo per le attività agricole nell'art. 207 t.u.
La sentenza Cass sez. lav., n. 2838/2018 in commento su quella di occasione di lavoro, il cui ampliamento è comunque avvenuto facendo leva sulla nozione di connessione, espressamente menzionata nella massima ufficiale. Entrambe comportano il superamento della precedente dicotomia che escludeva l'attività imprenditoriale del lavoratore agricolo autonomo e dell'artigiano dall'ambito dell'attività protetta.
La successione e contiguità temporale delle due sentenze, la affinità della questione giuridica, la circostanza che il Presidente del collegio della sent. 4277 sia stato successivamente l'estensore della sent. 2838 in commento, il cui collegio era presieduto dall'attuale Primo Presidente della Corte, l'autorevolezza quindi dei collegi, gli argomenti impiegati, la nuova organizzazione della sezione lavoro con la creazione di tre sottosezioni rispettivamente nel diritto previdenziale, del lavoro e del lavoro pubblico, e la conseguente specializzazione, ci fanno ritenere che siamo di fronte ad un innovativo e permanente orientamento della Suprema Corte, per il quale la dizione di “artigiani” al n. 3 dell'art. 4 t.u. 1124 individua il soggetto tutelato nelle sue diverse attività (come pur suggerito un tempo dalla dottrina: De Compadri-Gualtierotti, L'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, Milano, 2002, 139 segg.), senza più scomposizione tra le stesse, avendo la contestuale menzione dell'attività manuale perso la sua originaria valenza. |