Inesistenza della notifica di un gravame non andata a buon fine per trasferimento del destinatario

Sergio Matteini Chiari
10 Aprile 2018

La Suprema Corte si è occupata di stabilire se la notifica dell'atto di impugnazione non andata a buon fine per trasferimento del destinatario e non seguita da atti di riattivazione della procedura notificatoria è soltanto nulla o inesistente.
Massima

La notifica dell'atto di impugnazione non andata a buon fine per trasferimento del destinatario, seguita, quand'anche entro il termine originario maggiorato della metà, da una comunicazione informale a mezzo posta elettronica da parte di soggetto non munito di mandato, non è soltanto nulla, ma inesistente, neppure giovando al notificante la successiva costituzione del destinatario dell'atto, il quale esordisca eccependo il difetto di una notificazione definibile come tale, non essendo tale vizio suscettibile di sanatoria, con la conseguenza della decadenza dall'impugnazione per carenza di notifica del suo atto introduttivo.

Il caso

A. proponeva opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal tribunale di ZZZ a seguito di ricorso proposto da B.

L'opposizione veniva respinta dal tribunale adito.

A. proponeva gravame.

La notifica del relativo atto di impugnazione al procuratore della controparte costituito in primo grado veniva tentata - con avvio della relativa operazione a mezzo posta due settimane prima della scadenza del termine - al domicilio eletto come da mandato conferito in sede di ricorso per d.i., ma non andava a buon fine, in quanto l'ufficiale postale restituiva il plico annotando l'avvenuto trasferimento del domiciliatario dal luogo indicato.

Il tentativo di notifica veniva seguito da un'informale comunicazione dell'atto di appello a mezzo posta elettronica, effettuato a mezzo di persona dichiaratasi collaboratore dei procuratori dell'appellante.

La Corte di merito, nonostante l'avvenuta costituzione dell'appellato, dichiarava inesistente la notifica del gravame, dichiarandolo inammissibile.

A proponeva ricorso avverso tale pronuncia, chiedendone la cassazione.

La questione

La questione giuridica sottoposta alla Corte Suprema di cassazione e che interessa in questa sede è stata quella di stabilire la fondatezza della doglianza di violazione e falsa applicazione degli articoli 160, 156, 161 e 291 c.p.c..

Se pure nella sentenza in commento non si rinviene esplicazione in termini non numerici di tale doglianza, avuto riguardo sia ai riferimenti normativi, sia alla parte motiva della pronuncia, appare corretto ritenere che, con il motivo di ricorso in questione, la parte ricorrente si sia doluta per la declaratoria di inesistenza della notifica, da un lato sul rilievo che fosse al più ipotizzabile nullità della medesima (art. 160 c.p.c.), sull'ulteriore rilievo della mancata concessione di un termine per la sua rinnovazione (art. 291 c.p.c.) e, infine, sul rilievo che, essendosi la controparte costituita innanzi alla Corte di merito adita ed avendo, pertanto, l'atto raggiunto lo scopo cui era destinato, la nullità fosse stata sanata (artt. 160 e 156 c.p.c.).

Le soluzioni giuridiche

Come riassunto nella massima riportata in premessa, la Corte Suprema ha statuito che non è semplicemente nulla, ma inesistente la notifica dell'atto di impugnazione che non sia andata a buon fine per ragione non imputabile al notificante (nella specie: trasferimento del destinatario) e che non sia stata, peraltro, seguita, al fine di conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, dal compimento di atti di riattivazione della procedura notificatoria, nel cui novero non poteva essere incluso quello - il solo posto in essere - consistente nella trasmissione, sia pure entro il termine originario maggiorato della metà, di una comunicazione informale a mezzo posta elettronica dell'atto di appello da parte di soggetto non munito di mandato.

La Suprema Corte ha, inoltre, ritenuto che in nessun modo poteva giovare al ricorrente l'avvenuta costituzione in giudizio del destinatario dell'atto di gravame, non soltanto perché lo stesso aveva nella prima difesa eccepito il difetto di una notificazione definibile come tale, ma, essenzialmente, in quanto il suddetto vizio della procedura notificatoria doveva ritenersi insuscettibile di sanatoria, con la conseguenza della decadenza dall'impugnazione per carenza di notifica del suo atto introduttivo.

La Suprema Corte è addivenuta a tali conclusioni per le ragioni seguenti.

Pur date le statuizioni della sentenza delle Sezioni Unite n. 14594/2016, secondo cui «in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa», doveva considerarsi che, con altra pronuncia (n. 14916/2016), le Sezioni Unite avevano anche sancito che, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, la notificazione dovesse qualificarsi «inesistente» oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle ipotesi (peraltro in queste soltanto) in cui risultasse posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione.

Ciò posto, nella sentenza in commento, la Suprema Corte ha osservato che, nel caso di specie, nessuna attività rituale si era avuta entro il termine ordinario pur prorogato in base ai principi affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 14594/16, giacché l'attività compiuta successivamente alla restituzione del plico non notificato a mezzo posta era unicamente consistita nell'informale trasmissione a mezzo posta elettronica dell'atto di appello da parte di persona (sprovvista di mandato) asseritasi collaboratrice degli avvocati della parte appellante e pertanto da parte di soggetto non qualificato al bisogno, per di più senza alcuna osservanza della normativa sulla notificazione a mezzo posta elettronica.

Tutto ciò, a parere della Suprema Corte, non poteva ritenersi sussumibile in alcuna delle forme legali di notificazione, sia sotto il profilo del soggetto agente - privo di mandato della parte appellante -, sia per l'assoluta carenza dei minimali requisiti di forma anche solo per la notifica a mezzo posta elettronica certificata, risultando violate le disposizioni sul punto.

Irrilevante, a fronte di tale situazione, doveva ritenersi l'avvenuta costituzione in giudizio della parte appellata, d'altronde avvenuta eccependo in via pregiudiziale «la radicale irritualità dell'instaurazione del gravame per non riconducibilità ad alcuno valido schema legale della propalazione del relativo atto introduttivo operata da controparte».

Notifica, dunque, inesistente - vizio in nessun modo sanabile.

Osservazioni

La notifica dell'atto di impugnazione deve essere eseguita al domicilio reale del procuratore (luogo in cui la professione è esercitata nel momento in cui la notifica deve essere eseguita: il dato di riferimento personale prevale su quello topografico) della controparte, anche se il trasferimento non sia stato comunicato, non sussistendo un onere del detto procuratore di provvedere alla comunicazione del cambio di indirizzo (salve le ipotesi di domicilio eletto autonomamente), l'onere della cui individuazione incombendo, invece, sulla parte che richiede la notificazione (Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 2016, n. 3397).

Qualora l'assolvimento dell'onere di ricerca del domicilio reale del procuratore richieda spazi temporali, non addebitabili a negligenza della parte, che potrebbero non consentire il compimento dell'incombente entro i termini ordinari di decadenza dal diritto all'impugnazione, all' «inconveniente» può essere dato rimedio come segue.

Secondo l'orientamento nettamente prevalente, inaugurato da Cass. civ., Sez. Un., 24 luglio 2009, n. 17352, nei casi di notificazione non conclusasi positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, spettano all'interessato la facoltà e l'onere di riattivare unilateralmente e concludere, anche dopo il decorso dei relativi termini, il procedimento notificatorio, peraltro agendo con sollecita diligenza (id est: entro un termine ragionevole); restando rimesso al giudice il controllo ex post sulla sussistenza della non imputabilità del mancato completamento della notificazione originariamente tentata (v., ex multis, Cass. civ., Sez. Un., 15 luglio 2016, n. 14594, secondo cui, salve circostanze eccezionali richiedenti prova rigorosa, non deve superarsi il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c.; Cass. civ., sez. VI, 29 settembre 2015, n. 19351; Cass. civ., sez. V, 25 settembre 2015, n. 19060).

Nel caso di specie, doveva escludersi, a parere della Suprema Corte, che fosse stato dato corso ritualmente a tali adempimenti.

Non sembra dubitabile che nella categoria delle notifiche non andate a buon fine, con tutto ciò che segue, non possano essere incluse le notifiche qualificabili come inesistenti.

Sanatoria (lato sensu) è, invero, possibile soltanto nelle ipotesi di notifica non insanabilmente nulla.

In materia è stato recentemente compiuto «importante» intervento da parte delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 20 luglio 2016, n. 14916).

Le Sezioni Unite hanno considerevolmente ristretto l'ambito di operatività della nozione di «inesistenza», sino ad attribuirle carattere residuale: tale vizio può essere ritenuto sussistente esclusivamente «in caso di totale mancanza materiale dell'atto» oppure quando «venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione».

In tutti gli altri casi la notifica sarà nulla.

Quanto al ricorso per cassazione (va posto in rilievo che le Sezioni Unite, pur se chiamate a deliberare in ordine a specifica fattispecie, hanno dato le soluzioni in esame in termini sostanzialmente unitari, vale a dire con argomenti che appaiono essere utilizzabili per dare supporto in termini generali ai principi affermati), è stato affermato che gli «elementi costitutivi essenziali», quindi imprescindibili, della procedura notificatoria vanno individuati, nei seguenti:

a) nell'attività di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere l'attività stessa, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato;

b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento, in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita: restano, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.

Le Sezioni Unite hanno, in particolare, precisato che non attiene agli elementi costitutivi il luogo dove viene eseguita la notificazione, così che i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell'atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c..

Nella sentenza qui in commento, l'«inesistenza» è stata ritenuta sussistente per il difetto del primo dei suddetti «elementi essenziali», vale a dire in ragione della carenza, in capo al procedimento notificatorio venuto all'attenzione, dei requisiti richiesti per la ritualità dell'attività di trasmissione, eseguita «solo informalmente - e quindi in violazione delle regole sulla notificazione - … a mezzo posta elettronica da chi si è addotto essere una collaboratrice degli avvocati della parte appellante e pertanto in carenza del requisito sub “a)” … fissato da Cass. civ., Sez. Un., n. 14916/16, siccome scansionato un formato “pdf” (e quindi come immagine) senza alcuna osservanza della normativa sulla notificazione a mezzo posta elettronica».

Se ben si è compreso - la Suprema Corte ha esposto il proprio il proprio pensiero nei termini, molto sintetici, appena sopra riportati -, la trasmissione dell'atto di appello risulta essere avvenuta, nonché ad opera di persona asseritamente non qualificata (perché non dotata della possibilità giuridica di compiere l'attività in questione), in allegato a mail scritta in casella di posta elettronica ordinaria.

L'atto di appello, inoltre, non sarebbe stato realizzato secondo le modalità («specifiche tecniche») previste dall'art. 19-bis del Provvedimento DGSIA in data 16/4/2014, come modificato dal d.m. 28/12/2015, giacché, una volta redatto mediante programma di elaborazione testi, sarebbe stato stampato e poi trasformato in pdf (immagine) mediante scansione, invece di essere nell'immediato trasformato in formato pdf (testuale) e firmato digitalmente dall'avvocato.

Qualora tale ipotesi fosse corretta, non vi sarebbe ragione di dissentire dal pensiero della Corte.

La notifica dovrebbe ritenersi inesistente per carenza di uno dei suoi essenziali requisiti e la costituzione della parte appellata non potrebbe avere effetti sananti ex tunc (art. 156, ultimo comma, c.p.c.), previsti unicamente per i casi di nullità.

Se, invece, la trasmissione dell'atto di appello fosse avvenuta dalla casella PEC dello Studio degli avvocati dell'appellante, pur non potendo dubitarsi della sussistenza di molteplici «irregolarità», la soluzione data alla quaestio potrebbe ritenersi opinabile.

In primo luogo, dovrebbe annotarsi l'irrilevanza del fatto che la trasmissione dell'atto di gravame sia avvenuta in allegato a mail compilata da collaboratore dei predetti avvocati, non essendo prescritto sul piano normativo, per ciò che consta, alcun obbligo di trasmissione diretta ad opera dei difensori della parte.

In secondo luogo, potrebbe dubitarsi che le «irregolarità» riscontrate nella formazione dell'atto siano di tale gravità da far ritenere che l'attività in esame si configuri come «un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione» (v. Cass. civ., Sez. Un., n. 14916/2016).

La liceità del dubbio può trarre sostegno dal fatto che, nel caso concreto, nonostante le suddette carenze, l'atto risulta avere raggiunto il suo scopo, tant'è che il destinatario della «notifica» ebbe a costituirsi in giudizio.

Così come ribadito dalle Sezioni Unite, nella più volte citata sentenza n. 14916/2016, scopo della notificazione è quello di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità, con gli effetti che ne conseguono (in termini di instaurazione del contraddittorio).

D'altra parte, così come anche affermato dalla stessa Sezione I, in diversa composizione, l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dell'atto ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale [Cass. civ., sez. I, 31 agosto 2017, n. 20625, ove è stato escluso che la notifica a mezzo PEC attuata prima del 15/5/2014, giorno di entrata in vigore delle norme tecniche di cui all'art. 18 del d.m. n. 44/2011, fosse inesistente, riscontrandosene la nullità e il successivo raggiungimento dello scopo; nello stesso senso, Cass. civ., Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7665, ove è stato affermato che l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo PEC non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in "estensione.doc", anziché "formato.pdf") ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale; si veda anche Cass. civ., sez. VI, 31 agosto 2017, n. 20672, che al rimesso al Primo Presidente della Suprema Corte, per l'eventuale seguito innanzi alle Sezioni Unite, questione di particolare importanza relativa agli effetti – nullità o inesistenza - della violazione delle disposizioni tecniche specifiche sulla forma degli atti del processo in forma di documento informatico (o, descrittivamente, nativi informatici) da notificare].

E va, altresì, rammentato che l'effetto sanante ex tunc prodotto dalla costituzione del convenuto opera anche nel caso in cui la costituzione sia effettuata al solo fine di eccepire la nullità (ex multis, Cass. civ., sez. II, 21 marzo 2011, n. 6470; Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2007, n. 13667; Cass. civ., sez. I, 2 maggio 2006, n. 10119; Cass. civ., Sez. Un., 14 giugno 1994, n.5785).

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