Martina Sinisi
07 Aprile 2020

La revoca è un atto di autotutela decisoria, con effetti caducatori ex nunc, attraverso il quale l'amministrazione persegue l'interesse pubblico primario ricomparando gli interessi pubblici e quelli privati coinvolti dall'azione amministrativa ed esternando le ragioni che, all'esito di tale ricomparazione, inducono a eliminare o riformare il provvedimento originariamente adottato.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Le più recenti riforme hanno ridisegnato l'ambito di esercizio dei poteri di autotutela nel settore dei contratti pubblici, imponendo un coordinamento tra la l. n. 241 del 1990 s.m.i. e il nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs n. 50 del 2016).

Sotto la vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006 s.m.i.), si sono poste diverse questioni in relazione all'uso del potere di autotutela sugli atti della procedura di gara. In particolare, si è discusso sulla possibilità di agire in autotutela sull'aggiudicazione provvisoria e definitiva e sul relativo onere motivazionale.

Con la riscrittura integrale del Codice dei contratti pubblici e con la sostituzione della “proposta di aggiudicazione” all'“aggiudicazione provvisoria”, è stato ridisegnato l'ambito di esercizio dei poteri di autotutela.

Il potere di revoca ex art. 21-quinquies l. 9 agosto 1990, n. 241 s.m.i.

La revoca è un atto di autotutela decisoria, con effetti caducatori ex nunc, attraverso il quale l'amministrazione persegue l'interesse pubblico primario ricomparando gli interessi pubblici e quelli privati coinvolti dall'azione amministrativa ed esternando le ragioni che, all'esito di tale ricomparazione, inducono a eliminare o riformare il provvedimento originariamente adottato (TAR Lazio, Roma, Sez. II, 23 febbraio 2015, n. 2999).

L'esercizio del potere di revoca, a differenza di quello di annullamento d'ufficio, prescinde da una valutazione di legittimità-illegittimità dell'atto riguardando piuttosto il diverso profilo della sua perdurante opportunità.

Più precisamente, a tenore dell'art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990 s.m.i., nel testo modificato dalla l. n. 164 del 2014, la revoca può essere disposta:

  1. per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;
  2. per mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici (tra i quali verosimilmente devono farsi rientrare quelli di affidamento dei contratti pubblici) (TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 2 febbraio, 2018, n. 187),
  3. in caso di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, c.d. jus poenitendi (TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 25 ottobre 2017, n. 10695; Cos. Stato, Sez. IV, 20 febbraio 2014, n. 790).

Il potere di revoca presuppone il libero apprezzamento dell'interesse pubblico alla rimozione dell'atto, pur nel dovuto rispetto, da un lato, dell'equilibrio tra le esigenze di flessibilità e dinamicità del potere e, dall'altro, delle esigenze di tutela del privato che abbia legittimamente riposto il proprio affidamento nel suo originario esercizio.

L'Amministrazione valuta se sia più opportuno lasciar esplicare i propri effetti a un provvedimento che, pur legittimamente adottato, poggia su un interesse ormai superato o comunque recessivo in relazione alle posizioni soggettive consolidatesi, o se piuttosto si debba accordare prevalenza all'interesse sopravvenuto.

Il temperamento in caso di revoca è dato dalla previsione di un indennizzo qualora la stessa « ;comporti pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati ;», commisurato al danno emergente e ulteriormente “inciso”, per effetto dell'intervento legislativo, dall'eventuale conoscenza o anche dalla mera “conoscibilità” da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto all'interesse pubblico e dall'eventuale concorso in una erronea valutazione di esso (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I 26 febbraio 2016 n. 596).

La revoca dei provvedimenti incidenti su rapporti negoziali (art. 21-quinquies, comma 1-bis)

L'art. 13, comma 8-duodecies del d.l. 31 gennaio 2007 n. 7, convertito nella l. n. 40 del 2007 ha aggiunto all'art. 21-quinquies il comma 1-bis, il quale così dispone: «Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico».

Il comma 1-ter, assolutamente identico al precedente, inserito per un deficit di coordinamento, è stato definitivamente abrogato dall'allegato A della legge n. 35 del 2012.

Di fronte alla previsione generale del primo comma dell'art. 21-quinquies, coerente con l'impostazione classica che consente la revoca solamente degli atti a efficacia durevole, il comma richiamato fa intendere — sia pure con il limite dei provvedimenti incidenti su rapporti negoziali — che la revoca possa essere esercitata anche su provvedimenti che abbiano efficacia istantanea.

Il riferimento si concilia con l'art. 32, comma 8 del d.lgs 18 aprile 2016, n. 50, che fa salvo «l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti» (cui si aggiungeva la previsione dell'art. 211, comma 2, poi abrogato dall'art. 123 del d.lg. n. 56 del 2017, che prevedeva il potere dell'ANAC di invitare la stazione appaltante, mediante atto di raccomandazione, di «agire in autotutela» in presenza di un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura, sanzionando il mancato adeguamento della stazione appaltante nel termine indicato dalla legge con una sanzione amministrativa pecuniaria; sul punto cfr. Consiglio di Stato, pareri del 1 aprile 2016, n. 855 e del 28 dicembre 2016, n. 2777)

Il richiamo, invero, non può che essere ad atti i quali, pur raggiungendo istantaneamente lo scopo cui sono rivolti, non appaiono idonei a realizzare le finalità ultime dell'amministrazione che li ha posti in essere se non attraverso il rapporto contrattuale (durevole) che costituisce la loro naturale conseguenza, anche se non la loro continuazione.

L'esercizio dei poteri di autotutela nel settore dei contratti pubblici e la disciplina previgente (d.lgs n. 163 del 2006 s.m.i.): la revoca dell'aggiudicazione provvisoria e la revoca dell'aggiudicazione definitiva

L'art. 11, comma 9 del d.lgs n. 163 del 2006 s.m.i. introduceva il riferimento all'esercizio del potere generale di autotutela nei casi previsti dalla legge, anche dopo l'aggiudicazione (definitiva), nel rispetto dei presupposti di cui agli artt. 21-quinquies e 21-nonies.

Era pertanto riconosciuta in via generale la possibilità, in materia di appalti pubblici, di intervenire, attraverso l'adozione di provvedimenti di autotutela decisoria, sugli atti di gara, ivi compresa l'aggiudicazione (TAR Lombardia, Brescia, 29 novembre 2016, n. 1634).

Il potere di revocare in autotutela, in quanto manifestazione tipica del potere amministrativo, è sempre stato ammesso, con il solo limite del rispetto dei principi di buona fede e correttezza, alla cui puntuale osservanza è tenuta la P.A., nonché quello della tutela dell'affidamento ingenerato (Cons. St., Sez. V, 1 ottobre 2010 n. 7273).

In evidenza

La giurisprudenza, sotto la vigenza del precedente Codice, ha operato una distinzione tra revoca dell'aggiudicazione provvisoria e revoca dell'aggiudicazione definitiva, precisando in più occasioni che la decisione della stazione appaltante di procedere alla revoca dell'aggiudicazione provvisoria e di non dar corso definitivo alla gara svolta, in presenza di ragioni di pubblico interesse, non costituiva attività di secondo grado in senso proprio, diversamente dalla revoca dell'aggiudicazione definitiva. Ciò in quanto, nei confronti di tale “manifestazione volitiva” l'aggiudicatario provvisorio vantava un “aspettativa non qualificata o di mero fatto” alla conclusione del procedimento e non già “una posizione giuridica qualificata che può derivare solo dall'aggiudicazione definitiva” (Cons. St., Sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5266; Id., Sez. V, 12 novembre 2009 n. 7042; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 11 ottobre 2012, n. 1757; TAR Lazio, Roma, Sez. I, 4 gennaio 2012, n. 70; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 19 aprile 2007 n. 1874).

La distinzione tra la fase dell'aggiudicazione provvisoria e quella dell'aggiudicazione definitiva è stata sottolineata anche in punto di motivazione dell'atto di revoca.

Orientamenti a confronto

La giurisprudenza ha da sempre ritenuto che la revoca dei provvedimenti amministrativi fosse sottoposta a specifici oneri motivazionali allo scopo di rendere percepibili al destinatario le ragioni dello ius poenitendi esercitato dalla p.a.. Tale obbligo motivazionale, secondo un orientamento, sussisterebbe anche in caso di revoca dell'aggiudicazione provvisoria (Cons. St., Sez. V, 14 aprile 2016, n. 1496)

In senso contrario, altro orientamento, valorizzando la natura di atto endoprocedimentale dell'aggiudicazione provvisoria, caratterizzato da effetti instabili e interinali e, in quanto tale, inidoneo a generare nei partecipanti una posizione consolidata di vantaggio o di affidamento qualificato, ha escluso la necessità di un raffronto così stringente — e un correlato forte onere motivazionale — tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato (TAR Campania, Napoli, Sez. II, 27 ottobre 2016, n. 4982).

In proposito, la giurisprudenza ha chiarito che l'obbligo di motivazione della revoca « ;si rafforza man mano che la procedura per l'affidamento di un contratto pubblico volga verso la sua conclusione, essendo, al contrario, parimenti (e proporzionalmente) attenuato laddove il procedimento sia bloccato alle sue prime fasi ;» (TAR Liguria, Sez. II, 28 febbraio 2017, n. 194).

Per giurisprudenza costante, infatti, la possibilità che a una aggiudicazione provvisoria non seguisse quella definitiva era considerata un evento del tutto fisiologico (TAR Sicilia Catania, Sez. I, 27 febbraio 2017, n. 194), inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile o obbligo risarcitorio (in assenza di illegittimità riscontrate). Veniva fatta salva la responsabilità precontrattuale per revoca dell'aggiudicazione, astrattamente configurabile (solo) in caso di violazione dei doveri di lealtà (Cons. St., ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5).

Ad esempio, si è ritenuto che costituisse una violazione del canone di correttezza, la circostanza che l'amministrazione, non appena venuta a conoscenza del nuovo assetto degli interessi in via di maturazione idoneo a legittimare una futura revoca, non si fosse posta il problema degli affidamenti creati nei concorrenti e non avesse proceduto alla immediata e motivata sospensione degli atti di gara, in attesa di ogni definitiva decisione al riguardo (TAR Lazio, Roma, Sez. II-quater, 2 aprile 2010, n. 5621; Id., Sez. II, 16 marzo 2010, n. 4175; Cons. St., Sez. VI, 19 gennaio 2012, n. 195; Id., Sez. VI, 5 settembre 2011, n. 5002; Id., Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2882; Id., Sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; Id., Sez. V, 8 ottobre 2008, n. 4947; Id., Sez. V, 30 novembre 2007, n. 6137; Id., ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6).

In particolare, la responsabilità precontrattuale dell'amministrazione è stata ravvisata dalla giurisprudenza in presenza di una “scissione funzionale” tra la legittima determinazione di caducare l'aggiudicazione e il complessivo comportamento tenuto dalla stazione appaltante (Cons. St., ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3; TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 25 settembre 2012, n. 3923;TAR Veneto, Sez. II, 7 aprile 2011, n. 582; TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 13; TAR Puglia, Bari, Sez. III, 22 marzo 2012, n. 610).

Il nuovo codice dei contratti pubblici, la sostituzione della “proposta di aggiudicazione” e l'“aggiudicazione provvisoria”: i nuovi margini di esercizio del potere di autotutela

Il d.lgs. n. 50 del 2016 ha inciso anche sull'esercizio dei poteri di autotutela nel settore dei contratti pubblici.

In evidenza

Tra le principali novità viene in rilievo il superamento del concetto di “aggiudicazione provvisoria” e la sua sostituzione con quello di “proposta di aggiudicazione” (artt. 32 e 33 del Codice), sulla scorta del parere espresso dal Consiglio di Stato sullo schema del d.lgs. n. 50 del 2016 (Commissione speciale 21 marzo 2016, n. 855).

L'elemento di continuità rispetto al passato è rappresentato dall'art. 32 del Codice, che ricalca, con gli opportuni aggiustamenti, il vecchio art. 11 del d.lgs. n. 163 del 2006 s.m.i. In particolare, rimane ferma la previsione di cui al comma 8, che fa salvo «l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti». Ciò che cambia è solo il riferimento all'aggiudicazione e non più, come nella disciplina previgente, all'“aggiudicazione definitiva”.

L'art. 30, comma 8, del Codice stabilisce poi che: «Per quanto non espressamente previsto nel presente Codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione di applicano le disposizioni del codice civile».

Gli articoli 108 e 109 dettano peraltro specifiche disposizioni rispettivamente per la risoluzione e per il recesso dal contratto di appalto, mentre l'art. 176 disciplina le ipotesi di cessazione, revoca d'ufficio, risoluzione per inadempimento (e subentro) nelle concessioni

Testualmente, l'art. 108 prevede i casi di risoluzione (facoltativa alla ricorrenza delle condizioni di cui al comma 1, e obbligatoria, alla ricorrenza delle condizioni di cui al comma 2) del contratto pubblico durante il periodo di sua efficacia (in ordine alle modalità di risoluzione sembra doversi far riferimento all'art. 1453 ss. c.c.), mentre, per le concessioni, l'art. 176 prevede i casi di cessazione (apparentemente automatica) della concessione, che sostanzialmente ricalcano quelli indicati dall'art. 108.

Entrambe le richiamate disposizioni configurano di fatto casi di autotutela riconducibili all'annullamento (Consiglio di Stato nei pareri 1 aprile 2016, n. 855 e 28 dicembre 2016, n. 2777), ma ne stabiliscono (l'art. 108 nel testo "corretto" nel 2017 e l'art. 176 già in quello originario) la sottrazione ai limiti di cui all'art. 21-nonies l. 241/90 s.m.i. (nelle ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 108 e al comma 1 dell'art. 176) (v. bussole “annullamento d'ufficio” e “risoluzione” e il parere Cons. St., 28 dicembre 2016 n. 2777).

Problemi applicativi

Con riferimento alla nuova disciplina, suscita perplessità il rapporto, che necessita di un coordinamento, tra i poteri di autotutela e la “risoluzione” del contratto d'appalto (Cass., sez. un., ord. n. 489 del 2019).

Revoca e recesso

L'art. 109 del d.lgs n. 50 del 2016 s.m.i. (e, in precedenza l'art. 134 del d.lgs n. 163 del 2006 s.m.i.) detta la disciplina del recesso dai contratti stipulati all'esito della fase pubblicistica di scelta del contraente, prevedendo, al comma 1, che la possibilità per la stazione appaltante di «recedere dal contratto il qualunque tempo previo il pagamento dei lavori eseguiti o delle prestazioni relative ai servizi e alle forniture eseguiti nonché del valore dei materiali utili esistenti in cantiere nel caso di lavori o in magazzino nel caso di servizi o forniture, oltre al decimo delle opere, dei servizi o delle forniture non eseguite».

L'esercizio del diritto di recesso è preceduto da una formale comunicazione dell'appaltatore nei termini indicati dalla medesima norma (comma 3).

Nel raffronto con la precedente disciplina, la norma vigente ne ridisegna l'estensione, includendo i contratti di servizi e forniture, mentre per il resto conferma la precedente impostazione legislativa (sullo schema di decreto, cfr. Cons. Stato, Commissione speciale, parere 1 aprile 2016, n. 855).

Si tratta di una applicazione della disposizione generale di cui all'art. 21-sexies della l. n. 241 del 1990 s.m.i., che prevede proprio la facoltà di recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione nei casi previsti dalla legge o dal contratto.

Il potere di autotutela di cui è dotata la p.a. trova i suoi limiti dopo la stipula del contratto e l'avvio della sua esecuzione, circostanze queste che impongono alla p.a. di agire tramite il recesso dal contratto.

In questo caso la p.a. è vincolata all'applicazione dell'insieme delle norme speciali, individuate dal d.lgs n. 50/2016 e dalle norme civilistiche.

In evidenza

Con la sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 20 giugno 2014, n. 14, in tema di rapporto tra l'ambito di esercizio dei poteri pubblicistici e l'esercizio di quelli privatistici, l'Adunanza Plenaria ha enunciato il principio che «nel procedimento di affidamento di lavori pubblici, le pubbliche amministrazioni, se, stipulato il contratto di appalto, rinvengono sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell'aggiudicazione, ma devono esercitare il diritto potestativo regolato dall'art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006» (ovvero quello di recesso).

Quindi, in materia negoziale, lo ius poenitendi della p.a. può essere esercitato in generale, alla ricorrenza dei relativi presupposti, sia in forma pubblicistica (revoca dell'aggiudicazione), sia in forma privatistica (recesso dal contratto); tuttavia si eccettuano da tale assetto gli appalti di lavori, oggetto di una disciplina speciale che prevede solo una ipotesi di recesso (successivamente, Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1174).

Le indicazioni dell'Adunanza Plenaria n. 14 del 2014 sono state confermate e precisate dalla giurisprudenza successiva, secondo cui sarebbe illegittimo un provvedimento di revoca dell'aggiudicazione di una gara adottato le quante volte sia stato già stato stipulato il contratto di appalto, “atteso che in tal caso la revoca verrebbe stata adottata in assenza del suo essenziale presupposto, e cioè di un oggetto costituito da un provvedimento che continua ancora a spiegare effetti, non essendo tale l'aggiudicazione della gara in seguito alla stipulazione del contratto; in tal caso, per sciogliersi dal vincolo discendente da quest'ultimo, l'Amministrazione deve ricorrere all'istituto del recesso ..” (Cons. Stato, Sez.V, 22 marzo 2016 n.1174; TAR Toscana, Sez. I, 2 febbraio 2018, n. 187. Amplius, cfr. bussola “Recesso”).

Una ipotesi del tutto peculiare è quella in cui abbia avuto luogo l'esecuzione anticipata del contratto d'appalto e vi sia stata la revoca dell'aggiudicazione motivata con riferimento all'inesatto adempimento delle relative prestazioni (caso in cui è stata ritenuta sussistente la giurisdizione del g.o. per la matrice negoziale dell'esecuzione anticipata: Cass., Sez. Un., ord. 9 aprile 2018, n. 8721).

Questioni aperte

La previsione del potere unilaterale di recesso dal contratto stipulato non risolve la questione dell'individuazione dei presupposti per l'esercizio di tale potere. Occorre integrare la fattispecie astratta prevista dalla legge con i principi che governano l'attività amministrativa, tra cui quello di motivazione degli atti ai sensi dell'art. 3 della l. n. 241/1990 s.m.i..

In evidenza

La norma sul recesso prevede due casi in cui tale potere è vincolato dall'esito negativo delle informative antimafia in relazione al rinvio a quanto dispongono gli articoli 88, comma 4-ter, e 92, comma 4, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 15. Si tratta di una speciale previsione sull'obbligo di recesso della stazione appaltante quando si verifichino i presupposti previsti dalla normativa antimafia (Cons. Stato., Sez. III, 30 dicembre 2017, n. 6195; sulla responsabilità della p.a. per la risoluzione del contratto a seguito di informativa prefettizia successivamente annullata: Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2018, n. 1401, v. amplius bussola “Recesso”).

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