Sopraelevazione (requisiti e modalità)

04 Maggio 2018

Al fine del miglior sfruttamento delle aree edificabili, la legge prevede, con alcune limitazioni volte al rispetto della sicurezza e del decoro architettonico, il diritto di sopraelevazione, che può essere esercitato dal proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare di un edificio in condominio, salva diversa pattuizione negoziale.
Inquadramento

Il diritto di sopraelevazione viene previsto, all'interno della disciplina del condominio negli edifici, dall'art. 1127 c.c. In base a tale disposizione, viene riconosciuta, al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio e al proprietario esclusivo del lastrico solare, la facoltà di elevare nuovi piani (in tal senso anche la giurisprudenza amministrativa: T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, sez. I, 6 febbraio 2017, n. 45), salvo che risulti altrimenti dal titolo (comma 1), che le condizioni statiche dell'edificio non lo permettano e che la nuova opera non incontri l'opposizione dei condomini a motivo del pregiudizio all'aspetto architettonico dell'edificio oppure della diminuzione in maniera notevole dell'aria o della luce dei piani sottostanti (commi 2 e 3).

Il codice previgente (art. 564) stabiliva la subordinazione della facoltà di sopraelevazione per il proprietario dell'ultimo piano alla condizione che dalla nuova costruzione non derivasse danno al valore della proprietà degli altri condomini.

In dottrina, vi erano due posizioni: una interpretava la norma menzionata nel senso di una proibizione per il proprietario dell'ultimo piano, che poteva edificare solo dopo avere ottenuto il consenso dei condomini, vi fosse o meno la possibilità di danno.

Questa posizione venne condivisa dalla giurisprudenza secondo cui la sottoposizione del diritto in esame al consenso degli altri condomini rende intrinsecamente diversa l'attuale norma rispetto a quella abrogata.

Da tale diversità viene fatta discendere la conseguenza per cui il proprietario dell'ultimo piano, il quale, vigendo il codice abrogato, abbia ottenuto dagli altri condomini o dall'originario proprietario esclusivo dell'edificio il permesso di edificare, non è tenuto a pagare loro l'indennità prevista, per la prima volta dall'art. 1127 c.c., ove abbia sopraelevato dopo l'entrata in vigore del codice vigente. Ciò poiché, al momento dell'esercizio del suo diritto già disponeva, nel suo patrimonio, della facoltà di sfruttare la residua suscettibilità edificatoria del suolo comune, la cui attuale appartenenza a tutti i condomini è, invece, il presupposto necessario dell'obbligo del pagamento dell'indennità (Cass. civ., sez. II, 19 dicembre 1975, n. 4192).

Con l'art. 12, r.d.l. 15 gennaio 1934, n. 56 («Disciplina dei rapporti di condominio sulle case»), al fine di andare incontro alle esigenze dell'economia generale, si è poi consentita la sopraelevazione, favorendo, con alcune limitazioni, l'interesse del proprietario dell'ultimo piano.

La norma sopra menzionata si giustifica con la carenza e l'elevato prezzo delle aree fabbricabili e con l'intento di favorire l'edilizia nei centri urbani.

Attraverso di essa, da un lato, il legislatore determinò in forma tassativa quali specie di danni per gli altri proprietari fossero di ostacolo alla sopraelevazione, identificandone tre categorie: i danni statici, i danni estetici e i danni igienici; dall'altro, stabilì l'obbligo di corrispondere un'indennità agli altri condomini di importo non superiore al valore dell'area da occuparsi con la sopraelevazione, diviso per il numero dei piani dell'edificio, compreso quello da edificare.

In evidenza

La giurisprudenza civile in materia di sopraelevazione trova conferma e conforto in quella amministrativa (rilevante in questa materia, che tocca profili urbanistici). Al riguardo, fra le altre, T.A.R. Liguria, Genova, sez. I, 9 luglio 2015, n. 651, e T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. II, 14 marzo 2013 n. 224, le quali affermano che, ai sensi dell'art. 1127 c.c., la facoltà di sopraelevare spetta ex lege al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio e il suo esercizio, che non necessita di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini, può essere precluso soltanto in forza di un'espressa pattuizione che costituisca una servitus altius non tollendi a favore degli stessi; nonché T.A.R. Trentino, Alto Adige, Trento, sez. I, 6 febbraio 2017, n. 45, secondo cui il diritto di sopraelevare ex art. 1127 c.c., ricomprendente sia l'esecuzione di nuovi piani sia la trasformazione di locali preesistenti con aumento delle superfici e delle volumetrie, spetta ex lege al proprietario dell'ultimo piano o a quello esclusivo del lastrico (in caso di pluralità, spetta a ciascuno nei limiti della propria quota di proprietà), senza alcun assenso dell'assemblea condominiale, posto che non rientra tra le innovazioni (art. 1120 c.c.).

Ed inoltre, T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. II, 14 marzo 2013, n. 224, precisa, inoltre, che, dalla disciplina dell'art. 1127, comma 4, c.c. (in base al quale chi fa la sopraelevazione è tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare), si ricava l'indicazione che la facoltà di esigere “nuovi piani” o “nuove fabbriche” può essere esercitata indipendentemente dal diritto dei condomini di utilizzare il lastrico solare; colui che sopraeleva sarà tenuto, soltanto, a ricostruire il lastrico solare.

Gli aspetti soggettivi e le deroghe pattizie al regime legislativo ordinario

Dal punto di vista soggettivo l'art. 1127, comma 1, c.c. individua due soggetti a cui è dato il diritto di sopraelevare: si tratta del proprietario dell'ultimo piano e del proprietario del lastrico solare.

Il legislatore stesso prevede, comunque, che la titolarità del diritto in esame possa essere assegnata ad un soggetto differente, stabilendo che il titolo del condominio disponga in maniera diversa.

Tale soggetto differente può essere un condomino (come, ad esempio, si ha quando in un edificio a più piani, ciascuno con differente proprietario, l'avente diritto alla sopraelevazione dell'edificio sia proprietario del piano terra o di un piano intermedio).

Questo non sposta i termini della questione, poiché fra il piano terra (o i piani intermedi) e la colonna d'aria su cui è riconosciuto il diritto di sopraelevare si inserisce, separando il suolo dallo spazio soprastante, un legittimo diritto di proprietà di un piano, al cui titolare sarebbe spettato il diritto di sopralzo, a norma dell'art. 1127 c.c. Invece, per espressa volontà delle parti, il diritto di sopraelevazione viene attribuito al proprietario del piano terra o di un piano intermedio, ma tale attribuzione non può, in ogni caso, valere altro che come attribuzione del solo diritto reale di superficie sull'ultimo piano, proprio perché l'aria separata dal bene immobile materiale immediatamente sottostante non è suscettibile di proprietà fondiaria.

Infatti, l'art. 1127 c.c. richiamato ammette la possibilità di una disciplina del diritto di sopralzo diversa da quella sopra indicata, ma tale differente regolamento deve inquadrarsi nei principi generali vigenti.

Per questo, un diritto ad una colonna d'aria a sé stante, avulsa cioè da una base materiale di partenza immediatamente sottostante, non può nell'attuale ordinamento assumere la qualifica di proprietà fondiaria. Si tratta, invece, di diritto di superficie, poiché la proprietà fondiaria in tanto esiste, in quanto esiste un fondo, cioè un bene materiale; ai sensi dell'art. 952 c.c., il diritto di superficie si esplica in due modi: nel diritto di fare una costruzione al di sopra (o al di sotto) del suolo oppure nel diritto di mantenere la proprietà sulla costruzione una volta ultimata (o su una preesistente costruzione), in deroga al principio dell'accessione (art. 934 c.c.).

Nella prima fattispecie, il diritto di superficie sottrae al proprietario del suolo l'attività edificatoria, mentre nella seconda ipotesi costituisce una proprietà della costruzione (la proprietà superficiaria) legata alle vicende dello ius in re aliena.

Il diritto di superficie può, nell'ipotesi in esame, riguardare la sopraelevazione di un edificio preesistente e la proprietà superficiaria può avere ad oggetto solo la parte superiore di una costruzione.

Il diritto del superficiario non possiede un contenuto e una estensione maggiori rispetto a quelli del proprietario e, quindi, come il diritto dominicale, non si estende allo spazio aereo sovrastante il suolo che ne è oggetto oltre il punto in cui il suo titolare può avere un apprezzabile interesse ad escludere gli altri, come previsto per il proprietario dall'art. 840 c.c.

Tale interesse, nella fattispecie di diritto di fare e mantenere una costruzione con dimensioni e destinazione predeterminate, deve essere, poi, in concreto accertato con specifico riferimento anche ai limiti prestabiliti del diritto del superficiario.

Le pattuizioni negoziali possono attribuire, poi, il diritto di sopraelevazione non ad un diverso condomino, ma ad un terzo, come nell'ipotesi in cui l'originario proprietario esclusivo dell'edificio, già ultimato oppure ancora in costruzione, si riservi la facoltà di sopraelevazione o la riservi ad un terzo, con il consenso del primo o dei primi acquirenti di singoli piani o porzioni di piano (cfr. in proposito già Cass. civ., sez. II, 24 maggio 1968, n. 1593).

A questa fattispecie se ne associa un'altra: quella in cui è il titolare del diritto in base alla legge o al titolo condominiale ad alienare il diritto con un negozio successivo (Cass. civ., sez. II, 22 novembre 2004, n. 22032).

In quest'ultimo caso, si osserva che viene a crearsi un diritto reale (autonomo) su cosa altrui (e non più una facoltà, compresa nel più ampio diritto di proprietà): si tratta di un diritto di superficie.

In conseguenza di ciò, il diritto di superficie costituito a seguito della cessione o della riserva della facoltà di sopraelevazione si prescrive per non uso ventennale (art. 954, ult. comma, c.c.), diversamente dalla facoltà se fosse rimasta in capo al soggetto cedente.

Alla costituzione del diritto di superficie (e alla relativa prescrizione), secondo un'autorevole opinione, fa eccezione il caso in cui la cessione avvenga non a favore di un estraneo al condominio, ma a vantaggio di uno dei condomini, poiché la facoltà rimane parte «del contenuto di una delle proprietà esclusive degli enti condominiali: in questo caso muta soltanto l'identificazione dell'ente cui la facoltà di sopraelevazione è connessa, senza che ne consegua l'esigenza di un mutamento di natura della facoltà stessa».

Il divieto di sopraelevare

I limiti al diritto in esame, che una specifica previsione negoziale può arrivare ad escludere, possono essere disciplinati convenzionalmente, mediante una pattuizione espressa preesistente o coeva alla costituzione del condominio (eventualmente contenuta anche in un regolamento condominiale di natura contrattuale o nell'atto di acquisto da cui deriva la proprietà del singolo), costitutiva di una servitù assimilabile a quella non aedificandi o altius non tollendi (Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2000, n. 15504; Cass. civ., sez. II, 3 dicembre 1994, n. 10397).

Tale servitù prediale si concreta nel dovere del proprietario del fondo servente di astenersi da qualunque attività edificatoria che abbia come risultato quello di comprimere o di ridurre le condizioni di vantaggio derivanti al fondo dominante dalla costituzione della servitù.

Da ciò consegue che non è possibile subordinare la tutela giuridica della servitù in esame all'esistenza di un concreto pregiudizio derivante dagli atti lesivi, dato il carattere di assolutezza di questa situazione giuridica soggettiva (Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2009, n. 21629; Cass. civ., sez. II, 22 maggio 2000, n. 6643).

La limitazione convenzionale del diritto di sopraelevazione in esame presenta, quindi, natura reale, per cui, una volta trascritto il titolo (ad esempio, l'atto di vendita di appartamenti condominiali da parte del titolare di tale diritto) che la contiene, è comunque opponibile al terzo acquirente del bene su cui essa grava, poiché non rileva la sua eventuale mancata riproduzione nell'atto di trasferimento del bene medesimo.

Il divieto assoluto di sopraelevazione previsto da dette convenzioni può essere fatto valere sia dai singoli condomini, sia dal condominio.

Venendo ad un esempio, si è giudicato che il diritto di sopralzo viene meno quando, essendo sovrastante al fabbricato una terrazza di copertura, il regolamento condominiale vieti di occupare, anche temporaneamente, locali di uso e di proprietà comune, così pure di erigere costruzioni, sopralzi o altro (anche di carattere provvisorio e pure in via precaria), nei cortili, sui piazzali, sui terrazzi, tenervi vasi di capacità maggiore di un terzo di metro cubo, ed, in generale, eseguire opere che possano compromettere la stabilità e arrecare danno, e qualora, nello stesso contratto, sia vietato fare varianti all'immobile che possano alterare l'architettura, l'estetica e la simmetria esteriori dell'edificio e modificare le parti destinate a proprietà comune pro indiviso.

Quanto all'aspetto soggettivo, la possibilità della limitazione riguarda sia la facoltà di sopraelevazione concessa al proprietario dell'ultimo piano, sia la medesima facoltà accordata al proprietario esclusivo del lastrico solare.

Superato appare l'orientamento secondo cui il fondamento dell'indennità di sopralzo riposa solo nello sfruttamento dell'area sovrastante l'ultimo piano dell'edificio, con la conseguenza che, se chi sopraeleva è proprietario esclusivo dell'area sovrastante, l'art. 1127 c.c. è inapplicabile e, dunque, nessuna indennità è dovuta agli altri condomini, proprietari dei piani sottostanti.

La sopraelevazione e la nozione di costruzione

Al fine di inquadrare le fattispecie concrete rientranti nell'ambito di applicazione dell'art. 1127 c.c., si può osservare che esso è rubricato “costruzione sopra l'ultimo piano dell'edificio”.

Il primo comma, poi, specifica che tale costruzione riguarda l'elevazione di nuovi piani o nuove fabbriche da parte del proprietario dell'ultimo piano di un edificio in condominio.

Circa la nozione di costruzione, la giurisprudenza afferma che, agli effetti civilistici, essa è data da qualsiasi manufatto, stabilmente infisso al suolo o collegato ad un preesistente immobile e tale da incrementarne la relativa consistenza, indipendentemente dalle sue caratteristiche costruttive.

Si prescinde, dunque, dal materiale con cui la costruzione viene eseguita.

CASISTICA

Il manufatto privo di pareti

In relazione alle prescrizioni di cui all'art. 873 c.c., costituisce costruzione anche un manufatto che, seppure privo di pareti, realizzi una determinata volumetria. Per questo, allo scopo di verificare l'osservanza o meno delle distanze legali, la misura deve essere effettuata assumendo come punto di riferimento la linea esterna della parete ideale posta a chiusura dello spazio esistente fra le strutture portanti più avanzate del manufatto stesso, che può, ad esempio, essere anche una tettoia. (Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2011, n. 5934).

Le pertinenze dell'immobile

Ai fini dell'osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dall'art. 873 c.c. e ss. e delle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, si è considerata costruzione qualsiasi opera non completamente interrata, avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa, dai suoi caratteri e dalla sua destinazione. Da ciò consegue che gli accessori e le pertinenze, che abbiano dimensioni consistenti e siano stabilmente incorporati al resto dell'immobile, così da ampliarne la superficie o la funzionalità economica, costituiscono con l'immobile una costruzione unitaria; per questo, le distanze devono essere calcolate non dalla parete dell'edificio maggiore, ma da quella più prossima alla proprietà antagonista. (Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 2011, n. 4277)

Le costruzioni in lamiera

Integra la nozione di costruzione, ai predetti fini, una baracca di zinco costituita solo da pilastri sorreggenti lamiere, priva di mura perimetrali, ma dotata di copertura. (Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 2009, n. 22127).

Le diverse fattispecie di sopraelevazione

Al fine di identificare l'oggetto dell'art. 1127 c.c., è necessario definire anche il concetto di sopraelevazione, che viene utilizzato ai commi 2, 3 e 4 di detta norma.

Innanzitutto, si deve precisare che la facoltà di sopraelevare, come emerge dal riferimento alternativo a "piani" e "fabbriche", può estrinsecarsi nell'edificare sia l'intero piano, sia una porzione di esso (cfr., ex multis, T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. II, 14 marzo 2013, n. 224).

Si distingue, poi, fra gli interventi di innalzamento dell'edificio condominiale che comportano la costruzione di nuovi piani o nuove fabbriche e gli interventi di semplice innalzamento.

In particolare, un orientamento minoritario interpreta l'art. 1127 c.c. in senso letterale e considera che la sopraelevazione, per la disposizione in esame, ricorra soltanto nel caso di costruzione di uno o più piani o di una o più nuove fabbriche sopra l'ultimo piano dell'edificio, quale che sia il rapporto con l'altezza precedente e non in ogni caso di sopraelevazione, intesa come pura e semplice costruzione oltre l'altezza precedente del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 14 novembre 1991, n. 12173). Seguendo questo indirizzo, è stato precisato che non costituisce sopraelevazione l'innalzamento di soli sessanta centimetri delle falde del tetto e dei soffitti lungo il perimetro del preesistente locale adibito a lavanderia, con l'aumento dell'inclinazione delle falde e la modificazione sostanziale delle caratteristiche strutturali dell'edificio (Cass. civ., 22 febbraio 2000, n. 6643). Sul punto si è precisato che, poiché la sopraelevazione di un edificio condominiale deve intendersi non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente dell'edificio, ma come costruzione di uno o più nuovi piani (o di una o più nuove fabbriche) sopra l'ultimo piano dell'edificio, indipendentemente dal rapporto con l'altezza precedente del medesimo, anche la costruzione realizzata su terrazza a livello da parte del proprietario dell'adiacente appartamento sito all'ultimo piano dell'edificio condominiale (quando la terrazza assolve, come il lastrico solare, a funzione di copertura della parte sottostante di detto edificio) va considerata come sopraelevazione ed è soggetta al relativo regime legale

Secondo una diversa interpretazione, costituisce sopraelevazione l'intervento edificatorio che comporta lo spostamento in alto della copertura del fabbricato, in modo da occupare lo spazio sovrastante e superare l'altezza originaria dell'edificio. In quest'ottica, la nozione di sopraelevazione non va, pertanto, limitata alla costruzione di nuovi piani dell'edificio, ma si estende ad ogni intervento a cui consegue l'innalzamento della copertura del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 12 agosto 2011, n. 17284), in quanto, secondo autorevole pronuncia, l'innalzamento di 50 cm. delle mure perimetrali e il corrispondente rifacimento del tetto al di sopra di esse, con la trasformazione delle preesistenti soffitte in due nuove unità abitative, costituisce nuova fabbrica e deve essere considerato come sopraelevazione ai sensi del comma 1 dell'art. 1127 c.c., con conseguente obbligo di corresponsione dell'indennità di cui all'ultimo comma della medesima norma (Cass. civ., sez. un., 30 luglio 2007, n. 16794).

Il diritto di sopraelevazione come diritto reale

Se della natura reale della facoltà di sopraelevazione, che può essere esercitata senza necessità di alcun riconoscimento da parte degli altri condomini (Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2000, n. 15504), non si dubita, sussistono diverse opinioni circa la sua precisa identificazione giuridica.

Il diritto in esame viene, di volta in volta, configurato come una fattispecie di diritto reale autonomo oppure di diritto di superficie o, ancora, come l'espressione del diritto del proprietario dell'ultimo piano del condominio, preferito agli altri condomini per via della posizione de facto maggiormente adatta (Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2004, n. 7051, secondo cui esso costituisce un diritto di superficie ex art. 952 c.c., suscettibile di estinzione per effetto del non uso protratto per il tempo stabilito dalla legge).

La prima tesi, minoritaria soprattutto a motivo del suo assunto contrasto con il principio del numerus claususin tema di diritti reali, ritiene che il diritto di sopraelevazione costituisca un diritto reale autonomo.

In quest'ottica, non si tratta, dunque, di una facoltà rientrante nell'ambito del diritto di proprietà (sull'ultimo piano o sul lastrico solare), né nella sfera del diritto condominiale, come pure non si può parlare di diritto di superficie. Secondo questo orientamento, la legge concentra a favore di un unico soggetto la facoltà di modificare la consistenza dell'edificio che, in via generale ed astratta, sarebbe di competenza della collettività dei condomini, il tutto fondato su motivi sostanzialmente pratici che portano a privilegiare il proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare.

In giurisprudenza, il diritto di sopraelevazione è stato distinto dal diritto di superficie su edificio costruito o costruendo, attribuito a un terzo dai condomini di quest'ultimo, poiché, mentre il primo incontra i limiti fissati dall'art. 1127 c.c., il secondo è soggetto solo alle condizioni stabilite nel contratto.

Inoltre, quest'ultimo diritto, qualora abbia ad oggetto la costruzione di tutti i possibili piani che siano compatibili con la solidità dell'edificio, può essere esercitato anche per gradi, in tempi diversi. Da ciò discende, che l'acquirente del diritto di superficie, il quale, in seguito alla costruzione di uno soltanto dei suddetti piani, abbia acquistato il diritto di sopraelevare ulteriormente nei limiti ex art. 1127 c.c., è legittimato a chiedere l'accertamento giudiziario del diverso e più ampio diritto di sopraelevazione derivantegli dal contratto costitutivo della superficie (Cass. civ., sez. II, 12 dicembre 1975, n. 4078).

Si è affermato, poi, che, se la facoltà di sopraelevazione è riconosciuta al proprietario dell'ultimo piano, opera l'accessione; mentre se spetta al titolare del lastrico solare, si tratta di un diritto di superficie, a cui, per volontà implicita delle parti, si dà origine con il trasferimento del solaio di copertura, oppure che il diritto di sopraelevazione non appare configurabile come espressione di proprietà superficiaria, ma quale normale espansione del diritto di proprietà, che trova un suo riconoscimento nel principio di accessione.

Un ulteriore orientamento considera entrambe le fattispecie (quella del proprietario dell'ultimo piano e quella del proprietario del lastrico solare) come originanti un diritto di superficie, per taluni interpreti limitato e adattato al complesso regime del condominio.

Si sostiene, infine, che il diritto di sopralzo è un potere contenuto nel diritto di proprietà dell'ultimo piano e che l' “impredicabilità” per il diritto di sopraelevazione del carattere della temporaneità, implicito in quello della prescrittibilità, preclude la sua riconducibilità nell'alveo del diritto di superficie e, più in generale, dei diritti reali su cosa altrui, mentre si dovrebbe ricondurlo all'interno della logica proprietaria.

Invero, l'ipotesi del diritto di superficie risulta maggiormente fondata nel caso in cui il proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare o, comunque, il soggetto proprietario del diritto in esame ceda il diritto di sopralzo. Detta alienazione può avvenire a titolo oneroso oppure gratuitamente nei confronti sia di un altro condomino che di un terzo estraneo. Naturalmente oggetto del negozio di trasferimento deve essere il diritto di sopraelevazione (cioè un diritto di superficie) e non la colonna d'aria sovrastante l'immobile dell'alienante (Cass. civ., sez. II, 4 maggio 1989, n. 2084).

Se il diritto di sopraelevazione viene esercitato dal proprietario del lastrico solare appare più calzante vedervi l'esercizio del diritto di proprietà.

Diverso potrebbe essere il discorso per il proprietario dell'ultimo piano, che interviene su una superficie, quella del lastrico solare o del tetto, condominiale, anche se pure per tale caso non manca l'orientamento che ritiene trattarsi di una facoltà compresa fra quelle del diritto dominicale, considerandosi operante il principio dell'accessione, poiché il tetto o il lastrico solare vengono spostati verso l'alto e la costruzione avviene, così, sulla proprietà del rialzante e non su quella condominiale (Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 1970, n. 261; Cass. civ., sez. II, 4 luglio 1966, n. 1723; Cass civ., sez. II, 17 maggio 1965, n. 947).

La prescrizione del diritto di sopraelevazione

Lo spazio aereo non è un bene e il diritto sulla colonna d'aria sovrastante un immobile condominiale (rectius, diritto di sopraelevazione) può configurarsi nella fattispecie di alienazione da parte del titolare ex lege (proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare) come diritto di superficie.

In questa fattispecie, se ad esso non venga ad inerire il diritto di proprietà sulla costruzione, poiché non viene eretta, il diritto in esame è soggetto, al pari di tutti gli altri diritti reali su cosa altrui, ad estinzione per effetto del non uso protratto per il tempo all'uopo stabilito dalla legge (art. 954, ult. comma, c.c.) (Cass. civ., sez. II, 7 dicembre 1994, n. 10498).

Così, la colonna d'aria, separata dall'immobile a cui naturalmente accede, non è di per sé, prima della costruzione o della sopraelevazione, suscettibile di proprietà, ma viene a fare parte del diverso diritto reale, per sua natura temporaneo (appunto perché in contrasto con il diritto all'accessione), qualificato come superficie, che è possibile non solo direttamente al di sopra del suolo naturale, ma anche al di sopra di costruzioni preesistenti (cd. diritto di sopraelevazione) (Cass. civ., sez. II, 8 ottobre 1962, n. 2874).

Diversa, invece, è la fattispecie in cui il diritto di sopraelevazione sia attribuito dall'art. 1127 c.c.; in questo caso, infatti, appare imprescrittibile, potendosi configurare come attinente al diritto di proprietà.

Diritto di sopraelevazione e usucapione

Se in relazione allo spazio aereo non può configurarsi un diritto di proprietà indipendente dalla proprietà immobiliare, tanto meno può darsi luogo ad un corrispondente possesso suscettibile di usucapione.

Anche al diritto di sopraelevazione ex art. 1127 c.c., si può estendere quanto vale in generale per il diritto di fare una costruzione su suolo altrui, ai sensi dell'art. 952 c.c.

Tale diritto reale su cosa altrui non è suscettibile di possesso, configurabile solo in relazione alla proprietà superficiaria e cioè al diritto di mantenere una costruzione già realizzata nell'esercizio del suindicato diritto di costruire (Cass. civ., sez. II, 23 luglio 1983, n. 5086).

Diritto di sopraelevazione, accessione e costituzione di servitù

Per quanto riguarda l'istituto dell'accessione, esso trova applicazione solo qualora vi sia incorporazione, congiunzione o, almeno, aderenza fra l'opera realizzata e il suolo, per cui la prima diviene accessoria del secondo, e dunque appartiene al proprietario di quest'ultimo pure se realizzata da terzi.

Per questo non si ha accessione se un terzo occupa parte dello spazio aereo al di sopra di un immobile, come qualora il terzo stesso, costruendo un balcone nell'edificio di sua proprietà, invada lo spazio aereo sovrastante il suolo altrui e crei su di esso una veduta arbitraria.

In tale fattispecie, si verte, rispettivamente, in tema di violazione dell'art. 840 c.c. e di costituzione abusiva di una servitù, reprimibile con l'actio negatoria servitutis.

Analogamente, nell'ipotesi di immissione di una scala nello spazio immediatamente sovrastante il suolo del vicino: si viene, infatti, a limitare le possibilità di esercizio delle facoltà a questo spettanti e si pone in essere una limitazione del suo diritto di proprietà.

Di conseguenza, una concessione perpetua del proprietario del fondo contiguo del diritto di occupare il detto spazio, poiché dà luogo ad una servitù a carico del proprio fondo, deve essere effettuata per atto scritto sotto pena di nullità (Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1989, n. 1955; Cass. civ., sez. II, 3 maggio 1967, n. 847).

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