Decoro architettonicoFonte: Cod. Civ. Articolo 1117
31 Luglio 2017
Inquadramento
Il decoro architettonico è, ad un tempo, una qualità dell'edificio, dotata di riscontro patrimoniale, e un limite conformativo del contenuto originario del diritto di proprietà di ciascun condomino, riducendone ab origine il potere di godimento in ordine sia ai beni comuni sia a quelli in titolarità esclusiva. Sul piano dispositivo si impone in primo luogo come valore immateriale che risulta dalla considerazione complessiva dell'edificio (o di singole sue parti) e incide, tuttavia, sul valore commerciale di ciascuna unità immobiliare: un bene patrimoniale comune, quindi, ai sensi dell'art.1117 c.c. che ha trovato, a seguito della legge di riforma l. n. 220/2012, un espresso riscontro nella previsione delle «facciate» tra le parti qualificabili ex lege in situazione di condominio c.d. necessario ai sensi dell'art.1117, n. 1), c.c. Nel contempo, tale valore assolve il ruolo di limite conformativo della proprietà urbana in ordine sia alle innovazioni apportabili ai beni comuni (artt.1117-ter, comma 5, e 1120, comma 4, c.c.) sia alle mere modificazioni di tali beni (artt. 1102, comma 1, 1122-bis, commi 1 e 3, c.c.) nonché alle stesse opere interne alle unità immobiliari in proprietà esclusiva (art.1122, comma 1, c.c.). Il decoro architettonico è costantemente richiamato, nelle suddette disposizioni, insieme ad altri due limiti di carattere generale, costituiti dalla stabilità e dalla sicurezza dell'edificio: integra, quindi, la clausola legale di salvaguardia della situazione di condomino negli edifici. Definizione
Secondo la definizione invalsa nella giurisprudenza, il decoro architettonico è un valore inerente a ciascun edificio, anche di modesta fattura, e risulta dall'insieme delle linee e dei motivi architettonici e ornamentali che costituiscono le note uniformi dominanti e imprimono alle varie parti dell'edificio una determinata fisionomia, unitaria e armonica; essa risale bensì all'idea originaria dell'autore del progetto edilizio ma, una volta ultimata la costruzione, costituisce un bene autonomo che concorre a determinare il valore delle proprietà individuali e di quelle sulle parti comuni (di tale elaborazione è individuabile il leading case in Cass. civ., sez. II, 13 luglio 1965, n. 1472). Dalla definizione emerge, quindi,un valore connaturale all'esistenza stessa di un edificio e, come tale, presente in ogni fabbricato, a prescindere dall'epoca in cui è stato costruito e dall'eventuale pregio estetico (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2011, n. 10350; Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2009, n. 14455).
Non è, infatti, necessaria alcuna attività personale di utilizzazione da parte dei condomini, essendo il decoro architettonico sottoposto al cosiddetto uso oggettivo, che si produce ex se in ragione dell'unione materiale e della conformazione delle res (in tal senso, in via generale, Cass. civ., sez. II, 1 marzo 2000, n. 2255; Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 2000, n. 855). Il pregio estetico di ciascun edificio è, tuttavia, rilevante al fine di valutare in concreto l'impatto di ogni nuova opera, dovendosi usare criteri di maggior rigore per gli edifici che hanno un rilevante valore architettonico e criteri più elastici, invece, per gli edifici di minor pregio, in ragione, per esempio, del loro carattere popolare (in tal senso, per l'affermazione della relatività del criterio, Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2003, n. 16098; Cass. civ., sez. II, 15 aprile 2002, n. 5417).
Fisionomia autonoma
La nozione invalsa del decoro architettonico è più ampia rispetto a quella di facciata dell'edificio, essendo pertinente anche all'assetto di altri beni comuni, sia esterni come l'atrio (Cass. civ., sez. II, 24 marzo 2004, n. 5899) sia interni come il pianerottolo (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2005, n. 1076). Non assume rilievo, invece, la validità estetica in sé della nuova opera, in quanto anche una costruzione di buona fattura o persino di pregio artistico può essere non armonicamente inserita nel prospetto del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 4 aprile 2008 n. 8830; Cass. civ., sez. II, 30 agosto 2004, n. 17398). Essendo, poi, in questione un valore inerente alla proprietà privata è indifferente il contesto urbanistico od ambientale in cui l'edificio si inserisce; in tal senso il decoro architettonico si definisce a prescindere dagli interessi pubblici inerenti all'assetto ed alla trasformazione del territorio (Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2010, n. 1286; Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 1999, n. 668) e merita, quindi, tutela autonoma nei rapporti tra i privati anche a fronte di opere assentite dall'autorità amministrativa (Cass., sez. II, 6 ottobre 2014, n. 20985). Si ammette, tuttavia, che il profilo estetico possa ricevere una penetrante disciplina al livello di supercondominio, costituito da una pluralità di edifici aventi taluni impianti o servizi in comune: nell'ambito del regolamento contrattuale supercondominiale sono, infatti, legittimi gli eventuali divieti di apportare modifiche strutturali, funzionali ed estetiche a ciascuna unità immobiliare, in tal senso costituendosi servitù reciproche suscettibili di imporsi anche ai successivi aventi causa (Cass. civ., sez. II, 13 giugno 2013, n. 14898). Pregiudizio economico
Il pregio architettonico ha, come si è visto, un contenuto patrimoniale e, quindi, è ricorrente l'affermazione secondo cui la lesione di tale valore è perpetrata solo in quanto sia configurabile un pregiudizio economico ai condòmini in ragione del deprezzamento delle rispettive unità immobiliari. Talvolta tale verifica consente di ritenere tollerabili modeste alterazioni del decoro architettonico a fronte di utilità compensative, per tutti i partecipanti al condominio, costituite dall'installazione di nuovi impianti suscettibili di elevare la qualità del godimento delle unità abitative (così, per l'ascensore, Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2012, n. 18334; in relazione alla destinazione a parcheggio di porzione del giardino, Cass. civ., sez. VI/II, 12 luglio 2011, n. 15319; nel senso, tuttavia, che anche in tema di eliminazione delle barriere architettoniche operano i limiti previsti in via generale dall'art. 1120 c.c., Cass. civ., sez., II 29 luglio 2004, n. 14384). Sul piano probatorio, poi, la giurisprudenza ritiene che il pregiudizio economico è normalmente insito in una rilevante menomazione del decoro architettonico, con conseguente esonero di una specifica dimostrazione (per la parte che agisce in giudizio) e di una motivazione autonoma (per il giudice) in ordine alla sussistenza del risvolto patrimoniale della lesione estetica (Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2006, n. 7625; Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2004, n. 1025; Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2003, n. 16098; Cass. civ., sez. II, 24 marzo 2004, n. 5899). Decoro attuale ed originario
Non si riscontra un indirizzo univoco in ordine alla rilevanza delle trasformazioni subite dalla fisionomia estetica dell'edificio in epoca anteriore rispetto all'opera in contestazione. Un consolidato orientamento tende a privilegiare una nozione dinamica del pregio estetico del fabbricato, nel senso quindi di escludere l'illecito allorché il decoro originario sia stato già compromesso da precedenti interventi modificativi (Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 2014, n. 26055; Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 2009, n. 4679; Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 2007, n. 21835; Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2003, n. 16098). Altre pronunce, invece, evidenziano che ciascun condomino conserva il diritto al ripristino delle caratteristiche originarie del fabbricato, a fronte di innovazioni vietate, a prescindere dalle decisioni medio tempore assunte dalle mutevoli maggioranze assembleari, in quanto il riferimento al solo stato attuale dell'edificio finirebbe per legittimare qualsiasi progressiva involuzione dei connotati estetici del fabbricato (Cass civ., sez. II, 19 giugno 2009, n. 14455; Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2007, n. 851; Cass. civ., sez. II, 22 agosto 2003, n. 12343)
Talune ambiguità sono riscontrabili nella nomofilassi anche in ordine al rilievo da riconoscere al connotato della visibilità della nuova opera al fine di sindacarne la compatibilità con il decoro architettonico. Si è, infatti, affermato che, una volta accertata la lesione del decoro architettonico a seguito di opere innovative, non dovrebbe essere riconosciuta alcuna influenza alla maggiore o minore visibilità di esse o alla loro non visibilità in relazione ai diversi punti di osservazione rispetto all'edificio condominiale, trattandosi di tutela accordata in sé e per sé a prescindere da situazioni contingenti (Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2007, n. 851). A tale orientamento, imperniato su una concezione oggettiva del pregio estetico dell'edificio, si contrappone altro indirizzo secondo il quale l'armonia di linee e di strutture che connota il fabbricato non rileva se non nella misura in cui sia apprezzabile dall'esterno e, quindi, in concreto fruibile attraverso la percezione; di qui l'affermazione che il decoro architettonico attiene a tutto ciò che nell'edificio è visibile e apprezzabile dall'esterno, posto che esso si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, cioè alla sua particolare struttura e fisionomia, che contribuisce a dare a esso una sua specifica identità (Cass. civ., II, 7 settembre 2016, n. 17695; Cass. civ., sez. II, 29 aprile 2005, n. 8883; Cass. civ., sez. II, 30 agosto 2004, n. 17398).
Regolamento di condominio
Nel contenuto tipico del regolamento di condominio in senso stretto, approvato cioè a maggioranza dall'assemblea, rientra la previsione di «norme per la tutela del decoro dell'edificio» (art.1138, comma 1, c.c.). La giurisprudenza, a conferma del ruolo conformativo assolto dal decoro architettonico, ammette che il regolamento assembleare possa in tal senso contenere norme suscettibili di incidere sulla sfera del dominio personale esclusivo dei singoli condòmini, nei limiti in cui ciò si riveli necessario per la salvaguardia del bene comune protetto: così può vietare quegli interventi modificativi delle porzioni di proprietà individuali che, riflettendosi su strutture comuni, siano passibili di pregiudicare l'estetica dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 3 settembre 1998, n. 8731, in relazione ai nuovi serramenti installati alle finestre aperte sulla facciata). Il regolamento c.d. contrattuale, accettato cioè da tutti i partecipanti al condominio, può dare, altresì, del decoro architettonico una definizione più estesa rispetto a quella legale, estendendo il divieto sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2015, n. 12582; Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 2013, n. 1748). La vigenza di un divieto convenzionale di modificare l'assetto estetico dell'edificio agevola senz'altro la dimostrazione dell'illecita alterazione del decoro architettonico, in quanto rende superfluo l'accertamento in concreto dell'impatto sulla conformazione del complesso immobiliare (Cass. civ., sez. II, 13 giugno 2013, n. 14898). A fronte, tuttavia, di opere volte alla eliminazione delle barriere architettoniche - come l'installazione od il prolungamento della corsa di un ascensore - si ritiene sia «recessiva» la norma del regolamento che subordini ogni innovazione alla preventiva autorizzazione del condominio, dovendosi attribuire prevalenza alla tutela della effettiva accessibilità degli edifici in conformità ad interessi generali inerenti alla solidarietà sociale (Cass. civ., sez. II, 28 marzo 2017, n. 7938). Rivestimenti
In relazione ai beni che integrano la facciata dell'edificio il decoro architettonico assolve il ruolo essenziale di discrimine tra le porzioni in proprietà esclusiva e quelle in proprietà comune. Secondo l'orientamento consolidato nella giurisprudenza, infatti, il rivestimento e gli elementi decorativi del fronte o della parte sottostante della soletta dei balconi degli appartamenti di un edificio vengono considerati di proprietà comune dei condòmini, in quanto destinati all'uso comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., in tutti i casi in cui assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio, mentre sono qualificate come pertinenze dell'appartamento di proprietà esclusiva quando concorrano solo al decoro di quest'ultimo (Cass. civ., II, 30 aprile 2012, n. 6624; Cass. civ., II, 30 luglio 2004, n. 14576; Cass. civ., II, 21 gennaio 2000 n. 637). Sopraelevazione
La sopraelevazione è soggetta, quanto all'impatto estetico, al limite peculiare dell'«aspetto» architettonico (art.1127, comma 3, c.c.), che è considerato dalla giurisprudenza concetto diverso da quello del «decoro» architettonico, in quanto il primo è da intendere come «la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell'edificio», con il corollario che l'adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo, percepibile da qualunque osservatore, mentre il decoro architettonico si connota, invece, come «una qualità positiva dell'edificio derivante dal complesso delle caratteristiche architettoniche principali e secondarie», sicché una modifica strutturale di una parte anche di modesta consistenza dell'edificio o un'aggiunta quantitativa diversa dalla sopraelevazione, pur non incidendo normalmente sull'aspetto architettonico, può comportare il venir meno di altre caratteristiche influenti sulla estetica dell'edificio e, quindi, sul decoro architettonico (Cass. civ., II, 22 gennaio 2004, n. 1025; Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1989, n. 1947; Cass. civ., sez. II, 28 novembre 1987, n. 8861). Più recentemente, tuttavia, si è evidenziata la stretta connessione tra i due concetti, di aspetto e decoro architettonico, in quanto l'intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato e, ad un tempo, non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso edilizio, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista (Cass. civ., VI/II, 25 agosto 2016, n. 17350; Cass. civ., sez. II, 24 aprile 2013, n. 10048, laddove è stata, quindi, cassata la sentenza di merito che aveva, contraddittoriamente, ritenuto lesivo del decoro architettonico dell'edificio, ma compatibile con l'aspetto architettonico dello stesso, un manufatto sopraelevato, occupante gran parte del terrazzo dell'ultimo piano e ben visibile dall'esterno).
Profili processuali
L'azione volta alla tutela del decoro architettonico dell'edificio rientra tra quelle esperibili dall'amministratore ai fini della conservazione delle parti comuni ai sensi degli artt. 1130, comma 1, n. 4 e 1131, comma 1, c.c. e, quindi, non è necessaria la previa delibera assembleare - o la ratifica a posteriori - per rappresentare il condominio in sede processuale (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2010, n. 14626). La competenza spettante ex lege all'amministratore non esclude, tuttavia, la facoltà di ogni condomino di agire in giudizio per la difesa del bene comune costituito dal decoro architettonico, in quanto la situazione di condominio, secondo l'assetto invalso nella giurisprudenza, non configura una persona giuridica distinta da quella dei singoli partecipanti: costoro non devono, di regola, essere neppure chiamati necessariamente tutti in giudizio nella controversia promossa da taluno dei condòmini nei confronti di altri (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2011, n. 14474). Qualora però la materia del contendere si estenda alla titolarità della proprietà, esclusiva o comune, della porzione investita dalla contestata alterazione del decoro architettonico, si impone l'integrazione del contraddittorio nei riguardi di tutti i condòmini (Cass. civ., sez. II, 27 marzo 1998, n. 3238). Casistica
Bordolli, Opere o impianti nelle parti esclusive e decoro architettonico, in Immob. & proprietà, 2014, 289; Gallucci, Il decoro architettonico nel condominio negli edifici, in Il Civilista, 2012, fasc. 11, inserto; Ribaldone, Il decoro architettonico nella giurisprudenza, in Immob. & proprietà, 2011, 755; De Tilla, Regolamento, decoro architettonico e limitazione di destinazioni d'uso, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 3, 32; Nicolini, L'impatto prodotto dalle innovazioni sul decoro architettonico degli edifici, in Immobili & diritto, 2010, fasc. 5, 27.
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