Canne fumarie e sfiatatoi

Maurizio Voi
19 Aprile 2018

La canna fumaria è innanzitutto un'opera finalizzata allo smaltimento verso l'esterno dei fumi degli impianti che si trovano nell'edificio condominiale. In correlazione a tali aspetti tecnici, vanno tenute presenti anche le caratteristiche giuridiche che, innanzitutto, fanno rientrare tale manufatto nell'ambito di applicazione della presunzione di condominialità prevista dall'art. 1117 c.c. Sotto altro aspetto, la canna fumaria interessa sia la disciplina sulla c.d. “sicurezza degli impianti”, sia le regole codicistiche riguardanti l'utilizzazione delle parti comuni che, in applicazione dei criteri previsti soprattutto dall'art. 1102 c.c., disciplinano l'installazione della canna fumaria in appoggio o all'interno dei muri comuni.
Inquadramento

La canna fumaria è un'opera finalizzata a convogliare i fumi derivanti da una combustione dall'interno di un locale o camera di combustione (es. caldaia per il riscaldamento) verso l'esterno.

Se in origine la canna fumaria era realizzata in mattoni o pietra, le moderne canne fumarie vedono l'utilizzo di tubi metallici, normalmente in acciaio inox oppure in materiale refrattario, sono coibentate ed inserite in "camicie" di materiale cementizio.

Generalmente la canna fumaria si divide in tre parti:

  • canale da fumo (condotto o elemento di collegamento tra generatore di calore e canna fumaria per l'evacuazione dei prodotti della combustione, ad esempio i tubi a vista di una stufa a legna);
  • canna fumaria o camino (è la parte verticale);
  • comignolo (è la parte terminale della canna fumaria, verso il cielo).

In evidenza

La descrizione tecnica è importante poiché dalla funzione della canna fumaria discendono importanti conseguenze giuridiche in ordine alla risoluzione dei problemi circa l'appoggio o l'innesto di una canna fumaria al muro perimetrale comune da parte del singolo condomino ma, ancor prima della natura giuridica come bene comune della stessa.

Per non parlare delle norme sulla sicurezza degli impianti (in origine la legge n. 46/1990 poi trasfusa nel d.P.R. n. 380/2001, c.d. T.U. Edilizia – si veda, in particolare, l'art.24 e ss. –, nonché il d.P.R.n. 412/1993 sulla progettazione, installazione ed esercizio degli impianti termici – si veda, in particolare, l'art.5).

L'analisi dei problemi giuridici sottostanti alle canne fumarie, quindi, sono finalizzati ad individuare il diritto d'installazione, il soggetto responsabile per la manutenzione, i soggetti tenuti alla contribuzione delle spese, l'uso e la responsabilità.

La giurisprudenza sulle canne fumarie è abbastanza risalente e riguarda il diritto d'uso dei muri perimetrali da parte dei condomini per l'appoggio in funzione del diritto ad usufruire dell'appartamento, diritto d'uso che sembrerebbe prevalere sulle norme sulle distanze (art.890 c.c.) ma sempre nel rispetto delle prescrizioni legali e tecniche sulla sicurezza.

Gli sfiatatoi sono equiparati alle canne fumarie per cui la disciplina è sempre quella prevista dall'art.890 c.c. (App. Torino, 13 giugno 2006).

Come accennato la principale norma di riferimento è l'art.890 c.c. sulle distanze in quanto afferente ai rapporti di vicinato, per la giurisprudenza tale norma è applicabile anche alle condotte fumarie e attribuisce una tutela immediata e diretta per il rispetto delle distanze prescritte dalle norme e dai regolamenti comunali (Cass. civ., sez. II, 23 settembre 2013, n. 21744).

La distanza è quella indicata dalle norme sulla sicurezza.

Così, per esempio, se si procede alla ristrutturazione di un impianto termico individuale già esistente sito in condominio e questo, in origine non disponeva di una canna fumaria esterna per l'evacuazione dei fumi, dall'agosto 2013, le canne fumarie devono essere installate sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica (cfr. art.5, comma 1, D.P.R. n. 412/1993).

La qualificazione della canna fumaria e degli sfiatatoi

Il primo precedente giurisprudenziale che si ritrova in merito al problema della qualificazione condominiale o meno della canna fumaria risale al 1966 con la sentenza della Suprema corte con la quale che ha affermato che essa è soggetta alla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. se il contrario non risulta dal titolo (Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1966, n.1092).

La pronuncia, seppure datata, ora grazie alla riforma dell'istituto e quindi dell'art. 1117 c.c. sembra riferirsi alla presunzione di comunione di cui al n. 3 di detta norma che elenca come parti comuni: «le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento(..)fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini».

Di contrario avviso, tuttavia, si esprimeva l'anno dopo la Suprema Corte per la quale la canna fumaria anche se ricavata nel vuoto di un muro comune non è necessariamente di proprietà comune (Cass., civ., sez. II, 17 maggio 1967, n.1033, successivamente confermata da Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1991, n. 9231).

Ma la lettura delle pronunce citate non può prescindere dalla funzione e dagli elementi tecnici che compongono la canna fumaria come sopra indicati soprattutto ora con le nuove prescrizioni di sicurezza.

Considerare oggi solo genericamente la canna fumaria (in relazione alla proprietà) come un'opera che coinvolga fumi verso l'esterno non è corretto perché se in passato, specialmente nelle costruzioni più antiche e comunque ante 1993 si potevano ancora trovare canne fumarie – rectius camini – a servizio di più unità, composte solo dell'involucro in mattoni o cemento refrattario che poi sbocca sopra il tetto; ora tale tipologia non è più concessa dalle norme sulla sicurezza e i camini contengono il canale da fumo che è collegato al singolo appartamento.

Va da sé ora che, a prescindere dall'origine costruttiva, mentre l'involucro generale è da considerarsi parti comune, i singoli canali da fumo in acciaio inox sono parti di proprietà esclusiva perché posti a servizio del singolo condomino.

Si ritorna quindi a quanto affermato dalla citata Cass. n. 9231/1991 per la quale appartiene ad un solo condomino nel caso in cui sia destinata a servire esclusivamente l'appartamento cui afferisce.

L'installazione della canna fumaria

La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l'installazione di una canna fumaria in appoggio al muro perimetrale comune dell'edificio, non ne venga, di per sé sola, ad alterare la destinazione d'uso: più problematico è invece il secondo aspetto, relativo alla possibilità – anche potenziale – da parte degli altri condomini di fare parimenti uso della cosa comune.

L'indirizzo prevalente della Corte di Cassazione è nel senso di ritenere che «l'appoggio di una canna fumaria (come, del resto, anche l'apertura di piccoli fori nella parete) al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino - pertanto - può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l'altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio, e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno - quest'ultimo - che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile». (Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2000, n. 6341).

In evidenza

In ogni caso, l'installazione, non deve alterare (per il collegamento tra gli artt. 1102, 1120, secondo comma, e 1122 c.c., il decoro architettonico del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 31 luglio 2013, n. 18350).

Il rispetto del decoro architettonico

L'installazione della canna fumaria non deve incidere negativamente sul decoro architettonico dell'edificio.

Se l'installazione in facciata muta le originali linee architettoniche dell'edificio e incide negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile, l'intervento non è ammesso (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2011, n. 10350).

INSTALLAZIONE E DECORO ARCHITETTONICO: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Opere rimovibili

Non vi può essere lesione del decoro architettonico del caseggiato da parte del condomino che, pur trasformando un locale di proprietà esclusiva, ricorre solo ad opere interne senza variazione del volume del locale originario e quindi senza alterare esternamente l'edificio condominiale. Né — ancora — rileva, ai fini del decoro architettonico, l'apposizione di tendaggi e stracci sul terrazzo dell'edificio e rimovibili, senza nessuna compromissione per l'accesso al lastrico solare di proprietà condominiale (Cass. civ., sez. VI, 30 gennaio 2012, n. 1326).

Canna fumaria che percorre che l'intera facciata dell'edificio condominiale

Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove non presenti vizi di motivazione. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto illegittima l'installazione di una canna fumaria che percorreva tutta la facciata dell'edificio condominiale, così da pregiudicare l'aspetto e l'armonia del fabbricato (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2011, n. 10350).

Pregiudizio sull'insieme dell'aspetto armonico dello stabile

L'uso particolare o più intenso del bene comune è consentito ai sensi dell'art. 1102 c.c. - dal quale esula ogni utilizzazione che si risolva in un'imposizione di limitazioni o pesi sul bene comune- e che, tuttavia, detto uso più intenso presuppone, perché non si configuri come illegittimo, che non ne risultino impedito l'altrui paritario uso né modificata la destinazione né arrecato pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio. In particolare, l'appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa che ciascun condomino può apportare a sua cura e spese, ma a condizione che, tra l'altro, non alteri il decoro architettonico, fenomeno - quest'ultimo - che si verifica non già quando si mutano le originarie linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile (Trib. Busto Arsizio, 8 aprile 2011. Negli stessi termini, Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2000, n. 6341).

Colorazione non pertinente

L'installazione di una canna fumaria compromette il decoro architettonico del fabbricato e costituisce un'innovazione vietata ex art. 1120 c.c quando contrasta con l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso. Nella fattispecie era stata realizzata in colore assolutamente non pertinente a quello della facciata con un andamento irregolare nel tratto iniziale, tale da imprimere all'edificio condominiale una sorta di «effetto Beaubourg» (Trib. Roma, 28 luglio 2002).

Le distanze legali

Le norme sulle distanze legali sono dirette a disciplinare i rapporti tra proprietà contigue.

Per la giurisprudenza, detta disciplina può essere applicabile anche nei rapporti tra condominio e condomino in relazione alle norme sull'uso delle cose comuni.

In caso di contrasto la normativa sulle distanze legali è in rapporto di subordinazione con la disciplina prevista dall'art. 1102 c.c. che quindi prevale.

Il concetto è da ultimo ribadito dalla S.C. che ha precisato come «in tema di condominio le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l'applicazione di queste ultime non sia in contrasto con le prime; nell'ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall'art. 1102 c.c. (applicabile al condominio per il richiamo di cui all'art. 1139 c.c.), atteso che, in considerazione del rapporto strumentale fra l'uso del bene comune e la proprietà esclusiva, non sembra ragionevole individuare, nell'utilizzazione delle parti comuni, limiti o condizioni estranei alla regolamentazione e al con temperamento degli interessi in tema di comunione» (Cass. civ., sez. II, 14 aprile 2004, n. 7044).

CASI E NORME SULLE DISTANZE LEGALI: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Distanze per fabbriche e depositi nocivi (applicazione dell'art. 890 c.c.)

Il rispetto delle distanze previste per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall'art. 890 c.c., nella cui regolamentazione rientrano anche i comignoli con canna fumaria, è collegata a una presunzione di assoluta nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento comunale che stabilisca la distanza medesima, mentre in difetto di una disposizione regolamentare si ha una presunzione relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che, mediante opportuni accorgimenti, può ovviarsi al pericolo od al danno del fondo vicino (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2016, n. 13449).

Non si applica l'art. 906 c.c.

Nel caso di installazione di una canna fumaria lungo il muro perimetrale dell'edificio comune non può legittimamente invocarsi la violazione dell'art. 1102 c.c. giacché quest'ultimo articolo riconosce a ciascun condomino la facoltà di far uso della cosa comune anche apportando a essa delle modifiche per il migliore godimento laddove non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto; né l'ulteriore norma sulle distanze di cui all'art. 906 c.c. attenendo, quest'ultima, all'apertura di vedute oblique e laterali sul fondo del vicino ma dovendo, semmai, rientrare nella disciplina di cui all'art. 890 c.c. a norma del quale chi intende realizzare le opere ivi previste, fonti di pericolo di danno, deve attenersi alle distanze stabilite dai regolamenti e in mancanza alle distanze necessarie a preservare il fondo del vicino da ogni "danno alla solidità, alla salubrità e alla sicurezza" (Trib. Bari, 16 giugno 2014, n. 2974).

Prevalenza dell'art. 1102 c.c.

In tema di condominio negli edifici, le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, tuttavia, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni; propriamente, in ipotesi di contrasto, la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze; in tal guisa, ove il giudice constati il rispetto dei limiti tutti di cui all'art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l'opera - eventualmente una canna fumaria posta in aderenza al muro perimetrale e a ridosso del terrazzo a livello di proprietà di un determinato condomino - quantunque realizzata in violazione delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà esclusive, distinte e contigue (Cass. civ., sez. II, 3 marzo 2014, n. 4936. Conforme anche Cass. civ., sez. II, 1 dicembre 2000, n. 15394).

La canna fumaria è un semplice “accessorio” di un impianto

In tema di condominio negli edifici, qualora il proprietario di un'unità immobiliare del piano attico agisca in giudizio per ottenere l'ordine di rimozione di una canna fumaria posta in aderenza al muro condominiale e a ridosso del suo terrazzo, la liceità dell'opera, realizzata da altro condomino, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l'art. 1102 c. c., secondo cui ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non rilevando, viceversa, la disciplina dettata dall'art. 907 c.c. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, atteso che la canna fumaria (nella specie, un tubo in metallo) non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto (nella specie, forno di pizzeria) (Cass. civ.,sez. II, 23 febbraio -2012, n. 2741).

L'installazione sul lastrico solare

Se l'installazione della canna fumaria interessa una porzione del lastrico solare, occorre verificare per la sua legittimità, se essa alteri o meno la funzione di protezione e calpestio del lastrico o sottragga parte di esso alla possibilità di utilizzo da parte degli altri condomini.

La valutazione va rivolta per singoli casi e apparentemente le sentenze dei Supremi Giudici non appaiono sempre concordi.

Per la giurisprudenza prevalente non vi è illegittimità dell'occupazione del lastrico solare con canna fumaria e delle opere murarie accessorie, perché ciò verrebbe a configurare una modalità di utilizzazione della cosa comune e che deve essere, pertanto, considerata del tutto legittima se, trattandosi della occupazione di una zona periferica di una parte del tutto trascurabile rispetto alla superficie complessiva del lastrico, possa, in concreto, escludersi che la predetta utilizzazione menomi la funzione di copertura e calpestio del lastrico o le possibilità di uso degli altri comproprietari (Cass. civ., sez. II, 7 marzo 1992, n. 2774).

CASISTICA

Installazione della canna fumaria sul lastrico solare

Il condomino che, senza previa autorizzazione inserisce stabilmente e con opere murarie una canna fumaria di dimensioni non limitate (cm. 35x35x143 di altezza massima, posta a 45 gradi) in corrispondenza dell'esiguo cordolo perimetrale del lastrico solare destinato a stenditoio, pone in essere un'occupazione stabile e duratura, non consentita dall'art. 1102 c.c., sottraendo la relativa porzione di bene comune all'uso e al godimento di condomini (Trib. Roma, 9 febbraio 2006, n. 2983).

Occupazione di una zona periferica

Il condomino che inserisce la propria canna fumaria nel lastrico solare comune, incorporandone una porzione, con opere murarie, al servizio esclusivo del proprio appartamento, pone in essere un atto di utilizzazione particolare della cosa che non ne compromette necessariamente la destinazione e che deve essere, pertanto, considerato del tutto legittimo se, trattandosi della occupazione di una zona periferica di una parte del tutto trascurabile rispetto alla superficie complessiva del lastrico, possa, in concreto, escludersi, che la predetta utilizzazione, menomi la funzione di copertura e calpestio del lastrico o le possibilità di uso degli altri comproprietari (Cass. civ., sez. II, 7 marzo 1992, n. 2774).

Sottrazione all'uso comune di una porzione del lastrico solare

Il condomino che inserisce una canna fumaria nel lastrico solare comune, incorporandola stabilmente con opere murarie al servizio esclusivo del proprio appartamento, pone in essere un atto di utilizzazione della cosa comune non consentita dall'art. 1102 c.c. atteso che a differenza dell'installazione di canne fumarie nei muri perimetrali, che non ne altera la principale funzione, la collocazione di canne fumarie nel lastrico solare comporta una sottrazione della relativa porzione di bene comune all'uso degli altri condomini con limitazione della utilizzazione del piano di calpestio e la compromissione della sua funzione di copertura (Cass. civ., sez. II, 6 maggio 1987, n. 4201).

Immissioni di calore e fumo

Il diritto di comproprietà dei condomini sulle parti comuni dell'edificio deve ritenersi leso ogni qual volta uno dei partecipi abbia attratto la cosa comune in tutto o in parte nella propria disponibilità esclusiva, sottraendola alla possibilità di sfruttamento collettivo. Nella specie, la C.S. in base all'enunciato principio ha confermato la decisione del giudice del merito che aveva riconosciuto l'illegittimità dell'opera con cui un condomino aveva occupato con la parte terminale della canna fumaria una porzione del lastrico solare comune adibito anche a stenditoio, determinando in tal modo l'alterazione di tale destinazione anche per le immissioni di calore e di fumo (Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1986, n. 5465).

La responsabilità della manutenzione e per le spese

Dai su enunciati principi si comprende come la responsabilità della manutenzione della canna fumaria sia dell'amministratore ove questa sia condominiale, mentre del singolo condominio se afferente esclusivamente al proprio appartamento.

Le spese della manutenzione della canna fumaria collettiva seguono il principio dell'art. 1123, comma 1, c.c. quindi vanno suddivise tra tutti i condomini utilizzatori per i millesimi di proprietà.

L'utilizzo

La canna fumaria collettiva non può essere utilizzata dal singolo condomino per uso esclusivo.

Se un condomino utilizza la canna fumaria nel camino comune riducendone così la sezione ed impedendo agli altri condomini il pari uso viola il disposto dell'art. 1102 c.c.

Ma poiché oggi è obbligatoria la singola canna fumaria di pertinenza di ogni appartamento, se nella ristrutturazione dello stesso e per ottemperare alle norme di sicurezza ciò non fosse possibile, ecco che i condomini dovranno dotarsi di un camino collettivo esterno affinché ognuno di loro sia in regola con le norme tecniche ed abbia così la possibilità di usufruire del proprio appartamento.

In questo caso la relativa spesa andrà divisa ex art. 1123, comma 3, c.c., dovendosi individuare il gruppo di condomini interessati all'utilizzo e quindi solo tra loro ripartire la spesa.

Guida all'approfondimento

De Tilla, Sull'installazione della canna fumaria, in Archivio delle locazioni, del condominio e dell'immobiliare, 2016, 3, 294.

Celeste, I servizi in uso al condominio: le problematiche pratiche più controverse, in Giurisprudenza di merito, 2011, 3, 870.

Carcereri, L'installazione di canne fumarie nei condomini, in Ristrutturare, 2007, 12, 102.

Terzago, Il condominio, trattato teorico – pratico, Milano, 2015.

Voi, La canna fumaria nel condominio, Arch. loc. e cond, 1995, 781.

Alvino, Installazione della canna fumaria sul muro comune, in Giustizia civile, 1977, 7/8, 1, 1159.

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