Professionalità nel reato

Chiara Fiandanese
15 Maggio 2018

Il codice penale prevede tre forme di pericolosità sociale qualificate che sono contenute nel Libro I Titolo IV Capo II: l'abitualità criminosa prevista dagli articoli dal 102 al 104, la professionalità nel reato prevista dall'art. 105 e la tendenza a delinquere prevista dall'art. 108. Il requisito essenziale per la dichiarazione di professionalità nel reato è che il delinquente o contravventore professionale viva abitualmente, anche solo in parte, dei proventi del reato.
Inquadramento

Il codice penale prevede tre forme di pericolosità sociale qualificate che sono contenute nel Libro I Titolo IV Capo II: l'abitualità criminosa prevista dagli articoli dal 102 al 104, la professionalità nel reato prevista dall'art. 105 e la tendenza a delinquere prevista dall'art. 108.

Il requisito essenziale per la dichiarazione di professionalità nel reato è che il delinquente o contravventore professionale viva abitualmente, anche solo in parte, dei proventi del reato.

I presupposti

La dichiarazione di professionalità nel reato richiede prima di tutto che l'imputato si trovi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità.

L'art. 102 c.p. prevede l'abitualità presunta dalla legge: il giudice deve dichiarare delinquente abituale colui che, dopo essere stato condannato alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi della stessa indole commessi entro dieci anni e non contestualmente, riporti un'altra condanna per un delitto non colposo della stessa indole.

L'art. 103 c.p. prevede l'abitualità ritenuta dal giudice: la dichiarazione di abitualità può essere pronunciata contro l'imputato che, dopo essere stato condannato per due delitti non colposi, riporta un'altra condanna per delitto non colposo, se il giudice ritiene che il colpevole è dedito al delitto dopo aver tenuto conto della specie e gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate dall'art. 133, comma 2, c.p.

L'art. 104 c.p. prevede l'abitualità nelle contravvenzioni: la dichiarazione di abitualità può essere pronunciata contro l'imputato che, dopo essere stato condannato alla pena dell'arresto per tre contravvenzioni della stessa indole, riporta condanna per un'altra contravvenzione anche della stessa indole, se il giudice ritiene che il colpevole è dedito al reato, dopo aver tenuto conto della specie e gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate dall'art. 133, comma 2, c.p.

Ulteriori presupposti per la dichiarazione di professionalità nel reato sono rinvenibili nel fatto che l'imputato riporti una condanna per un altro reato e che viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato. Alla luce di ciò, la professionalità nel reato, non può essere presunta sulla base delle condanne anteriori, ma può essere attribuita solo quando risulta che l'imputato trae fonte pressoché autonoma di guadagno dalla reiterazione delle sue azioni criminose. Pertanto sarebbe adottata in violazione di legge la sentenza che dichiarasse l'imputato delinquente professionale in considerazione delle condanne precedentemente riportate o della precedente dichiarazione di abitualità, senza motivare circa il fatto che egli viva anche in parte dei proventi del reato.

Nel compiere tale valutazione, il giudice deve considerare la natura dei reati, la condotta e il genere di vita del colpevole e le altre circostanze indicate dall'art. 133, comma 2, c.p., cioè i motivi a delinquere, il carattere del reo, i precedenti penali e giudiziari, la condotta antecedente o contemporanea o susseguente al reato, le condizioni di vita individuali, familiari e sociali del reo.

Inoltre, la dichiarazione di professionalità non è incompatibile con il vizio parziale di mente.

Ai sensi dell'art. 220, comma 2, c.p.p. ai fini dell'esecuzione della pena o delle misure di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire la professionalità nel reato.

La necessaria contestazione dell'accusa

condanna, quando non abbia formato oggetto di regolare contestazione dell'accusa, in quanto la mancata formulazione di conclusioni da parte del P.M. nel dibattimento di primo grado in ordine alla dichiarazione di professionalità nel reato significa che il requirente non ha ritenuto che sussistessero le condizioni di merito per l'applicazione dell'art. 105 c.p.

Tale obbligo è assolto attraverso le indicazioni delle condizioni richieste per l'abitualità nel reato; non rientrano, invece, fra gli elementi di fatto da contestare, la condotta e il genere di vita dell'imputato, che formano oggetto di libero apprezzamento da parte del giudice per affermare o negare, in relazione alla natura dei reati commessi, se l'imputato viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi dei commessi reati.

Inoltre, non è sufficiente la semplice contestazione della recidiva sia pure nella forma più grave, in quanto, ai sensi dell'art. 105 c.p. la dichiarazione di professionalità deve fondarsi sulla valutazione di una serie di altre circostanze che l'imputato deve preventivamente conoscere per potersene efficacemente difendere. Pertanto, l'incompleta contestazione dei presupposti di fatto e di diritto necessari per la dichiarazione di professionalità nel reato è causa di nullità assoluta e insanabile della decisione, nella parte concernente la dichiarazione medesima e la conseguente misura di sicurezza, ma non comporta l'inesistenza della relativa sentenza.

Nel giudizio di appello, qualora manchi l'appello incidentale del P.M., il giudice, se ritiene illegittima per difetto di contestazione la dichiarazione di professionalità emessa dal primo giudice, deve limitarsi a eliminare la stessa dichiarazione, e non può quindi sostituire la misura di sicurezza illegittimamente ordinata con un'altra meno grave.

Qualunque statuizione sulla misura di sicurezza deve essere riservata al giudice di sorveglianza, onde evitare che l'interessato venga privato, in relazione alla misura nuova, del doppio grado di giurisdizione e delle garanzie di difesa.

La pronuncia

L'art. 109, comma 2, c.p. prescrive che la dichiarazione di professionalità può essere pronunciata in ogni tempo, anche dopo l'esecuzione della pena ma se è pronunciata dopo la sentenza di condanna ex art. 533 c.p.p., non si deve tener conto della successiva condotta del colpevole e rimane ferma la pena inflitta.

L'art. 107 c.p. prevede che le disposizioni relative alla dichiarazione di professionalità nel reato si applicano anche se, per i vari reati, viene pronunciata condanna con una sola sentenza.

Dato il carattere dichiarativo della pronuncia, i suoi effetti operano ex tunc, cioè dal momento dell'ultimo reato commesso e preso in considerazione ai fini della declaratoria di delinquenza qualificata.

Gli effetti della dichiarazione e misure di sicurezza

L'art. 109, comma 1 c.p., stabilisce che la dichiarazione, oltre agli aumenti di pena per la recidiva ex art. 99 c.p., comporta anche particolari effetti indicati da altre disposizioni di legge.

Non è possibile applicare al delinquente professionale:

  • la circostanza attenuante dell'avere agito per suggestione di una folla in tumulto (art. 62 n. 3 c.p.);
  • l'amnistia (art. 151, comma 5 c.p.);
  • la sospensione condizionale della pena (art. 164, comma 2, n. 1 c.p.);
  • l'estinzione della pena della reclusione e della multa per decorso del tempo (art. 172, comma 7 c.p.);
  • l'indulto e la grazia (art. 174, comma 3, c.p.);
  • l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis, comma 1 e 3, c.p.

Inoltre, il tempo necessario per l'estinzione della pena dell'arresto e dell'ammenda è raddoppiato, arrivando così a 10 anni (art. 173, comma 1, c.p.). L'interruzione della prescrizione comporta l'aumento del doppio del tempo necessario a prescrivere (art. 161, comma 2 c.p.).

La riabilitazione è concessa quando sono decorsi 10 anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o si sia in altro modo estinta e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buon andamento (art. 179, comma 3, c.p.).

L'art. 29, comma 2, c.p. prevede che la dichiarazione di professionalità nel reato comporta l'interdizione dai pubblici uffici.

In caso di infermità psichica sopravvenuta, il giudice non può disporre il ricovero in un manicomio comune invece che in un manicomio giudiziario se la pena inflitta è inferiore a tre anni di reclusione o di arresto (art. 148 c.p. Il d.l. 211/2011 conv. in l. 9/2012, ha disposto all'art. 3-ter la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari).

In aggiunta a ciò, la dichiarazione comporta anche l'applicazione di misure di sicurezza.

Nello specifico, è prevista la misura di sicurezza dell'assegnazione a una colonia agricola o a una casa di lavoro (art. 216 c.p.) per la durata minima di tre anni come prescritto dall'art.217 c.p., che è obbligatoria nei confronti di colui che sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza e di cui sia stata accertata dal giudice la pericolosità sociale (Cass. pen., Sez. I, 9 marzo 2011, n. 14014).

Per i minori delinquenti abituali è ordinato il ricovero in un riformatorio giudiziario e non può avere durata inferiore a tre anni e al compimento dei 21 anni il giudice ordina l'assegnazione a una colonia agricola o a una casa di lavoro (art. 226 c.p.).

L'art 219,comma 4, c.p. dispone che, quando deve essere ordinato il ricovero in una casa di cura o di custodia, non si applica altra misura di sicurezza detentiva. Tale disposizione fa riferimento agli imputati dichiarati delinquenti abituali o professionali e contemporaneamente successivamente o anteriormente riconosciuti affetti da vizio parziale di mente; detta disciplina risponde alle esigenze di cura del reo e produce effetti limitatamente al genere di misura di sicurezza da applicare (esclusivamente il ricovero in una casa di cura). Essa però, non implica la necessaria revoca, salva diversa statuizione del giudice di cognizione legittimamente investito del riesame al riguardo, della dichiarazione di professionalità.

Al contravventore professionale si applica, invece, la libertà vigilata (art. 230, comma 1, n. 3 c.p.).

La dichiarazione di delinquenza qualificata, rientra fra i precedenti giudiziari e non penali del soggetto e produce effetti che retroagiscono al momento consumativo dell'ultimo reato in essa contemplato.

Il reato continuato

Il reato continuato va considerato unitariamente ai fini della dichiarazione della professionalità. Da ciò consegue che, in tutti i casi in cui la data del commesso reato abbia rilevanza agli effetti degli artt. 102, 103, 105 c.p. deve farsi riferimento, se si tratta di reato continuato, alla data in cui cessò la continuazione, non potendosi adottare criterio diverso per stabilire la data del reato continuato in tutti i casi in cui esso sia considerato nella sua unità.

Inoltre, le singole violazioni di legge unificate nella figura del reato continuato ai sensi dell'art. 81, commi 2 e 3, c.p. non possono essere considerate come reati distinti agli effetti della recidiva e della dichiarazione di professionalità.

I riti alternativi

Al delinquente professionale è preclusa la possibilità di accedere al patteggiamento allargato (art. 444, comma 1-bis, c.p.p.).

Ai sensi dell'art. 168-bis c.p. la sospensione del procedimento con messa alla prova (artt. 464-bis - 464-novies c.p.) non si applica ai delinquenti professionali.

Per il disposto dell'art. 599-bis, comma 2, c.p.p., coloro che sono stati dichiarati delinquenti professionali sono esclusi dal concordato anche con rinuncia ai motivi di appello.

Inoltre, per i contravventori professionali non è ammessa l'oblazione (art. 162-bis, comma 3, c.p.).

Le sentenze penali straniere

A norma dell'art. 12, comma 1, n.1, c.p., può essere dato riconoscimento alla sentenza straniera pronunciata per un delitto ai fini della dichiarazione di professionalità nel reato. La sentenza deve essere stata pronunciata dall'Autorità giudiziaria di uno Stato estero con il quale esiste trattato di estradizione; se questo non esiste, la sentenza estera può essere riconosciuta se il Ministero della giustizia ne fa richiesta.

La revoca e l'estinzione

Ai sensi dell'art. 69, comma 4, l. 354/1975 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), il magistrato di sorveglianza provvede alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza professionale in occasione della adozione ai sensi dell'art. 208 c.p. dei provvedimenti di riesame della pericolosità della persona sottoposta a misura di sicurezza.

L'art. 109, comma 4, c.p. prevede che la dichiarazione di abitualità e professionalità nel reato e quella di tendenza a delinquere si estinguono per effetto della riabilitazione.

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