Lavoro
ilGiuslavorista

Lavoro straordinario

08 Maggio 2018

Scheda in fase di aggiornamento

L'orario di lavoro consiste in qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività e delle sue funzioni, come recita l'art. 1 D.Lgs. n. 66/2003.Il lavoro straordinario è quello che viene prestato dal lavoratore dipendente oltre il normale orario di lavoro: si tratta quindi di un impegno che esula da quello normalmente dovuto e che deve pertanto essere retribuito dal datore di lavoro con delle specifiche maggiorazioni della retribuzione ordinaria che sono previste dalla contrattazione collettiva.

Inquadramento

L'orario di lavoro consiste in qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività e delle sue funzioni, come recita l'art. 1, D.Lgs. n. 66/2003.

Il lavoro straordinario è quello che viene prestato dal lavoratore dipendente oltre il normale orario di lavoro: si tratta quindi di un impegno che esula da quello normalmente dovuto e che deve pertanto essere retribuito dal datore di lavoro con delle specifiche maggiorazioni della retribuzione ordinaria che sono previste dalla contrattazione collettiva.

L'art. 3, D.Lgs. n. 66/2003 fissa l'orario normale di lavoro in 40 ore settimanali, demandando alla contrattazione collettiva la possibilità di definire una durata inferiore.

Nel caso in cui il normale orario di lavoro stabilito dalla legge o l'orario di lavoro concordato nel rapporto di lavoro a tempo parziale vengano superati, si configurano rispettivamente le ipotesi di:

  • Orario di lavoro straordinario, corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre il normale orario di lavoro, stabilito dalla legge in 40 ore settimanali, per i rapporti lavorativi a tempo pieno;
  • Orario di lavoro supplementare, corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre l'orario di lavoro ridotto che è stato concordato fra le parti - anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi - ma comunque entro l'orario di lavoro normale, fissato dalla legge in 40 ore settimanali.

La giurisprudenza maggioritaria ritiene che nel caso in cui la contrattazione collettiva abbia ridotto l'orario normale di lavoro settimanale rispetto a quello fissato dalla legge (40 ore), le ore di lavoro ulteriori rispetto al limite stabilito dalla contrattazione collettiva, ma entro il limite di legge, non si configurano come ore di lavoro straordinario, e che possano quindi essere retribuite con una maggiorazione inferiore a quella di cui all'art. 2108 c.c.

In evidenza: Cassazione


Nell'ipotesi in cui la contrattazione collettiva fissi un limite di orario normale inferiore a quello predeterminato per legge, deve ritenersi legittima la condotta del datore di lavoro che corrisponda ai propri dipendenti che abbiano superato il limite convenzionale, ma non quello legale, un corrispettivo per il suddetto lavoro, inferiore a quello prescritto per l'orario straordinario dall'art. 2108 c.c. e da altre disposizioni simili, sia perché le parti, nel ridurre l'orario legale, hanno anche escluso espressamente la natura di lavoro straordinario per quello prestato al di là del limite convenzionale, determinando il compenso in maniera del tutto diversa, sia perché il principio di proporzionalità, di cui all'art. 36 Cost., va riferito al complessivo trattamento economico riconosciuto al lavoratore e non ai singoli elementi retributivi (Cass. sez. lav., 17 ottobre 2006, n. 22233).

Conformi: Cass. sez. lav., 6 luglio 2015, n. 13842 e Cass. sez. lav., 16 luglio 2007 n. 15781.

Limiti quantitativi

La legge stabilisce che il ricorso al lavoro straordinario debba essere contenuto e che debba svolgersi secondo le modalità e nei limiti previsti dalla contrattazione collettiva.

L'orario di lavoro straordinario non deve superare:

  • le 48 ore medie settimanali comprensive dell'orario normale di lavoro (art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 66/2003);
  • le 250 ore annuali, salvo diversa disposizione della contrattazione collettiva (art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 66/2003);
  • le due ore giornaliere e le 12 settimanali per il personale viaggiante degli autoservizi pubblici di linea extraurbani adibiti al trasporto viaggiatori (salvo casi di forza maggiore, di intemperie, accidenti o circostanze eccezionali ex artt. 3 e 9, L. n. 138/1958).

La durata media settimanale dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento ad un periodo non superiore a quattro mesi, elevabile dalla contrattazione collettiva fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni oggettive, tecniche o inerenti l'organizzazione del lavoro (art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 66/2003) e non deve tenere conto dei periodi di ferie annue e di assenza per malattia (art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 66/2003).

Nel caso in cui sia stato prestato del lavoro straordinario con riposo compensativo, le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui sopra (art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 66/2003).

Divieti

La disciplina vigente vieta di prestare lavoro straordinario a:

  • Bambini (soggetti con età inferiore ai 15 anni o che sono ancora soggetti all'obbligo scolastico ex artt. 1 e 18, L. n. 977/1967);
  • Adolescenti (soggetti con età compresa tra i 15 e i 18 anni e che non sono più soggetti all'obbligo scolastico ex artt. 1 e 18, L. n. 977/1967);
  • Lavoratori studenti (salvo loro consenso ex art. 10, comma 1, L. n. 300/1970);
  • Personale viaggiante degli autoservizi pubblici di linea extraurbani adibiti al trasporto viaggiatori, salvi i casi di speciali esigenze di esercizio derivanti dalle caratteristiche delle linee e dalla provata difficoltà dell'azienda di farvi fronte attraverso l'assunzione di altri lavoratori (artt. 3 e 9, L. n. 138/1958).
Condizioni di legittimità

L'art. 5, D.Lgs. n. 66/2003 stabilisce che il lavoro straordinario debba essere:

  • contenuto nei limiti di legge o in quelli previsti dalla contrattazione collettiva alla quale sono altresì demandate le modalità di esecuzione;
  • preventivamente concordato fra datore di lavoro e lavoratore, salvo diversa statuizione della disciplina collettiva;
  • computato a parte e compensato con maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi che possono consentire, in alternativa o in aggiunta a tali maggiorazioni retributive, che il lavoratore fruisca di riposi compensativi (c.d. Banca delle ore).

Inoltre, salvo diverse disposizioni della contrattazione collettiva, il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è sempre ammesso in presenza di:

  • casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive, impossibili da fronteggiare con l'assunzione di altri lavoratori;
  • casi di forza maggiore;
  • eventi particolari come mostre, fiere e manifestazioni collegate all'attività produttiva, nonché allestimenti di prototipi, modelli, ecc. predisposti per le stesse.

Le ore di lavoro straordinario prestate per tali ragioni non sono computabili ai fini del raggiungimento del limite legale di 250 ore annue o contrattuale dello straordinario (Ministero del Lavoro, Nota 27 settembre 2006).

Lavoratori interessati e lavoratori esclusi

Può prestare lavoro in regime di straordinario qualunque lavoratore subordinato full-time.

Secondo l'art. 17, co. 5, D.Lgs. n. 66/2003, tuttavia, la disciplina relativa al lavoro straordinario non è applicabile a quei prestatori di lavoro la cui durata dell'orario di lavoro non è predeterminata o può essere determinata autonomamente da tali soggetti.

Si tratta in particolare di:

  • dirigenti;
  • personale direttivo delle aziende;
  • persone aventi potere di decisione autonomo;
  • familiari del datore di lavoro;
  • lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;
  • titolari di rapporti di lavoro a domicilio e di tele-lavoro;
  • della gente di mare, del personale di volo nell'aviazione civile di cui alla Direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili;
  • dei servizi di protezione civile, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato (in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato);
  • personale della scuola, Forze di polizia, Forze armate, nonché agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale (in relazione alle attività operative specificamente istituzionali) e agli addetti ai servizi di vigilanza privata.

In evidenza: Definizione di personale direttivo

La disciplina dettata dall'art. 3 del R.D. n. 1955/1923 considera personale direttivo quello preposto alla direzione tecnica o amministrativa dell'azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità dell'andamento dei servizi ossia: gli institori, i gerenti, i direttori tecnici o amministrativi, i capi ufficio ed i capi reparto che partecipano solo eccezionalmente al lavoro manuale.

In evidenza: Cassazione

1) I funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell'orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario se la disciplina collettiva delimiti anche per essi l'orario normale e tale orario venga in concreto superato oppure se la durata della loro prestazione valichi il limite di ragionevolezza in rapporto alla necessaria tutela della salute e integrità fisico-psichica garantita dalla Costituzione a tutti i lavoratori (Cass. sez. lav., 20 giugno 2016, n. 12687).

2) Il personale con funzioni direttive, escluso dalla disciplina legale delle limitazioni dell'orario di lavoro, ha diritto al compenso per lavoro straordinario se la prestazione superi il limite della ragionevolezza e sia particolarmente gravosa e usurante, con onere di allegazione e prova gravante sul dipendente. L'allegazione della sola permanenza sul luogo di lavoro oltre l'orario normale non è sufficiente ad integrare tali requisiti (Cass. sez. lav., 26 aprile 2017, n. 10318)

3) L'esclusione del diritto del personale direttivo al riposo settimanale e festivo, nonchè al compenso speciale per lavoro oltre l'orario normale, non ha carattere assoluto, essendo soggetta a limiti di ragionevolezza (con riferimento all'interesse del dipendente alla tutela della propria salute ed integrità fisico-psichica e alle obiettive esigenze e caratteristiche dell'attività svolta), verificabili dal giudice, semprechè il superamento di essi sia stato dedotto e provato dal dirigente (Cass. sez. lav., 14 febbraio 2011, n. 3607; cfr. Cass. 6 novembre 1984, n. 5618).

In evidenza: la disciplina del lavoro straordinario nel CCNL Commercio- Confcommercio

L'art. 134 del CCNL Commercio – Confcommercio, rubricato “ Disposizioni speciali”, stabilisce che: “Al personale preposto alla direzione tecnica o amministrativa dell'azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità dell'andamento dei servizi - e cioè i gerenti, i direttori tecnici o amministrativi, i capi ufficio ed i capi reparto che partecipano eccezionalmente alla vendita o al lavoro manuale - che per il tempo necessario al regolare funzionamento dei servizi ad esso affidati, presta servizio anche fuori dell'orario normale di lavoro non è dovuto alcun compenso speciale salvo per i servizi di notte o nei giorni festivi. Possono essere eseguiti oltre i limiti del normale orario giornaliero o settimanale i lavori di riparazione, costruzione, manutenzione, pulizia e sorveglianza degli impianti e quegli altri servizi che non possono compiersi durante l'orario normale senza inconvenienti per l'esercizio o pericolo per gli addetti, nonché le verifiche e prove straordinarie e la compilazione dell'inventario dell'anno”.

Inoltre, fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi, sono escluse dall'ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell'orario di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 66/2003:

a) le fattispecie previste dall'art. 4 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, convertito dalla L. n. 473/1925, e successive modifiche;

b) le fattispecie di cui al R.D. 10 settembre 1923, n. 1957, e successive modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui agli artt. 8 e 10 del R.D. 10 settembre 1923, n. 1955;

c) le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in terra, di posa di condotte ed installazione in mare;

d) le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste;

e) i commessi viaggiatori o piazzisti;

f) il personale viaggiante dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre;

g) gli operai agricoli a tempo determinato;

h) i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;

i) il personale poligrafico, operai ed impiegati, addetto alle attività di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;

l) il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da aziende pubbliche e private;

m) i lavori di cui all'art. 1, L. n. 154/1978, e all'art. 2, L. n. 559/1966;

n) le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la continuità del servizio, nei settori indicati:

  • personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, delle autostrade, dei servizi portuali ed aeroportuali, nonché personale dipendente da imprese che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese esercenti servizi di telecomunicazione;
  • personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione, trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica, gas, calore ed acqua;
  • personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani;
  • personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui il servizio stesso sia richiesto dall'autorità giudiziaria, sanitaria o di pubblica sicurezza.

o) personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali;

p) personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali.

Obblighi del datore di lavoro e del lavoratore

Il datore di lavoro nel caso di lavoro straordinario, salvo diversa previsione della disciplina collettiva, è tenuto:

  • ad ottenere il consenso del lavoratore;
  • a non far superare i limiti legali per l'effettuazione di lavoro straordinario (48 ore medie settimanali tra lavoro ordinario e lavoro straordinario e 250 ore annue in regime di lavoro straordinario) o i limiti stabiliti dalla contrattazione collettiva;
  • ad informare le rappresentanze sindacali aziendali nei casi espressamente previsti dalla legge (ad es. per eventi particolari come mostre, fiere, etc.) o dalla contrattazione collettiva (art. 5, co. 4 lett. c), D.Lgs. n. 66/2003).

Nel caso di superamento dell'orario normale di lavoro il datore ha il dovere di effettuare una specifica annotazione sul Libro Unico del Lavoro per ciascun mese di riferimento, entro la fine del mese successivo (art. 39, co. 2 e 3, L. n. 133/2008).

Il lavoratore è tenuto ad espletare il lavoro straordinario nel caso in cui l'obbligo sia stato previsto dalla contrattazione collettiva.

Come abbiamo avuto modo di precisare al paragrafo n. 4), l'art. 5, D.Lgs. n. 66/2003 ammette che il datore di lavoro richieda al dipendente prestazioni di lavoro straordinario:

  • quando previsto dalla contrattazione collettiva;
  • in caso di eccezionali esigenze tecnico-produttive che non possono essere fronteggiate attraverso l'assunzione di altri lavoratori;
  • in caso di forza maggiore o quando la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
  • in caso di eventi particolari come mostre, fiere e manifestazioni collegate all'attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili per le stesse occasioni.

In queste specifiche ipotesi, il rifiuto del lavoratore di adempiere alla lecita richiesta aziendale integra un'infrazione disciplinare, qualificabile come un'insubordinazione nei confronti del datore di lavoro, che, nei casi più gravi, può legittimare anche la risoluzione del rapporto per giusta causa.

In evidenza: Cassazione

Secondo la Corte di Cassazione, sentenza 5 agosto 2003 n. 11821, infatti “Quando la contrattazione collettiva preveda la facoltà del datore di lavoro di richiedere prestazioni straordinarie, l'esercizio di tale facoltà deve intendersi affidato, in ragione dei poteri direzionali di questo e della corrispondente subordinazione del dipendente, alla discrezionalità dello stesso datore di lavoro, con la conseguenza che, secondo l'art. 2697 c.c., grava sul prestatore d'opera l'onere di provare, a giustificazione del rifiuto di corrispondere alla richiesta, una inaccettabile arbitrarietà della medesima. Detto rifiuto, se le prestazioni domandate sono contenute nei limiti di legge, può concretare un inadempimento sanzionabile disciplinarmente, a condizione che il potere discrezionale dell'imprenditore di richiedere la prestazione dello straordinario sia stato esercitato secondo le regole di correttezza e buona fede(Cass. sez. lav., 5 agosto 2003, n. 11821, conforme Cass. sez. lav., 29 luglio 2009, n. 17644).

La giurisprudenza della Suprema Corte, qualora il CCNL di settore preveda la facoltà in capo al datore di lavoro di richiedere prestazioni di lavoro straordinario e il dipendente si rifiuti senza giustificato motivo, legittima finanche la sanzione espulsiva (si vedano Cass. sez. lav., 5 aprile 2016, n. 6581 e Cass. sez. lav., 25 settembre 2012, n. 16248).

Al di fuori dalle ipotesi considerate, il lavoratore subordinato può rifiutarsi di effettuare lo straordinario senza che ciò comporti un'infrazione disciplinare, poiché in assenza o al di fuori delle previsioni della contrattazione collettiva il lavoro straordinario è possibile solo previo accordo tra il datore di lavoro e il dipendente, nei limiti massimi di 250 ore all'anno.

Ad ogni modo, il dipendente può sempre rifiutare lo straordinario nelle seguenti ipotesi:

  • qualora sussista un giustificato e comprovato motivo che impedisca la prestazione;
  • se il potere del datore di lavoro non è stato esercitato secondo correttezza e buona fede;
  • se si tratta di un lavoratore studente (art. 10, comma 1, L. n. 300/1970).

In evidenza: Cassazione

In tema di prestazioni di lavoro straordinario, il principio secondo cui, essendo rimesso alla discrezionalità del datore di lavoro il potere di richiedere le dette prestazioni, grava sul lavoratore l'onere di provare, a giustificazione del proprio rifiuto di corrispondere alla richiesta, una inaccettabile arbitrarietà della medesima, avendosi altrimenti inadempimento sanzionabile disciplinarmente, non è applicabile nel caso in cui sia il datore di lavoro ad agire in giudizio per l'accertamento della legittimità della sanzione disciplinare, incombendo, in tal caso, su di lui l'onere di provare di aver esercitato il proprio potere discrezionale secondo le regole di correttezza e buona fede poste dagli artt. 1175 e 1375 c.c., nel contenuto determinato dall'art. 41, comma 2, Cost. (Cass. sez. lav., 29 luglio 2009, n. 17644).

Trattamento retributivo

Il lavoratore che ha prestato attività lavorativa oltre il normale orario di lavoro di legge ha diritto a vedersi riconosciuto per le ore di lavoro straordinario, un compenso con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro che possono prevedere in aggiunta o in alternativa a tali maggiorazioni di natura retributiva la possibilità di fruire di riposi compensativi (art. 2108 c.c. e art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 66/2003).


La forfettizzazione del compenso per lavoro straordinario

L'attuale orientamento giurisprudenziale maggioritario tende a porre dei limiti ai patti di forfettizzazione dello straordinario. In particolare, secondo la giurisrudenza, il datore di lavoro, qualora le prestazioni di lavoro in regime di straordinario siano tali da far ritenere che il compenso contrattualmente dovuto sia superiore a quello forfettario, è tenuto a corrispondere le differenze maturate al lavoratore.

In evidenza: Cassazione

A differenza della pattuizione per cui un determinato numero minimo di ore di lavoro straordinario sia comunque retribuito, indipendentemente dalla prova dell'avvenuta effettiva prestazione da parte del lavoratore subordinato, è illecita (e quindi nulla) la clausola che stabilisca che il lavoro straordinario sia retribuito in una determinata entità massima, indipendentemente dall'eventuale prestazione in misura maggiore, atteso che ciò implicherebbe una rinuncia preventiva al compenso per il lavoro eventualmente prestato oltre tale limite prestabilito; pertanto, il giudice, ove accerti che il lavoratore ha effettuato un numero di ore di lavoro straordinario superiore alla pattuita forfettizzazione, deve riconoscergli per l'eccedenza il compenso maggiorato per lavoro straordinario (Cass. sez. lav., 24 maggio 2017, n. 13005; cfr. Cass. sez. lav., 26 maggio 2000, n. 6902).

Inoltre, nel caso in cui il compenso forfettario per il lavoro straordinario, corrisposto al lavoratore per un lungo periodo di tempo, non risulti collegato alla presumibile prestazione straordinaria resa, tale compenso va a costituire un superminimo che si ritiene entrato a far parte della retribuzione ordinaria e pertanto non riducibile unilateralmente dal datore di lavoro.

In evidenza: Cassazione

In tema di lavoro straordinario, il compenso forfettario della prestazione resa oltre l'orario normale di lavoro accordato al lavoratore per lungo tempo, ove non sia correlato all'entità presumibile della prestazione straordinaria resa, costituisce attribuzione patrimoniale che, con il tempo, assume funzione diversa da quella originaria, tipica del compenso dello straordinario, e diviene un superminimo che fa parte della retribuzione ordinaria e non è riducibile unilateralmente dal datore di lavoro (Cass. sez. lav., 5 gennaio 2015, n. 4; cfr. Cass. sez. lav., 12 gennaio 2011, n. 542).

Incidenza del lavoro straordinario sul TFR

L'art. 2120 c.c. prevede che nel calcolo del TFR siano da far rientrare tutte le somme corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, purché percepite a titolo non occasionale, salvo diversa previsione dei contratti collettivi.

Pertanto, il compenso per lavoro straordinario, se corrisposto in modo fisso e continuativo, ossia regolare, frequente o anche periodico entro un periodo di tempo apprezzabile, deve essere incluso nella retribuzione da prendere a calcolo per il TFR, salvo che il contratto collettivo non disponga diversamente.


Al contrario, eventuali compensi saltuari percepiti a titolo di lavoro straordinario non incidono sul TFR, poiché non vengono considerati parte integrante della retribuzione, mentre i compensi corrisposti in modo forfettizzato o a cadenza fissa dal datore di lavoro a titolo di maggiorazione per il lavoro straordinario prestato dal lavoratore, rilevano invece ai fini del TFR, e dovranno essere sommati alla base di calcolo retributiva, anch'essi con riferimento a ciascun anno di maturazione.

Sanzioni

Il datore di lavoro incorre in una sanzione amministrativa pecuniaria (art. 18-bis, comma 3, D.Lgs. n. 66/2003):

  • in caso di superamento del limite di 48 ore settimanali:
    • da 200 a 1.500 euro se la violazione riguarda da 1 a 5 lavoratori;
    • da 800 a 3.000 euro se la violazione riguarda più di 5 lavoratori o se è stata commessa per 3 periodi di riferimento;
    • da 2.000 a 10.000 euro se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori oppure si è verificata in almeno cinque periodi e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

  • se non rispetta i limiti del lavoro straordinario (250 ore annue):
    • da 25 a 154 euro, se la violazione riguarda da 1 a 5 lavoratori;
    • da 154 a 1.032 euro, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata nel corso dell'anno solare per più di cinquanta giornate lavorative, e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

L'art. 26, comma 2 della L. n. 977/1967 prevede per il datore di lavoro, il quale abbia usufruito del lavoro straordinario di bambini o fanciulli, la sanzione dell'arresto non superiore a sei mesi o l'ammenda fino a euro 5.164,57.

Straordinario e onere della prova

La giurisprudenza ha posto in capo al lavoratore l'onere della prova relativo all'effettivo svolgimento del lavoro straordinario oltre il normale orario di lavoro.

In evidenza: Cassazione

Nel giudizio avente ad oggetto la domanda di condanna del datore di lavoro al pagamento del compenso per lavoro straordinario o del risarcimento per ferie non godute, è onere del lavoratore dimostrare l'effettivo svolgimento di lavoro oltre il normale orario ovvero durante il periodo feriale e festivo, senza che a tale difetto di prova possa supplire la valutazione equitativa del giudice (Cass. sez. lav., 3 febbraio 2005, n. 2144; conformi: Cass. sez. lav., 9 febbraio 2009, n. 3194; Cass. sez. lav., 16 febbraio 2009 n. 3714; Cass. sez. lav., 25 giugno 2006, n. 12434; Cass. sez. lav., 29 gennaio 2003, n. 1389; Cass. sez. lav., 17 ottobre 2001, n. 12695).

Regime della prescrizione

La prescrizione per i crediti di lavoro derivanti da prestazioni di lavoro straordinario è quella quinquennale.

In evidenza: Cassazione

In riferimento al rapporto di lavoro subordinato la prescrizione breve quinquennale, prevista per i crediti periodici, dall'art. 2948 c.c., n. 4, riguarda non solo il credito per la retribuzione ordinaria, ma anche - in considerazione della sua accessorietà - quello per il lavoro straordinario, a prescindere dalla periodicità della relativa prestazione, nonché le retribuzioni per le festività nazionali coincidenti con la domenica ed ogni altro credito di lavoro, cioè avente origine e titolo nel rapporto di lavoro, restando escluse dalla sua applicazione soltanto le erogazioni originate da cause autonome, rispetto a detto rapporto, ovvero dalla responsabilità del datore di lavoro (Cass. sez. trib., 20 gennaio 2010, n. 94)

Riferimenti

Normativi:

  • Art. 36 Cost.
  • Art. 2108 c.c.
  • D.Lgs. n. 66/2003

Prassi:

  • Ministero del Lavoro, Nota 27 settembre 2006

Giurisprudenza:

  • Cass. sez. lav., 17 ottobre 2006, n. 22233
  • Cass. sez. lav., 26 aprile 2017, n. 10318
  • Cass. sez. lav., 5 aprile 2016, n. 6581
  • Cass. sez. lav., 29 luglio 2009, n. 17644
  • Cass. sez. lav., 24 maggio 2017, n. 13005

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