Il soccorso in mare dei migranti e dei rifugiati nelle convenzioni internazionali

12 Giugno 2018

Nelle convenzioni internazionali è previsto che l'obbligo di salvataggio marittimo trovi applicazione in ogni zona di mare. Tuttavia, è noto come uno Stato possa essere restio all'accoglienza di rifugiati e migranti; nel tentativo di ovviare a tali resistenze le convenzioni internazionali hanno, da un lato, previsto l'onere in capo al comandante dell'imbarcazione di prestare assistenza a chi ...
Abstract

Nelle convenzioni internazionali è previsto che l'obbligo di salvataggio marittimo trovi applicazione in ogni zona di mare. Tuttavia, è noto come uno Stato possa essere restio all'accoglienza di rifugiati e migranti; nel tentativo di ovviare a tali resistenze le convenzioni internazionali hanno, da un lato, previsto l'onere in capo al comandante dell'imbarcazione di prestare assistenza a chi si trovi in situazioni di pericolo e, dall'altro, il vincolo per gli Stati di cooperare nelle operazioni di soccorso e di salvataggio nonché di trasferire i soggetti soccorsi in mare in un luogo sicuro.

Gli organi preposti preposta alla ricerca e al salvataggio marittimo

Il 10 dicembre 1994 è entrato in vigore il d.P.R. 28 settembre 1994, n. 662, recante il Regolamento di attuazione della legge 3 aprile 1989, n. 147 concernente l'adesione alla Convenzione Internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, adottata ad Amburgo il 27 aprile 1989.

Il regolamento in questione ha individuato nel Corpo delle capitanerie di porto l'organizzazione preposta alla ricerca e al salvataggio della vita umana in mare demandando, a detta autorità, anche l'attività di coordinamento delle altre amministrazioni eventualmente coinvolte nelle relative operazioni.

Il Corpo delle capitanerie di porto sui colloca all'interno dell'organizzazione di impiego del servizio SAR (Search and Rescue) marittimo, che è così strutturata:

a) Comando generale del corpo delle capitanerie di porto, quale organismo nazionale di coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo (IMRCC Italian Maritime Rescue Coordination Center).

Il Comando in questione coordina direttamente il soccorso nel caso ricorrano di massima, le seguenti situazioni:

  • disastro in mare di notevoli proporzioni;
  • intervento che coinvolge più Direzioni Marittime (MRSC Marittime Rescue Coordination Sub Center).

L' IMRCC rappresenta il livello più alto dell'organizzazione SAR.

b) Direzione Marittime (M.R.S.C., Marittime Rescue Coordination Sub Center), le quali coordinano direttamente il soccorso nelle seguenti situazioni:

  • condizioni meteo marine particolarmente avverse e distanza della costa tali che le risorse a disposizioni dell'U.C.G. (Unità Costiere di Guardia) siano inadeguate;
  • in caso di impiego ad ampio raggio dei mezzi aerei del servizio di Guardia costiera delle Capitanerie di Porto.

L'MRSC rappresenta il livello intermedio nella organizzazione SAR.

c) Comandi di Porto (U.G.C.) che rappresentano il livello più basso dell'organizzazione SAR (FIALE - GRIMALDI).

Il fondamento normativo dell'obbligo di soccorso marittimo

Il nostro ordinamento giuridico pone l'obbligo di soccorso in capo al comandante di una imbarcazione, al quale spetta accertare le circostanze di fatto alle quali è subordinato il sorgere del dovere di prestare aiuto.

Tale obbligo trova il suo fondamento nell'art. 490 cod. nav., rubricato Obbligo di salvataggio, il quale al secondo comma sancisce espressamente che è «[…] obbligatorio […] il tentativo di salvare persone che siano in mare o in acque interne in pericolo di perdersi».

Occorre precisare la situazione di pericolo non coincide necessariamente con le cattive condizioni marittime, dovendosi comunque anche la distanza dalle coste in situazioni estreme dovute al sovraffollamento e alle condizioni precarie dei mezzi di navigazione.

L'art. 1158, comma 1,cod. nav. configura, in capo al comandante della nava, il reato di omissione di soccorso qualora lo stesso ometta di prestare opera di salvataggio nei casi in cui ne ha l'obbligo ex lege.

Tale dovere trova il suo fondamento, oltre che nelle norme dell codice di navigazione anche nell'art.98 dellaConvenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare (UNCLOS), c.d. Convezione di Montego Bay – ratificata con legge 2 dicembre 1994, n.689 – secondo cui: «Ogni Stato impone che il comandante di una nave che batta la sua bandiera, nei limiti del possibile e senza che la nave, l'equipaggio ed i passeggeri corrano gravi rischi: a) presti assistenza a chiunque si trovi in pericolo in mare; b) vada il più presto possibile in soccorso delle persone in difficoltà se viene informato che persone in difficoltà hanno bisogno d'assistenza».

Gli obblighi di fonte internazionale costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato: l'art. 11 della Cost. disciplina diritto internazionale e le convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro paese non possono essere derogate da scelte discrezionali dall'autorità politica o giudiziaria.

Pertanto, la citata convenzione di Montego Bay costituisce la fonte primaria nella normativa diritto internazionale del mare e non derogabile da parte degli Stati anche mediante accordi con altri Stati.

A completamento della suddetta disciplina vengono in rilievo:

  • l'art. 10 della Convenzione del 1989 di Londra sul soccorso in mare: «Ogni comandante è obbligato, nella misura in cui ciò non crei pericolo grave per la sua nave e le persone a bordo, di soccorrere ogni persona che sia in pericolo di scomparsa in mare. Gli Stati adotteranno tutte le misure necessarie per far osservare tale obbligo».
  • La Convenzione Internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 (Convenzione Solas), che impone al comandante di una nave «che si trovi nella posizione, di essere in grado di prestare assistenza».
La Convenzione SAR

La Convenzione SAR (legge 3 aprile 1989, n. 147, Adesione alla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo, con annesso, adottata ad Amburgo il 27 Aprile 1979), impone un preciso obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare «[…] senza distinguere a seconda della nazionalità o dello stato giuridico, stabilendo altresì, oltre l'obbligo della prima assistenza anche il dovere di sbarcare i naufraghi in un “luogo sicuro”».

L'obbligo di proteggere la vita umana in mare si applica in qualsiasi spazio marittimo, a prescindere dalla sua condizione giuridica (acque marine interne, mare territoriale, alto mare) riguarda la vita di tutti gli uomini, indipendentemente dalle attività, lecite o illecite, in cui essi siano impegnati.

A maggior ragione va salvaguardata la vita degli immigrati irregolari, nella maggior parte dei casi potenziali richiedenti asilo, persone quasi sempre indifese che corrono gravissimi rischi per cercare all'estero un miglioramento delle condizioni di vita disastrose che trovano nel proprio paese.

Il Legislatore italiano in attuazione degli artt. 11 e 12, comma 9-bis e seguenti, del T.U. sull'Immigrazione, così come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, ha emanato il decreto ministeriale del 14 luglio 200,3 n. 11835 (Disposizioni in materia di contrasto all'immigrazione clandestina), il quale all'art. 7, dà un ancora più marcato peso alle esigenze umanitarie, ivi comprese quelle attinenti alla salvaguardia della vita in mare, disponendo che:
«1. Nell'assolvimento del compito assegnato l'azione di contrasto è sempre improntata alla salvaguardia della vita umana ed al rispetto della dignità della persona.
[…] 4. La visita a bordo di mercantili sospettati di essere coinvolti nel traffico di migranti deve avvenire in una cornice di massima sicurezza, onde salvaguardare l'incolumità del team ispettivo e dei migranti stessi.
5. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 del presente articolo, ove si renda necessario l'uso della forza, l'intensità, la durata e l'estensione della risposta devono essere proporzionate all'intensità dell'offesa, all'attualità e all'effettività della minaccia».

La stessa convenzione SAR, alla quale l'Italia ha aderito, dall'altra parte obbliga gli Stati a: «[…] garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare […] senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali viene trovata» (capitolo 2.1.10) e a «fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro» (capitolo 1.3.2.).

Gli Stati membri dell'organizzazione marittima internazionale (International Marittime Organization, IMO) hanno adottato emendamenti alle Convenzioni Internazionali per la sicurezza della vita in mare del 1974 e alla Convenzione sulla Ricerca e il Soccorso in mare del 1979. Gli emendamenti sono stati adottati nel maggio del 2004 e sono entrati in vigore il 1 luglio del 2006.

Gli emendamenti alle Convenzioni SOLAS e SAR, adottati dagli Stati aderenti nel maggio 2004 ed entrati in vigore il 1° luglio 2006, mirano a garantire che le persone in pericolo in mare vengano assistite e, allo stesso tempo, vengano ridotti al minimo gli inconvenienti per la nave che presta assistenza (in particolare, l'emendamento dell'articolo 33 della convenzione SOLAS e l'emendamento del capitolo 3.1.9. della Convenzione SAR).

Tutte queste disposizioni impongono agli Stati contraenti di coordinarsi e cooperare per far sì che i comandanti delle navi che prestano assistenza imbarcando persone in difficoltà in mare siano sollevati dai propri obblighi con una minima ulteriore deviazione rispetto alla rotta prevista dalla nave.

Inoltre, le linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare (Cfr. Soccorso in mare, Guida ai principi da applicarsi a migranti e rifugiati, UNHCR; v. T. SCOVAZZI, Tutela della vita in mare con particolare riferimento agli immigrati clandestini, in Riv. Dir. Int. 2005, fasc. 1, pag. 106 e seg.) contenute nella risoluzione MSC.167 (78) adottata nel maggio 2004 dal Comitato Marittimo per la Sicurezza insieme agli emendamenti SAR e Solas, stabiliscono:

1) che il Governo responsabile per la regione SAR, in cui sono stati recuperati i sopravvissuti è responsabile di fornire un luogo sicuro o di assicurare che tale luogo venga fornito (paragrafo 2.5);

2) che un luogo sicuro è una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, e dove:

  • la sicurezza dei sopravissuti o la loro vita non è più minacciata;
  • le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte;
  • può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale (paragrafo 6.12);

3) che, sebbene una nave (privata) che presta assistenza possa costituire temporaneamente un luogo sicuro, essa dovrebbe essere sollevata da tale responsabilità non appena possano essere intraprese soluzione alternative (paragrafo 6.13);

4) che lo sbarco di richiedenti asilo e rifugiati recuperati in mare, in territori nei quali la loro vita e la loro libertà sarebbero minacciate, dovrebbe essere evitato (paragrafo 6.17).

In conclusione

Il Gip del tribunale di Ragusa il 16 aprile 2018 ha rigettato la richiesta di sequestro preventivo del P.M. della nave della O.N.G. spagnola ProActiva Open Arms operante nel mediterraneo nel salvataggio dei migranti (il decreto di rigetto del sequestro è stato confermato dal Tribunale del riesame di Ragusa in data 11 maggio 2018 (1216/2018-1282/2018 rgnr- 38/2018 RG.ES.) a seguito di istanza di riesame (rectius, appello ex art. 322-bis c.p.p.) del P.M. del 26 aprile 2018.

Come noto alle cronache giudiziarie la O.N.G. Open Arms si è rifiutata di consegnare alla Guardia Costiera libica 218 migranti salvati in mare e per questo motivo il Capitano della nave, il capo missione e il direttore della O.N.G. spagnola, sono indagati per il delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Secondo la risoluzione 1821 (2011) dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa la nozione di luogo sicuro deve comprendere necessariamente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse.

Il salvataggio dei migranti, con rientro nelle coste libiche, rischia di violare le convenzioni internazionali perché nessun porto libico può attualmente essere considerato luogo sicuro ai sensi della Convenzione per la ricerca e il soccorso in mare del 1979 e le norme dei trattati internazionali impongono agli Stati il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale in materia dei rifugiati, tra i quali innanzitutto il principio di non respingimento.

Le informazioni disponibili ricavanti da rapporti ufficiali delle Nazioni unite indicano la Libia come luogo in cui avvengono gravi violazioni dei diritti umani e, alla data odierna, «non vi è prova che si sia pervenuti in Libia o in porzioni del suo territorio ad un assetto accettabile di protezione dei migranti soccorsi in mare e ivi riammessi, mediante la costituzione di idonei POS (Place of safety)» (Cfr. Open Arms, Gip, Tribunale di Ragusa, decreto di rigetto del sequestro preventivo del P.M, del 16 aprile 2018).

Guida all'approfondimento

FIALE - GRIMALDI, Diritto della Navigazione Marittima e Aerea, Roma, p.323, XIV;

A. LANNI, Ong e Salvataggi in mare, 11 domande (e risposte) per fare chiarezza, in unhcr.it;

T. SCOVAZZI, Tutela della vita in mare con particolare riferimento agli immigrati clandestini, in Riv. Dir. Int. 2005, fasc. 1, pag. 106 e seg.;

Centro Nazionale di Coordinamento del soccorso in mare (Maritime Rescue Coordination Centre Roma)- Attività SAR nel Mediterraneo Centrale connesse al Fenomeno Migratorio, in guardiacostiera.gov.it;

Guida a principi e pratiche da applicarsi a migranti e rifugiati - OMI e UNHCR.

Sommario