Determinazione del valore

Francesco Bartolini
02 Luglio 2018

L'importanza sul piano economico dell'oggetto della controversia ha da sempre costituito ragione per farne un criterio distintivo della competenza in senso verticale tra gli uffici giudiziari, con attribuzione ai giudici di grado sottordinato delle cause considerate di minore rilevanza per gli interessi patrimoniali dei singoli e della comunità.
Inquadramento

L'importanza sul piano economico dell'oggetto della controversia ha da sempre costituito ragione per farne un criterio distintivo della competenza in senso verticale tra gli uffici giudiziari, con attribuzione ai giudici di grado sottordinato delle cause considerate di minore rilevanza per gli interessi patrimoniali dei singoli e della comunità. Il nostro codice di procedura civile detta con gli artt. da 10 a 15 le regole da osservare per la determinazione, in concreto e di volta in volta, del valore della lite espresso in moneta corrente, quale bene fungibile considerato da tutti satisfattivo. Inoltre, il ridotto rilievo attribuito ai rapporti di trascurabile impatto sul patrimonio e facilmente transigibili ha condotto a fissare un ambito, espresso in termini pecuniari, di contrasti da sottoporre al giudice di pace per una decisione sempre e soltanto in via equitativa. In entrambe le situazioni assume importanza discriminante ai fini processuali la determinazione del valore della causa.

Determinazione del valore per l'individuazione della competenza

L'art. 10 c.p.c. stabilisce che la competenza per valore è determinata sulla base della domanda. Esso enuncia una regola fondamentale che riposa sul principio per il quale chi agisce in giudizio deve formulare una precisa istanza di tutela al giudice, con l'indicazione della causa petendi e del petitum. La regola, tuttavia, subisce due tipologie di adattamenti e di deroghe. L'una di esse è menzionata nello stesso art. 10, il quale precisa che la quantificazione della domanda deve essere effettuata a norma delle disposizioni ad esso successive. L'altra deriva dal disposto degli artt. 14, commi 2 e 3, e 38, comma 4, c.p.c. che attribuiscono rilevanza alle eccezioni del convenuto ed ai poteri officiosi del giudice. Ne risulta che:

  • il computo del valore deve avvenire non a discrezione di chi agisce bensì secondo i parametri specificati dagli artt. 11 e ss. c.p.c.;
  • può occorrere che debba tenersi conto non soltanto della domanda attorea ma altresì delle difese del convenuto e dei rilievi del giudice.

Sotto il primo profilo, il contenuto economico della domanda è costituito dalla somma capitale richiesta dall'attore, cui devono essere aggiunti gli interessi scaduti, le spese sostenute e i danni sopportati anteriormente alla proposizione della richiesta. Il valore è dato dalla somma indicata o dal valore dichiarato dall'attore; in mancanza, la causa si presume di competenza del giudice adito. Si sommano tra loro le domande proposte contro la medesima persona mentre se è richiesto da più persone o contro più persone l'adempimento per quote di un'obbligazione il valore si determina dall'intera obbligazione. Il valore delle cause relative all'esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto obbligatorio che è in contestazione. Per i rapporti continuativi sono fissati criteri di applicazione pratica: nelle cause per prestazioni alimentari periodiche, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle somme dovute per due anni; nelle cause relative a rendite perpetue o relative al diritto del concedente, il valore si determina cumulando venti annualità, e se le cause riguardano rendite temporanee o vitalizie, si cumulano le annualità domandate fino a un massimo di dieci.

Casistica

Ai fini della determinazione della competenza per valore in ordine alla domanda relativa a somma di denaro, vanno sommati al capitale gli interessi di mora già maturati ante litem ed autonomamente richiesti ma non anche gli interessi moratori scaduti che non formino oggetto di apposita istanza né quelli successivi alla data di notifica dell'atto introduttivo del giudizio.

Cass. civ., sez. VI, 19 luglio 2017, n. 17860

Al fine di stabilire la competenza del giudice adito, si cumula con il capitale e gli interessi richiesti sino al momento della proposizione della domanda la rivalutazione monetaria, ove pretesa in aggiunta ad essi.

Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 2008, n. 4994

Qualora l'attore proponga domanda di risarcimento danni, cumulandola con quella di riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria, non si determina lo spostamento della causa al giudice superiore qualora egli dichiari, in modo inequivoco, di voler contenere l'intero petitum nel limite della competenza del giudice adito, con la conseguenza che la “clausola di contenimento” entro il detto limite diviene vincolante anche agli effetti del merito, sebbene non reiterata in sede di precisazione delle conclusioni.

Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2010, n. 15853

Anche se è chiesta la dichiarazione di nullità o di annullamento di una delibera condominiale, impositiva di un obbligo pecuniario al condomino attore, il valore della causa è dato dalla somma in contestazione.

Cass. civ., sez. II, 5 luglio 2013, n. 16898

Sotto il secondo profilo, dispone l'art. 14 c.p.c. che il convenuto può contestare, nella sua prima difesa, il valore dichiarato dall'attore o che si presume rientrante nella competenza del giudice adito: e in tal caso il giudice compie un accertamento, ai fini della competenza, sulla base di quanto risulta dagli atti e senza apposita istruzione. La disposizione accolla al convenuto un onere preciso, posto che la mancata contestazione rende fissato il valore della controversia anche ai fini del merito. A sua volta, l'art. 38 stabilisce che le questioni relative alla competenza sono decise, ai soli fini di questa, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dalle eccezioni del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni. In questo caso, perché abbia rilievo sulla competenza occorre che la contestazione del convenuto integri una vera e propria eccezione risolventesi in una questione pregiudiziale da decidersi con efficacia di giudicato, e non consista, invece, in un semplice mezzo di difesa (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2002, n. 4638, in tema di esistenza o validità del rapporto contrattuale sul quale era basata la domanda).

Qualche questione sorge allorchè l'attore, dopo avere indicato l'ammontare della somma oggetto della sua pretesa, si rimette, in via alternativa o subordinata, al giudice con il chiedere la somma maggiore o minore che dovesse risultare in esito alla causa. Il problema che ne consegue concerne l'individuazione in siffatta istanza di una mera clausola di stile piuttosto che di una indicazione in eccesso rispetto al limite della competenza del giudice (di pace) adito. A proposito di un giudizio per risarcimento di danni da circolazione stradale, Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2010, n. 24153, avvertì non potersi, in tal caso, ritenere l'espressione utilizzata sufficiente, di per sé sola, a dimostrare la volontà dello stesso attore di chiedere una somma maggiore di quella consentita dal parametro di competenza, in assenza di ogni altro indice interpretativo idoneo ad ingenerare quanto meno il dubbio che le circostanze dedotte fossero potenzialmente idonee a superare il valore entro il quale era ammessa la decisione del giudice di pace. A sua volta, Cass. civ., sez. II, 26 luglio 2011, n. 16318, escluse che dovesse ritenersi di valore indeterminabile la domanda recante la clausola: «o quell'altra maggiore o minore somma che risulterà in corso di causa», in quanto conforme ad una mera prassi forense.

Determinazione del valore per la decisione secondo equità

Il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede millecento euro (salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 c.c.), con l'unico limite dell'osservanza dei principi informatori della materia. Entro il detto ammontare pecuniario lo stretto principio di legalità formale cede all'applicazione di criteri di giustizia sostanziale, non meglio definiti ma che si ritengono espressione di un diritto naturale e frutto di sensato equilibrio tra gli opposti interessi. Non è ammesso l'appello; e il ricorso per cassazione costituisce il rimedio processuale ordinario predisposto a presidio del rispetto della procedura e delle sue regole. La giurisprudenza ha chiarito che per stabilire il valore della controversia con la conseguente inappellabilità della decisione deve farsi ricorso ai criteri di cui agli artt. 10 e seguenti, da applicare per analogia (Cass. civ., sez. II, 28 agosto 2000, n. 11203; Cass. civ., sez. III, 3 marzo 1999, n. 1789). Si è altresì affermato che entro il limite dei millecento euro la decisione è da considerare comunque e sempre pronunciata secondo equità, in quanto tale connotato dipende esclusivamente dal mero fatto della sussistenza di quel requisito pecuniario: essendo lo stesso l'unico metro di giudizio adottabile dal giudice (Cass. civ., sez. III, 21 giugno 2016, n. 12736; Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2012, n. 9432; Cass. civ., sez. VI, 3 aprile 2012, n. 5287; Cass. civ., sez. III, 17 dicembre 2009, n. 26518; Cass. civ., sez. III, 12 dicembre 2006, n. 26528). Conformemente all'orientamento formatosi in senso più generale (ad es.: Cass. civ., sez. II, 10 aprile 2017, n. 9195), anche a proposito della determinazione della competenza equitativa del giudice di pace si è stabilito che non devesi tener conto del valore pecuniario indicato dall'attore ai fini del contributo unificato (Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2012, n. 9432).

Valore della causa e contributo unificato

Chi agisce in giudizio deve indicare il valore della causa quale presupposto per l'obbligazione tributaria di pagamento del contributo unificato. L'art. 14 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, rimanda esplicitamente alle norme dettate dal codice di procedura civile per la quantificazione di detto valore, in termini pecuniari, ai fini della competenza: e detta poi alcune regole che da quelle norme divergono e che si pongono come del tutto particolari. Non si computano, in primo luogo, gli interessi. E il valore della causa è in divenire, posto che il contributo deve essere integrato quando la parte modifica la domanda o propone una riconvenzionale o chiama taluno in causa, se ne consegue un aumento del valore della controversia; altrettanto devono fare le altre parti se, a loro volta, modificano la domanda o propongono una domanda riconvenzionale o formulano la chiamata in causa o svolgono un intervento autonomo. L'indicazione così richiesta, con il relativo pagamento del dovuto, sono del tutto indipendenti rispetto al quantum della domanda proposta in giudizio. Si è chiarito che il valore della causa dichiarato ai fini del contributo unificato ha rilevanza esclusivamente fiscale e non spiega alcun effetto vincolante in ordine alla determinazione del thema decidendum (Cass. civ., sez. II, 10 aprile 2017, n. 9195). La somma pagata fa parte integrante delle spese sostenute dalla parte vittoriosa, delle quali essa ha diritto al rimborso, senza che la somma stessa incida in aumento sul valore della causa ai fini della competenza. In proposito Cass. civ., sez. VI, 23 settembre 2015, n. 18828, ha affermato che qualora il provvedimento giudiziale rechi la condanna alle spese giudiziali e nell'ambito di essa non faccia alcun riferimento alla somma pagata a titolo di contributo unificato dalla parte vittoriosa, la statuizione di condanna si deve intendere estesa implicitamente, al di là della mancanza formale, anche alla imposizione della restituzione della somma corrisposta per quel titolo, il cui pagamento sarà documentabile anche in sede esecutiva tramite la documentazione relativa al versamento. In particolare, Cass. civ., sez. II, 16 ottobre 2012, n. 17682; Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2012, n. 9432, e Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 2008, n. 4994, hanno escluso ogni possibile partecipazione della dichiarazione di valore resa ai fini del contributo unificato alle conclusioni della citazione e, quindi, la possibilità di considerare la dichiarazione come parte della domanda, nel senso cui vi allude il comma 1 dell'art. 10 citato, quando stabilisce che il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti e fra queste dell'art. 14 c.p.c..

Sommario