Il contratto di lavoro degli assistenti bagnanti
06 Luglio 2018
L'assistente bagnanti è una figura professionale che può definirsi come “lo specialista che veglia sulla sicurezza di chi frequenta piscine e stabilimenti balneari marini o lacustri, capace ed esperto negli interventi di soccorso di chi si trova in situazione di pericolo in acqua”.
È una professione che può essere esercitata solo previo conseguimento del brevetto. A tal proposito, va ricordato che a partire dal 2 dicembre 2016 è entrato in vigore il D.M. 29 luglio 2016 n. 206 con il quale sono state profondamente modificate le modalità per il rilascio del brevetto da bagnino e per l'organizzazione dei corsi di formazione. In un certo senso è venuto meno il monopolio, in capo alla Federazione Italiana Nuoto (FIN), alla Federazione Italiana Salvamento Acquatico (FISA) e alla Società Nazionale di Salvamento (SNS), unici organismi che, fino all'entrata in vigore del D.M., erano autorizzati ad organizzare i corsi abilitanti al rilascio dell'attestato di bagnino di salvataggio.
Il Decreto 29 luglio 2016, n. 206 contiene il “Regolamento recante norme per l'individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine e al rilascio delle abilitazioni all'esercizio dell'attività di assistente bagnante”.
Il regolamento detta le disposizioni concernenti i criteri generali per l'ordinamento di formazione dell'assistente bagnante in acque interne e piscine e dell'assistente bagnante marittimo determinando la tipologia delle abilitazioni rilasciate.
In particolare, all'art. 2, viene specificata, in aggiunta alle pertinenti definizioni di cui al Decreto del Ministro dell'Interno 18 marzo 1996, la definizione di assistente bagnante, distinguendo tra:
L'abilitazione all'esercizio della professione dell'assistente bagnante in acque interne e piscine consente di esercitare la professione di assistente bagnante anche nei laghi, previo superamento della prova pratica di voga per finalità di salvamento.
L'abilitazione all'esercizio della professione di assistente bagnante marittimo consente di esercitare la professione di assistente bagnante anche in acque interne, piscine e nei laghi.
Sotto il profilo giuridico, la figura del bagnino di salvataggio può essere qualificata, tramite il codice penale, come “persona esercente un servizio di pubblica necessità”. Sono persone esercenti un servizio di pubblica necessità quei privati che svolgono una professione “il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi” (art. 359 c.p.).
Le funzioni specifiche dell'assistente bagnanti sono: • prevenire gli incidenti in acqua con una sorveglianza attenta e intelligente facendo rispettare gli accorgimenti utili alla sicurezza ed evitare comportamenti potenzialmente pericolosi; • far fronte agli incidenti, quando avvenuti, mettendo in atto quelle tecniche di salvataggio e di primo soccorso acquisite nel corso di formazione e periodicamente aggiornate; • regolare le attività di balneazione vegliando sul comportamento degli utenti; • applicare e far rispettare le ordinanze della Capitaneria o il regolamento della piscina; • verificare periodicamente la chimica delle acque nelle piscine e le condizioni igieniche dell'ambiente.
L'assistente bagnanti ha la responsabilità della sicurezza dei bagnanti e ne risponde in prima persona sia sotto l'aspetto civile che penale. Può essere considerato un avamposto di Protezione Civile, essendo istituzionalmente l'esperto della prevenzione e il primo addestrato ad intervenire in caso di emergenza, anche con manovre salvavita: anche per questo ha il dovere di mantenere al meglio la forma fisica e l'abilità tecnica con costanti allenamenti e periodici corsi di aggiornamento.
In merito all'attività di primo soccorso occorre chiarire che trattasi di manovre di assistenza di base (es. chiamata al 118, massaggio cardiaco, respirazione bocca a bocca ecc.) finalizzate al miglioramento delle condizioni cliniche della persona colta da malore e alla prevenzione delle complicanze.
Quindi, il bagnino di salvataggio è solo un incaricato di pubblico servizio, non è un pubblico ufficiale né un medico o paramedico, non può somministrare farmaci o diagnosticare la morte di una persona.
È tenuto ad intervenire nei modi e nelle situazioni in cui è abilitato a farlo anche perché il soccorso è un obbligo morale oltre che medico‑legale e deontologico.
Il soccorritore volontario non medico, espletato l'obbligo di denuncia all'autorità (118), se è in grado, inizia le elementari manovre di primo soccorso e le continua fino all'esaurimento fisico o all'arrivo dei soccorsi sanitari, non avendo le capacità per constatare il decesso: non essendo un medico, non può somministrare medicinali e non può attuare pratiche sanitarie. La differenza tra assistente bagnanti di mare e assistente bagnanti di acque interne e piscine
La presenza dell'assistente bagnanti è obbligatoria negli stabilimenti balneari o nelle piscine aperte al pubblico e in tutti gli altri casi in cui la legge obbliga il concessionario di un bene demaniale o l'ente che gestisce un servizio ad avvalersi della sua opera.
Le qualifiche professionalmente riconosciute sono:
La prima norma che ha previsto l'obbligatorietà della presenza della figura del bagnino o assistente bagnanti in una piscina pubblica è la Circolare del Ministero dell'Interno del 15 febbraio 1951, n. 16, successivamentemodificata dal Decreto Ministeriale del 25 agosto 1989 sulla Sicurezza negli Impianti Sportivi che in proposito, all'art. 20, recita: “Il servizio di salvataggio deve essere disimpegnato da almeno due bagnini all'uopo abilitati dalla sezione salvamento della Federazione italiana nuoto ovvero muniti dibrevetti di idoneità per i salvataggi a mare rilasciati da società autorizzata dal Ministerodella marina mercantile”.
Da qui la prassi di adibire sempre due persone, abilitate al salvataggio, alla sorveglianza dei bagnanti, sia nel caso di piscina aperta al nuoto libero sia nel caso in cui vi si svolgano solamente gli allenamenti delle squadre agonistiche.
Con l'avvento dei gestori privati la situazione, sempre più insostenibile dal punto di vista economico, è stata modificata, con l'introduzione dal Decreto del Ministero della Sanità dell'11 luglio 1991, il cosiddetto Atto d'Intesa. In particolare, l'art. 6 introduce la necessità della sorveglianza con un numero di assistenti bagnanti in relazione alle misure della vasca e non impone la necessità della presenza degli stessi quando la piscina non è aperta al nuoto libero, sempre che gli istruttori siano abilitati alle operazioni salvataggio e primo soccorso e siano almeno uno per vasche di superficie inferiore ai 100 mq, almeno due per superfici fino a 600 mq, uno in più ogni ulteriori 600 mq di superficie.
Con l'introduzione del Decreto del Ministero dell'Interno del 18 marzo 1996, recante “Norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi”, all'art. 14 è previsto che: “La densità di affollamento di una piscina deve essere calcolata nella misura di 2 mq di specchio d'acqua per ogni bagnante. Il servizio di salvataggio deve essere disimpegnato da un assistente bagnanti quando il numero di persone contemporaneamente presenti nello spazio di attività è superiore alle 20 unità o in vasche con specchi d'acqua di superficie superiore a 50 mq. Detto servizio deve essere disimpegnato da almeno due assistenti bagnanti per vasche con specchi d'acqua di superficie superiore a 400 mq. Nel caso di vasche adiacenti e ben visibili tra loro il numero degli assistenti bagnanti va calcolato sommando le superfici delle vasche ed applicando successivamente il rapporto assistenti bagnanti/superfici d'acqua in ragione di 1 ogni 500 mq. Per vasche oltre 1.000 mq dovrà essere aggiunto un assistente bagnanti ogni 500 mq”.
Durante l'addestramento di nuotatori il servizio di assistenza agli stessi può essere svolto dall'istruttore o allenatore in possesso dell'abilitazione della Federazione Italiana Nuoto. Alla normativa sopra menzionata si aggiunge la legislazione regionale: in particolare è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, la Legge 1 settembre 1998 n. 17 recante “Istituzione del servizio di vigilanza e salvataggio per le spiagge libere siciliane”. Nello specifico, all'art. 2 è previsto che “Lungo le spiagge libere di propria pertinenza i comuni sono tenuti ad assicurare la presenza di almeno due bagnini di salvataggio ogni 150 metri lineari e fino ad un massimo di due chilometri lineari” mentre, ai sensi dell'art. 4, “Gli esercenti attività connesse alla balneazione presso le spiagge demaniali devono assicurare la presenza, tra il proprio personale, di almeno due addetti in possesso del brevetto di salvataggio rilasciato dalla Società nazionale di salvamento o dalla FIN - Sezione salvamento”.
Da ultimo, con il D.M. 29 luglio 2016 n. 206 viene specificata la definizione di assistente bagnante, distinguendo tra:
L'abilitazione all'esercizio della professione dell'assistente bagnante in acque interne e piscine consente di esercitare la professione di assistente bagnante anche nei laghi, previo superamento della prova pratica di voga per finalità di salvamento. L'abilitazione all'esercizio della professione di assistente bagnante marittimo consente di esercitare la professione di assistente bagnante anche in acque interne, piscine e nei laghi. Il rapporto di lavoro e l'inquadramento salariale del bagnino di salvataggio è inserito all'interno del Contratto Collettivo Nazionale per i dipendenti (CCNL) del Settore del Turismo e Pubblici Esercizi.
Il CCNL del 2014 è stato integrato dal “Verbale di accordo modificativo ed integrativo” siglato dalla Parti Sociali in data 17 febbraio 2015. È stato aggiunto l'art. 53-bis (Trattamenti normativi) e, pertanto, il CCNL per i dipendenti del settore Turismo e Pubblici Esercizi risulta composto da 354 articoli e deve essere considerato un complesso unitario e inscindibile che si inserisce nel contesto legislativo vigente quale trattamento nel suo insieme inderogabile.
I livelli previsti sono 4 e vanno da quello d'ingresso, ovvero il sesto, a quello di vertice, il terzo, dove maggiori funzioni e responsabilità corrispondono a un maggiore stipendio.
Appartiene al Terzo Livello il Capo Bagnino-Assistente bagnanti, ossia i lavoratori che svolgono mansioni di concetto o prevalentemente tali che comportano particolari conoscenze tecniche ed adeguata esperienza; i lavoratori specializzati provetti che, in condizione di autonomia operativa nell'ambito delle proprie mansioni, svolgono lavori che comportano una specifica ed adeguata capacità professionale acquisita mediante approfondita preparazione teorica e/o tecnico pratica; i lavoratori che, in possesso delle caratteristiche professionali di cui ai punti precedenti, hanno anche delle responsabilità di coordinamento tecnico-funzionale di altri lavoratori.
Appartiene al Quarto Livello l'Assistente bagnanti - istruttore di nuoto con brevetto ossia i lavoratori che, in condizioni di autonomia esecutiva, anche preposti a gruppi operativi, svolgono mansioni specifiche di natura amministrativa, tecnico-pratica e relative operazioni complementari, che richiedono il possesso di conoscenze specialistiche comunque acquisite.
Appartiene al Quinto Livello il Bagnino ossia i lavoratori che, in possesso di qualificate conoscenze e capacità tecnico-pratiche, svolgono compiti esecutivi che richiedono preparazione e pratica di lavoro.
Appartengono al Sesto Livello i lavoratori che svolgono attività che richiedono un normale addestramento pratico ed elementari conoscenze professionali, come l'Addetto ai servizi per i bagnanti.
L'assistente bagnante è un lavoratore dipendente a tutti gli effetti, può essere assunto con contratto a tempo indeterminato, oppure con contratto a tempo determinato verificando l'eventuale possibilità di attività stagionali o con lavoro a chiamata, da utilizzare come supporto ad altri lavoratori che non riescono a garantire la presenza per tutto l'orario di apertura al pubblico della struttura.
In tal senso, il CCNL prevede espressamente, all'art. 71, la possibilità di assunzioni a tempo determinato: “Fermo restando che di norma le assunzioni del personale debbono avvenire a tempo indeterminato, ai sensi del D.L. 20 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni in L. 16 maggio 2014, n. 78, è consentita la assunzione del personale con prefissione di termini, nella forma del contratto a tempo determinato di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva delle eventuali proroghe di cui al successivo comma 4, concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione. Fatto salvo quanto disposto dall'art. 10, comma 7, D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, il numero complessivo di rapporti di lavoro costituiti da ciascun datore di lavoro in tale forma potrà avvenire nei limiti quantitativi di cui all'articolo successivo”.
L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore. La scrittura non è tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro puramente occasionale non sia superiore a dodici giorni. Le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di cinque volte, nell'arco dei complessivi trentasei mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Tenendo conto anche delle specifiche caratteristiche del settore turistico e delle necessità di particolari categorie di imprese, la contrattazione collettiva di secondo livello potrà prevedere differenti limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato.
All'art. 79 del CCNL è disciplinato il diritto di precedenza prevedendo che “I lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato nelle ipotesi di cui agli artt. 75 (stagionalità) e 76 (intensificazioni dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno) hanno diritto di precedenza nella riassunzione presso la stessa unità produttiva e con la medesima qualifica”. Tale diritto si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro ed il lavoratore può esercitarlo a condizione che manifesti la propria volontà al datore di lavoro a mezzo comunicazione scritta da recapitarsi entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto lavorativo.
Tra le ulteriori tipologie contrattuali il CCNL contempla anche la somministrazione e il lavoro intermittente.
La somministrazione di lavoro a tempo determinato, disciplinata all'art. 82, è consentita e tale contratto di lavoro subordinato, di durata non superiore a trentasei mesi, comprensivo di eventuali proroghe, è concluso fra un utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione. In ciascuna unità produttiva, il numero dei lavoratori impiegati con contratto di somministrazione a tempo determinato sarà contenuto entro i limiti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale, che possono essere ampliati dalla contrattazione integrativa, aziendale e/o territoriale. La stipula di contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato di durata superiore ad un mese è subordinata alla preventiva verifica della disponibilità dei lavoratori con la stessa qualifica che abbiano manifestato la volontà di esercitare il diritto di precedenza.
Il lavoro intermittente o a chiamata, disciplinato dall'art. 88, può essere stipulato anche a tempo determinato, ed è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione dell'azienda, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei casi e alle condizioni previste dalla contrattazione collettiva. Ad esempio, il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, relative ad attività derivanti da esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive, ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. Tuttavia, va rammentato che tale tipologia contrattuale può in ogni caso essere conclusa con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando, in tale caso, che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il 25° anno di età.
Il ricorso al lavoro intermittente è vietato nelle seguenti ipotesi: a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24 della Legge n. 223/1991 che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario di lavoro, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente; c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i..
Al momento dell'assunzione, il contratto di lavoro dovrà risultare da atto scritto, da consegnarsi in copia al lavoratore, e dovrà contenente le seguenti indicazioni: a) la data di assunzione; b) l'unità produttiva di assegnazione; c) la tipologia e la durata del rapporto di lavoro; d) la durata dell'eventuale periodo di prova; e) l'inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore; f) il trattamento economico.
Ai fini dell'assunzione, in considerazione dell'attività da esercitare, è richiesta al lavoratore assistente bagnanti la documentazione attestante lo stato di servizio e la formazione professionale acquisita. Inoltre, dovranno essere prodotti al datore di lavoro il libretto di idoneità sanitaria per il personale da adibire a quelle attività per cui è richiesto dalla legge; l'attestato di conoscenza di una o più lingue estere per le mansioni che implichino tale requisito; ed eventuali altri documenti e certificati che l'azienda richiederà per le proprie esigenze in relazione anche alle mansioni e all'inquadramento, se dovuti.
Nel caso di lavoratore apprendista, all'atto dell'assunzione egli dovrà produrre il titolo di studio e dichiarare gli eventuali corsi professionali, nonché i periodi di lavoro svolti.
La durata normale del lavoro effettivo è fissata in quaranta ore settimanali suddivise in cinque ovvero sei giorni lavorativi. A tal fine, per lavoro effettivo deve intendersi ogni lavoro che richiede un'applicazione assidua e continuativa; non rientrano in tale accezione il tempo per recarsi al posto di lavoro, i riposi intermedi goduti sia all'interno che all'esterno dell'azienda e le soste comprese tra l'inizio e la fine dell'orario di lavoro giornaliero. I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, sorveglianza, pulizia degli impianti e tutti quei servizi che debbono essere eseguiti al di fuori del normale orario di lavoro, per il regolare espletamento delle suddette attività ovvero per garantire la sicurezza degli stessi preposti, nonché le verifiche e le prove straordinarie ovvero la realizzazione dell'inventario annuale, possono essere eseguiti oltre i limiti del normale orario giornaliero o settimanale.
Le ore di lavoro prestate di domenica dovranno essere retribuite con una maggiorazione pari al 25% sulla quota oraria della normale retribuzione, fermo restando il diritto del lavoratore di godere del riposo compensativo nel giorno successivo, avuto riguardo alle disposizioni legislative vigenti in materia. Tale maggiorazione è omnicomprensiva e non cumulabile. Il lavoratore che nei casi consentiti dalla legge lavori di domenica godrà, oltre che delle percentuali di maggiorazione salariale previste dal comma precedente, anche del prescritto riposo compensativo in altro giorno della settimana da concordare. Per quanto riguarda i doveri del lavoratore, nel caso specifico dell'assistente bagnante, oltre a tenere un contegno rispondente ai doveri inerenti all'esplicazione della sua attività, dovrà attenersi a rapporti improntati al massimo rispetto della dignità, del diritto e della condizione sessuale della persona nei confronti di colleghi, clienti e terzi e conseguentemente astenersi, anche in ragione della posizione ricoperta, da comportamenti riconducibili a forme di molestie sessuali. L'assistente bagnanti ha la responsabilità della sicurezza dei bagnanti e ne risponde in prima persona sia sotto l'aspetto civile che penale.
Sotto il profilo civilistico, occorre chiarire che le attività pericolose, che per loro stessa natura od anche per i mezzi impiegati, rendono probabile e non semplicemente possibile il verificarsi di un evento dannoso e importano responsabilità ex art. 2050 c.c., devono essere tenute distinte da quelle normalmente innocue che possono diventare pericolose per la condotta di chi le esercita e che comportano responsabilità secondo la regola generale ex art. 2043 c.c.
La responsabilità civile si divide in due categorie: 1) Responsabilità contrattuale: deriva dalla stipulazione di un contratto scritto e riguarda, nel caso specifico dell'assistente bagnanti, la violazione degli accordi presenti nel contratto di assunzione; 2) Responsabilità extracontrattuale: riguarda la regola generale per la quale qualunque fatto doloso o colposo che provoca un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno, quindi è la responsabilità, nel caso specifico dell'assistente bagnanti, verso terzi che prescinde dall'esistenza di un contratto scritto.
In tal senso, quindi, “il rischio di scivolare sul bordo di una piscina, trattandosi di una superficie normalmente bagnata proprio a ragione dell'attività che vi si svolge, va doverosamente calcolato ed evitato (ad es. utilizzando calzature adeguate e comunque adeguandosi alla massima prudenza), non potendosi poi invocare, una volta che una caduta dannosa si è verificata, come fonte di responsabilità l'esistenza di una situazione di pericolo che rientra nel rischio generico proprio dei luoghi, evitabile in base a una condotta normalmente diligente” (Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2015, n. 9009, in Diritto & Giustizia 2015).
In particolare, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più l'incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.
Ai fini dell'individuazione della responsabilità per danni, ex art. 2043 c.c., derivanti, ad esempio, da un tuffo in piscina dove la profondità dell'acqua è bassa, posto che, secondo le comuni regole di prudenza, il gestore deve predisporre mezzi idonei a segnalarne la profondità e un esplicito cartello per vietare i tuffi, dove la profondità non li consente in sicurezza, qualora tale condotta risulti omessa, “andrà valutata l'incidenza causale di tale omissione rispetto all'evento, non apparendo inverosimile - alla luce del criterio della cosiddetta causalità adeguata - che idonei segnali di pericolo possano svolgere un effetto dissuasivo sul comportamento dell'uomo medio, e, tanto più su quello di un'adolescente. Inoltre, ai fini di stabilire la misura della concorrenza del comportamento colposo della vittima e della omessa apposizione di segnaletica, rileverà se il tuffo è avvenuto dal lato corto della piscina, dove l'acqua era senz'altro bassa, o dal lato lungo, dove la profondità non era omogenea, nonché la valutazione della giovane età della vittima rispetto alla maturità psicologica ipotizzabile” (Cass. civ., sez. III, 02 marzo 2011, n. 5086, in Diritto e Giustizia online 2011).
In questi casi nessuna responsabilità potrà essere ascritta all'assistente bagnanti qualora lo stesso possa dimostrare di aver posto in essere l'attività di sorveglianza facendo rispettare gli accorgimenti utili alla sicurezza per evitare i comportamenti potenzialmente pericolosi. Il ruolo dell'assistente bagnanti che si estrinseca nella sorveglianza può portare ad un intervento di primo soccorso, da effettuarsi secondo criteri ben precisi perché il ruolo che in quel momento l'assistente bagnanti è chiamato a coprire lo abilita e lo obbliga a fare quel determinato intervento. Pertanto, affinchè si possa configurare una eventuale responsabilità penale, direttamente collegata all'attività di sorveglianza e di primo soccorso, devono sussistere due condizioni: 1) la colpa: come recita l'art. 43 c.p. il delitto “è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”; 2) il nesso di causalità materiale: deve essere dimostrata la colpa dell'assistente bagnanti nel cagionare in maniera diretta ed univoca un danno. Ad esempio, se una persona viene colpita da infarto in acqua e mentre l'assistente bagnanti la recupera si spaventa ed ha un blocco per il quale non riesce ad effettuare le manovre di rianimazione in maniera corretta, si configura l'imperizia. Tuttavia, se si prova che quella persona comunque non sarebbe potuta sopravvivere anche se l'assistente bagnanti avesse fatto tutte le manovre nel giusto modo, allora l'assistente bagnanti non può essere penalmente perseguito.
La colpa, dunque, si può instaurare quando ci si trova di fronte a queste eventualità: negligenza, imperizia, imprudenza, inosservanza di leggi e regolamenti. a) la negligenza, intesa come omesso compimento di un'azione doverosa, si configura quando un assistente bagnanti non attua un'ottima attività preventiva e di sorveglianza, non liberando ad esempio il piano vasca dalla presenza di eventuali ostacoli, assentandosi dal suo posto senza essere sostituito adeguatamente. È negligente l'assistente bagnanti che non ottempera ai propri doveri istituzionali, insiti nella professione e che si comporta con noncuranza verso i compiti assegnati, con disattenzione verso il controllo balneare, che non pone sollecitudine ad un suo intervento di salvataggio, che non interviene con le dovute cautele del caso, che ha scarso rispetto del proprio ruolo di soccorritore, che non soddisfa il compito assegnatogli, prevaricando gli altrui diritti.
b) l'imprudenza, intesa come inosservanza di un divieto assoluto di agire o di un divieto di agire secondo determinate modalità, invece, è l'insieme di tutte le azioni che se compiute potrebbero impedire all'assistente bagnanti di sorvegliare attentamente la vasca o potrebbero arrecare danni ad altre persone. È imprudente l'assistente bagnanti che compie atti da cui si dovrebbe astenere, arrecando danno con il suo operato. Imprudente è colui che non pone la giusta ponderazione e giudizio verso un salvataggio possibile, che non riflette sulla scelta di un recupero in acqua, che non rinuncia ad un atto che può produrre una condizione di pericolo, che si pone di fronte ad un'emergenza con avventatezza, che compie un atto sconsiderato nel compimento del suo lavoro.
c) l'imperizia, intesa come negligenza o imprudenza in attività che richiedono l'impiego di particolari abilità o cognizioni, è una delle accuse in cui può incorrere più frequentemente l'assistente bagnanti: significa non essere stati in grado di fare bene qualcosa che un soggetto qualificato come l'assistente bagnanti avrebbe dovuto saper fare e per la quale è stato istruito oppure fare male o non fare quello per cui si è chiamati a ricoprire tale ruolo. È il caso, ad esempio, in cui l'assistente bagnanti soccorre un individuo e pur recuperandolo in modo perfetto non compie le adeguate manovre di rianimazione (BLS), per cui l'individuo muore e in tal caso l'assistente bagnanti può essere accusato di omicidio colposo. Sussiste imperizia quando l'assistente bagnanti non è più abile teoricamente e praticamente alla sua professione ossia colui che ha dimenticato le conoscenze teoriche apprese durante il corso di formazione, che non ha aggiornato le sue conoscenze tecniche di rianimazione, che ha omesso di seguire corsi di aggiornamento sulle tematiche del salvamento, che non ha ottemperato al suo allenamento natatorio, che non ha perseguito la formazione permanente sulle nuove tecniche di soccorso in acqua, che è incorso in una deficienza di abilità sia essa fisica che psichica.
d) l'inosservanza di leggi e regolamenti fa riferimento a quanto emanato da enti pubblici e privati e riguardano tutte le situazioni in cui la colpa dell'assistente bagnanti deriva dal non aver osservato tali regole: ad esempio se non si rispetta il numero di assistenti bagnanti obbligatori per ogni vasca stabiliti dalla normativa vigente si configura la colpa. Per costante giurisprudenza, pertanto, “l'istruttore di nuoto abilitato anche all'assistenza bagnanti, in servizio presso una piscina, è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell'art. 40, comma 2 c.p., collegata alle sue qualifiche professionali, in forza della quale è tenuto ad assicurare l'applicazione, nella piscina, delle norme di prudenza prescritte dalla Federazione italiana nuoto” (Cass. pen., sez. IV, 18 aprile 2005, n. 27396).
Il bagnino risponde penalmente della morte del natante, nel caso in cui, colposamente, non intervenga per salvarlo; egli è tenuto non solo ad agire nel caso in cui il pericolo sia evidente, ma deve anche tenere una condotta diligente al fine di poter realizzare in tempo l'esistenza di pericoli occulti. Infatti, “il compito dell'assistente ai bagnanti è proprio quello di scongiurare sul nascere situazioni di pericolo, non solo ove le stesse appaiano macroscopicamente percepibili (come nel caso di colui che vistosamente si dimena non sapendo nuotare), ma soprattutto nelle ipotesi in cui il bagnante, vittima di una un malore, manifestatosi in forma subdola, si abbandoni, inerte e silente, sull'acqua (confermando la decisione dei giudici del merito, la Corte ha riconosciuto la responsabilità di un'accompagnatrice e di un'assistente bagnante per la morte dovuta ad annegamento di un minore colto da malore, atteso che non si erano accorte per tempo del sopravvenire dell'improvviso malore che aveva portato all'annegamento)” (Cass. pen., sez. IV, 18 aprile 2013, n. 24165 in Diritto & Giustizia 2013).
Al fine di potersi tutelare da ogni tipo di eventualità, l'assistente bagnanti, in occasione di un incidente, per il quale sia necessario un soccorso, deve sempre compilare il verbale d'incidente. Gli elementi che rendono valido e attendibile il verbale sono i dati minimi indispensabili, ossia:
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