Allontanamento dei cittadini degli altri stati membri dell'unione europea

Lunella Caradonna
20 Luglio 2018

L'art. 20 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce che è cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi.
Inquadramento

L'art. 20 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce che è cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.

Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi (art. 21 TFUE).

I cittadini dell'Unione europea hanno, quindi, il diritto di circolare e il diritto di soggiornare nel territorio degli altri Stati membri dell'Unione europea, ma tali diritti non sono assoluti, poiché vanno esercitati in conformità delle norme comunitarie che li regolano e che prevedono che gli stessi possono essere sottoposti a limitazioni stabilite da ogni Stato membro giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (artt 45 e 53 TFUE).

Due sono gli interessi che vengono in considerazione all'interno dell'Unione europea: l'interesse del cittadino a muoversi liberamente all'interno del territorio degli Stati membri dell'Unione europea e l'interesse degli Stati membri al rispetto dell'ordine pubblico e della sicurezza del territorio, oltre che alla sostenibilità finanziaria del sistema sanitario.

In questi principi trova fondamento la normativa che prevede che il cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea (che non sia un cittadino italiano) che non abbia i requisiti per potere circolare liberamente o soggiornare sul territorio italiano può essere destinatario di un provvedimento di allontanamento.

Le norme principali in tema di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell'Unione europea sono dettate dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 e successive modificazioni, che ha dato attuazione alla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, che in un'ottica di superamento della concezione esclusivamente economica del diritto di soggiorno (concesso soltanto ai soggetti che svolgevano un'attività lavorativa) individua come soggetti beneficiari delle norme anche i pensionati, gli studenti e, in genere, tutti i soggetti inattivi, pur con la previsione che questi soggetti siano in possesso di risorse economiche sufficienti e siano titolari di un'assicurazione contro il rischio di malattia.

La normativa e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'unione europea

La direttiva 2004/38/CE disciplina il regime della libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea e prevede alcune limitazioni del potere dello Stato ospitante di emanare un provvedimento di allontanamento del cittadino dell'Unione europea.

Due sono le ipotesi previste dalla normativa comunitaria:

  • la prima riguarda le situazioni in cui il cittadino dell'Unione europea non possiede o non possiede più le condizioni per avere diritto al soggiorno (artt. 14 e 15, direttiva 2004/38/CE);
  • la seconda concerne le situazioni in cui sussistano ragioni di ordine o sicurezza pubblica (artt. 27-33, direttiva 2004/38/CE).

In ambedue le ipotesi, è possibile che il cittadino dell'Unione europea (o il suo familiare) sia allontanato dallo Stato ospitante.

Il potere dello Stato membro di allontanamento del cittadino europeo è specificamente regolamentato nei suoi presupposti, garanzie procedurali, modalità di esecuzione e tutela giurisdizionale dalla normativa europea poi recepita in Italia e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, con l'ulteriore ausilio della Commissione europea che ha fornito la corretta interpretazione dei principi stabiliti dal legislatore europeo avuto riguardo anche ai principi fissati dalla Corte di Giustizia.

La Corte di giustizia, intervenuta più volte in materia, ha, innanzi tutto, chiarito che la libera circolazione delle persone costituisce principio cardine su cui si fonda l'Unione europea, sicché le norme che derogano a tale principio devono essere interpretate in senso restrittivo (Corte di giustizia, sentenza Jipa, C-33/07).

In secondo luogo, la Corte di giustizia ha fissato tre principi che gli Stati membri devono rispettare sia in fase di determinazione delle norme, sia in fase di emissione di provvedimenti di allontanamento, pure ribaditi nell'art. 27, direttiva 38/2004/CE:

  • il principio di personalità secondo cui i provvedimenti devono essere adottati caso per caso e avuto riguardo al comportamento personale del soggetto a cui sono applicati e non per ragioni di prevenzione generale o per motivazioni di natura economica (Corte di giustizia, sentenza Calfa, C-348/906);
  • il principio di attualità e gravità del pericolo in ragione del quale il provvedimento di allontanamento deve essere motivato dalla sussistenza di un pericolo attuale e grave (Corte di giustizia, sentenza Oliveri, C-493/01);
  • il principio di proporzionalità che richiede un bilanciamento tra l'intensità del pregiudizio arrecato allo Stato ospitante dalla persona e il livello di integrazione, dato dai legami familiari e dai vincoli sociali, della stessa persona nello Stato (Corte di giustizia, sentenza Orfanopoulos, C.482/01).
Ordine pubblico e pubblica sicurezza

Come già detto la limitazione della libertà di circolazione e soggiorno può avvenire solo per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (art. 27, direttiva 38/2004/CE).

La Commissione europea, con la comunicazione (2009) 313, ha fornito agli Stati membri alcune indicazioni concrete sotto lo specifico profilo dell'interpretazione delle nozioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.

Il principio generale è che gli Stati membri sono liberi di determinare i requisiti in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza in relazione alle loro necessità, ma devono interpretare tali requisiti in senso restrittivo e devono definire in modo chiaro quali siano gli interessi tutelati; la sicurezza pubblica riguarda sia la sicurezza interna, che quella esterna e non può essere estesa a provvedimenti che dovrebbero fondarsi sull'ordine pubblico; l'ordine pubblico è strettamente correlato alla prevenzione delle turbative dell'ordine sociale; il provvedimento non può basarsi esclusivamente su motivi di tutela dell'ordine pubblico o di pubblica sicurezza avanzati da un altro Stato membro; non possono essere adottati provvedimenti per motivi di prevenzione generale e/o per motivi estranei al comportamento personale dell'interessato.

La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'adozione di provvedimenti di allontanamento e il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società.

I provvedimenti di allontanamento non possono essere giustificati da un rischio generale: il comportamento tenuto in passato dalla persona può essere preso in considerazione soltanto se vi è probabilità di recidiva.

La sospensione condizionale della pena costituisce un elemento molto importante per valutare l'attualità della minaccia e l'esistenza di una condanna penale può essere presa in considerazione solo nei limiti in cui le circostanze che hanno portato alla condanna provino un comportamento personale che rappresenti una minaccia attuale per l'ordine pubblico.

Con specifico riferimento ai reati commessi dall'interessato, la Commissione ha precisato che la valutazione che l'autorità è chiamata a fare è di tipo prognostico, nel senso che la decisione deve essere fondata su una previsione su quello che potrà essere il comportamento futuro dell'interessato; che la natura e il numero delle condanne sono rilevanti nel quadro della predetta valutazione prognostica, con la conseguenza che occorre tenere conto della natura dei reati, della loro gravità e della frequenza dei reati commessi, nonché del danno e della lesione subita.

Il rischio di recidiva, come già detto, in tale contesto diventa un elemento importante da prendere in considerazione e rileva anche la recidiva di reati minori complessivamente commessi, anche se i singoli reati non sono indice di una minaccia sufficientemente grave.

In evidenza

Limitazioni all'allontanamento per determinate categorie di persone:

  • i titolari di permesso permanente non possono essere allontanati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che non siano “gravi” (art. 20, comma 6, d.lgs. n. 30/2007);
  • i minori e i soggiornanti da più di dieci anni possono essere allontanati solo per motivi di sicurezza dello Stato e «motivi imperativi di pubblica sicurezza» (art. 20, comma 7, d.lgs. n. 30/2007);.
La proporzionalità

Il requisito della proporzionalità è strettamente connesso a quello del comportamento personale dell'interessato.

Difatti, l'Autorità amministrativa, dopo avere accertato che il comportamento personale dell'interessato rappresenta una minaccia all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza concreta, effettiva e sufficientemente grave, tale da giustificare un provvedimento restrittivo, deve effettuare una valutazione di proporzionalità.

E ciò al fine di stabilire se l'interessato possa essere negato l'ingresso oppure se possa essere allontanato per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

Necessita in primo luogo l'individuazione degli interessi tutelati , in secondo luogo la valutazione della minaccia (grado di pericolo, precedenti penali, tempo trascorso dalla commissione degli atti, comportamento dell'interessato) e in terzo luogo l'esame della situazione personale e familiare dell'interessato (durata del soggiorno, età, situazione familiare ed economica, condizioni di salute, integrazione sociale e culturale, legami con il paese di origine).

L'art. 28 della direttiva 2004/38/CE specifica quali sono i fattori da tenere in considerazione.

L'elenco è considerato privo del carattere della tassatività: incidenza dell'allontanamento sulla situazione economica, personale e familiare dell'interessato e dei familiari che hanno diritto di restare nello Stato membro ospitante; gravità delle difficoltà cui rischiano di incorrere il coniuge/partner e i figli nel paese di origine dell'interessato; intensità dei legami (parenti, visite, conoscenze linguistiche) o mancanza di legami con lo Stato membro d'origine e con lo Stato membro ospitante; durata del soggiorno nello Stato membro ospitante; età e stato di salute.

In evidenza

Il provvedimento di allontanamento di un cittadino dell'Unione europea è validamente emanato se si fonda su comportamenti individuali, valutati anche in considerazione della posizione familiare, economica e sociale dell'interessato, e se il comportamento personale costituisce una minaccia reale, attuale e determinante un grave pregiudizio per un interesse fondamentale della società.

Il procedimento e il provvedimento di allontanamento

La normativa in materia di provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari è dettata dal d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30 (artt. 13-22), poi modificato dal d.lgs. 28 febbraio 2008, n. 32, dal d.l. 23 giugno 2011, n. 89, conv. con modif. dalla l. 2 agosto 2011, n. 129 e dal d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150.

Di recente con d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, con il quale sono state dettate disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale e per il contrasto dell'immigrazione illegale, sono state apportate modifiche al d.lgs. n.30/2007 (specificamente all'art. 20-ter) e all'art. 1 è stata prevista l'istituzione delle sezioni specializzati in materia di immigrazione, protezione e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea presso i tribunali ordinari del luogo dove hanno sede le Corti d'appello.

L'allontanamento dei cittadini comunitari è previsto nelle seguenti ipotesi considerate tassative: cessazione delle condizioni che determinato il diritto di soggiorno; motivi di sicurezza dello Stato; motivi imperativi di pubblica sicurezza; altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (artt. 20 e 21, d.lgs. n. 30/2007).

In evidenza

Le misure di allontanamento si applicano:

  • ai cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea che si trovano in Italia;
  • ai familiari, anche extracomunitari, dei cittadini dell'Unione europea che si trovano in Italia;
  • ai familiari, comunitari od extracomunitari, dei cittadini italiani.

L'allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato concerne le ipotesi in cui è messa in pericolo la stabilità delle istituzioni dello Stato (per es. per un attacco terroristico) e si verifica quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie indicate nell'art. 18 l. 22 maggio 1975, n. 152 e successive modificazioni.

Va ricordato, tuttavia, che la predetta norma è stata abrogata dall'art. 120 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e che l'art. 4 del citato d.lgs n. 159/2011 riproduce tutte le fattispecie contenute nella norma abrogata [lett. d), e), f), g), h), i)].

L'allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato è disposto anche quando vi sono fondati motivi di ritenere che la permanenza nel territorio dello Stato della persona da allontanare possa, in qualsiasi modo, agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.

Il provvedimento è adottato con decreto del Ministro dell'Interno che tiene conto anche di eventuali condanne pronunciate per reati contro la personalità dello Stato.

L'allontanamento può essere disposto anche per motivi imperativi di pubblica sicurezzae il provvedimento è adottato dal Prefetto del luogo di residenza o di dimora del destinatario, salvo che il destinatario del provvedimento sia una persona che abbia soggiornato in Italia per dieci anni o un minore, nel qual caso è competente il Ministro dell'Interno.

I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica (art . 20, comma 3, d.lgs. n. 30/2007).

Conformemente alla normativa europea l'art. 20 del d.lgs. n. 30/2007 prevede che ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto, anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona; di eventuali condanne per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell'art. 8 della l. 22 aprile 2005, n. 69; di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'art. 444 c.p.p. per i medesimi delitti o dell'appartenenza a taluna delle categorie indicate all'art. 1 della l. 27 dicembre1956, n. 1423, e successive modificazioni, o all'art. 1 della l. 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere (in base all'art. 116, d.lgs. n. 159/2011 i riferimenti a tali disposizioni oggi abrogate devono oggi essere riferiti alle ipotesi previste negli artt. 1 e 4 del d.lgs. n. 159/2011).

La legge prevede ancora l'adozione di un provvedimento di allontanamento per altri motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza: esso è adottato dal Prefetto del luogo di residenza o di dimora del destinatario e riguarda le situazioni di persone che non rientrano nelle fattispecie sopra descritte ma che comportano comunque un rischio grave e attuale per le istituzioni dello Stato o la società civile.

Gli studiosi della materia hanno sollevato dei dubbi nei confronti di tale ultima ipotesi per la genericità dei presupposti previsti per l'adozione dei provvedimenti di allontanamento che non rispetterebbe la prescrizione di indicare esattamente gli interessi tutelati, prescrizione affermata, come già detto, anche dalla Commissione europea nella comunicazione (2009) 313, citata.

In ultimo è prevista l'adozione di un provvedimento di allontanamento per motivi di salute pubblica.

Le malattie o le infermità che vengono in rilievo (che non devono insorgere dopo l'ingresso nel territorio italiano, ma devono preesistere a tale ingresso) sono quelle che hanno un potenziale epidemico individuate dall'Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani.

La normativa italiana ha riprodotto gli stessi principi di diritto dell'Unione europea come presupposti di adozione dei provvedimenti di allontanamento:

  • principio di proporzionalità;
  • non sussistenza di ragioni di ordine economico e di motivi estranei ai comportamenti individuali dell'interessato;
  • presenza di una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave all'ordine pubblico e alla pubblica sicurezza;
  • l'esistenza di condanne penali non giustifica di per sé l'adozione del provvedimento di allontanamento;
  • valutazione della situazione di fatto in cui si trova la persona oggetto del provvedimento, ovvero della durata del soggiorno in Italia e dell'età della persona; della situazione familiare ed economica; dello stato di salute; dell'integrazione sociale e culturale nel territorio italiano; dell'importanza dei suoi legami col paese di origine.

I provvedimenti di allontanamento per ragioni di ordine pubblico e sicurezza pubblica sono adottati dal Prefetto o dal Ministro dell'interno tenendo conto anche delle segnalazioni motivate del sindaco del luogo di residenza o di dimora del destinatario del provvedimento (segnalazioni che non sono vincolanti e devono essere motivate).

Il provvedimento di allontanamento deve essere motivato (si è parlato di un'attività vincolata, sia pure subordinata ad una serie di accertamenti di fatto), fatta eccezione per i provvedimenti adottati per motivi attinenti alla sicurezza dello Stato.

La legge prevede l'obbligo di traduzione del provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o di pubblica sicurezza se il destinatario non conosce la lingua italiana.

Nel caso che sia accertato la mancata conoscenza della lingua italiana, il provvedimento è tradotto anche mediante formulari in lingua comprensibile, se però ciò non sia possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione, l'atto sarà tradotto in francese, inglese, spagnolo o tedesco, secondo la preferenza indicata dall'interessato.

La valutazione della conoscenza o meno della lingua italiana è operata dall'Autorità amministrativa e può essere possibile motivo di impugnazione.

Come già detto, il provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o di pubblica sicurezza è atto recettizio e, quindi, deve essere notificato e deve indicare i termini e le modalità per l'impugnazione, oltre che il termine per l'allontanamento (fatta eccezione per i casi di immediata esecuzione nei casi di urgenza) e la durata del divieto di reingresso (tranne nelle ipotesi di cui all'art. 21, d.lgs. n. 30/2007).

Modalità di esecuzione del provvedimento di allontanamento

Le modalità di esecuzione dei provvedimenti di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o di sicurezza pubblica sono di due tipi:

  • l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato italiano entro un determinato termine che di regola non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica, ma può essere ridotto nei casi di comprovata urgenza, che deve essere specificamente motivata;
  • l'accompagnamento alla frontiera da parte delle forze di polizia.

Se il destinatario non lascia il territorio dello Stato italiano nel termine fissato il provvedimento è eseguito con allontanamento alla frontiera disposto dal Questore e detto provvedimento deve essere inviato al tribunale ordinario in composizione monocratica che deve convalidarlo entro le successive quarantotto ore.

La competenza, dopo la richiamata novella legislativa del 2017, è del tribunale ordinario del luogo nel quale hanno sede le Corti d'appello.

L'art. 3, comma 1, lett. b) del d.l. n. 13/2017, conv. con modif. dalla l. n. 46/2017, ha previsto che le istituite sezioni specializzate hanno competenza anche per le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione del provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per gli altri motivi di pubblica sicurezza di cui all'art. 20, d.lgs. n. 30/2007, ovvero pe i motivi di cui all'articolo 21 del medesimo decreto legislativo, nonché per i procedimenti di convalida dei provvedimenti previsti dall'art. 20-ter, d.lgs. n. 30/2007.

In deroga, poi, a quanto previsto dall'art. 50-bis, comma 1, n. 3), c.p.c., nelle controversie sopra indicate il tribunale giudica in composizione monocratica (art. 3, comma 4, d.l. n. 13/2007, conv. con modif. dalla l. n. 46/2017).

Il criterio di competenza territoriale è quello dell'autorità che ha adottato il provvedimento impugnato.

É, quindi, territorialmente competente la sezione specializzata nella cui circoscrizione ha sede l'autorità che ha adottato il provvedimento impugnato (art. 4, comma 1, d.l. n. 13/2007, conv. con modif. dalla l. n. 46/2017).

Nel caso di urgenza perché l'ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza, il questore può eseguire immediatamente il provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o di sicurezza mediante l'adozione di un provvedimento di accompagnamento alla frontiera da parte delle forze di polizia (art. 20, comma 11, d.lgs. n.30/2007).

In tale ipotesi, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998, ma il giudice competente a disporre la convalida sarà il tribunale ordinario (sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea) in composizione monocratica (art. 20-ter, d.lgs. n. 30/2007) e non il giudice di pace.

Nello specifico, il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al tribunale ordinario in composizione monocratica territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera.

L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida.

Quando l'interessato è trattenuto in un centro di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 286/1998, la sua partecipazione all'udienza per la convalida avviene, ove possibile, a distanza, mediante un collegamento audiovisivo, tra l'aula d'udienza e il centro. E' sempre consentito al difensore, o a un suo sostituto, di essere presente nel luogo ove si trova il richiedente. Un operatore della polizia di Stato è presente nel luogo ove si trova il richiedente e ne attesta l'identità e dà atto, se ha luogo l'audizione del richiedente, delle cautele adottate per assicurare la regolarità dell'audizione con riferimento al luogo dove si trova e a tal fine interpella, ove occorra, il richiedente e il suo difensore e delle operazioni svolte redige verbale (art. 20-ter, come modificato dal d.l. n. 13/2007, conv. con modif. dalla l. n. 46/2017).

Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un difensore di fiducia munito di procura speciale.

Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice e, se necessario, da un interprete.

L'autorità che ha adottato il provvedimento può stare in giudizio personalmente anche avvalendosi di funzionari appositamente delegati.

Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini e la sussistenza dei requisiti previsti per l'allontanamento.

Se la convalida è concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo.

Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto.

Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice deve provvedere alla convalida decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria.

Specifiche regole sono, poi, dettate quando si tratta di eseguire un provvedimento di allontanamento coattivo e la persona interessata sia sottoposta a procedimento penale (art. 20-bis, d.lgs. n. 30/2017).

In particolare si richiamano le norme di cui all'art. 13, commi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quinquies, d.lgs. n. 286/1998.

É, altresì, previsto che, in deroga alle disposizioni del divieto di reingresso, il destinatario del provvedimento di allontanamento, sottoposto a procedimento penale ovvero parte offesa nello stesso, può essere autorizzato a rientrare nel territorio dello Stato, dopo l'esecuzione del provvedimento, per il tempo strettamente necessario all'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o di compiere atti per i quali è necessari ala sua presenza, salvo che la presenza dell'interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.

L'autorizzazione viene rilasciata dal questore, anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare, su richiesta documentata del destinatario del provvedimento di allontanamento o del suo difensore.

Il divieto di reingresso

La regola generale prevede che tutti i provvedimenti di allontanamento disposti per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o di sicurezza pubblica prevedono il divieto di reingresso nel territorio dello Stato italiano e specificamente:

divieto di rientro non superiore a 10 anni se l'allontanamento è disposto per motivi di sicurezza dello Stato o divieto di rientro non superiore a 5 anni negli altri casi.

La scelta della durata è discrezionale ed è soggetta all'obbligo della motivazione.

La violazione del divieto di reingresso integra una fattispecie di reato punita con la reclusione fino a due anni se il motivo dell'allontanamento è la sicurezza dello Stato e fino ad un anno negli altri casi.

La pena è fino a tre anni di reclusione se il reingresso illegale avviene a seguito di un provvedimento di allontanamento disposto dal giudice come sanzione sostitutiva della detenzione.

Il destinatario del provvedimento di allontanamento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso dopo che, dall'esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso decorsi tre anni.

La domanda deve essere motivata e deve contenere gli elementi a supporto dell'avvenuto mutamento delle circostanze che hanno motivato la decisione di vietarne il reingresso nel territorio nazionale.

Sulla domanda decide, con atto motivato ed entro sei mesi dalla sua presentazione, l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento.

Durante l'esame della domanda l'interessato non ha diritto di ingresso nel territorio nazionale.

Altri provvedimenti di allontanamento

Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europeao dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può essere adottato anche quandovengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell'interessato ai sensi degli artt. 6, 7 e 13 e salvo quanto previsto dagli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 30/2007.

Il provvedimento di allontanamento per cessazione del diritto di soggiorno è adottato dal prefetto, territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, anche su segnalazione motivata del sindaco del luogo di residenza o dimora, con atto motivato e notificato all'interessato.

Il provvedimento è adottato tenendo conto della durata del soggiorno dell'interessato, della sua età, della sua salute, della sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami con il paese di origine.

Anche in queste ipotesi il provvedimento deve essere motivato e deve riportare le modalità di impugnazione, nonché il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese.

Se il destinatario non comprende la lingua italiana, si applicano le disposizioni di cui all'art. 20, comma 10, d.lgs. n. 30/2007.

A differenza del provvedimento adottato per motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza, il provvedimento di allontanamento adottato per la cessazione del diritto di soggiorno non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale.

Nei confronti del soggetto che non ottempera al provvedimento di allontanamento per cessazione del diritto di soggiorno e che sia stato individuato sul territorio dello Stato oltre il termine fissato per lasciare il territorio dello Stato, senza aver provveduto alla presentazione dell'attestazione di cui al comma 3, il prefetto può adottare un provvedimento diallontanamento coattivo per motivi di ordine pubblico, ai sensi dell'art. 20, d.lgs. n.30/2007, immediatamente eseguito dal questore con accompagnamento alla frontiera.

In evidenza

Altri tipi di provvedimenti di allontanamento sono disposti nei casi previsti dal codice penale e specificamente dagli artt. 235 e 312 c.p., nonché dall'art. 86 del d.P.R. n. 309/1990.

L'ordine giudiziario di allontanamento, anche se ha natura di misura di sicurezza, deve essere disposto in conformità ai criteri e alle modalità previsti dall'art. 20, d.lgs. n. 30/2007.

E tuttavia, detto ordine, essendo misura di sicurezza, è sempre revocabile dal magistrato di sorveglianza qualora cessi la pericolosità sociale del condannato (artt. 207 e 208 c.p.) e deve essere eseguito al termine dell'espiazione della pena detentiva o, in mancanza, al momento in cui la sentenza diventa definitiva (art. 211 c.p.).

La tutela giurisdizionale

Il soggetto colpito da un provvedimento di allontanamento ha il dritto di «accedere ai mezzi di impugnazione giurisdizionali e, all'occorrenza, amministrativi nello Stato membro ospitante, al fine di presentare ricorso o chiedere la revisione di ogni provvedimento adottato nei suoi confronti per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica» (art. 31, direttiva 2004/38/CE).

L'art. 22 del d.lgs. n. 30/2007 disciplina le modalità in cui si realizza la tutela giurisdizionale del destinatario di un provvedimento di allontanamento.

A seconda del tipo di provvedimento di allontanamento, la giurisdizione è affidata al giudice amministrativo o al giudice ordinario.

La competenza a trattare il ricorso contro il provvedimento di allontanamento adottato per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi di ordine pubblico, è del giudice amministrativo e il giudizio si svolge secondo le norme del codice del processo amministrativo, emanato con il d.lgs. n. 104/2010.

Le controversie avverso i provvedimenti di allontanamento disposti per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi di ordine pubblico sono devolute alla competenza inderogabile del TAR del Lazio, sede di Roma (art. 135, d.lgs. n. 104/2010).

L'art. 22 del d.lgs. n. 30/2007 prevede che l'interessato può sottoscrivere personalmente il ricorso avverso i provvedimenti di allontanamento; il ricorso può essere presentato anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana; in tal caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza; la procura speciale al difensore è rilasciata avanti all'autorità consolare, presso cui sono eseguite le comunicazioni relative al procedimento; è possibile presentare un'istanza di sospensione dell'esecutorietà del provvedimento di allontanamento e fino all'esito dell'istanza di sospensione presentata l'efficacia del provvedimento di allontanamento resta sospesa, salvo che il provvedimento si fondi su una decisione giudiziale precedente o su motivi di sicurezza dello Stato.

La competenza a trattare il ricorso contro il provvedimento di allontanamento adottato per motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o per cessazione delle condizioni che determinano il diritto al soggiorno, è del tribunale ordinario,in composizione monocratica, del luogo in cui ha sede l'autorità che ha adottato ilprovvedimento impugnato e il giudizio si svolge secondoil rito sommario di cognizione regolato dal d.lgs. n. 150/2011.

L'art. 17 del d.lgs. n. 150/2011 prevede che il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero; il ricorso può essere depositato anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare italiana. In tal caso l'autenticazione della sottoscrizione e l'inoltro all'autorità giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della rappresentanza e le comunicazioni relative al procedimento sono effettuate presso la medesima rappresentanza; la procura speciale al difensore è rilasciata altresì dinanzi all'autorità consolare; non è necessaria l'assistenza di un avvocato; l'interessato può chiedere la sospensione dell'efficacia del provvedimento; su tale istanza, il giudice provvede con ordinanza non impugnabile, sentite le parti; l'allontanamento dal territorio italiano non può avere luogo fino alla pronuncia sull'istanza di sospensione, salvo che il provvedimento sia fondato su una precedente decisione giudiziale o su motivi imperativi di pubblica sicurezza; il giudice decide sull'istanza di sospensione prima della scadenza del termine entro il quale il ricorrente deve lasciare il territorio nazionale.

É consentito al cittadino comunitario o al suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, cii è stata negata la sospensione del provvedimento di allontanamento, a domanda, l'ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale per partecipare al procedimento di ricorso, salvo che la sua presenza possa procurare gravi turbative o grave pericolo all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.

L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell'interessato.

Nell'ipotesi di rigetto del ricorso l'interessato deve lasciare immediatamente il territorio nazionale.

In evidenza

La difesa tecnica non è necessaria e la parte può stare in giudizio personalmente.

Si applicano le norme generali in materia di ammissione al patrocinio per i non abbienti a spese dello Stato, poiché il d.lgs. n. 30/2007 non disciplina il gratuito patrocinio a differenza dei ricorsi contro i provvedimenti di espulsione dei cittadini extracomunitari previsto dagli artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 286/1998.

In tema di contributo unificato, non essendo previsto nulla, si applicano le regole ordinarie.

Riferimenti
  • A. Adinolfi, La libertà di circolazione delle persone, in G. Strozzi (a cura di), Diritto dell'Unione Europea, parte speciale, Torino, 2006;
  • G. Tesauro, Diritto comunitario, Padova, 2003.
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