Delega per la partecipazione all'assemblea

Alberto Celeste
31 Luglio 2018

Posta la facoltà del condomino di intervenire o meno in assemblea, il codice civile conferisce al singolo la possibilità di partecipare a mezzo di un delegato; tale delega, però, soggiace a determinate condizioni, e rivela profili problematici allorché l'unità immobiliare risulta in comproprietà tra più persone; resta inteso che l'eventuale inottemperanza del delegato alle istruzioni impartite dal delegante riguarda solo il profilo interno del rapporto, senza alcuna influenza nella sfera della formazione della volontà collettiva.
Inquadramento

La delega è lo strumento mediante il quale il singolo condomino - regolarmente convocato alla riunione condominiale dall'amministratore o, eccezionalmente, da uno o più condomini - il quale non possa o non voglia partecipare all'assemblea, di conferire ad un altro soggetto la possibilità di considerarlo comunque presente all'adunanza, al fine di adottare le relative decisioni poste all'ordine del giorno.

Al riguardo, l'incipit del novellato primo comma dell'art. 67 disp. att. c.c. è lo stesso del testo precedente alla l. n. 220/2012, di riforma della normativa condominiale, confermando, dunque, il principio generale secondo il quale «ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante», e ciò in ogni caso, e non solo a causa di un impedimento, essendo appunto la partecipazione all'assemblea rimessa alla volontà del singolo.

In tal modo, il condomino delegante è considerato “presente” ad ogni effetto, con ovvii riflessi in ordine alla legittimazione all'impugnazione ed alla decorrenza per il ricorso all'autorità giudiziaria (ai fini del calcolo del quorum costitutivo, ad esempio, si deve procedere all'appello nominativo dei condomini, presenti personalmente o per delega, ed alla contemporanea somma dei millesimi relativi alle varie unità immobiliari site nell'edificio condominiale).

Salvo espressi divieti contenuti nel regolamento condominiale - contenuti nel primo e quinto comma del citato art. 167 disp. att. c.c. - chiunque può rappresentare un condomino in assemblea, sia esso un altro condomino, un familiare, il conduttore, una persona estranea alla compagine condominiale; nulla esclude, poi, che i delegati possano rappresentare più condomini, a meno che non vi sia un'apposita disposizione del regolamento che tenda ad evitare che si faccia incetta di voti.

Subdelega e delega frazionata

Secondo la regola generale sulla rappresentanza, il delegato non può a sua volta delegare; ne consegue, ad esempio, che, se il delegato si debba allontanare dalla riunione condominiale prima della conclusione della discussione degli argomenti all'ordine del giorno, non può delegare, a sua volta, un'altra persona, atteso che la delega è paragonabile ad un mandato fondato sull'intuitus personae del mandante nei confronti del mandatario.

La delega non è frazionabile, nel senso che il proprietario di più unità immobiliari site nell'edificio condominiale non può conferire più deleghe, perché la qualità di condomino è unica ed indivisibile, essendo irrilevante la quantità delle proprietà esclusive o la loro estensione.

Quanto sopra si riferisce, ovviamente, alla rappresentanza c.d. volontaria, cioè quella che si verifica appunto a seguito di un atto volontario dell'interessato, che conferisca ad un altro soggetto l'incarico di rappresentarlo in assemblea; diversa è, invece, la rappresentanza c.d. necessaria, che è quella imposta dalla legge a favore dell'incapace il quale difetta della potestas agendi, come, ad esempio, nell'ipotesi in cui il proprietario dell'unità immobiliare facente parte dello stabile condominiale sia un minore, un interdetto o un inabilitato, nel qual caso questi ultimi saranno rappresentati, rispettivamente, dall'esercente la potestà, dal tutore o dal curatore.

Unità immobiliare in comproprietà di più persone

Un'ipotesi particolare si registra qualora la singola unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone (anche se, tecnicamente, in questo caso non può parlarsi di delega conferita ad un soggetto quanto piuttosto di designazione di un rappresentante, analoga per certi versi alla fattispecie delineata di cui all'art. 67, comma 3, disp. att. c.c. nel supercondominio con più di sessanta partecipanti).

Il nuovo testo dell'art. 67, comma 2, disp. att. c.c. - così come modificato dalla l. n. 220/2012 - prevede che «qualora un'unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell'articolo 1106 del codice».

Quindi, è scomparsa, rispetto al testo previgente, l'aggiunta secondo cui «in mancanza provvede per sorteggio il presidente» - che, quantomeno, presupponeva la presenza di tutti i comproprietari al momento della riunione, con una modalità sicuramente sommaria ma rapida e risolutiva - per cui, attualmente, in caso di contrasti tra i comproprietari, il rappresentante deve essere eletto a maggioranza all'interno della comunione ed il possibile conflitto può superarsi dal giudice in sede di volontaria giurisdizione.

Nell'ipotesi “fisiologica”, resta aperto, però, il problema di verificare come il comproprietario designato possa farsi “accreditare” presso l'assise assembleare, potendo il relativo presidente pretendere la formale designazione di cui all'art. 1106 c.c., ossia da adottarsi in via deliberativa e con le maggioranze ivi contemplate (risultando troppo restrittiva l'interpretazione secondo la quale il richiamo a tale norma operi soltanto per le decisioni ivi richiamate, ossia per la formazione del regolamento e per la nomina dell'amministratore); peraltro, vigendo per la comunione il principio, enucleabile dall'art. 1105 c.c., dei pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari, potrebbe presumersi che ognuno di essi operi con il consenso degli altri, sicché potrebbe essere sufficiente anche un atto informale, cioè non consistente necessariamente in una deliberazione assembleare, purché sorretto dalla manifestazione di volontà della maggioranza delle quote della comunione.

D'altronde, riesce difficile immaginare come il presidente possa risolvere il contrasto al momento della riunione condominiale, qualora si manifesta alla presenza dei comunisti o di alcuni di essi, e se possa sbrigativamente risolverlo facendo esprimere ai condomini presenti, lì per lì, una designazione almeno maggioritaria (è ragionevole ritenere che, eliminato il sorteggio, ove in concreto non si riesca a pervenire a convincenti soluzioni del contrasto o anche solo a sopperire alla mancanza o al difetto di forma della suddetta designazione, non resta altra soluzione al deficit che quella dell'esclusione dal voto).

Resta il fatto che la soluzione “interna” comporta che la volontà dei comproprietari si manifesti con un solo voto, rappresentante il gruppo, in quanto riferibile all'unità immobiliare oggetto di comunione, e con effetti vincolanti nei confronti degli altri proprietari pro indiviso (in pratica, ai fini del voto, il rappresentante, designato dai comproprietari o nominato dal giudice, è portatore di una sola “testa”, che vale i millesimi dell'intera comproprietà); gli eventuali contrasti tra comproprietari sull'assemblea condominiale vanno risolti all'interno del gruppo (Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 1980, n. 590; Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 1974, n. 244), salva la possibilità di far valere pretese risarcitorie nei confronti del designato qualora quest'ultimo non abbia osservato le direttive impartitegli, sempre che i danni economici siano concreti e dimostrabili.

La soluzione “esterna”, invece, auspicabile qualora nella comunione si registrino quote identiche non conciliabili, comporta immaginabili ritardi nell'operatività di tale meccanismo di nomina, propedeutico al funzionamento dell'assemblea condominiale (si pensi all'ipotesi in cui l'appartamento risulti in comproprietà a coniugi separati o divorziati, che ancora non abbiano raggiunto alcuna intesa tra loro).

Quindi, tutti i comproprietari - due o più persone - hanno diritto di essere informati della riunione condominiale, sicché a tutti deve essere inviato l'avviso di convocazione, non essendo applicabile per analogia l'art. 2347 c.c. che statuisce, in caso di comproprietà di un'azione, la sufficienza della comunicazione ad un solo comproprietario per essere efficace nei confronti di tutti.

Nell'ipotesi in cui una stessa persona sia proprietaria di più unità immobiliari, il numero delle quote di partecipazione al condominio non attribuisce mai al singolo condomino una pluralità di voti nell'assemblea in quanto la stessa partecipazione va computata pur sempre come singola e personale, per cui il detto condomino non potrà eccepire di essere stato convocato soltanto come proprietario di alcune unità immobiliari, e non anche come proprietario di altre, perché egli è comunque venuto a conoscenza del giorno, dell'ora e del luogo fissati per la riunione condominiale.

Si è, al riguardo, puntualizzato che il citato art. 67 disp. att. c.c. non autorizza a ritenere che, per la valida costituzione dell'assemblea, sia sufficiente la convocazione di uno solo dei comproprietari pro indiviso, essendo, invece, necessario che essi siano tutti avvertiti al fine di indicare quali di essi li rappresenterà in assemblea (Cass. civ., sez. II, 28 luglio 1990, n. 7630).

In quest'ordine di concetti, qualora un'unità immobiliare sia in comunione a due o più persone, l'avviso di convocazione non può essere indirizzato al solo rappresentante eventualmente designato, né essere collettivamente intestato e notificato al gruppo dei comunisti abilitati a nominare un solo rappresentante comune; del resto, per dar modo ai proprietari interessati di provvedere alla nomina di un rappresentante comune, è necessario che tutti i comproprietari siano stati informati della riunione e, quindi, siano stati posti nelle condizioni di potersi accordare circa la nomina di un loro rappresentante.

Nel caso di coniugi conviventi, comproprietari dell'appartamento sito in condominio, si è posto il problema se fosse possibile inviare l'avviso di convocazione dell'assemblea ad uno solo di essi.

La giurisprudenza, in termini generali, ha affermato che, affinché uno dei comproprietari pro indiviso di un'unità immobiliare possa ritenersi ritualmente convocato a partecipare all'assemblea del condominio, nonché validamente rappresentato nella medesima, riguardo ad affari di ordinaria amministrazione, dall'altro comproprietario della stessa unità immobiliare, non si richiedano particolari formalità, essendo sufficiente che risulti provato, anche per presunzioni - sempre che le circostanze siano gravi, precise e concordanti - che il primo dei predetti comproprietari abbia ricevuto effettiva notizia della convocazione dell'assemblea, ed abbia conferito, sia pure verbalmente, il potere di rappresentanza all'altro (tra le tante, Cass. civ., sez. II, 18 febbraio 2000, n. 1830; Cass. civ., sez. II, 27 luglio 1999, n. 8116; Cass. civ., sez. II, 9 gennaio 1998, n. 138; Cass. civ., sez. II, 11 novembre 1992, n. 12119).

Nell'ipotesi particolare in cui, dei comproprietari di una singola unità immobiliare, uno solo sia presente all'assemblea, quando non sia contestato o possa comunque ritenersi provato che tutti siano stati idoneamente convocati per averne ricevuta notizia al pari del comproprietario presente, è legittimo presumere - specie ove trattasi di soggetti legati da vincoli di parentela e, in ogni caso, ove non siano noti contrasti di interessi tra loro - che il comproprietario presente legittimamente rappresenti anche quelli assenti.

La fattispecie più frequente, a parte quella dei fratelli conviventi, è appunto quella dei coniugi comproprietari di un appartamento, in regime di comunione legale - che costituisce la regola, e non più l'eccezione a seguito della l. 19 maggio 1975, n. 151 - e, quindi, titolari in una quota di egual misura dell'unità immobiliare: trovando applicazione l'art. 67 disp. att. c.c., entrambi avranno diritto ad essere informati della riunione, ma potranno avere un solo rappresentante in assemblea, il quale esprimerà con un unico voto la volontà del nucleo familiare; se gli stessi sono conviventi in pieno accordo e senza contrasto di interessi tra loro, si può presumere che l'invito comunicato ad uno di essi, presso l'abitazione comune, sia portato a conoscenza anche dell'altro e che l'uno rappresenti anche l'altro nella riunione condominiale (In termini, Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 1996, n. 1206; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1984, n. 3231, secondo cui tale principio non pone la citata norma in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto essa, in un sistema di libertà di mezzi per la notizia della convocazione dell'assemblea, non introduce alcuna discriminazione in danno dei comproprietari della stessa unità immobiliare).

Qualora, invece, sussista una situazione di separazione (legale o consensuale), con conseguente fissazione di differente residenza dei due coniugi, sia il marito che la moglie avranno diritto a ricevere l'avviso di convocazione, previa comunicazione all'amministrazione del nuovo indirizzo: in questo caso, la mancanza di una convivenza non legittima l'opinione che gli argomenti abbiano formato oggetto di reciproca informazione e siano stati discussi tra i comproprietari (Trib. Milano 18 ottobre 1993).

Profili interni del rapporto

Di regola, il soggetto il quale partecipa all'assemblea - non solo in rappresentanza di se stesso, se condomino, ma anche - nella qualità di portatore della volontà del suo o dei suoi deleganti, dovrebbe rispettare le indicazioni pervenutegli da questi, a meno che trattasi di delega rilasciata “in bianco” nel quale caso il delegato godrà di ampia libertà al momento della discussione e del voto.

Tuttavia, succede talvolta che il delegato, in sede di voto, non si uniformi alle direttive impartite dal delegante, per cui ci si è interrogati sul soggetto che possa far valere tale discrepanza e su quali effetti conseguano sul deliberato assembleare.

La risposta della giurisprudenza è stata concorde nel senso che, in difetto di norme particolari, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea e il condomino rappresentato devono ritenersi disciplinati dalle regole generali sul mandato, e tali regole devono essere intese con una certa larghezza, secondo il chiaro intendimento legislativo di agevolare, con il rispetto dei principi, il funzionamento dell'assemblea dei condomini; ne consegue che solo il condomino delegante o quello che si ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere gli eventuali vizi della delega oppure la carenza o l'eccesso del potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto (ex multis, Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2013, n. 2218; Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2004, n. 12466; Cass. civ., sez. II, 27 luglio 1999, n. 8116).

D'altronde, tale conclusione è in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza in tema di falsus procurator, atteso che il negozio concluso da quest'ultimo è inefficace nei confronti del dominus fino alla ratifica di questi, e che tale inefficacia non è rilevabile d'ufficio, ma solo su eccezione di parte, la relativa legittimazione spetta esclusivamente allo pseudo-rappresentato, e non già all'altro contraente il quale, ai sensi dell'art. 1398 c.c., può unicamente chiedere al falsus procurator il risarcimento dei danni per aver confidato senza propria colpa nell'operatività del contratto (Cass. civ., sez. II, 26 aprile 1994, n. 3952).

Qualora, poi, il delegato si sia discostato dalle direttive imposte dal delegante - nell'ipotesi della delega c.d. titolata, contrapposta a quella c.d. in bianco in cui il condomino ratifica incondizionatamente qualsiasi decisione assunta dal delegato - il primo sarà responsabile, solo sotto il profilo interno, degli eventuali danni che la statuizione abbia arrecato al secondo; il difetto di rappresentanza in una deliberazione assembleare non produce la nullità dell'atto, in quanto, di fronte all'assemblea, quello che vale è il voto espresso dal rappresentante, anche se in contrasto con le istruzioni ricevute dal rappresentato.

Comunque, la delega è valida anche se generica, restando comunque l'oggetto determinato dall'ordine del giorno dell'assemblea per la quale è stata conferita, poiché l'indicazione del predetto ordine del giorno è volta anche a circoscrivere l'àmbito dei poteri deliberativi del delegato; il che porta ad escludere che il delegato possa partecipare ad una deliberazione su un argomento non inserito nell'ordine del giorno (Trib. Torino 30 novembre 1988).

Forma scritta

In evidenza

Il nuovo comma 1 dell'art. 67 disp. att. c.c. - come modificato dalla l. n. 220/2012 – stabilisce che, a decorrere dal 18 giugno 2013, il delegato deve essere “munito di delega scritta”, sicché, in difetto, attualmente il condomino delegante non può più essere considerato presente in assemblea.

In precedenza, il codice civile, prevedendo la possibilità per il condomino di presenziare all'assemblea anche a mezzo di rappresentante, non stabiliva la forma che dovesse rivestire tale delega (purché, in caso di contestazione, fosse portata a conoscenza degli altri condomini presenti in assemblea).

In linea generale - sempre che il regolamento di condominio non avesse disciplinato anche l'aspetto formale del relativo conferimento - nulla escludeva che tale delega fosse orale, salvo precisare la necessità del mandato scritto ogni qual volta si deliberava su rapporti per i quali fosse prescritto, ad probationem o ad substantiam, l'atto scritto, dovendo anche la delega possedere gli stessi requisiti formali della deliberazione.

Non trovava, però, applicazione analogica l'art. 2382 c.c. circa la necessità del mandato scritto per la rappresentanza nell'assemblea delle società per azioni, potendo semmai richiamarsi il disposto dell'ultimo comma dell'art. 1136 c.c. che richiedeva la redazione del processo verbale per le deliberazioni dell'assemblea, per cui, se questa redazione si riteneva necessaria (ad probationem o ad substantiam), lo stesso formalismo avrebbe dovuto applicarsi anche per le deleghe.

In pratica, il mandato poteva essere conferito in qualsiasi forma che fosse consentita dall'oggetto, e la rappresentanza poteva essere dedotta, oltre che da un'espressa dichiarazione del soggetto agente, anche da ogni altro elemento da cui risultasse che l'attività del soggetto si svolgeva in attuazione di un potere rappresentativo a lui conferito; se, poi, le deliberazioni concrete avevano valore, in quanto richiamate specificatamente nel verbale scritto, di esse dovevano costituire parte integrante le documentazioni delle rappresentanze, in quanto necessariamente concorrenti a stabilire la realtà delle presenze e della regolarità delle votazioni.

Le questioni avrebbero potuto essere risolte qualora il condomino avesse rilasciato al proprio rappresentante un'apposita procura ad amministrare (di solito, con rogito notarile), stante che, ai sensi dell'art. 1708 c.c., il mandato includeva non solo gli atti per i quali era stato conferito, ma anche quelli che erano necessari al loro compimento, tra i quali ben poteva rientrare la partecipazione alle assemblee condominiali; tale procura poteva essere generale, e in tal caso il mandatario, munito di poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione - di regola, per questi ultimi, il mandato doveva indicarlo espressamente, ad esempio, per partecipare ad assemblee riguardanti innovazioni - agiva in nome e per conto del mandante in un àmbito più generale, oppure poteva essere speciale, ossia riferita a determinati affari, specificati dalle parti quanto al numero degli atti o/e alla natura degli atti o/e al periodo di tempo in cui gli stessi dovevano essere compiuti, con ciò avvicinandosi alla delega di cui all'art. 67 disp. att. c.c., che appunto riguardava un'attività ben determinata.

La delega, infine, non richiedendo formalità alcuna, poteva essere provata anche sulla base di semplici presunzioni, come nel caso in cui l'intervenuto fosse il coniuge convivente del condomino. non in posizione di conflitto di interessi (v., al riguardo, la giurisprudenza sopra richiamata formatasi in ordine alla situazione della proprietà pro indiviso di un'unità immobiliare).

In particolare, per quanto concerne gli affari di ordinaria amministrazione, si era affermato che il potere rappresentativo conferito dal condomino ad altro soggetto per la partecipazione all'assemblea condominiale, poteva essere attribuito anche verbalmente, e la prova dell'esistenza dell'oggetto e dei limiti del mandato poteva essere acquisita con ogni mezzo; ad esempio, non era richiesta la forma scritta per la rappresentanza di un condomino nell'assemblea, nel caso in cui questa avesse ad oggetto l'approvazione (formazione e modifica) delle tabelle millesimali, in quanto tale approvazione, quale atto di mera natura valutativa del patrimonio, ai limitati effetti della distribuzione del carico delle spese condominiali, nonché della misura del diritto di partecipazione alla formazione della volontà assembleare del condominio, non era idonea ad incidere sulla consistenza dei diritti reali a ciascuno spettanti (Cass. civ., sez. II, 28 giugno 1979, n. 3634; contra, Trib. Firenze 25 giugno 1991, sul presupposto che l'approvazione delle tabelle millesimali costituisse atto negoziale; cui adde Cass. civ., sez. II, 27 marzo 1998, n. 3251, la quale ammetteva, in questi casi, la validità del consenso espresso dai delegati verbali dei condomini, senza la necessità, quindi, di una procura scritta, potendo il mandato essere provato con qualsiasi mezzo, anche per facta concludentia, come nel caso di prolungata accettazione dei bilanci).

Tale orientamento induceva a ritenere che, a contrario, per gli atti di straordinaria amministrazione, a differenza di quelli ordinari, fosse necessaria la delega scritta, tuttavia, nel silenzio della legge sul punto, non poteva escludersi anche in questo caso il mandato orale.

L'attuale versione dell'art. 67 disp. att. c.c. stabilisce, invece, che la delega debba essere sempre “scritta”, non distinguendo tra ordinaria e straordinaria amministrazione.

Analogamente a quanto previsto per l'avviso di convocazione, la delega potrebbe essere, oltre che consegnata a mani del delegato, spedita per raccomandata, o anche conferita via fax o per posta elettronica (meglio se certificata), che sono mezzi di trasmissione di documenti tra luoghi di solito notevolmente lontani tra loro, utilizzando le reti telefoniche ed il computer, con appositi terminali che permettono di riprodurre materialmente a distanza il contenuto di uno stesso documento (l'eventuale mancanza di sottoscrizione può essere ovviata risalendo alla paternità del documento elettronico mediante idonei segnali di identificazione trasmessi dagli elaboratori).

Adottando indistintamente tali modalità di conferimento, dovrebbero, quindi, ritenersi superate tutte quelle dispute in ordine alla prova sopra delineate.

Casistica

CASISTICA

Calcolo dei partecipanti all'adunanza

- Il verbale dell'assemblea di condominio, ai fini della verifica dei quorum prescritti dall'art. 1136 c.c., deve contenere l'elenco dei condomini intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi di quelli assenzienti o dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali, rimanendo comunque valido ove, pur riportando l'indicazione nominativa dei soli partecipanti astenuti o che abbiano votato contro, consenta di stabilire per differenza coloro che hanno votato a favore, e senza che neppur infici l'adottata delibera la correzione del verbale, effettuata dopo la conclusione dell'assemblea, allo scopo di eliminare gli errori relativi al computo dei millesimi ed ai condomini effettivamente presenti all'adunanza (Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2015, n. 6552).

- Il verbale dell'assemblea di condominio, ai fini della verifica dei "quorum" prescritti dall'art. 1136 c.c., deve contenere l'elenco nominativo dei condomini intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi di quelli assenzienti o dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali; tuttavia, dovendo il verbale attestare quanto avviene in assemblea, la mancata indicazione del totale dei partecipanti al condominio non incide sulla validità del verbale se a tale ricognizione e rilevazione non abbia proceduto l'assemblea, giacché tale incompletezza non diminuisce la possibilità di un controllo aliunde della regolarità del procedimento e delle deliberazioni assunte (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 2009, n. 24132).

Annullabilità della delibera

In tema di delibere di assemblee condominiali, non è annullabile la delibera il cui verbale, ancorché non riporti l'indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga, tra l'altro, l'elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l'indicazione, nominatim, dei condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle rispettive quote millesimali, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare che la deliberazione assunta abbia superato il quorum richiesto dall'art. 1136 c.c. (Cass. civ., sez. VI/II, 26 settembre 2014, n. 22047).

Ratifica da parte del rappresentato

In materia di delibere condominiali, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato sono disciplinati, in difetto di norme particolari, dalle regole sul mandato, con la conseguenza che l'operato del delegato nel corso dell'assemblea non è nullo e neppure annullabile ma inefficace nei confronti del delegante fino alla ratifica di questi; tale inefficacia (temporanea) non è tuttavia rilevabile d'ufficio, ma solo su eccezione del condomino pseudo-rappresentato (Cass., sez. II, 27 marzo 2003, n. 4531).

Dismissione dell'impianto centrale di riscaldamento

Se una delibera di condominio è assunta all'unanimità - circostanza normativamente non prevista, incidente soltanto sulla comunicazione e impugnazione, non essendovi né assenti, né dissenzienti - non perciò è assimilabile ad un negozio, stante la diversa efficacia, ma può esprimere, indipendentemente dall'indicazione all'ordine del giorno, la volontà negoziale dei partecipanti - censurabile in Cassazione soltanto per vizi di motivazione o violazione di norme ermeneutiche (artt. 1362 ss. c.c.) e non impugnabile secondo la disciplina delle delibere assembleari (art. 1137 c.c.) - con la conseguente possibilità, da un lato, del successivo perfezionamento di essa (artt. 1326 ss. c.c.), e, dall'altro, della costituzione, modifica, estinzione di un rapporto giuridico, anche attraverso un delegato verbale, essendo normalmente libera la forma dell'atto giuridico - con il solo limite della sua riconoscibilità - come nel caso di dismissione dell'uso dell'impianto centralizzato di riscaldamento e consenso ad installare impianti autonomi negli appartamenti, che non implica né la rinuncia, né l'alienazione dell'impianto comune (Cass., sez. II, 2 febbraio 1998, n. 982).

Guida all'approfondimento

Voi, Assemblea di condominio e supercondominio: deleghe e mandatari, in Amministr. immobili, 2014, fasc. 184, 10;

De Tilla, La delega del condomino e la riforma del condominio, in Arch. loc. e cond., 2013, 491;

Tortorici, L'assemblea, in La riforma del condominio, Milano, 2013, 37;

Triola, Invio dell'avviso di convocazione a tutti i comproprietari di una unità immobiliare, in Vita notar., 1993, 714.

Ramella, Avviso di convocazione di assemblea condominiale inviato ad uno solo dei comproprietari pro indiviso di una porzione di piano, rinnovazione di una delibera nulla ed approvazione di spese deliberate, in Giur. it., 1987, I, 2, 151;

Salis, Approvazione tacita di tabella millesimale e delega verbale per partecipare all'assemblea, in Riv. giur. edil., 1981, I, 748.

Sommario