Il diritto di accesso e di copia dei file audio delle intercettazioni poste alla base dell'appello cautelare del P.M.

Andrea Nocera
27 Agosto 2018

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte, affronta la questione della estensione del diritto di accesso dell'imputato ai file audio delle conversazioni intercettate, previsto dall'art. 268 c.p.p., nel caso in cui l'utilizzo di questi, sulla base delle trascrizioni della polizia giudiziaria, venga richiesto per l'emissione...
Massima

In tema di intercettazioni di comunicazioni, deve essere riconosciuto il diritto della difesa di accesso e di copia dei file audio delle registrazioni delle conversazioni captate, ove gli esiti captativi siano stati posti a fondamento della richiesta della emissione del provvedimento cautelare, anche nel caso di appello del pubblico ministero avverso il rigetto da parte del Gip della richiesta. Tale diritto non si estende alle intercettazioni non utilizzate in fase cautelare, né può riguardare esiti captativi che concernono persone diverse dall'indagato e che non rilevano al fine di valutare la posizione indiziaria di quest'ultimo. Al fine di consentire l'esercizio del diritto di accesso e di copia nel caso di appello cautelare del pubblico ministero deve essere configurato un obbligo per il pubblico ministero, a richiesta della parte, di completa discovery del mezzo di prova utilizzato ai fini della richiesta di applicazione della misura cautelare.

Il caso

Il tribunale della libertà di Milano, in accoglimento dell'appello proposto dal pubblico ministero ex art. 310 c.p.p. avverso il provvedimento di rigetto di richiesta cautelare, applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un soggetto gravemente indiziato del delitto di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. In particolare, all'indagato si contestava la condotta partecipativa consistita nell'aver assicurato consapevolmente supporto logistico al sodalizio criminale attraverso la sede di una ditta a lui riconducibile, benché formalmente intestata ad altri sodali appartenenti all'associazione criminale, al cui interno si sarebbero svolte periodiche riunioni nel corso delle quali si sarebbero affrontati argomenti essenziali per la sopravvivenza del gruppo (quali l'analisi delle condizioni di mercato per la commercializzazione della sostanza stupefacente, l'attività necessaria per eludere le investigazioni, l'organizzazione e la predisposizione di strumenti volti ad eludere la esecuzione di eventuali provvedimenti coercitivi).

A seguito della proposizione dell'atto di appello, il P.M. aveva proceduto alla separazione della posizione di altri coindagati, chiedendo per essi il giudizio immediato cautelare, nel separato procedimento, e la perizia trascrittiva delle intercettazioni. Nell'udienza camerale, avendo rilevato l'omessa trasmissione dei supporti magnetici su cui erano state registrare le conversazioni, il pubblico ministero aveva richiesto, alternativamente, che il tribunale non utilizzasse i brogliacci e le trascrizioni della polizia giudiziaria, ovvero concedesse termine al P.M. per la produzione dei supporti, richieste rigettate dal tribunale.

La difesa dell' indagato denunciava, tra gli altri motivi, la violazione dell'art. 268 c.p.p. e la lesione del diritto di difesa, in quanto la misura cautelare applicata dal giudice cautelare di appello si fondava su conversazioni intercettate al cui contenuto originario, l'indagato, nonostante le reiterate richieste, non avrebbe avuto accesso. Si eccepiva di non aver potuto accedere, alla data della presentazione del ricorso per cassazione, ai supporti relativi alle intercettazioni, pur avendo tempestivamente formulato richiesta al pubblico ministero procedente, accolta in via condizionata all'autorizzazione del Gip del procedimento separato. Il tribunale della libertà non aveva riconosciuto il diritto di accesso ai file audio delle intercettazioni utilizzate per l'emissione dell'ordinanza cautelare in sede di appello del P.M., in quanto detto diritto, nei termini individuati dalla sentenza Corte cost. 336 del 2008, presupporrebbe sempre l'adozione di un provvedimento custodiale, in cui le stesse abbiano trovato materiale utilizzo.

La questione

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte, affronta la questione della estensione del diritto di accesso dell'imputato ai file audio delle conversazioni intercettate, previsto dall'art. 268 c.p.p., nel caso in cui l'utilizzo di questi, sulla base delle trascrizioni della polizia giudiziaria, venga richiesto per l'emissione – in sede di appello proposto dal pubblico ministero – di un'ordinanza cautelare. La Corte costituzionale, con la sentenza 336 del 2008, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 268 c.p.p. nella parte in cui non prevede che, «dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale», il difensore possa ottenere la copia delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate. Nel caso di appello del P.M. avverso provvedimento cautelare di rigetto tale diritto di copia non sarebbe riconosciuto, in quanto presupporrebbe sempre l'esistenza di un provvedimento custodiale e la materiale utilizzazione delle conversazioni intercettate da parte del giudice.

Le soluzioni giuridiche

L'esegesi di Cortecost. n. 336 del 2008 e l'elaborazione giurisprudenziale che nega il diritto di accesso ai file audio nel giudizio di appello cautelare del P.M. La Suprema Corte affronta la questione proponendo una esegesi dell'intervento manipolativo della Corte costituzionale, che, al fine di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa dell'indagato in fase cautelare, in ipotesi di emissione di applicazione di una misura restrittiva, ha riconosciuto un incondizionato diritto di accesso – e di copia mediante trasposizione su nastro magnetico - delle conversazioni poste a base del titolo cautelare, le cui registrazioni non siano state rese disponibili per l'indagato, pur se il contenuto sia riportato "per derivazione" dalle trascrizioni, anche sommarie, della polizia giudiziaria.

Con la citata sentenza, infatti, la Corte costituzionale ha chiarito come, in caso di incidente cautelare, il pubblico ministero possa depositare, a supporto della richiesta di misura restrittiva della libertà personale, non le registrazioni ma solo i "brogliacci", ossia i verbali nei quali la polizia giudiziaria abbia trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni intercettate e come, tuttavia, l'ascolto diretto delle conversazioni non possa essere surrogato dalle trascrizioni eseguite, senza contraddittorio, dalla polizia giudiziaria. Ha, quindi, riconosciuto la sussistenza di un interesse difensivo, in assenza di perizia trascrittiva e di contraddittorio sul punto, all'accesso diretto alle registrazioni sommariamente trascritte, onde consentire la piena verifica della genuinità delle trascrizioni fatte dalla polizia giudiziaria ed utilizzate a fini cautelari, in termini non solo di conformità del trascritto con il captato, ma anche di qualità delle registrazioni ed effettivo significato probatorio dei dialoghi intercettati, per il contesto oggettivo in cui gli stessi sono avvenuti e per “la rilevanza delle pause, intonazione della voce etc."

Si osserva, infatti, che la possibilità per il pubblico ministero di depositare solo i brogliacci a fondamento della richiesta cautelare, se compatibile con le esigenze di urgenza e speditezza delle finalità sottese alla applicazione delle misure cautelari, non può comprimere il diritto della difesa ad accedere alla prova diretta, atteso che il segreto sulle conversazioni intercettate e le connaturate esigenze di segretezza per il proseguimento delle indagini cadono a seguito delle comunicazioni poste a base della misura.

La Corte costituzionale, tuttavia, non ha sancito l'esistenza di un obbligo per il P.M. di depositare i file audio all'atto della richiesta di misura, ma semplicemente di provvedervi tempestivamente, dopo l'esecuzione della misura e prima del deposito delle registrazioni ex art. 268, comma 4, c.p.p., purché il difensore specifichi che l'accesso è finalizzato alla presentazione di un'istanza di riesame (in tal senso, Cass. pen., Sez. unite, 22 aprile 2010, n. 20300, Lasala; Cass. pen., Sez. IV, 28 maggio 2015, n. 24866, Palma; Cass. pen., Sez. II, 17 aprile 2013, n. 35692, Conte). Ha, invece, individuato il presupposto legittimante il diritto di accesso del difensore alle registrazioni nel fatto che le intercettazioni siano state utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare posto in esecuzione (in tal senso, Cass. pen., Sez. III, 13 dicembre 2012, n. 4865, dep. 2013, Tarantino e a., secondo cui presupposto necessario per l'esercizio del diritto di accesso ai file audio contenenti le registrazioni delle intercettazioni è l'utilizzo effettivo delle conversazioni captate nel provvedimento limitativo della libertà professionale).

Il citato indirizzo giurisprudenziale, cui nel caso di specie si è ispirato il giudice cautelare, ritiene, dunque, insussistente il diritto dell'imputato di ottenere il rilascio di copia dei file audio relative alle registrazioni nel caso di appello del P.M. avverso l'ordinanza di rigetto di richiesta cautelare, in quanto il presupposto dell'utilizzo delle conversazioni captate ai fini cautelari e la connessa adozione del provvedimento cautelare non si è realizzato.

L'interpretazione estensiva che riconosce il diritto di ottenere copia dei file audio anche nel caso di appello cautelare del P.M. La Sesta Sezione rivede l'approdo tradizionale in considerazione della particolare struttura del procedimento cautelare previsto nel caso di appello del pubblico ministero avverso il rigetto da parte del Gip della richiesta di applicazione della misura. L'appello cautelare del P.M. è impugnazione “atipica” in quanto il thema decidendum non attiene al controllo e revisione critica del provvedimento di rigetto sui punti devoluti dall'impugnante, ma si estende alla verifica di tutti i presupposti richiesti per l'adozione della misura cautelare (in tal senso, Cass. pen., Sez. unite, 31 marzo 2004, n. 8, Donelli).

L'accoglimento dell'impugnazione del P.M. determina l'emissione dell'ordinanza impositiva, in modo tale che il tribunale della libertà diviene il giudice funzionalmente competente all'adozione del provvedimento restrittivo. In sede di appello cautelare proposto dal P.M. al tribunale è richiesto non solo la verifica di tutti i presupposti che possono giustificare l'emissione della misura cautelare, ma un vero e proprio riesame ex novo della intera vicenda cautelare, che presuppone il controllo della sussistenza delle condizioni e dei presupposti di cui agli artt. 273, 274, 275, 278, 280, 287 c.p.p.

Il provvedimento genetico della misura è adottato solo all'esito di siffatta verifica e deve seguire lo schema di motivazione previsto dall'art.292 c.p.p., secondo i criteri di concretezza e attualità degli indizi e delle esigenze cautelari, nonché di adeguatezza e proporzionalità della misura (Cass. pen., Sez. unite, 31 marzo 2004, n. 8, Donelli cit).

L'area dell'originaria domanda cautelare è tracciata, dunque, dal P.M. e la difesa, che ha un evidente interesse a contrastare la richiesta cautelare, in assenza di accesso ai file audio si troverebbe priva di un mezzo adeguato per provocare in via diretta il controllo del giudice su taluni profili valutati favorevolmente dal Gip.

Solo il riconoscimento di un diritto di accesso alle tracce audio delle registrazioni realizza «un contraddittorio pieno, anticipato, volto a dimostrare l'inesistenza delle condizioni e dei presupposti per l'applicabilità della misura cautelare» e consente di ricondurre a razionalità il sistema che, diversamente, si strutturerebbe in due distinte valutazioni, prive di sostanziale contraddittorio in assenza di potere di controllo dell'interessato, se non nei ristretti limiti del ricorso per cassazione.

Di qui la necessità di ammettere una sorta di “contraddittorio anticipato” sull'applicazione della misura, che risponde anche alla ulteriore esigenza di sopperire all'esclusione del rimedio del riesame.

Tale forma di contraddittorio si presenta, secondo il Collegio, pienamente compatibile con i principi indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 336 del 2008, applicabili a tutti i rimedi previsti dalle norme processuali (in tal senso, Cass. pen., Sez. unite, 22 aprile 2010, n. 20300, Lasala, cit.).

Solo attraverso il riconoscimento in via diretta del diritto di accesso e di copia dei file delle intercettazioni si realizza, infatti, l'interesse a contestare l'esistenza dei presupposti legittimanti l'applicazione della misura desumibili "per trascinamento" dalle (sommarie) trascrizioni della polizia giudiziaria.

Vengono meno, in tal modo, le opzioni alternative, pur valutate dalla Sesta Sezione, secondo cui potrebbe consentirsi alla difesa di proporre, eventualmente anche nella pendenza del ricorso per cassazione, un'istanza di revoca per contestare la sussistenza ab origine dei presupposti cautelari, e chiedere, a tal fine, l'accesso ai file audio delle conversazioni intercettate.

La sentenza in commento disegna, infine, i limiti del diritto della difesa alla acquisizione della copia dei file audio:

  • quanto all'oggetto, il diritto di accesso e di copia può riguardare solo le intercettazioni i cui esiti captativi siano stati posti a fondamento della richiesta della emissione del provvedimento cautelare, con esclusione di tutti gli altri esiti captativi relativi a persone diverse dall'indagato, irrilevanti quanto alla posizione indiziaria di quest'ultimo (nel senso del diritto incondizionato del difensore di ottenere copia dei supporti magnetici o informatici delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini di emissione di provvedimenti cautelari, da ultimo, Cass. pen., Sez. VI, 6 novembre 2017, n. 56990, Hoxha; in senso conforme, quanto al diritto alla copia delle registrazioni audio-video allegate alla querela, Cass. pen., Sez. VI, 3 luglio 2017, n. 37476, S.);
  • quanto alle modalità di esercizio, ribadisce l'orientamento secondo cui deve essere configurato "un obbligo per il pubblico ministero, a richiesta della parte, di completa discovery del mezzo di prova utilizzato ai fini della imposizione della misura cautelare" (Cass. pen., Sez. unite, 22 aprile 2010, n. 20300, Lasala, sia pure in tema di riesame). Sarà necessario, pertanto, che l'indagato, ricevuta comunicazione della proposizione dell'appello cautelare (e della fissazione della udienza camerale ex art. 310 c.p.p.) richieda tempestivamente al pubblico ministero l'accesso ai file su cui sono state registrate le conversazioni poste a base del provvedimento richiesto, in modo da consentirgli di adempiere prima della celebrazione dell'udienza e di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali. Cass. pen., Sez. VI, 3 dicembre 2014, n. 22145, Germani ed altri, invero, esclude che sia configurabile alcun obbligo, a carico del pubblico ministero che ha richiesto la misura cautelare, di depositare nella cancelleria del tribunale i supporti magnetici o informatici relativi alle intercettazioni utilizzate per l'adozione dell'ordinanza cautelare, qualora la difesa non abbia formulato una esplicita richiesta di rilascio di copia dei supporti medesimi.

In assenza di specifica richiesta di accesso alle registrazioni, non sussistendo un obbligo di deposito delle stesse da parte del P.M. che ha richiesto la misura - e proposto successivamente appello - non è possibile l'esercizio del diritto di accesso né prospettabile una richiesta al tribunale il rinvio della trattazione per consentire l'acquisizione in via successiva ovvero una censura di inutilizzabilità degli atti. Sul punto, Cass. pen., Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 29645, Dovere, individua quale onere della difesa la specificazione al P.M. che l'istanza di accesso alle registrazioni di conversazioni telefoniche intercettate è finalizzata alla presentazione di una richiesta di riesame, in quanto funzionale al tempestivo adempimento dell'obbligo di rilascio delle copie delle conversazioni utilizzate a fini cautelari.

L'istituto alla luce della nuova disciplina in tema di intercettazioni prevista dal d.lgs. 29 dicembre 2017 n. 216. Cenni. Nella riforma della disciplina delle intercettazioni, prevista dal d.lgs. 29 dicembre 2017 n. 216, la cui entrata in vigore, per effetto del c.d. decreto milleproroghe del 24 luglio 2018, è stata procrastinata al 31 marzo 2019, si è tenuto in debito conto dell'intervento additivo della Corte costituzionale. Il nuovo comma 3 dell'art.293 c.p.p. prevede espressamente che, dopo l'esecuzione della misura cautelare, il difensore ha diritto di esame e di copia, dei verbali delle conversazioni, nonché alla trasposizione su idoneo supporto delle registrazioni. La disposizione recepisce appieno le indicazioni dettate dalla Consulta, distinguendo tra il mero accesso agli atti – ivi compresi i brogliacci di ascolto – e l'estrazione di copia delle registrazioni che costituiscono il vero elemento di prova rispetto al quale la trascrizione integrale e, quindi, ancor più quella sommaria, rappresentano semplici modalità di rappresentazione documentale della prova fonica (da ultimo, Cass. pen., Sez. II, 10 febbraio 2016, n.5472, Mancuso).

Onde agevolare l'esercizio del diritto di accesso, le nuove norme prevedono che il pubblico ministero deve presentare, tra gli elementi su cui si fonda una richiesta cautelare, anche i verbali delle operazioni di intercettazione di cui all'art. 268, comma 2, c.p.p. «limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti».

Il difensore non potrà ottenere la copia integrale delle intercettazioni, bensì solo di quelle depositate unitamente alla richiesta di misura cautelare, sicchè resteranno pur sempre difficilmente consultabili le conversazioni che, a giudizio del pubblico ministero, ab origine non devono essere acquisite.

Osservazioni

La sentenza della Suprema Corte in commento completa la disciplina del diritto di accesso e di copia della registrazione delle captazioni, in armonia con i principi espressi dalla richiamata sentenza Corte cost. n.336 del 2008. L'arresto, che riconosce tale diritto anche nel procedimento camerale instaurato a seguito di appello cautelare proposto dal P.M. ex art. 310, si fonda proprio sulla citata declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art.268 c.p.p. nella parte in cui non consentiva al difensore di ricevere copia delle registrazioni utilizzate in sede cautelare, essendosi ritenuto che la mera disponibilità delle trascrizioni sommarie non garantisse l'effettività del diritto di difesa.

Nella richiamata distinzione tra diritto di accesso agli atti delle intercettazioni – ivi compresi i brogliacci di ascolto – e diritto al rilascio di copia delle registrazioni audio o audio-video, costituenti effettivo elemento di prova, viene riconosciuta l'esigenza di dare pienezza ed effettività al diritto di difesa, consentendo ai difensori, nel caso di a comunicazione della fissazione dell'udienza camerale di appello, di avere accesso agli atti – previa formulazione di tempestiva richiesta al P.M. - ed ascoltare le registrazioni, nonché di estrarre copia integrale delle intercettazioni, purché espressamente poste a fondamento della richiesta cautelare e dell'impugnazione.

L'opzione ermeneutica, del tutto condivisibile e non in contrasto con le indicazioni espresse da Cortecost. n. 336 del 2008, anticipa in qualche modo i temi della riforma in materia di intercettazioni ex d.lgs. 216/2017, la cui entrata in vigore è stata differita al 31 marzo 2019, che, per effetto della anticipazione della discovery in fase cautelare, prevede, da un lato, che il pubblico ministero debba presentare, tra gli elementi su cui si fonda una richiesta cautelare, anche i verbali delle operazioni di intercettazione di cui all'art. 268, comma 2, c.p.p. «limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti», e, dall'altro, che, dopo l'esecuzione della misura cautelare, in deroga alla previsione generale dell'art.268-bis, comma 2, c.p.p., il difensore ha il diritto di esame e di copia, dei verbali delle conversazioni, nonché alla trasposizione su idoneo supporto delle registrazioni depositate (art.293, comma 3, c.p.p.).

Guida all'approfondimento

C. Conti, La riservatezza delle intercettazioni nella Delega Orlando, in Dir. Pen. Cont., Riv Trim., 2017, n. 3

I. Conti, La rilevanza degli “elementi forniti dalla difesa” nella motivazione di un provvedimento applicativo di una misura cautelare, in Questa Rivista, 15.02.2018.

P. Di Geronimo, L. Giordano, A. Nocera, La riforma delle intercettazioni, ESI, Napoli, 2018.

A. Giarda, Un'altra tessera di garantismo per la tutela delle libertà personale dell'imputato,in Cass. pen., 2001

L. Milani, Sul diritto del difensore alla piena conoscenza delle risultanze delle intercettazioni utilizzate nel procedimento cautelare, in Cass. Pen., 2011, 482 ss.

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