Accertamento giudiziale di insussistenza della paternità come questione incidentale proposta dal terzo

Francesco Bartolini
06 Settembre 2018

Il nodo che la Corte di cassazione ha dovuto sciogliere ha riguardato la possibilità che si ammetta una legittimazione all'azione per dichiarazione giudiziale di paternità proposta non in via diretta, ad opera del figlio, ma da un terzo nella diversa forma di un incidente da risolversi negativamente al fine di poter decidere la domanda principale.
Massima

Poichè la legittimazione attiva all'azione per dichiarazione giudiziale di paternità naturale è riservata a chi assuma la qualità di figlio, non è ammissibile che l'accertamento di tale paternità costituisca l'oggetto di una domanda proposta da un terzo in via incidentale, finalizzata a negare la filiazione e strumentale all'accoglimento di una domanda principale. Non sussiste litispendenza tra la causa per dichiarazione giudiziale di paternità e la causa proposta in diversa sede dal presunto padre per ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto dell'altrui pretesa di essergli dichiarato figlio, previo accertamento negativo della filiazione.

Il caso

Il ricorrente per cassazione, convenuto nel giudizio di primo grado per la dichiarazione di sua paternità nei confronti dell'attore, impugnò con appello la sentenza che aveva accolto la domanda ed aveva, altresì, respinto la proposta riconvenzionale e affermato, in proposito, la responsabilità per resistenza temeraria. La Corte territoriale rigettò, come infondato, il motivo di gravame con il quale si deduceva l'omesso riconoscimento del vincolo di litispendenza con la causa dall'appellante proposta in altra sede, contro l'attore, al fine di ottenere il risarcimento dei danni asseritamente causatigli dalla pretesa di questi di essergli dichiarato figlio. Al giudice di legittimità l'appellante, rimasto soccombente, ha proposto tre motivi di doglianza: si sarebbe dovuto riconoscere l'eccepita litispendenza; erroneamente era stata esclusa la possibilità di proporre in via incidentale l'azione di accertamento negativo della paternità naturale esercitata nel giudizio connesso; altrettanto infondatamente erano stati ritenuti sussistenti i presupposti per la condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c..

La questione

L'impugnazione concernente la responsabilità aggravata è stata dichiarata inammissibile in quanto richiedente un accertamento in linea di fatto. Il vero argomento al quale la Suprema Corte ha rivolto la propria attenzione ha riguardato due questioni strettamente legate tra loro e concernenti, rispettivamente:

a) la sussistenza di un rapporto di litispendenza tra due giudizi a parti contrapposte aventi ad oggetto, l'uno, la richiesta di declaratoria di paternità naturale e, l'altro, la pretesa di ottenere il risarcimento dei danni conseguiti a siffatta richiesta, previo accertamento dell'inesistenza dell'asserita filiazione;

b) l'ammissibilità di una domanda di accertamento negativo della paternità formulata in via incidentale in un giudizio proposto da soggetto diverso dal figlio e strumentale all'accoglimento della domanda principale.

Il nodo che la Corte ha dovuto sciogliere ha riguardato, in sostanza, la possibilità che si ammetta una legittimazione all'azione per dichiarazione giudiziale di paternità proposta non in via diretta, ad opera del figlio, ma da un terzo nella diversa forma di un incidente da risolversi negativamente al fine di poter decidere la domanda principale.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha in primo luogo escluso la sussistenza del vincolo di litispendenza eccepito dal ricorrente con riferimento alla causa da lui proposta in sede diversa contro l'attore ed al riguardo ha evidenziato la differenza di causa petendi e di petitum delle reciproche domande: aventi ad oggetto, l'una, l'accertamento della paternità naturale e, l'altra, l'indennizzo di asseriti danni previa risoluzione della questione incidentale di inesistenza della filiazione. Si è aggiunto che l'istanza di accertamento negativo era stata formulata in funzione di una domanda risarcitoria e non di questioni relative ai rapporti di filiazione naturale, ragione per cui essa risultava anche sprovvista del necessario carattere di strumentalità rispetto al contenuto del suddetto rapporto di filiazione. Tanto era sufficiente per pronunciare il rigetto del ricorso ma il Supremo Collegio ha esteso le sue argomentazioni sino ad enunciare principi di interesse generale. Nell'ordinanza si è osservato che, se proposta in via incidentale, la dichiarazione di accertamento della paternità o di sua esclusione non è idonea ad acquistare la forza del giudicato vincolante al di fuori del giudizio in cui è adottata, in quanto resta strettamente funzionale alla decisione sulla pretesa principale. Soprattutto si è ricordato che la legittimazione all'azione per dichiarazione giudiziale di paternità spetta unicamente a chi assume a proprio favore la filiazione. Questa riserva esclude l'eventualità che l'accertamento possa essere chiesto anche soltanto in via incidentale da un soggetto diverso dal figlio, per definizione non legittimato. La richiesta di risarcimento dei danni fondata su presunte condotte pregiudizievoli traenti origine dal vanto di paternità del soggetto che agisce per averne formale dichiarazione presuppone la pregiudiziale verifica di questa filiazione, al fine di escluderla. Tale verifica costituisce oggetto dell'azione per dichiarazione giudiziale di paternità, cui non è legittimato un soggetto diverso dal figlio.

Osservazioni

L'art. 270 c.c. attribuisce la legittimazione all'esercizio dell'azione per dichiarazione giudiziale di paternità unicamente a colui che intende far accertare la propria qualità di figlio. Questa legittimazione è esclusiva, sinchè l'interessato è in vita, salvi gli istituti di protezione nei casi di sua incapacità e salvo il limitato titolo riconosciuto agli eredi. Il figlio non ha il potere di conferire ad altri la legittimazione a stare in giudizio in suo nome e per suo conto, posto che la rappresentanza negoziale non è ammessa in relazione a diritti indisponibili (Cass. civ., sez. I, n. 11727/2003). L'azione ha natura personalissima e tutela un diritto fondamentale dell'individuo. Essa non compete neppure al padre e alla madre: il presunto genitore deve valersi dell'azione di riconoscimento (Cass. civ., sez. I, n. 10131/2005).

La chiara regola dettata dal diritto positivo consente di risolvere alcune situazioni cui possono dar luogo le vicende processuali in conseguenza del diverso atteggiarsi delle posizioni delle parti e il contenuto delle reciproche domande.

Il convenuto nel giudizio per la dichiarazione di paternità può opporre eccezioni di merito, per difendersi (in genere, l'exceptio plurium concubentium), ma, ove ritenga che la paternità deve essere attribuita a un terzo, non ha il potere di chiedere l'integrazione del contraddittorio nei confronti di questi. Se fosse ammissibile una chiamata in causa ad opera del convenuto egli eserciterebbe pienamente l'azione di accertamento della paternità alla quale è legittimato soltanto il figlio. Con esito sostanzialmente analogo va risolto l'interrogativo concernente l'ammissibilità della domanda di accertamento incidentale. Sul punto la Corte ha ricordato, nella sua ordinanza, come si discuta, in dottrina e in giurisprudenza, se colui che assume la filiazione naturale possa agire per il riconoscimento degli obblighi di mantenimento e di istruzione nei confronti del padre naturale, richiedendo per incidens l'accertamento della filiazione naturale sul presupposto che la fonte di tali obblighi è la procreazione e non già lo status personale. Qualunque sia la risposta da darsi al quesito (in senso affermativo Cass. civ., sez. I, n. 5633/1990), resta il fatto che in questo caso il proponente della domanda principale e della domanda incidentale è il medesimo soggetto legittimato comunque all'azione di dichiarazione giudiziale di paternità. Nè l'una né l'altra domanda provengono da un terzo privo della necessaria legittimazione. Ma la risposta deve essere diversa quando la richiesta incidentale è proposta in forma di accertamento negativo da un soggetto diverso da quello fornito della legittimazione attiva, nel contesto del giudizio in cui è formulata la domanda verso la quale quell'accertamento è strumentale. In tale ipotesi il terzo chiede al giudice la verifica di un rapporto di filiazione, sia pure per farla dichiarare insussistente: e tanto si risolve in un esercizio inammissibile dell'azione riservata a chi pretende di essere figlio. La diversità del petitum, rispetto all'azione proponibile in forma diretta dal presunto figlio, lascia impregiudicato l'oggetto del decidere, costituito dall'accertamento del rapporto genitoriale.

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