Toccamenti fugaci finalizzati a umiliare la persona offesa. Molestie o violenza sessuale?

11 Settembre 2018

La finalità di soddisfare il piacere erotico rileva per l'integrazione della fattispecie di violenza sessuale? La Corte suprema, Sezione III, con sentenza 15 aprile 2010, n. 21336, ha evidenziato che...

La finalità di soddisfare il piacere erotico rileva per l'integrazione della fattispecie di violenza sessuale?

La Corte suprema, Sezione III, con sentenza 15 aprile 2010, n. 21336, ha evidenziato che i toccamenti ai glutei e al seno sono da considerarsi atti sessuali anche se posti in essere non per il soddisfacimento di istinti erotici ma al solo fine di umiliare la persona offesa.

La fattispecie sottoposta all'esame dei giudici delle leggi, nella sentenza citata, riguardava il caso di un bidello di una scuola elementare, oggetto di scherno da parte dei ragazzini per il suo sordomutismo, che aveva preso di mira una bambina diventata bersaglio dei suoi comportamenti molesti e aggressivi consistiti in toccamenti fugaci ai glutei e al seno.

Secondo il supremo Collegio sono da ritenersi atti sessuali quelli che, anche se realizzati in modo fugace ed estemporaneo, si risolvono in un contatto fisico tra l'agente e il soggetto passivo e coinvolgono la corporeità di quest'ultimo, ledendone la facoltà di autodeterminazione nella sfera sessuale.

La Corte ha così concluso che gli atti posti in essere dall'imputato rivestivano, dal punto di vista oggettivo, quel minimum per essere considerati di natura erotica.

Ha altresì rilevato che era carente, nel caso di specie, il requisito soggettivo della finalizzazione dell'atto all'appagamento di un desiderio sessuale, ma ha ritenuto che tale carenza non avesse carattere decisivo ai fini del perfezionamento della fattispecie del reato di violenza sessuale.

Secondo il supremo Collegio, invero, il soddisfacimento del piacere erotico non è richiesto, essendo l'elemento soggettivo del delitto di violenza sessuale articolato come dolo generico, per cui, ai fini della sua integrazione, è necessario e sufficiente che l'imputato abbia la coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi del reato.

La stessa Corte, con successiva sentenza 4 febbraio 2010, n. 11186, ha, peraltro, precisato che nei delitti di violenza sessuale la prova del dolo è alquanto complessa quando il “toccamento” non sia particolarmente invasivo e univoco per la collocazione dell'atto in un contesto scherzoso o per la sua eventuale casualità.

Da ciò consegue che nei reati sessuali la prova del dolo può essere desunta da elementi esterni e, in particolare, da quei dati della condotta del reo che, per l'offensività o per l'obiettivo disvalore sociale, si presentino come maggiormente idonei ad esprimere il fine perseguito dall'agente.

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