Inapplicabilità dell’art. 590-sexies c.p. al medico negligente

Redazione Scientifica
18 Settembre 2018

La causa di non punibilità prevista dall'articolo 590-sexies c.p. per le ipotesi di responsabilità medica non si applica se vi è stata negligenza per disattenzione da parte di un sanitario dell'equipé chirurgica nell'esecuzione dei compiti assegnatigli.

IL CASO La Corte d'appello di Genova aveva confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Savona con cui era stata accertata la punibilità per il delitto di lesioni colpose ad un chirurgo secondo operatore che, in cooperazione con il primario, aveva provocato lesioni gravissime ad un paziente durante un intervento laparoscopico di rimozione di una cisti splenica: erroneamente era infatti stata realizzata una nefrectomia con asportazione del rene sinistro. Il secondo operatore non contesta l'errore medico del primo chirurgo ma dichiara la totale assenza di colpa nel suo operato e lamenta la mancata applicazione dell'art. 590-sexies c.p.

NEGLIGENZA DEL SECONDO OPERATORE La Suprema Corte chiarisce che la Corte d'appello aveva correttamente premesso il ruolo dirimente del corretto uso della telecamera durante l'intervento laparoscopico, trattandosi dell'unico strumento che consenta ai medici la visione del campo operatorio. Dal momento che proprio al secondo operatore era stato affidato il compito di manovrare la telecamera, la Corte aveva qualificato la sua condotta come negligente, per difetto di attenzione alla visione del campo operatorio, e imperita, per incapacità di identificare il rene, non essendosi accorto che il primo operatore non stava asportando una cisti splenica. La Cassazione sottolinea che tale avulsione, come si evince dalla CTU, non era avvenuta improvvisamente: il secondo operatore avrebbe dovuto accorgersi di ciò che stava accadendo, ma colposamente ha omesso di segnalare l'evidente errore per negligente disattenzione.

DISSENSO ESPRESSO E MANIFESTO La Suprema Corte ricorda che il medico componente dell'equipe chirurgica, in posizione di secondo operatore, che non condivide le scelte operate dal primario durante l'intervento, per esimersi da responsabilità ha l'obbligo di manifestare espressamente il proprio dissenso, pur non essendo previste particolari modalità e forme di espressione (Cass. pen., sez. III, 29 settembre 2015 n. 43828).

GRAVISSIMA COLPA PER IMPERIZIA La Corte territoriale aveva inoltre correttamente affermato, continua la Cassazione, che la condotta del ricorrente avrebbe alternativamente potuto integrare anche una gravissima colpa per imperizia, poiché egli era soggetto direttamente coinvolto durante l'intervento laparoscopico, stante il suo compito di garantire la corretta visione del campo chirurgico mediante la telecamera.

INAPPLICABILITÀ DELLA LEGGE GELLI Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, ossia la mancata applicazione dell'art. 590-sexies c.p., introdotto dall'art. 6 della legge Gelli, che prevede che, qualora l'evento lesivo si sia verificato a causa d'imperizia, la punibilità dell'operatore sanitario debba escludersi se sono state rispettate le linee guida o le buone pratiche clinico assistenziali adeguate alla specificità del caso concreto, la Suprema Corte considera il rilievo privo di pregio.

Infatti, nella fattispecie concreta i giudici avevano accertato la ricorrenza di profili di colpa per negligenza del secondo operatore, e da ciò deriva necessariamente l'inapplicabilità della novella legislativa.

LE SEZIONI UNITE La Suprema Corte ricorda quanto dichiarato dalle Sezioni Unite, che avevano chiarito che l'art. 590-sexies c.p. prevede «una causa di non punibilità applicabile ai fatti inquadrabili nel paradigma dell'art. 589 o di quello dell'art. 590 c.p., operante nei soli casi in cui il medico abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa».

In conclusione dunque, essendo stati accertati profili di colpa per negligenza esecutiva e per disattenzione nei compiti assegnati, ed avendo la Corte di merito identificato come elevato il grado della colpa, l'applicabilità dell'istituto previsto dalla l. 24/2017 deve necessariamente ritenersi escluso. La Corte rigetta dunque il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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