L'affidamento alternato: una scelta da compiere (solo) alla luce del concreto interesse dei minori
01 Ottobre 2018
Massima
La suddivisione paritetica tra i genitori dei tempi di frequentazione e delle responsabilità educative (shared custody), coerente con le indicazioni generali della letteratura specialistica maggioritaria e con le spinte provenienti dal Consiglio d'Europa, deve essere valutata alla luce del concreto interesse del minore anche nei casi di elevata conflittualità tra i genitori. Il caso
Il Tribunale di Parma si esprime sul tema dell'affidamento alternato, in un provvedimento scarno ma dal quale è possibile trarre alcune importanti indicazioni. All'esito di un procedimento per regolamentare la responsabilità genitoriale di un minore in età scolare, nel quale era stata disposta una CTU, il Tribunale accoglie le richieste del padre in merito all'affidamento alternato del bambino, disponendo di conseguenza il mantenimento diretto dello stesso da parte dei genitori. Dalla lettura del provvedimento emerge come questa soluzione fosse già in essere nella famiglia – benché evidentemente contrastata dall'altro genitore – e come sia stata poi confermata dai periti all'esito della consulenza tecnica esperita. In particolare, il Tribunale fa riferimento alle «risultanze peritali idoneamente motivate e rese all'esito di lunghe e approfondite indagini svolte dal consulente di ufficio», menzionando anche le censure mosse dal consulente di parte in ordine alla difficoltà di conciliare questo tipo di affidamento con una «elevatissima conflittualità fra i genitori che, se non superata, non potrà non essere, anche in futuro, fonte di estremo disagio sotto il profilo psicologico per il minore». Sempre dall'esame del provvedimento emerge come la soluzione sia stata ritenuta percorribile dal CTU – e poi dal Tribunale, che fa propria questa valutazione – sia in quanto coerente «con le indicazioni generali della letteratura specialistica maggioritaria riprese dal documento del Consiglio Nazionale Forense dell'Ordine degli Psicologi, dalla Risoluzione del Consiglio d'Europa 2015/12 e dalle Linee Guida già adottate da alcuni Tribunali (Perugia, Brindisi, Salerno)», sia alla luce del concreto interesse del minore. Si legge infatti nel provvedimento come il bambino «ha sino ad ora trovato un sufficiente equilibrio adattivo nell'alternanza tra le due abitazioni e in una suddivisione egualmente paritetica delle responsabilità educative». Nel disporre questo tipo di affidamento, il Tribunale ha poi ritenuto di dover fare proprie anche tutte le indicazioni concrete che la CTU aveva evidenziato come necessarie da seguire ai fini della tenuta di questo sistema, quasi una sorta di vademecum del buon genitore separato, secondo le quali «entrambi i genitori devono: - mantenere una comunicazione funzionale con il figlio; - mantenere una comunicazione regolare con l'altro genitore ed essere collaborativi tra loro; - seguire rigorosamente il piano genitoriale; - contattare immediatamente l'altro genitore in caso di emergenze che riguardano il figlio; - condividere con l'altro genitore tutte le informazioni riguardanti il figlio; - essere flessibili e sostenere la relazione del figlio con l'altro genitore. Non devono squalificare l'altro genitore, né controllare o interferire nella comunicazione tra lo stesso e il figlio». La questione
L'affidamento alternato di un minore – inteso come suddivisione paritetica tra i genitori sia dei tempi di frequentazione sia delle responsabilità educative – quando non vi è un accordo tra i genitori corrisponde all'interesse del minore? Questa valutazione deve compiersi in astratto, seguendo le indicazioni che sembrano provenire dalla letteratura specialistica e dall'Europa, o deve essere compiuta in concreto alla luce della situazione della singola famiglia coinvolta e dell'interesse preminente di quel singolo minore?
Le soluzioni giuridiche
Il tema dell'affidamento alternato, a volte anche definito shared custody o shared residence, è stato oggetto di un ricco dibattito negli ultimi anni, con un confronto spesso inquinato da posizioni ideologiche che poco tengono conto di quella che dovrebbe essere la bussola di ogni discussione in questo settore, vale a dire il migliore (o preminente) interesse concreto del minore. Partendo da una situazione di fatto in cui i Tribunali tendenzialmente avevano un approccio volto a favorire la figura materna nella suddivisione dei tempi e nella responsabilità educativa dei figli (frutto anche di un quadro sociale ancora tipico in moltissime famiglie), il dibattito si è infatti a volte connotato come una guerra di posizione tra chi sostiene la necessità per i figli di crescere soprattutto con la mamma (la cd. maternal preference) e chi rivendica il diritto dei padri di essere considerati genitori di pari rango, al punto da rivendicare pretese di divisione così equa dei tempi dei figli, come se gli stessi potessero, con buona pace di Salomone, quasi essere divisi a metà. In questo quadro alcune indicazioni importanti sono arrivate sia dalla letteratura specialistica, sia dalle autorità europee. Con riguardo alla prima, il documento richiamato dal Tribunale di Parma, ovvero l'Audizione in Senato del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi l'8 novembre 2011, può rappresentare un'utile sintesi del dibattito sottostante, evidentemente molto più ricco e articolato. Il senso della letteratura richiamata è che risulta ormai chiaro come «il coinvolgimento paterno abbia influenze positive sullo sviluppo della prole» e come i bambini in residenza alternata abbiano «un comportamento più adeguato alle norme scolastiche, un livello maggiore di autostima e una percezione di maggiore soddisfazione rispetto alle loro relazioni familiari» (cfr. Audizione in Senato del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi 8 novembre 2011). Con riguardo all'Europa, di rilievo è sicuramente il documento citato nel provvedimento in commento, la Risoluzione adottata dal Consiglio d'Europa 2015/12, nella quale vi sono raccomandazioni importanti per tutti gli Stati membri al fine di promuovere l'eguaglianza dei genitori nei confronti dei figli. In particolare, il Consiglio d'Europa incoraggia tutti gli stati membri a far sì che i genitori possano godere degli stessi diritti nei confronti dei figli, sia sotto il profilo delle informazioni che delle decisioni e, con riguardo alla frequentazione, che sia recepito il principio della shared residence, definita come quella forma di affidamento in cui i figli dopo la separazione trascorrono «tempi più o meno uguali» presso il padre e la madre. La Risoluzione è stata salutata da più parti come la definitiva consacrazione del diritto dei genitori a poter suddividere paritariamente, quasi al minuto, la vita dei figli, dimenticando la locuzione “più o meno uguali” contenuta nella formulazione e dimenticando anche come la stessa Risoluzione precisi che la quantità di tempo con ciascun genitore deve sempre essere «aggiustata tenendo conto dei bisogni e degli interessi del minore». Poi sono intervenuti alcuni Tribunali, adottando Linee Guida volte a standardizzare una suddivisione equa dei tempi e delle responsabilità educative tra i figli, primo tra tutti il Tribunale di Brindisi seguito poi dal Tribunale di Perugia. Con riguardo invece ai singoli provvedimenti, si segnala a favore delle soluzioni paritetiche Trib. Salerno 18 aprile 2017, App. Bologna 14 aprile 2016, Trib. Roma 20 gennaio 2015. Sul concetto di maternal preference e sull'esclusione della stessa, si veda Trib. Milano 25 ottobre 2016 (anche per come definisce le statuizioni sul tema contenute in Cass. 14 settembre 2016, n. 18087). Tra i recenti provvedimenti contrari all'affidamento alternato, si veda invece Trib. Savona 11 giugno 2014, secondo il quale l'affidamento alternato «si pone in contrasto con le esigenze di stabilità di vita e di crescita equilibrata dei figli». Osservazioni
Ad avviso di chi scrive il tema va affrontato con una duplice chiave di letteratura. Da un lato, gli operatori del diritto – e in primis gli avvocati che di questa materia si occupano - non possono più ignorare le indicazioni che ormai massicce giungono dalla letteratura specialistica e che sono poi riprese nelle indicazioni e nelle sollecitazioni che promanano dalle istituzioni europee: il ruolo di entrambi i genitori nella vita dei figli deve essere sempre tutelato e preservato, non solo al livello della condivisione delle scelte educative e di vita dei figli (la responsabilità genitoriale in senso lato), ma anche al livello della partecipazione alla quotidianità dei minori, che dovrebbe essere il più possibile paritaria. Ben vengano quindi tutte le sollecitazioni che aiutino i genitori in conflitto a considerare questo dato come punto di partenza al momento della separazione. Dall'altro lato, però, è necessario più che mai tenere in mente la bussola che deve orientare ogni concreta decisione – al di là delle statuizioni astratte – in questa materia: i reali bisogni e i concreti interessi dei singoli minori e delle singole famiglie coinvolte. Questa è l'indicazione che di fatto ci viene sia dalle raccomandazioni europee, sia da tutta la letteratura specialistica e questa è la cartina di tornasole che deve guidare i tribunali in caso di conflitto tra genitori, sempre e comunque. In questo senso, la decisione in commento sembra essersi mossa correttamente, poggiandosi su valutazioni compiute da esperti, dopo lunghi e complessi accertamenti sulla bontà del criterio per quel singolo bambino e per i suoi genitori. In questa prospettiva, tuttavia, la preoccupazione espressa dal consulente di parte circa l'alta conflittualità della coppia genitoriale e circa la conseguente capacità di questo modello di tutelare nel caso concreto il benessere del bambino, merita sicuramente attenzione. Anche perché non è del tutto chiaro se le risultanze della letteratura specialistica sulla migliore serenità dei bambini con shared residence siano legate solo a casi in cui i genitori hanno saputo collaborare in maniera effettiva e costruttiva o anche anche a casi in cui questo sistema è stato imposto dalle autorità giudicanti in un contesto altamente conflittuale. Alla luce di questo dubbio, lo sforzo che tutti gli operatori di questa materia dovrebbero sempre di più compiere è quello di sviluppare modelli di risoluzione del conflitto attenti alle effettive esigenze dei minori e portatori di soluzioni tagliate su misura delle singole famiglie. Qualsiasi automatismo o standardizzazione, che sia per legge o per linee guida di tribunali, porta infatti con sé il rischio di lavorare su di un modello astratto, dimenticando il bambino in carne e ossa che si dovrebbe tutelare. F. Picardi, Le decisioni di maggiore interesse nell'affidamento del minore, in IlFamiliarista.it, 26 settembre 2016; Redazione scientifica, Linee guida del Tribunale di Brindisi: eliminato il collocamento prevalente in ilFamiliarista.it, 9 marzo 2017. |