La nuova procedibilità a querela. L'intervento chiarificatore delle Sezioni unite
08 Ottobre 2018
Abstract
Con sentenza n. 40150 del 21 giugno 2018, depositata il 7 settembre 2018, le Sezioni unite della Suprema Corte hanno enunciato i seguenti princìpi di diritto:
Il decreto legislativo 36 del 10 aprile 2018 – pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 95 del 24 aprile 2018, in vigore dal 9 maggio 2018 – in attuazione della delega contenuta all'art. 1, comma 16, lettere a) e b) della legge 23 giugno 2017, n. 103, ha modificato il regime di procedibilità per taluni reati. In particolare, alla lett. a), si prevede la procedibilità a querela per i reati contro la persona (a esclusione del delitto di cui all'art. 610 c.p.) puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni (sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria) e per i reati contro il patrimonio contemplati nel codice penale. I predetti reati restano procedibili d'ufficio in presenza di una delle seguenti condizioni:
Alla lett. b), si disciplinano le modalità intertemporali e si precisa che, per i reati divenuti perseguibili a querela commessi prima della data di entrata in vigore del decreto delegato di attuazione, il termine per presentare la querela decorra dalla predetta data, se la persona offesa abbia avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato; diversamente, se è pendente il procedimento, il pubblico ministero o il giudice informerà la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela ed il termine decorrerà dal giorno in cui la persona offesa sarà stata informata. Il caso e la rimessione alle Sezioni unite
Con nota in data 15 maggio 2018 il magistrato coordinatore dell'Ufficio esame preliminare dei ricorsi, con riferimento al ricorso proposto da tale S.S. (già condannato nei due gradi di giudizio di merito per il reato di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n. 11 c.p., commesso nel periodo compreso tra l'aprile e l'agosto 2010), ha segnalato l'opportunità di assegnazione dello stesso alle Sezioni unite, a norma dell'art. 610, comma 2, c.p.p., con riferimento alla nuova disciplina del d.lgs. 36/2018 e, specificamente, in relazione all'ambito applicativo del regime di diritto transitorio previsto dall'art. 12 d.lgs. 36/2018, indicando le seguenti questioni: a) se, in presenza di un ricorso dell'imputato inammissibile, si debba comunque dare avviso alla persona offesa, così come prevede l'art. 12 d.lgs. 36/2018 oppure se tale onere informativo sia precluso dalla rilevata inammissibilità, stante la mancanza di una valida costituzione del rapporto processuale; b) se, durante il termine di novanta giorni decorrenti dall'avviso dato alla persona per l'eventuale esercizio del diritto di querela, il termine di prescrizione del reato rimanga o meno sospeso.
Con provvedimento in data 16 maggio 2018 il Presidente aggiunto della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto entrambe le questioni di speciale importanza e, anche al fine di prevenire possibili contrasti interni in seno alla giurisprudenza di legittimità, ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite fissando per la trattazione l'udienza pubblica del 21 giugno 2018. Il decisum della Suprema Corte
Le Sezioni unite, con la sentenza in commento, hanno preliminarmente dato atto della inammissibilità del ricorso presentato in data 13 aprile 2018 nell'interesse di S.S. – ricorso con il quale si chiedeva, in termini generici, l'annullamento della sentenza di secondo grado per ritenuta ricorrenza di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di penale responsabilità – in quanto fondato su ragioni diverse da quelle che possono essere sottoposte al giudice di legittimità, con l'effetto che la prescrizione riguardante talune delle condotte contestate in continuazione, proprio a ragione della dichiarata inammissibilità – che, come è noto, è situazione inidonea a generare un'utile fase processuale ai fini del perfezionarsi della causa estintiva – non può essere valutata né dichiarata se astrattamente intervenuta dopo la sentenza di secondo grado. La rilevata inammissibilità del ricorso rende rilevante la prima questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite. In particolare, non essendo oggetto di contrasto che la disciplina introdotta dal d.lgs. 36/2018 si applichi retroattivamente per effetto della normativa transitoria e che la stessa riguardi anche il giudizio di legittimità, il dubbio si concentra appunto sull'eventuale rilevanza di limiti all'operatività della predetta norma transitoria in relazione ai quei procedimenti nei quali il ricorso per cassazione sia ritenuto inammissibile. La questione, solo apparentemente, si profila come connotata da aspetti di novità: invero, la disciplina di cui all'art. 12 d.lgs. 36/2018, va interpretata secondo i principi già indicati dalle Sezioni unite con la sentenza n. 5540 del 17 aprile 1982, ric. Corapi, in relazione alla corrispondente norma, formulata in termini sovrapponibili, nel contesto della legge 24 novembre 1981, n. 689 (art. 99), principi dai quali non v'è motivo per discostarsi: norma – quella dell'art. 99 della l. 689/1981 – da interpretare nel senso che, per i reati commessi prima del giorno di entrata in vigore dell'anzidetta legge e divenuti perseguibili a querela, il termine di proponibilità della querela stessa decorre, ove il procedimento non sia pendente, da detto giorno allorché la persona offesa abbia avuto in precedenza notizia del fatto; mentre, in caso di pendenza del procedimento, dal giorno in cui quella persona sia stata informata dall'autorità giudiziaria, ancorché abbia già avuto notizia del fatto costituente reato. Ciò premesso e considerato, l'avviso alla persona offesa non è pacificamente dovuto, con conseguente immediata declaratoria di improcedibilità dell'azione penale, in situazioni ove il l'esercizio del diritto della persona offesa sia già stato assicurato, e segnatamente allorquando:
Peraltro, in aggiunta a dette situazioni, anche l'inammissibilità del ricorso deve ritenersi ostativa all'attivazione della procedura di informazione della persona offesa. Diverse sono le situazioni di inammissibilità rilevanti. La prima è costituita dall'inammissibilità per tardività di presentazione del ricorso: in questo caso, senza dubbio, si è in presenza di un atto inidoneo ad introdurre il giudizio di impugnazione e alla conseguente instaurazione di un valido rapporto processuale. Conseguentemente, anche in questo caso, attesa l'identità di ratio rispetto alle situazioni precedenti, l'inammissibilità impedisce l'attivazione della procedura informativa. Ma anche le altre cause di inammissibilità, da considerarsi unitariamente, non possono che condurre al medesimo risultato. Invero, le diverse ed ulteriori tipologie di cause di inammissibilità supportano ed inducono tutte ad una pronuncia soltanto dichiarativa, con effetti esclusivamente processuali, trattandosi in questo caso di sentenza che assume carattere meramente ricognitivo della mancata valida instaurazione del giudizio di cassazione in presenza di un rilevato vizio che affligge geneticamente l'atto. Secondo le Sezioni unite, fanno eccezione a questo elenco - per così dire - aperto, a ragione del provocato effetto ex tunc capace di travolgere anche il giudicato formale, alcune cause di non punibilità rigorosamente individuate, quali:
In ogni caso, è da escludersi che, in presenza di ricorso inammissibile – in assenza di novità normative o sistematiche riconducibili alle ipotesi testè elencate, tali da riaprire il dibattito sull'eventuale distinguibilità fra cause di ontologica invalidità del ricorso e cause che richiedano un meno evidente apprezzamento da parte del giudice – possa affermarsi, nell'ottica dell'attivazione della disciplina transitoria posta dal citato art. 12 d.lgs. 36/2018, che, alle condizioni suddette, il procedimento debba considerarsi “pendente”. Peraltro, la mancanza della condizione di procedibilità viene comunemente trattata come una questione di fatto, soggetta alle regole di autosufficienza del ricorso ed ai limiti dei poteri di accertamento del giudice di legittimità, con la conseguenza che «non può dirsi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso sia destinata ad essere messa in crisi da una ipotetica incondizionata necessità di verifica dello stato della condizione di procedibilità» come richiesta dalla normativa subentrata. Ne consegue che le innovazioni che introducono la procedibilità a querela non consentono l'assimilazione della fattispecie alla diversa categoria dei mutamenti normativi favorevoli, non fosse altro che per la vocazione processuale della querela che si contrappone a ipotesi aventi natura più marcatamente sostanziale sussumibili nell'alveo delle cause di non punibilità, con conseguenziale impossibilità dell'ipotizzato “arretramento” dell'inammissibilità: qui, infatti, non viene in gioco la verifica della presenza o meno della condizione di procedibilità, bensì la – totalmente diversa – ipotesi dell'espletamento di un procedimento incidentale ad effetto eventuale, a tutela della persona offesa e volto a verificarne la volontà nell'ottica di una – solo possibile, ma non certa – presentazione della condizione di procedibilità. Chiarissimi appaiono gli effetti nei possibili diversi esiti procedimentali: invero, una volontà espressa in senso affermativo dalla persona offesa (presentatrice di una successiva querela), nulla apporterebbe all'interesse dell'imputato al proscioglimento; in caso contrario (mancata presentazione), a fronte di un prolungamento sine die dei tempi processuali, si consentirebbe l'illogico consolidarsi di una condizione di improcedibilità con impropri effetti sananti delle originarie inammissibilità che affliggevano il ricorso proposto. Con riferimento alla seconda dedotta questione – in punto operatività o meno della sospensione del termine di prescrizione durante il tempo per l'eventuale esercizio del diritto di querela – la risposta delle Sezioni unite è stata negativa. Sul punto, si è evidenziato come «la norma codicistica che regola la sospensione del corso della prescrizione, l'art. 159 c.p., lo fa in relazione ad una casistica molto dettagliata e di stretta interpretazione, andando ad incidere sul diritto dell'imputato di vedere definito il processo in tempi ragionevoli e, in caso contrario, di vedere riconosciuta la cessazione dell'interesse dello Stato all'accertamento della responsabilità e alla punizione». Non è possibile pensare che il legislatore abbia voluto sottintendere una sospensione di fatto del procedimento o del processo ai fini dell'operatività della disposizione transitoria, dal momento che, sia nella fase delle indagini sia nel corso del processo di merito, l'avvio delle attività per la identificazione e la informazione della persona offesa è compatibile con le altre ordinarie scansioni del procedimento o del processo senza alcuna previsione di (anche solo possibili) conseguenze sospensive sul corso della prescrizione. Invero, si riconosce come «gli avvisi e le interlocuzioni con le parti e i protagonisti del rito rientrano nella ordinaria dinamica processuale e non sono causa di aggravi a carico dell'imputato […]». In conclusione
Ferme le valutazioni che precedono, da un punto di vista operativo, appare chiaro che, in sede di esame preliminare del ricorso, si dovrà procedere all'avviso alla persona offesa ex art. 12 d.lgs. 36/2018, solo dopo aver verificato che:
All'atto della positiva verifica di tutte le predette condizioni, il magistrato “spogliatore” provvederà ad inviare l'avvertimento; all'esito della proposizione della querela e, comunque, decorsi novanta giorni dal formale avviso alla persona offesa senza che la stessa abbia provveduto in tal senso, lo stesso magistrato, compiuta ogni altra verifica di rito sul fascicolo (procedura applicabile, decorrenza dei termini di custodia cautelare, calcolo del fine pena e della prescrizione del reato) trasmetterà il fascicolo al Presidente di sezione per la fissazione dell'udienza e la designazione del consigliere relatore. |