Codice Civile art. 2253 - Conferimenti.Conferimenti. [I]. Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale [2247]. [II]. Se i conferimenti non sono determinati, si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti eguali tra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell'oggetto sociale. InquadramentoL‘obbligo del conferimento rappresenta uno degli elementi essenziali del contratto sociale. All’obbligo del conferimento, invero, sono tenuti tutti i soci, a qualsiasi modello appartengano. Anche rispetto alla società semplice vale il principio della essenzialità dei conferimenti (Cass. I, n. 770/1965; Trib. Salerno, 11 luglio 2014, n. 3401, secondo cui non esiste socio senza conferimento), il quale comporta che, senza conferimento, non può esserci acquisto della qualità di socio (per tutti, Campobasso, 72): tale enunciazione va peraltro coordinata con la natura consensuale del contratto di società, la quale fa sì che esso si perfezioni con l'assunzione dell'obbligo di conferire, indipendentemente dalla sua esecuzione e che, pertanto, il conferimento costituisce atto di adempimento del contratto di società e presupponga l'avvenuto perfezionamento del vincolo sociale. Secondo la Cassazione, i conferimenti di beni in natura dei soci fondatori integrano negozi traslativi diretti in favore della società, sia essa personale o di capitali, la quale pertanto, nella veste di parte acquirente, è l'unico necessario e legittimo contraddittore della domanda volta a renderli inopponibili, salvo l'interesse dei primi all'intervento adesivo in ragione dell'affidamento riposto nel conferimento in natura, soprattutto se riguardi un bene essenziale all'attività sociale la cui eventuale perdita, per effetto dell'azione esecutiva del creditore particolare, ponga a rischio la stessa esistenza della società (Cass. I, n. 23891/2013). In effetti, il contratto di società è un contratto consensuale, che si perfeziona con l'assunzione dell'obbligo dei conferimenti(artt. 2247,2253 c.c.), indipendentemente dalla sua esecuzione. Pertanto, nel caso in cui due persone si accordino per il futuro acquisto e la successiva commercializzazione di un immobile, il contratto di società si perfeziona – senza necessità di forma scritta – al momento dell'accettazione da parte dell'una della proposta dell'altra di concorrere, con il conferimento della metà del prezzo, all'acquisto dell'immobile e, quindi, alla realizzazione del fine sociale (Cass. I, n. 4563/1993). L'essenzialità del capitale nelle società di persone se, per un verso, si presta ad essere riferita al solo capitale nominale, e non anche a quello reale, che ben può risultare del tutto inesistente, richiede, per altro verso, di essere intesa in un significato meramente formale, e per ciò solo del tutto indipendente dalla concreta misura del suo ammontare: ciò nel senso, in particolare, che né la perdita integrale, e dunque l'attuale mancanza, del capitale reale, né l'avvenuto azzeramento di quello nominale fanno di per sé venire meno la funzionalità di un elemento, il capitale appunto, che anche in tali casi si rivela, a conferma della sua essenzialità, pur sempre rilevante, e dunque, se si vuole, «sussistente», per quanto solo in senso giuridico (Ferri, 247). Ha altresì stabilito la Cassazione che il conferimento di un immobile in una società di persone (nella specie, di fatto) deve avvenire con il rispetto delle forme richieste dalla natura del bene conferito, anche se la legge non richiede alcuna forma per la costituzione del rapporto sociale (Cass. I, n. 24961/2011). Conferimento d'aziendaAfferma la Cassazione che il conferimento di un'azienda individuale in una società di persone o di capitali costituisce una cessione d'azienda, la quale comporta, per legge, la cessione dei crediti relativi all'esercizio di essa, che, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese (Cass. I, n. 19155/2013). Nell'ipotesi di conferimento di un'azienda individuale in una società, si verifica un fenomeno traslativo non soggetto alla disciplina dell'art. 2498 c.c. (Cass. I, n. 26953/2016). La giurisprudenza ritiene che anche l'azienda (Cass. n. 2892/1963; Cass. n. 6270/1980), il nome (Cass. n. 1411/1969; App. Torino 18 marzo 1949, in Riv. dir. comm. 1949, II, 340) e la stessa responsabilità personale (Cass. n. 101/1964; Cass. n. 1690/1974; App. Firenze 3 aprile 1970, in Dir. fall. 1970, II, 840; App. Palermo 5 febbraio 1971, in Giur. merito, 1973, I, 481; Trib. Pistoia 15 maggio 1968, in Dir. fall. 1968, II, 900) possano costituire oggetto di conferimento. Nel ribadire che anche l'azienda può essere oggetto di conferimento in società, sia essa di persone o di capitali, la Cassazione ha precisato che, in tal caso, si verifica un fenomeno traslativo soggetto alla disciplina degli artt. 2558 ss. c.c., consistente nella cessione dell'azienda del conferente in favore del soggetto cui viene conferita, dal quale consegue: - che il conferente acquista la posizione di socio nella società conferitaria, senza peraltro essere liberato dai debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento, e rimane quindi legittimato a contestarne l'esistenza; - che la corresponsabilità della società nei confronti dei creditori aziendali postula, quale elemento costitutivo essenziale, l'intervenuta annotazione dei debiti nei libri contabili obbligatori, ai sensi dell'art. 2560, comma 2, c.c.; fermo restando che l'art. 19 della l. 7 gennaio 1929, n. 4 (ritenuto applicabile nella specie ratione temporis), afferma incondizionatamente la responsabilità dell'autore della violazione di norma tributaria per tributo, tassa e soprattassa, mentre condiziona la corresponsabilità in solido del successore in un'azienda commerciale o industriale, per i tributi relativi alla medesima, alla presunzione legale di frode nel trasferimento (Cass. I, n. 21229/2006). Inoltre, si è chiarito (Cass. sez. lav., n. 10147/2017) che, ai fini dell'operatività della prelazione di cui all'art. 230-bis in favore del famiiare, è sufficiente un trasferimento d'azienda, risultando ininfluente che la cessione avvenga mediante conferimento in una società di persone, in cui il titolare dell'azienda conservi un ruolo rilevante. Conferimento di prestazioni professionali: socio d'opera.Nelle società di persone anche una prestazione di attività personale può costituire oggetto di conferimento (Cass. I, n. 1169/1979). A tale riguardo si è precisato che la posizione del socio d'opera – cui eventualmente sia garantito un prelievo fisso sugli utili – è diversa dalla posizione del prestatore di lavoro subordinato, retribuito mediante partecipazione agli utili, giacché quest'ultima – essendo caratterizzata essenzialmente dal rapporto di subordinazione – esclude di per sé l'esistenza di un rapporto di società, che si esplica mediante il concorso nella gestione sociale con il diritto agli utili e la soggezione alle perdite, mentre d'altra parte la garanzia di un compenso al socio non è sufficiente a qualificare come subordinato il rapporto intercorso tra le parti ove l'accordo contrattuale risulti diretto all'esercizio in comune di un'attività economica al fine di dividerne gli utili o le perdite (Cass. I, n. 2125/1986). Il rapporto tra conferimento d'opera e capitale sociale viene correntemente affrontato prendendo le mosse da una concezione unitaria del capitale sociale. In particolare, individuata nel capitale sociale (nominale) una regola di indisponibilità del netto (anche nelle società di persone: Spolidoro, 291; per la concezione, oramai superata, del capitale sociale come fondo di beni espropriabili a garanzia diretta dei creditori sociali, cfr. Simonetto, 423), e riconosciuta la molteplicità di funzioni della regola in questione (Campobasso, 7), si opta per una concezione del capitale sociale ancorata alla funzione considerata prevalente in esso; funzione poi alternativamente individuata nella garanzia (indiretta) dei creditori sociali (funzione «vincolistica»), oppure nella organizzazione dell'investimento dei soci (in punto di determinazione dell'utile distribuibile e/o dei diritti sociali: funzione «organizzativa»: Spolidoro, 300). Sul piano operativo, tale impostazione porta a ricostruire la disciplina del capitale sociale in termini (tendenzialmente) unitari (Di Sabato, 184) e a porre il tema del rapporto tra conferimento d'opera e capitale sociale nei termini di un'alternativa «secca»: escludendo l'imputazione a capitale (o ritenendola inderogabilmente vietata) sia ai fini della formazione del capitale sociale iscritto nel registro delle imprese e rilevante agli effetti degli artt. 2303 e 2306 c.c. (capitale rilevante nei rapporti «esterni» o, in breve, capitale «esterno»), sia ai fini della formazione del capitale rilevante agli effetti della misurazione della redditività dell'impresa e della commisurazione dei diritti dei soci (capitale rilevante nei rapporti «interni» o, in breve, capitale «interno») (Ghidini, 128); oppure ammettendola (o considerandola necessaria) su entrambi i fronti (Spatazza, 111). Questo esito non è imposto dalla «logica», né corrisponde ad un equilibrato contemperamento degli interessi in gioco. In particolare, ove si accolga (secondo l'opinione oramai pacifica e condivisibile) una concezione «normativa» del capitale sociale (nominale) (Fortunato, 125), l'unità dello stesso non può essere postulata, ma deve essere verificata, dipendendo dalla unità o meno della disciplina che con esso si riassume; unità normativa che, a sua volta, dipende dalla quantità di funzioni con tale disciplina perseguite, e dal grado di conciliabilità delle stesse. Del resto, poiché le due funzioni principali del capitale sociale (vincolistica e organizzativa) non sempre sono facilmente conciliabili, la conseguenza dell'impostazione corrente è quella di costruire una disciplina del capitale sociale che, restando fedele alla unità del concetto, rischia di sacrificare eccessivamente gli interessi dei soci a quelli dei terzi o viceversa. Da quest'ultimo punto di vista, il caso del conferimento d'opera nelle società di persone è paradigmatico: e infatti, ove si dia preminente rilievo alla funzione «vincolistica», e si escluda quindi il conferimento dalla imputazione a capitale, si impedisce certo la formazione di un capitale potenzialmente fittizio in parte qua, così tutelando i terzi, ma al contempo si esclude che il conferimento d'opera dia diritto a concorrere alla ripartizione del capitale sociale, così pregiudicando l'interesse del socio d'opera al recupero dell'investimento (nel suo valore attuale) al momento della cessazione del rapporto sociale; mentre a squilibri di segno opposto rischia di condurre la adesione alla impostazione «organizzativa». Preferibile, allora, muovere dall'assunto che vi possano essere molteplici concetti di capitale sociale, diversi e congrui rispetto a discipline funzionalmente e strutturalmente diverse: distinguendo, in particolare, un capitale sociale «esterno» disciplinato prevalentemente nell'ottica di garantire i terzi nel loro interesse alla stabilità economico-patrimoniale dell'impresa; e un capitale sociale «interno» regolato soprattutto nella prospettiva di tutelare l'interesse di tutti i soci alla corretta e paritaria valorizzazione dell'investimento societario. Su questa base, si ipotizza che l'imputazione a capitale del conferimento d'opera nelle società di persone sia disciplinata diversamente secondo che si consideri l'uno o l'altro dei concetti: e, segnatamente, che mentre la prestazione d'opera non sia suscettibile di capitalizzazione «esterna» per difetto di livello di effettività richiesta dai principî cogenti di composizione del patrimonio stabilmente destinato all'impresa, la soluzione debba essere diversa ai fini del computo del capitale «interno», prevalendo in tale contesto il principio di autonomia privata (Cuomo, 206). Con specifico riferimento al c.d. socio d'opera «che non concorre alla formazione del capitale, ma concorre pur sempre a somministrare un mezzo che è finalizzato alla realizzazione dell'oggetto sociale» (Cass. I, n. 5126/1985) si è poi statuito: - che del tutto validamente può essere riconosciuta al socio d'industria parità di diritti nella ripartizione dei guadagni e delle perdite (Cass. I, n. 777/1980); - che la partecipazione in qualità di socio d'opera implica non soltanto il diritto alla distribuzione degli utili, ma anche il diritto, in caso di scioglimento del rapporto sociale, ad una liquidazione della quota proporzionata alla partecipazione ai guadagni (e, cioè, a quella parte del patrimonio sociale che eccede il valore dei conferimenti dei soci capitalisti: per tutti: Campobasso, 76) in relazione agli incrementi patrimoniali conseguiti dalla società (Cass. I, n. 5126/1985); - che tra società e socio d'opera intercorre un rapporto di lavoro subordinato, per prestazioni diverse da quelle oggetto di conferimento (Cass. I, n. 7573/1986). Determinazione dei conferimentiLa determinazione dei conferimenti può anche mancare nel contratto sociale senza che ciò influisca sull'esistenza delle società (App. Firenze 21 novembre 1955). In tal caso la misura dei singoli conferimenti, ove non risulti già determinata dal contratto costitutivo della società, va ricavata, utilizzando in senso inverso la presunzione stabilita dall'art. 2263 c.c., da quella stabilita per la ripartizione dei guadagni e delle perdite (Cass. I, n. 650/1982) e, pertanto, i valori dei conferimenti apportati dai singoli soci si presumono uguali (Trib. Torino 26 giugno 1980). Azione revocatoria avente ad oggetto il negozio di conferimentoRitiene la Cassazione che l'azione revocatoria avente ad oggetto il negozio di conferimento è ammissibile, non interferendo sulla validità del contratto costitutivo della società e quindi non ostandovi l'art. 2332 c.c. (nel testo anteriore alla riforma apportata dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), riguardante la nullità di quel contratto e non i vizi della singola partecipazione, che restano regolati dalle norme generali, né subendo alcun vulnus il principio di separazione del patrimonio societario rispetto a quello dei soci, non determinando l'esito favorevole della stessa alcun ritorno del bene nella disponibilità del debitore, salva l'esposizione ad eventuali azioni esecutive e conservative, né, infine, precludendola la disciplina in tema di trascrizione (art. 2901, ultimo comma, c.c.), che tutela gli aventi causa dell'acquirente diretto – e non, quindi, della società conferitaria, terza ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2901, primo comma, n. 2, c.c. – o l'illiceità penale della restituzione indebita del conferimento (art. 2626 c.c.), evenienza ontologicamente affatto diversa (Cass. I, n. 23891/2013). Sempre secondo la stessa pronuncia, in ipotesi di azione ex art. 2901 c.c. avente ad oggetto un negozio di conferimento, l'elemento psicologico della fattispecie revocatoria deve essere accertato con riguardo ai soci quando, nella fase costitutiva della società, la stessa ancora non abbia acquisito la soggettività giuridica, né sia dotata di un rappresentante legale, mentre, laddove l'organo gestorio sia contestualmente nominato, ne è, invece, sufficiente la ravvisabilità in capo a quest'ultimo ex art. 1391 c.c. Nella specie, il socio conferente era altresì l'accomandatario della s.a.s. (Cass. I, n. 23891/2013). PrescrizioneSecondo l’opinione prevalente l’obbligo del conferimento non è soggetto a prescrizione (Patriarca, 77 contra Ghidini, 167 il quale distingue tra l’assunzione dell’obbligo e l’estinzione dello stesso). In tema di prescrizione del diritto al conferimento si è precisato che l'obbligo di conferimento integra un debito verso la società, non verso gli altri soci, che persiste per tutta la durata del rapporto sociale; ne consegue che il diritto della società di pretendere l'adempimento di tale debito, anche quando venga esercitato dal curatore del fallimento con la speciale procedura monitoria contemplata dall'art. 150 r.d. n. 267/1942 (l. fall.), è soggetto a prescrizione solo a partire dalla data della cessazione del rapporto sociale (Cass. I, n. 3324/1988). BibliografiaG.F. Campobasso, Diritto commerciale, II, Diritto della società, a cura di M. Campobasso, II, Torino, 2017; Cuomo, Conferimento d’opera e capitale sociale nelle società di persone, in Riv. soc. 2017, 205; Ferri, Capitale sociale e società di persone, in Riv. not. 2012, 247; Fortunato, Capitale e bilanci nella s.p.a., in Riv. soc. 1991, 125; Ghidini, Società personali, Padova, 1972, 128; Simonetto, Responsabilità e garanzia nel diritto delle società, Padova, 1959; Patriarca, sub art. 2253, Società semplice, in De Nova, (a cura di), Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, 2021, 75 ss.; Spatazza, Conferimento di beni in godimento e capitale sociale, Milano, 1991; Spolidoro, Sul capitale delle società di persone, in Riv. soc. 2001, 791. Potrebbe interessarti |