Legge - 30/12/2010 - n. 240 art. 6 - (Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo)

Eleonora Reggiani

(Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo)

 

1. Il regime di impegno dei professori e dei ricercatori è a tempo pieno o a tempo definito. Ai fini della rendicontazione dei progetti di ricerca, la quantificazione figurativa delle attività annue di ricerca, di studio e di insegnamento, con i connessi compiti preparatori, di verifica e organizzativi, è pari a 1.500 ore annue per i professori e i ricercatori a tempo pieno e a 750 ore per i professori e i ricercatori a tempo definito. La quantificazione di cui al secondo periodo, qualora non diversamente richiesto dai soggetti finanziatori, avviene su base mensile1.

2. I professori svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, non meno di 350 ore in regime di tempo pieno e non meno di 250 ore in regime di tempo definito.

3. I ricercatori di ruolo svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, fino ad un massimo di 350 ore in regime di tempo pieno e fino ad un massimo di 200 ore in regime di tempo definito.

4. Ai ricercatori a tempo indeterminato, agli assistenti del ruolo ad esaurimento e ai tecnici laureati di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, che hanno svolto tre anni di insegnamento ai sensi dell'articolo 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni, nonché ai professori incaricati stabilizzati sono affidati, con il loro consenso e fermo restando il rispettivo inquadramento e trattamento giuridico ed economico, corsi e moduli curriculari compatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi accademici [nonché compiti di tutorato e di didattica integrativa]. Ad essi è attribuito il titolo di professore aggregato per l'anno accademico in cui essi svolgono tali corsi e moduli. Il titolo è conservato altresì nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui il ricercatore usufruisce nell'anno successivo a quello in cui ha svolto tali corsi e moduli. Ciascuna università, nei limiti delle disponibilità di bilancio e sulla base di criteri e modalità stabiliti con proprio regolamento, determina la retribuzione aggiuntiva dei ricercatori di ruolo ai quali, con il loro consenso, sono affidati moduli o corsi curriculari 2

[ 5. All'articolo 1, comma 11, della legge 4 novembre 2005, n. 230, le parole: «per il periodo di durata degli stessi corsi e moduli» sono sostituite dalle seguenti: «per l'anno accademico in cui essi svolgono tali corsi e moduli. Il titolo è conservato altresì nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui il ricercatore usufruisce nell'anno successivo a quello in cui ha svolto tali corsi e moduli»] 3.

6. L'opzione per l'uno o l'altro regime di cui al comma 1 è esercitata su domanda dell'interessato all'atto della presa di servizio ovvero, nel caso di passaggio dall'uno all'altro regime, con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell'inizio dell'anno accademico dal quale far decorrere l'opzione e comporta l'obbligo di mantenere il regime prescelto per almeno un anno accademico4.

7. Le modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori sono definite con regolamento di ateneo, che prevede altresì la differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento, nonché in relazione all'assunzione da parte del docente di specifici incarichi di responsabilità gestionale o di ricerca. Fatta salva la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori, l'ANVUR stabilisce criteri oggettivi di verifica dei risultati dell'attività di ricerca ai fini del comma 8.

8. In caso di valutazione negativa ai sensi del comma 7, i professori e i ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonché dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca.

9. La posizione di professore e ricercatore è incompatibile con l'esercizio del commercio e dell'industria fatta salva la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, anche assumendo in tale ambito responsabilità formali, nei limiti temporali e secondo la disciplina in materia dell'ateneo di appartenenza, nel rispetto dei criteri definiti con regolamento adottato con decreto del Ministro ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

L'esercizio di attività libero-professionale è incompatibile con il regime di tempo pieno. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 13, 14 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fatto salvo quanto stabilito dalle convenzioni adottate ai sensi del comma 13 del presente articolo.

10. I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché attività pubblicistiche ed editoriali. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì svolgere, previa autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza, a condizione comunque che l'attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza5.

10-bis. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì assumere, previa autorizzazione del rettore, incarichi senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici o privati anche a scopo di lucro, purché siano svolti in regime di indipendenza, non comportino l'assunzione di poteri esecutivi individuali, non determinino situazioni di conflitto di interesse con l'università di appartenenza e comunque non comportino detrimento per le attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall'università di appartenenza6

11. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere attività didattica e di ricerca anche presso un altro ateneo, sulla base di una convenzione tra i due atenei finalizzata al conseguimento di obiettivi di comune interesse. La convenzione stabilisce altresì, con l'accordo dell'interessato, le modalità di ripartizione tra i due atenei dell'impegno annuo dell'interessato, dei relativi oneri stipendiali e delle modalità di valutazione di cui al comma 7. Per un periodo complessivamente non superiore a cinque anni l'impegno può essere totalmente svolto presso il secondo ateneo, che provvede alla corresponsione degli oneri stipendiali. In tal caso, l'interessato esercita il diritto di elettorato attivo e passivo presso il secondo ateneo. Ai fini della valutazione delle attività di ricerca e delle politiche di reclutamento degli atenei, l'apporto dell'interessato è ripartito in proporzione alla durata e alla quantità dell'impegno in ciascuno di essi. Con decreto del Ministro, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri per l'attivazione delle convenzioni 7.

12. I professori e i ricercatori a tempo definito possono svolgere attività libero-professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purché non determinino situazioni di conflitto di interesse rispetto all'ateneo di appartenenza. La condizione di professore a tempo definito è incompatibile con l'esercizio di cariche accademiche. Gli statuti di ateneo disciplinano il regime della predetta incompatibilità. Possono altresì svolgere, anche con rapporto di lavoro subordinato, attività didattica e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri, previa autorizzazione del rettore che valuta la compatibilità con l'adempimento degli obblighi istituzionali. [ In tal caso, ai fini della valutazione delle attività di ricerca e delle politiche di reclutamento degli atenei, l'apporto dell'interessato è considerato in proporzione alla durata e alla quantità dell'impegno reso nell'ateneo di appartenenza.] 8

13. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero, di concerto con il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia riguardo alle strutture cliniche e di ricerca traslazionale necessarie per la formazione nei corsi di laurea di area sanitaria di cui alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, predispone lo schema-tipo delle convenzioni al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale.

14. I professori e i ricercatori sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fermo restando quanto previsto in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. La valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti triennali di cui all'articolo 8 è di competenza delle singole università secondo quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello scatto può essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico.

Nell'ipotesi di mancata attribuzione dello scatto, la somma corrispondente è conferita al Fondo di ateneo per la premialità dei professori e dei ricercatori di cui all'articolo 9.

[1] Comma modificato dall'articolo 19, comma 1, lettera b), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120.

[4] Per l'interpretazione delle disposizioni di cui al presente comma vedi l'articolo 26, comma 6-bis, del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito con modificazioni dalla Legge 21 aprile 2023, n.41.

[5]  Per l'interpretazione delle disposizioni di cui al presente comma vedi l'articolo 9, comma 2-ter del D.L. 22 aprile 2023, n. 44, convertito con modificazioni dalla Legge 21 giugno 2023, n. 74.

[6] Comma aggiunto dall'articolo 9, comma 2-bis del D.L. 22 aprile 2023, n. 44, convertito con modificazioni dalla Legge 21 giugno 2023, n. 74.

[7] A norma dell'articolo 55, comma 1, del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai rapporti tra università ed enti pubblici di ricerca e tra questi ultimi, fermo restando il trattamento economico e previdenziale del personale di ruolo degli enti di ricerca stessi.

Inquadramento

Il termine spin-off è diffusamente utilizzato per indicare quelle imprese che nascono per gemmazione, e cioè per iniziativa di altre imprese o enti, i quali mettono anche a disposizione loro risorse (finanziamenti, tecnologie, risorse umane, ecc..) per lo svolgimento dell'attività. La funzione propria degli spin-off è infatti quella di dar vita a nuovi soggetti che operano nel mercato, aiutandoli a trasformare in realtà aziendale un'idea, una potenzialità, un'opportunità produttiva, tecnologica o di mercato, che qualcun altro non vuole o non può sfruttare in termini commerciali.

A livello europeo, sono state stabilite delle condizioni, che devono essere soddisfatte, perché si possa definire spin-off l'avvio di una nuova impresa. Prima di tutto, si deve trattare della creazione di una nuova realtà imprenditoriale a partire da una unità preesistente. Vi deve poi essere la generazione di una nuova sorgente di attività (nuova impresa autonoma, produzione di nuovo bene, utilizzo di un nuovo processo o di una nuova tecnologia). Infine, è necessaria la presenza di misure di sostegno attivo da parte di un'organizzazione-madre. Non sono pertanto riconducibili agli spin-off tutti i casi di esternalizzazione d'impresa, in quanto manca il requisito della novità dell'attività, né la filiazione, nel qual caso manca il requisito dell'autonomia, ed infine sono da escludere i processi di uscita spontanei, perché è assente il sostegno attivo (Piccarozzi, 2).

Tra le varie categorie di spin-off emergono quelli universitari, nati da un istituto di formazione superiore o di ricerca (normalmente, appunto, una università), attraverso l'attivazione di una decisa politica di promozione del trasferimento tecnologico.

Lo spin-off universitario costituisce, infatti, il luogo in cui il sapere scientifico si trasforma in conoscenze utili per creare prodotti e servizi competitivi, così contribuendo alla risoluzione di problemi economici e sociali e allo sviluppo del territorio (Piccarozzi, 8).

In seno alla categoria degli spin-off universitari, genericamente intesi, è necessario distinguere tra spin-off accademici e spin-off universitari in senso stretto. Entrambi hanno in comune l'ambiente accademico come nucleo di sviluppo, ma la differenza è data dal livello di partecipazione dell'università. Sono universitari in senso stretto gli spin-off in cui l'università partecipa in qualità di socio. Sono invece accademici gli spin-off costituiti da personale tecnico, amministrativo e docente dell'università, ma senza che quest'ultima partecipi al capitale sociale. Ovviamente, e sono molto frequenti, vi possono essere spin-off, costituiti con la partecipazione sia dell'università che di personale accademico, anche con l'intervento di altri soggetti pubblici o privati.

La disciplina normativa nel tempo.

La partecipazione degli enti pubblici di ricerca in società di capitali è stata per la prima volta regolata nel nostro ordinamento dall'art. 13 l. 9 dicembre 1985, n. 705, che ha modificato il d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, sul riordino della docenza universitaria, introducendo l'art. 91-bis, e ha disciplinato i requisiti necessari per ottenere specifici finanziamenti pubblici. La norma ha disegnato una fattispecie societaria soggetta a forti limitazioni operative, in particolare sul fronte della disciplina dei conferimenti, delle partecipazioni e della destinazione degli utili.

Nella stessa linea ha operato il successivo art. 27 l. 5 ottobre 1991, n. 317, che ha autorizzato la costituzione di società consortili miste con la partecipazione di università e di altri enti pubblici di ricerca, ossia di soci non imprenditori, in deroga all'art. 2602 c.c.

Anche alcune leggi regionali (ad es. la l.r. Liguria del 1 settembre 1995, n. 45, sul Parco scientifico e tecnologico della Liguria) hanno contemplato la partecipazione di università e di altri enti pubblici di ricerca in parchi scientifici e tecnologici, costituiti in forma di consorzi o società di capitali, anche consortili.

Gli spin-off accademici e gli spin-off universitari in senso stretto sono stati poi espressamente individuati dall'art. 2, comma l, lett. e), d.lgs. 27 luglio 1999, n. 297 (recante misure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica), ove si è precisato che sono ammesse agli interventi ivi previsti (finanziamenti, agevolazioni fiscali, ecc.), le società di recente costituzione o da costituire, finalizzate all'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca, con la partecipazione azionaria o il concorso o comunque con l'impegno, tra gli altri, di professori e ricercatori universitari, dottorandi e titolari di assegni di ricerca (spin-off accademici), in conformità a quanto stabilito dai regolamenti degli atenei, ovvero con la partecipazione al capitale sociale di università (spin-off universitari in senso stretto), anche insieme agli altri soggetti ivi indicati.

Come nelle precedenti disposizioni di legge, anche nel d.lgs. n. 297/1999 la definizione legislativa è strumentale alla concessione di agevolazioni pubbliche, ma il d.lgs. cit. ha il duplice, inconfutabile, pregio di avere posto ordine in una materia fino a quel momento regolata in maniera alluvionale ed episodica e di avere legittimato in via generale – e cioè a prescindere da specifici programmi di finanziamento – la partecipazione degli enti pubblici di ricerca e del personale accademico in società, incoraggiata anche dal legislatore comunitario (v. in particolare la comunicazione della Commissione CE, «Investire nella ricerca: un piano d'azione per l'Europa», 2003, 14 ss., ove esplicitamente si esorta a promuovere il transfer di tecnologia anche a mezzo di spin-off societari) (Cossu, 124).

Si deve poi tenere conto che l'art. 6, comma 9, l. 30 dicembre 2010, n. 240 (recante norme in materia di organizzazione delle università e del personale accademico), nello stabilire che i professori e i ricercatori non possono esercitare il commercio e l'industria, ha espressamente fatta salva la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin-off o di start up universitari, ai sensi degli artt. 2 e 3 del sopra menzionato d.lgs. n. 297/1999, consentendo l'assunzione in tale ambito di responsabilità formali, nei limiti temporali e secondo la disciplina dell'ateneo di appartenenza, nel rispetto di criteri da fissare con un successivo decreto ministeriale.

Il d.m. 10 agosto 2011, n. 168, ha individuato tali criteri, stabilendo la necessaria approvazione delle società costituite su iniziativa della società o del personale universitario o che prevedono la loro partecipazione al capitale (mediante apporto di denaro o del know how e delle competenze generate in un contesto di ricerca), specificando le incompatibilità, le ipotesi di conflitto di interesse e rinviando, per quanto non espressamente stabilito, ai regolamenti di ciascun ateneo.

Si deve tuttavia tenere presente che il d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (recante misure urgenti per la crescita del paese), conv. con modif. in l. n. 7 agosto 2012, n. 134, ha recato tutta una nuova disciplina delle misure di sostegno alla ricerca.

All'art. 60, comma 3, del menzionato d.l. vengono individuati, tra i soggetti che possono fruire degli interventi ivi previsti, le costituende società composte da professori, ricercatori e personale di ricerca e, in generale, tutti i soggetti con i requisiti previsti dai bandi o da altri interventi di sostegno su progetto o programma, purché residenti o con stabile organizzazione su territorio nazionale. Non vi è più riferimento alle specifiche e diverse tipologie di spin-off, delineate dal d.lgs. n. 297/1999.

All'art. 63, comma 1, è poi stabilita l'abrogazione di quest'ultimo d.lgs. a seguito dell'adozione del decreto ministeriale previsto dal precedente art. 62, comma 2, al fine di recare disposizioni generali per la concessione delle agevolazioni. Tale decreto è stato adottato (d.m. 26 luglio 2016, n. 593) e dunque il d.lgs. n. 297/1999 deve ritenersi oramai abrogato.

Nonostante ciò, a nostro parere, l'individuazione delle diverse categorie di spin-off universitari, effettuata da tale d.lgs., deve ritenersi ancora operante, in virtù del richiamo agli artt. 2 e 3 dello stesso, compiuto, non solo dal sopra menzionato art. 6, comma 9, l. n. 240/2010, ancora in vigore, ma anche dall'art. 4, comma 8, d.lgs. 19 agosto 2015, n. 175 (testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), successivamente adottato.

Come specificato nella relazione illustrativa al d.lgs. da ultimo menzionato, quest'ultima disposizione è stata introdotta, in accoglimento di un'osservazione della Commissione V Bilancio della Camera (osservazione n. 23), che, nel dare parere favorevole, ha evidenziato l'opportunità di definire idonee modalità di applicazione delle misure contenute nel decreto stesso alle start up e agli spin-off universitari, «facendo salve le relative partecipazioni pubbliche».

E, in effetti, l'art. 4, comma 8, d.lgs. n. 175/2016 consente espressamente la costituzione, ai sensi degli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 297/1999, di società con caratteristiche di spin-off o di start up universitari, previste dall'art. 6, comma 9, della l. n. 240/2010 (nonché quelle con caratteristiche analoghe degli enti di ricerca).

Sebbene, come sopra illustrato, quest'ultima norma riguardi la disciplina della partecipazione del personale accademico negli spin-off, il riferimento dell'art. 4, comma 8, d.lgs. cit. è a tutte le tipologie di spin-off, descritte negli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 297/1999, non potendo intendersi la portata del richiamo in modo diverso, tenuto conto che la disposizione è volta a disciplinare la partecipazione societaria delle università pubbliche.

L'attuale sistema delle fonti.

Occorre effettuare alcune osservazioni sulla disciplina attualmente agli spin-off costituiti o partecipati da università pubbliche.

Come precisato nella relazione illustrativa, il d.lgs. n. 175/2016 riordina le norme relative a tutte le società o categorie di società a partecipazione pubblica, ma non si sostituisce alla disciplina speciale già esistente di alcune società.

All'art. 1, comma 4, d.lgs. cit. è, infatti, precisato che restano ferme «le specifiche disposizioni, contenute in leggi o regolamenti governativi o ministeriali, che disciplinano società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l'esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento di una specifica missione di pubblico interesse».

A parere dello scrivente, la promozione dell'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca, svolta dagli spin-off universitari di università pubbliche, così come descritti dagli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 297/1999, deve essere ricondotta nella nozione di «specifica missione di pubblico interesse», che rende speciale, e dunque ancora operante, la disciplina derivante dal d.m. 10 agosto 2011 n. 168, adottato in attuazione dell'art. 6, comma 9, l. n. 240/2010 (espressamente richiamato dall'art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 175/2016), recante la disciplina dei criteri di partecipazione agli spin-off universitari, anche mediante rinvio ai regolamenti universitari per alcune specifiche statuizioni.

Spetta ancora all'ateneo, pertanto, definire attraverso un apposito regolamento la propria partecipation policy e in particolare i meccanismi di negoziazione e di determinazione del prezzo, oltre che le regole per l'amministrazione dei diritti di proprietà intellettuale trasferiti, oltre alla eventuale integrazione della disciplina sulle incompatibilità e il conflitto di interessi del personale accademico coinvolto nell'attività, già contenuta nel d.m. cit.

Ferme restando le disposizioni sopra richiamate, per il resto, agli spin-off universitari costituiti o partecipati da università pubbliche si applica la disciplina introdotta dal d.lgs. n. 175/2016, compresa quella riguardante le società in house providing, se gli spin-off hanno anche le caratteristiche di cui agli artt. 4, comma 4, e 16, comma 1, d.lgs. cit.

Per la parte non regolata dal menzionato d.lgs., e in assenza di disposizioni particolari, ai sensi dell'art. 1, comma 3, d.lgs. cit., si applicano le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato.

Alla stessa disciplina sono, ovviamente, sottoposti gli spin-off partecipati da università private.

Caratteristiche degli spin-off universitari.

Lo spin-off universitario ha connotati di specialità rispetto alle società di diritto comune, in ragione della qualità delle parti e dell'oggetto sociale esclusivo. A ciò si aggiungono, normalmente anche se non necessariamente, previsioni statutarie in tema di riparto dei diritti patrimoniali e di poteri corporativi, in particolare amministrativi, che compongono una disciplina speciale della partecipazione in tale società. Particolari prerogative possono, ovviamente, essere riconosciute anche agli eventuali altri soci, siano essi pubblici non universitari (a quali comunque si applica, con le precisazioni appena effettuate, la disciplina del d.lgs. n. 175/2016), come pure ai soci privati.

Come rilevato dalla una parte della dottrina, sono di regola gli stessi regolamenti di ateneo a valorizzare sia l'autonomia statutaria, rinviando all'apparato delle relative clausole, sia il rapporto tra disciplina statutaria e parasociale, essendo abituale, in tali fattispecie, che lo statuto imponga ai soci di sottoscrivere patti parasociali contestualmente alla costituzione della società (Cossu, 139).

Le forme giuridiche societarie.

In assenza di espressa previsione normativa, lo spin-off universitario può scegliere uno qualunque dei tipi societari previsti dal codice civile, anche se, ove si tratti di spin-off universitario in senso stretto a cui partecipa un'università pubblica, deve ritenersi operante il disposto dell'art. 3 d.lgs. n. 175/2016, il quale prevede che le amministrazioni pubbliche possono partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di s.p.a. o di s.r.l., anche in forma cooperativa.

Le società di persone sono, comunque, poco adatte alla costituzione di spin-off universitari, per via del regime di responsabilità dei soci, e ciò spiega perché quasi tutti i regolamenti di ateneo, deputati a precisare le tipologie societarie utilizzabili, prevedono sia per gli spin-off universitari in senso stretto che per quelli accademici le forme di società di capitali (più precisamente di s.p.a. e s.r.l., anche consortile), o al più includono, in qualche caso, le cooperative, mentre non contemplano le società di persone. Il tipo della s.r.l. è stato peraltro ritenuto dagli interpreti quello più congeniale alle esigenze dello spin-off, quale società (in fase di) start up, soprattutto in ragione del modesto capitale iniziale, della (normalmente) ristretta base sociale, della centralità riconosciuta ai rapporti tra i soci e del fatto che ammette le più ampie tipologie di conferimenti, i quali possono consistere, oltre che in denaro e in ogni specie di beni – compresi copyright, brevetti, licenze, conoscenze e innovazioni tecnologiche, disponibilità di laboratori e del personale annesso – anche in opere e servizi. Nello spin-off universitario in senso stretto, tra l'altro, i conferimenti di immobili, anche nella forma del comodato d'uso, sono quelli più frequenti, e spesso preferiti, specie se l'ateneo funge da incubatore in house providing. Altri vantaggi connessi alla s.r.l. sono legati alla disciplina delle partecipazioni e alla possibilità di modulare in vario modo attraverso lo statuto il ruolo del socio, ad esempio attribuendo una quota più che proporzionale alla partecipazione o diritti particolariex art. 2468, comma 3, c.c., specie di natura amministrativa, oltre alla massima possibilità di controllare, limitare e precludere la circolazione delle quote (Cossu, 136).

La qualità dei soci.

Come già evidenziato, gli spin-off universitari in senso stretto sono costituiti o partecipati dalle università. Ad essi, dopo un periodo di tutoraggio, vengono attribuiti in licenza uno o più brevetti, altri diritti di proprietà industriale, tecnologie e conoscenze. La presenza dell'università nella compagine sociale, di regola, è limitata al tempo necessario a consentire l'avvio dell'attività distaccata. E, in effetti, nei regolamenti degli atenei si legge spesso la previsione di un periodo massimo di permanenza dell'ente all'interno della società, prorogabile solo in via eccezionale (v., ad esempio, tra i regolamenti da ultimo adottati, quello dell'Università di Genova, in vigore dal 20 gennaio 2018).

Quanto alla dimensione della partecipazione, normalmente l'ateneo è socio minoritario, così evitando di sostenere in modo significativo l'impegno finanziario necessario a sviluppare il prodotto o la tecnologia dei quali lo spin-off è licenziatario. In gran parte dei regolamenti degli atenei è, peraltro, indicata una quota massima di partecipazione al capitale da parte delle università (v. ancora il regolamento dell'Università di Genova, che prevede una partecipazione pari al 15% del capitale, salvo eccezioni).

In caso di spin-off accademico, come già evidenziato, soci promotori sono uno o più professori o ricercatori, cui eventualmente si aggiungono, se il regolamento di ateneo lo consente, soggetti ulteriori, talvolta anche non stabilmente strutturati nei ruoli universitari.

L'aspetto relativo alla composizione degli spin-off accademici è, in effetti, per la gran parte lasciato ai regolamenti universitari, alcuni dei quali contemplano quali soci promotori unicamente docenti e personale tecnico­amministrativo, e ammettono altre categorie solo in fase successiva. Altri escludono il personale tecnico-amministrativo. Altri, ancora, consentono anche a dottorandi, specializzandi, allievi di master e dottorato, e studenti di assumere l'iniziativa. Ovviamente, come evidenziato dalla dottrina, il contratto di società, in tal caso, è fortemente influenzato dalla componente pubblicistica del rapporto, quando i soci sono dipendenti di società pubblica, in quanto tali sottoposti a vincoli, quali l'autorizzazione a partecipare allo spin-off, i controlli sull'adempimento dei doveri istituzionali, l'eventuale revoca dell'autorizzazione in caso di esito negativo del controllo. La revoca dell'autorizzazione, come anche la decadenza dalla titolarità della partecipazione in conseguenza della scadenza dell'autorizzazione, influenzano, infatti, profondamente la partecipazione societaria, in quanto decretano l'uscita involontaria del socio-accademico dalla compagine sociale (Cossu, 128).

L'oggetto sociale.

In tutti gli spin-off universitari l'oggetto sociale, che può anche coincidere con uno specifico progetto, è un oggetto esclusivo, che si riassume nel trasferimento a livello industriale dei risultati della ricerca, siano essi brevettati o astrattamente brevettabili, oppure no, per la realizzazione di nuove iniziative economiche ad alto contenuto tecnologico.

L'attenzione all'oggetto è fondamentale, perché, per quanto riguarda le università pubbliche, la riconducibilità dello stesso alle attività richiamate dall'art. 4, comma 8, d.lgs. n. 175/2016, rende possibile la costituzione o la partecipazione dell'ente pubblico in società spin-off, da ritenersi altrimenti vietata.

Com'è noto infatti, la giurisprudenza amministrativa ha da sempre precisato che l'attività delle società partecipate da enti pubblici dovesse essere strumentale al perseguimento dei fini istituzionali dell'ente.

In proposito, occorre menzionare Cons. St., Ad. Plen., 3 giugno 2011, n. 10, ove, proprio con riferimento ad una società di capitali costituita da un'università pubblica, è stata affermata la necessità di un vincolo o, più correttamente, di un nesso eziologico e (soprattutto) strumentale tra le finalità proprie dell'ente e l'attività della società da esso costituita, precisando che, tenuto conto delle finalità istituzionali dell'università, l'attività della società deve giovare al progresso della ricerca e dell'insegnamento (o almeno procacciare risorse economiche da destinare a tali scopi), non potendo svolgere attività lucrativa fine a se stessa, perché l'università è, e rimane, un ente senza fine di lucro.

L'art. 4 d.lgs. n. 175/2016, al comma 1, ha ribadito in via generale tale principio, laddove prevede che le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società, aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Come già evidenziato tuttavia, al successivo comma 8, ha fatto comunque salva la costituzione di società aventi le caratteristiche di spin-off o start up universitari sopra descritte, così effettuando a priori il vaglio di strumentalità del loro operato rispetto al perseguimento dei fini istituzionali degli atenei.

In coerenza con la peculiare nozione di strumentalità dell'attività degli spin-off universitari, ora confermata dal disposto dell'art. 4, comma 8, d.lgs. n. 175/2016, la migliore dottrina ha ragionevolmente escluso la possibilità di configurare spin-off universitari, che abbiano ad oggetto il compimento di attività di pura consulenza, posto che ciò che rileva ai fini della connotazione di tali società è la finalità di impiego industriale di un risultato della ricerca, eventualmente previa attività di sviluppo, della quale spetta allo spin-off farsi carico (Granieri, 2011, 387).

I diritti particolari dei soci.

In questo campo assume fondamentale rilievo (a parte la disciplina prevista dal d.lgs. n. 175/2016, in caso di spin-off a partecipazione pubblica, influente nei limiti sopra indicati) quanto stabilito in via generale dal regolamento di ateneo, poi riversato nelle clausole statutarie o oggetto di accordi parasociali.

Spesso il regolamento prevede che la partecipazione dell'università nello spin off sia rappresentata da azioni o quote privilegiate nel ripianamento delle eventuali perdite derivanti dalla gestione sociale e nella ripartizione del capitale in sede di liquidazione, secondo le modalità consentite per le diverse forme giuridiche societarie scelte (v. ancora il regolamento dell'Università di Genova, in vigore dal 20 gennaio 2018). Tale previsione, finalizzata a contenere il rischio finanziario derivante dalla partecipazione in società, trova, poi, concreta attuazione in sede di definizione dello statuto societario o in patti parasociali.

Con riferimento agli statuti societari di spin-off, soprattutto se costituiti nella forma di s.r.l., un'attenta dottrina ha rilevato la presenza di clausole, che vincolano i soci a tenere comportamenti prestabiliti, in generale, in tutte le decisioni rilevanti di governo societario. La previsione di diritti particolari, specie amministrativi, riservati all'ateneo o alla componente accademica, può, infatti, rafforzare la loro posizione nei confronti degli altri soci, in occasione delle modifiche dell'atto costitutivo o quando si trovino a contrattare il valore della partecipazione, cioè nei casi di liquidazione o vendita. Riguardo al governo societario, in alcuni casi lo statuto attribuisce all'università o alla componente accademica poteri di governo ampi, e anche non proporzionali al capitale sottoscritto, e riserva agli stessi, ad esempio in forma di diritto particolare, la nomina di un certo numero di amministratori o di componenti dell'organo di controllo (se presente). È inoltre frequente la presenza di clausole che stabiliscono un diritto di veto a favore dell'ateneo o della componente accademica, avverso modifiche statutarie, idonee a intaccare il loro ruolo, o comunque sgradite, così come di «clausole di chiusura», che attribuiscono il diritto di recesso per ogni ipotesi in cui venga meno anche una sola tra le condizioni presenti al momento della costituzione dello spin-off, quindi anche in occasione di rilevanti modifiche statutarie o di cambiamenti della compagine sociale (Cossu, 143).

È frequente anche l'uso di clausole statutarie di blocco o di patti parasociali di blocco, per impedire cambiamenti nella compagine sociale, sia a tempo determinato che (solo per le s.r.l.) a tempo indeterminato (stante il disposto degli artt. 2355-bis, comma 1, c.c. e 2341-bis, comma 1, c.c.), anche se si deve dare atto che i regolamenti universitari mirano piuttosto ad assicurare alla componente universitaria una certa libertà di movimento, con adeguate cause statutarie di recesso e possibilità di esercitare l'opzione di vendita della partecipazione. Tra i patti parasociali atipici possono, poi, annoverarsi gli accordi che hanno ad oggetto modalità e condizioni di trasferimento delle partecipazioni sociali, come gli accordi di “co-vendita”, o di trascinamento, sia del tipo drag along (clausola che reca un obbligo di “co-vendita”) e sia del tipo tag along (clausola che reca un diritto di “co-vendita”, cioè un diritto a “seguire” chi vende) (Cossu, 141).

Lo spin-off - start up innovativa.

L'art. 25 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (c.d. «decreto sviluppo»), conv. con modif. in l. 17 dicembre 2012, n. 221, come successivamente modificato, ha istituito le start up innovative – per tali intendendosi le società di capitali e cooperative, anche in forma di società europea, costituite in Italia da non oltre quarantotto mesi, non quotate né su un mercato regolamentato né su un internalizzatore sistematico, che abbiano quale oggetto sociale esclusivo lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico – aggiungendo che la medesima forma di società di capitali può essere assunta anche dagli incubatori di start up innovative.

Essendo gli spin-off universitari e accademici altrettante specie di start up, è evidente che, se ricorrono i requisiti formali e sostanziali richiesti dal d.l. cit., ad essi possono applicarsi anche le disposizioni previste per le start up innovative (per queste, si veda apposita sezione, nella Parte VI sulla «Società a responsabilità limitata»).

Misure di semplificazione amministrativa per l’innovazione

Tra le misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale, l'art. 36 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. con modif. in l. 11 settembre 2020, n. 120, ha previsto e disciplinato la presentazione di progetti per sperimentare iniziative attinenti all'innovazione tecnologica e alla digitalizzazione anche da parte delle società con caratteristiche di spin off o di start up universitari, ai sensi dell'art. 6, comma 9, l. 30 dicembre 2010, n. 240.

Autorizzata la sperimentazione e all'esito della stessa, può essere poi autorizzato anche l'esercizio dell'attività oggetto di sperimentazione, ferma la responsabilità esclusiva dell'impresa per ii danni cagionati a terzi dalla sperimentazione.

Bibliografia

Cossu, Spin-off universitari e accademici in forma societaria. Spunti sul modello organizzativo dello spin-off, in Impresa e mercato. Studi dedicati a Mario Libertini, tomo I, Milano, 2015, 119; Faggioni, L'impresa spin-off della ricerca. Nascita, sviluppo e processi di internazionalizzazione, Padova, 2013; Lazzeri e Piccaluga, Le imprese spin-off della ricerca pubblica: convinzioni, realtà e prospettive future, in Economia e società regionale 2012, 43; Granieri, Circolazione (mancata) dei modelli e ricerca delle soluzioni migliori. Il trasferimento tecnologico dal mondo universitario all'industria e la nuova disciplina delle invenzioni d'azienda, in Riv. dir. ind. 2002, I, 83; Granieri, Di università imprenditoriale, società «spin-off» e finalità istituzionali dell'ente, in Foro it. 2011, III, 385; Granieri, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca accademica. Invenzioni accademiche e trasferimento tecnologico, Bologna, 2010; Piccarozzi, Dagli spin-off universitari alle start up: innovazione della creazione d'impresa, Assago, 2016; Spinozzi, Lo spin-off «da ricerca»: profili istituzionali e costituzionali dell'università che si fa impresa, in ildirittodegliaffari.it, 2013, 1; Spuntarelli, Questioni interpretative in ordine alla costituzione di società commerciali da parte delle università, in Urb. e app. 2011, 1456; Zanelli, Nuovi percorsi dalla ricerca all'impresa: l'esperienza di spin-off intrapresa dall'università di Bologna, in Contr. impr. 2000, 1461.

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