La costruzione di un'altana
15 Ottobre 2018
La c.d. altana o belvedere costituisce una fattispecie rientrante nella previsione dell'art. 1127 c.c., comportando così l'obbligo di indennità a favore degli altri condomini?
La c.d. altana o belvedere costituisce una piattaforma o loggetta realizzata (di regola in legno, con sua relativa precarietà) nella parte più elevata di un edificio, ed è un manufatto particolare, tipico, soprattutto (ma non solo), della città di Venezia. All'altana si accede generalmente dall'abbaino, che costituisce un altro elemento caratterizzante l'architettura veneziana, che, in alcuni casi, può anche sostituire il tetto e che, a differenza delle terrazze e dei balconi, non sporge, di norma, rispetto al corpo principale dell'edificio di pertinenza. Sulla possibilità che l'altana rientri nella previsione dell'art. 1127 c.c. si è pronunciata Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2013, n. 5039, secondo cui, in tema di condominio, l'altana, costituente una forma di uso del tetto dell'edificio, che non rientra fra le fattispecie regolate come diritto di sopraelevazione dall'art. 1127 c.c., ma è da valutare ai sensi dell'art. 1102 c.c., in base al quale la sostituzione integrale o parziale del tetto – così come la sua occupazione permanente in parte con la sovrapposizione di altro manufatto – ad opera del proprietario dell'ultimo piano, con una diversa copertura (terrazza o altra struttura equivalente, come un'altana), che, pur non eliminando l'assolvimento della funzione originariamente svolta dal tetto stesso, valga a imprimere al nuovo manufatto, per le sue caratteristiche strutturali e per i suoi annessi, anche una destinazione ad uso esclusivo dell'autore dell'opera, costituisce alterazione della destinazione della cosa comune, che non può considerarsi insita nell'uso consentito dall'art. 1102 c.c. medesimo. Nello stesso senso, è Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2016, n. 23243, secondo cui l'altana non rientra nella previsione dell'art. 1127 c.c., in quanto dà luogo a un intervento che non comporta lo spostamento in alto della copertura, mediante occupazione della colonna d'aria sovrastante il medesimo fabbricato, quanto, piuttosto, la modifica della situazione preesistente, attuata attraverso una diversa ed esclusiva utilizzazione di una parte del tetto comune, con relativo potenziale impedimento all'uso degli altri condomini; l'altana, consistendo in una modifica della situazione preesistente mediante una diversa ed esclusiva utilizzazione di una parte della porzione comune del tetto con relativo impedimento agli altri condomini dell'inerente uso, comporta la violazione del divieto stabilito dall'articolo 1120, comma 2, c.c., essendo indubbio che gli altri condomini vengono privati delle potenzialità di uso della parte di tetto occupata dalla struttura dell'altana a beneficio esclusivo del condomino che l'ha realizzata. La giurisprudenza aderisce quindi all'orientamento secondo cui, per aversi la sopraelevazione contemplata dall'art. 1127 c.c. (e, quindi, l'obbligo di pagare agli altri condomini l'indennità), il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale deve eseguire nuovi piani o nuove fabbriche in senso proprio oppure deve trasformare locali preesistenti, aumentandone le superfici e le volumetrie: si tratta della fattispecie in cui l'intervento edificatorio comporta lo spostamento in alto della copertura del fabbricato condominiale, mediante occupazione della colonna d'aria soprastante (Cass. civ., sez. II, 12 agosto 2011, n. 17284; Cass. civ., sez. II, 7 settembre 2009, n. 19281). Secondo questa interpretazione, non rientra, invece, nella nozione di sopraelevazione l'intervento che si attua con opere di trasformazione, riguardanti l'utilizzazione del tetto, che, per le loro caratteristiche strutturali siano idonee a sottrarre il bene comune alla sua destinazione in favore degli altri condomini e ad attrarlo nell'uso esclusivo del singolo condomino. Esempi di opere di trasformazione di quest'ultimo tipo e, quindi, considerate esulanti dalla nozione di sopraelevazione sono le opere realizzate per la fattispecie in esame, riconducibili a un manufatto (l'altana o belvedere) che occupa parzialmente la superficie del tetto stesso, senza costituire un innalzamento, in senso stretto, in continuità e in sovrapposizione rispetto all'ultimo piano, come pure le opere per l'ampliamento della superficie dell'appartamento all'ultimo piano con spostamento di una parete, nonché la realizzazione di un balcone, di due ripostigli e di un abbaino (per quest'ultimo caso, v. Cass. civ., sez. II, 7 febbraio 2008, n. 2865). Per qualificare l'altana come sopraelevazione, non può considerarsi utile l'art. 1127, comma 4, c.c., concernente i criteri per calcolare l'indennità da corrispondere agli altri condomini. Secondo quest'ultima disposizione, si dovrebbe considerare sopraelevazione ogni ‘nuova fabbrica', la cui superficie utile, di calpestio, si aggiunga alle superfici preesistenti e si ponga sopra la linea terminale dell'ultimo piano preesistente. Il concetto generale di sopraelevazione si ricava, infatti, dall'art. 1127, comma 1, c.c., che fa riferimento all'attività di elevazione di nuovi piani o di nuove fabbriche, mentre, nei commi successivi, il concetto medesimo viene meramente richiamato ad altri scopi. Si deve, in definitiva, escludere che l'altana costituisca propriamente una sopraelevazione, continuando a fungere da copertura dell'edificio la parte di tetto su cui insiste la sua struttura e, ancorché essa sia qualificabile come una costruzione. Circa la nozione di costruzione, la giurisprudenza afferma che, agli effetti civilistici, essa è data da qualsiasi manufatto, stabilmente infisso al suolo o collegato a un preesistente immobile e tale da incrementarne la relativa consistenza, indipendentemente dalle sue caratteristiche costruttive (si prescinde, dunque, dal materiale con cui la costruzione viene eseguita). |