Decreto sicurezza. I nuovi interventi sulle problematiche gestionali dell'Agenzia nazionale
14 Novembre 2018
Abstract
Il pacchetto sicurezza intervenuto a precisare e ampliare la normativa disciplinata dal codice antimafia, così come modificata dalla legge 161/2017, denota un approccio decisamente più pratico rispetto alla regolamentazione previgente, in termini di risposta alle esigenze organizzative per la gestione dei patrimoni confiscati. Il dettame in parola, infatti, ancorché non sempre in modo esaustivo, chiarisce, e addirittura corregge, alcuni passaggi del testo introdotto nel 2017, vantando il pregio di sviluppare profili legislativi di altissimo rilievo, soprattutto in materia di destinazione dei beni confiscati. Ciò nondimeno, la disciplina in materia di amministrazioni giudiziarie, laddove pone limiti, per altro non facilmente applicabili, in tema di conferimento di incarichi professionali, manifesta, a tutt'oggi, una grave diffidenza nei confronti di amministratori giudiziari e magistrati impegnati nella gestione dei patrimoni, tale da evidenziare un grave vulnus del settore operativo. La razionalizzazione delle procedure in tema di gestione e destinazione dei beni confiscati
Il nuovo testo normativo intervenuto in materia di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata da parte dell'Agenzia Nazionale ha trovato spazio nell'ambito del cosiddetto pacchetto sicurezza datato 4 ottobre 2018. Il recente decreto 113/2018 contempla, invero, la razionalizzazione delle procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati, partendo da una precisazione in materia di numero massimo di incarichi conferibili a ciascun amministratore giudiziario. Nel novero, si chiarisce, non vanno però conteggiati anche i mandati quali coadiutori della Agenzia Nazionale. Inoltre, la selezione dei coadiutori da parte dell'Agenzia, qualora sia(no) diversi dall'amministratore giudiziario, viene contenuta nell'ambito dei soli professionisti iscritti all'Albo Nazionale degli Amministratori Giudiziari. In tal modo operando una scelta evidentemente condivisibile, in quanto tesa a garantire adeguata competenza da parte del professionista nominato. In materia di gestione dei beni, l'articolo 48 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 appare significativamente modificato, a partire dall'intervento, correttivo rispetto alla precedente previsione normativa, che ha legittimamente attribuito al Ministro dell'Interno, e non più al Presidente del Consiglio, la competenza ad autorizzare l'utilizzo per fini economici dei beni acquisiti al patrimonio dello Stato. Il trasferimento di detti beni, per fini istituzionali o sociali, è previsto, oltre che ai Comuni ove si trovano gli immobili e alle Regioni, anche alle Città metropolitane. Esso viene, tuttavia, vincolato al patrimonio indisponibile degli enti - del quale il bene entra a far parte - nell'ottica di sancirne la non trasferibilità, su iniziative degli enti destinatari, a favore di soggetti diversi da quelli individuati dalla legge e per fini diversi da quelli pubblici. E questa indisponibilità sembra ulteriormente sancita anche alla lettera d) del comma 3, art. 48, con riguardo alla destinazione dei beni confiscati per il reato di cui all'art. 74 del d.P.R. 309/1990, laddove non è più contemplata la possibilità per l'ente di cedere in gestione a terzi i beni assegnatigli, ben dovendo, esso stesso, mantenerne la gestione seppur nell'ambito di una destinazione a favore di centri di cura e recupero di tossicodipendenti, nonché per realizzare centri e case di lavoro per i riabilitati, secondo quanto previsto dall'art. 129 del predetto d.P.R. 309/1990. L'attribuzione agli enti, inoltre, resta comunque revocabile da parte dell'Agenzia, allorché, entro un anno dalla attribuzione, l'ente territoriale destinatario non abbia provveduto alla destinazione del bene. In alternativa la stessa Agenzia potrà disporre la nomina di un commissario con poteri sostitutivi. L'art. 48 vede, poi, un'ulteriore introduzione normativa al comma 4, attraverso il quale il Legislatore ha ampliato le finalità di utilizzo dei proventi derivanti dall'utilizzo dei beni acquisiti al patrimonio dello Stato, destinandoli non solo al potenziamento dell'Agenzia ma anche, e per una quota non superiore al 30 per cento, a incrementare i fondi per la contrattazione integrativa anche allo scopo di valorizzare l'apporto del personale dirigenziale e non dirigenziale al potenziamento dell'efficacia ed efficienza dell'azione dell'Agenzia. Con l'introduzione del comma 4-bis, e sia pur nel rispetto dei vincoli connessi al trasferimento nel patrimonio indisponibile dell'ente destinatario, tra le finalità istituzionali cui destinare gli immobili acquisiti dallo Stato rientra anche la cessione in locazione a soggetti in particolare condizione di disagio economico e sociale. Con riguardo a detta ipotesi, l'ente territoriale destinatario può affidare la gestione all'ente pubblico a ciò preposto e le relative procedure di assegnazione dovranno essere ad evidenza pubblica, per evidenti motivi di trasparenza. Particolarmente interessante risulta, poi, l'introduzione normativa apportata dal pacchetto sicurezza in parola che, ai commi 5, 6 e 7 dell'art. 48 del codice antimafia, amplia le ipotesi di alienazione dei beni per i quali sia andata fallita la destinazione per finalità di pubblico interesse, stabilendo, altresì, una procedura di regolarizzazione amministrativa che solleva l'Agenzia dal relativo onere in fase antecedente la vendita, laddove prevede che «qualora l'immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà essere dell'acquirente la responsabilità di presentare la relativa domanda entro centoventi giorni dal perfezionamento dell'atto di vendita». Per detti cespiti l'Agenzia può emettere un provvedimento di destinazione alla vendita, possibilmente in ossequio anche alle disposizioni del codice di procedura civile. L'eventuale alienazione del bene dovrà avvenire secondo le valutazioni commerciali risultanti dalla relazione depositata ai sensi dell'art. 36 dall'amministratore giudiziario, ed il prezzo d'acquisto potrà subire una riduzione solo qualora, «entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di vendita, non pervengano proposte di acquisto per il corrispettivo indicato». In tal caso, «il prezzo minimo della vendita non può, comunque, essere determinato in misura inferiore all'80 per cento del valore della suddetta stima». In materia di alienazione, inoltre, la norma esclude espressamente la possibilità di acquisto di detti beni da parte dell'eventuale proposto per la misura di prevenzione che ha portato alla confisca dei beni, ovvero da parte del soggetto che ne risultava proprietario all'atto dell'adozione della misura penale o di prevenzione, ove diverso dal proposto. Esclude altresì, e in linea generale, «i soggetti condannati, anche in primo grado, o sottoposti ad indagini connesse o pertinenti al reato di associazione mafiosa o a quello di cui all'articolo 416-bis del codice penale, nonché dei relativi coniugi o parti dell'unione civile, parenti e affini entro il terzo grado, nonché persone con essi conviventi». In tal senso, invero, è appena il caso di precisare che dette regole, ancorché non scritte, hanno di fatto trovato applicazione nell'ambito delle amministrazioni giudiziarie, in ossequio a criteri di opportunità cui i professionisti e i giudici competenti per la gestione dei patrimoni in sequestro, hanno dovuto ispirarsi ancor prima della stesura di una normativa ad hoc. Tuttavia, la esplicitazione del limite, più analitica rispetto al testo precedente, non appare ultronea, ove si consideri che, in assenza di previsioni normative che lo limitassero, si è talora ritenuta percorribile anche la strada dell'alienazione dei beni a prescindere dalla effettiva estraneità dell'acquirente rispetto a fatti criminosi. E ciò in forza dell'idea, non del tutto peregrina, secondo cui l'autorità giudiziaria può sempre eseguire accertamenti a posteriori, sì da potere, ove necessario, reintervenire mediante ad una nuova ablazione del bene. Eppur tuttavia, soprattutto nell'ottica di una credibilità erga omnes dell'azione dello Stato - che si esprime anche attraverso la corretta amministrazione giudiziaria dei beni ablati - appare assolutamente condivisibile il dettame del comma 5 dell'art. 48, che prevede che l'Agenzia, preliminarmente alla vendita, è tenuta ad acquisire l'informazione antimafia, riferita non solo all'acquirente ma anche agli altri soggetti allo stesso riconducibili, onde impedire che i beni vengano acquistati, anche per interposta persona, da soggetti esclusi dalla legge. La norma conferma, inoltre, che, una volta acquistati, i beni immobili non potranno essere alienati, nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla trascrizione del contratto di vendita. Il diritto di prelazione sull'acquisto, inoltre, viene allargato, laddove oltre che alle cooperative edilizie costituite da personale delle Forze armate o delle Forze di polizia, viene esteso anche agli enti pubblici aventi, tra le altre finalità istituzionali, anche quella dell'investimento nel settore immobiliare; alle associazioni di categoria che assicurano, nello specifico progetto, maggiori garanzie e utilità per il perseguimento dell'interesse pubblico; alle fondazioni bancarie ed agli enti territoriali. L'esercizio del diritto è, tuttavia, limitato, a pena di decadenza, ai termini stabiliti dall'avviso pubblico di vendita contemplato al comma 5 dell'art. 48. E ancora, con l'introduzione del comma 7-ter, il Legislatore ha regolamentato la gestione dei beni solo parzialmente interessati dal provvedimento di confisca, stabilendo che in questi casi o l'Agenzia o il partecipante alla comunione devono promuovere incidente di esecuzione ai sensi dell'articolo 666 del codice di procedura penale, sì da compulsare i necessari accertamenti tecnici che il tribunale dovrà ordinare onde disporre la divisione del bene. Nei casi di indivisibilità i partecipanti «possono chiedere l'assegnazione dell'immobile oggetto di divisione, previa corresponsione del conguaglio dovuto in favore degli aventi diritto, in conformità al valore determinato dal perito nominato dal tribunale». Per l'ipotesi in cui i partecipanti siano molteplici l'assegnazione viene disposta in favore del partecipante titolare della quota maggiore o anche in favore di più partecipanti, se questi la chiedono congiuntamente. Va da sé che qualsivoglia provvedimento di destinazione non potrà prescindere dalla verifica della buona fede del richiedente. In ultima istanza, laddove nessuno dei partecipanti avanzi richiesta di assegnazione, l'Agenzia procede alla vendita ovvero, in alternativa, il bene viene acquisito per intero al patrimonio dello Stato per le destinazioni sociali, salvi i diritti propri degli altri partecipanti alla comunione alla corresponsione di una somma equivalente al valore determinato dal perito nominato dal tribunale, con salvezza dei diritti dei creditori iscritti e dei cessionari. Le somme destinate allo Stato confluiscono al Fondo Unico Giustizia. E al Fug affluiscono anche le somme delle vendite dei beni immobili, decurtate delle spese per la gestione e la vendita degli stessi, ai sensi del comma 10 del medesimo articolo 48, che ne stabilisce la riassegnazione in percentuale: al Ministero dell'interno, per la tutela della sicurezza pubblica e per il soccorso pubblico; al Ministero della giustizia, per assicurare il funzionamento ed il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali, nonché, nella misura del venti per cento del totale, all'Agenzia, «per assicurare lo sviluppo delle proprie attività istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilità della finanza pubblica». I commi 12-ter e 15-quater dispongono in materia di beni mobili, prevedendo che anche questi possano essere destinati alla vendita, ovvero, laddove invenduti nei tre anni successivi all'inizio della procedura di vendita, siano mantenuti al patrimonio dello Stato con provvedimento dell'Agenzia. In quest'ultimo caso la relativa gestione è affidata all'Agenzia del demanio. Ebbene, al netto degli interventi in materia di gestione, da parte dell'Agenzia, dei patrimoni confiscati, la normativa in esame risulta aver apportato alcuni correttivi interessanti anche in materia di organizzazione e di organico dell'Agenzia stessa. L'art. 37 del decreto sicurezza è intervenuto a modificare l'art. 110 del codice antimafia, stabilendo che l'Agenzia è posta non più sotto la vigilanza del Consiglio dei Ministri, bensì sotto il Ministero dell'Interno; nonché reintroducendo la possibilità di mantenere in vita ben 4 sedi secondarie oltre alla sede principale, la cui allocazione viene confermata in Roma. Ebbene, da che con la legge del 2017 il Legislatore aveva inteso limitare alla sola sede centrale gli uffici dell'Agenzia, prevedendo, poi, il mantenimento della sede di Reggio Calabria per motivi di carattere prettamente istituzionale; il recente orientamento normativo, in modo ben più concreto, sembra, viceversa, tener conto della oggettiva impossibilità pratica di eliminare le sedi secondarie, allocate, per lo più, in regioni in cui il fenomeno della confisca dei beni è particolarmente sentito e la cui eliminazione avrebbe determinato un aumento siderale delle già significative distanze che intercorrono tra gli uffici operativi ed i beni da gestire in concreto. L'art. 113-bis del d.lgs. 159/2011, in materia di ampliamento dell'organico, stabilisce, poi, che delle 170 unità contemplate nel testo del 2017, solo cento possano essere coperte mediante passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, così come contemplato dall'art. 30 del d.lgs. 165/2001. Viceversa, ai sensi del comma 2-bis dell'art. 113-bis, per «le altre settanta unità di incremento della dotazione organica, il reclutamento avviene mediante procedure selettive pubbliche, in conformità alla legislazione vigente in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Per l'espletamento delle suddette procedure concorsuali, il Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell'interno collabora con l'Agenzia. Gli oneri per lo svolgimento delle procedure concorsuali sono a carico dell'Agenzia». Ulteriori modifiche dell'articolo indicano, poi, il trattamento economico da riservarsi alle unità in forza all'Agenzia, nonché l'organico dal quale attingere il personale attraverso la procedura di mobilità tra amministrazioni. In conclusione
Le modifiche normative introdotte con il pacchetto sicurezza 2018 appaiono evidentemente migliorative del testo previgente, così come modificato dalla legge 161/2017. Esse infatti, oltre ad apportare utili correttivi alla norma in vigore dal 2017, denotano particolare attenzione rispetto ai profili della destinazione dei beni confiscati. Circostanza, questa, che appare di buon auspicio rispetto alla attenzione che il legislatore sta, nel tempo, riservando ad un tema che, sebbene si presenti quale ultimo passaggio nella lotta alla criminalità organizzata, ne rappresenta anche la cartina di tornasole. Ebbene, le modifiche in materia di vendita e destinazione dei beni immobili e mobili, in uno con il potenziamento delle risorse destinate alla organizzazione dell'Agenzia Nazionale, sembrano rappresentare un ulteriore passo in avanti per la normativa antimafia, dai cui eventuali progressi è dato rilevare la concreta determinazione dello Stato a contrapporsi al fenomeno, anch'esso in costante evoluzione, della criminalità organizzata. |