Le circostanze privilegiate e la loro applicazione

Alessandro Trinci
03 Dicembre 2018

A partire dalla legislazione antiterrorismo di inizio anni Ottanta, il Legislatore ha ciclicamente sottratto al giudizio di bilanciamento un catalogo sempre più ampio di circostanze aggravanti. Si tratta di interventi discutibili, sia perché sottendono una “sfiducia” verso la Magistratura, ritenuta “colpevole” di neutralizzare, con il riconoscimento indiscriminato di circostanze attenuanti generiche, il rigore sanzionatorio voluto dal Legislatore, sia perché avulso da una visione complessiva e sistematica dell'ordinamento penale. Ma, oltre a tali rilievi critici di portata generale, le circostanze in esame pongono intricati problemi...
Abstract

A partire dalla legislazione antiterrorismo di inizio anni Ottanta, il Legislatore ha ciclicamente sottratto al giudizio di bilanciamento un catalogo sempre più ampio di circostanze aggravanti. Si tratta di interventi discutibili, sia perché sottendono una “sfiducia” verso la Magistratura, ritenuta “colpevole” di neutralizzare, con il riconoscimento indiscriminato di circostanze attenuanti generiche, il rigore sanzionatorio voluto dal Legislatore, sia perché avulso da una visione complessiva e sistematica dell'ordinamento penale. Ma, oltre a tali rilievi critici di portata generale, le circostanze in esame pongono intricati problemi applicativi quando, come spesso avviene, concorrono con altre circostanze. Il presente contributo si pone quindi l'obiettivo di evidenziare tali problematiche e di suggerire le possibili (purtroppo più di una) soluzioni pratiche, ricorrendo anche a qualche esempio tratto dalla prassi.

Le circostanze “privilegiate”: aspetti generali

In caso di concorso fra circostanze omogenee, il giudice è tenuto a operare un bilanciamento fra le stesse per stabilire se devono trovare applicazione le aggravanti, le attuanti o nessuna circostanza. Il giudizio ha carattere unitario e riguarda tutte le circostanze coinvolte nel procedimento di comparazione.

A dimostrazione del carattere omnicomprensivo del giudizio di bilanciamento, va ricordato che la l. 7 giugno 1974, n. 220 estese tale comparazione alle circostanze inerenti la persona del colpevole, nonché alle circostanze autonome e indipendenti o ad effetto speciale, che il codice Rocco aveva voluto escludere perché espressive di disvalori autonomi significativi, come tali non bilanciabili.

Tuttavia, l'effetto di squilibrio della riforma ha successivamente costretto il Legislatore a intervenire per sottrarre numerose circostanze dal giudizio di bilanciamento.

La Corte costituzionale ha sempre ritenuto che tale esclusione rientri nella discrezionalità legislativa, precisando, tuttavia, che la previsione di circostanze privilegiate (o blindate) è compatibile con il dettato costituzionale, e in particolar modo con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., a condizione sia improntata a criteri di ragionevolezza.

Con riferimento all'ambito di esclusione dal giudizio di comparazione, le circostanze aggravanti si possono distinguere in privilegiate a base totale e privilegiate a base parziale. Nel primo caso le circostanze attenuanti non possono mai essere dichiarate né prevalenti né equivalenti sull'aggravante privilegiata. Nel secondo caso, invece, è ammesso il giudizio di equivalenza.

Di solito, la norma che prevede la blindatura della circostanza, dopo aver enunciato il divieto di prevalenza e di equivalenza delle concorrenti attenuanti, dispone che «le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante».

Il meccanismo delineato, sebbene non chiarissimo, non inibisce tout court il giudizio di bilanciamento bensì lo regola in modo del tutto peculiare. La disciplina resta invariata ove sia ritenuta la prevalenza delle circostanze aggravanti, mentre assume connotati peculiari in caso di esito diverso perché si dovranno operare sia gli aumenti che le diminuzioni di pena, indipendentemente dal fatto che si sia optato per la prevalenza o l'equivalenza delle attenuanti.

A dire il vero, le norme che accordano il privilegio non sono chiare sul punto. Non si comprende se la diminuzione di pena operi solo se l'esito del giudizio di bilanciamento è nel senso della prevalenza delle attenuanti, oppure anche quando è nel senso dell'equivalenza. Nel primo caso si dovrebbe ritenere l'assoluta indifferenza del giudizio di equivalenza (di fatto equiparato alla soccombenza), mentre nel secondo caso si dovrebbe ritenere una sostanziale unicità della valutazione comparativa tra circostanze di segno opposto, salvo il caso della prevalenza delle circostanze aggravanti. Quest'ultima soluzione pare quella più aderente al tenore letterale delle norme che prevedono circostanze privilegiate.

Le singole circostanze “privilegiate”

Il catalogo delle circostanze privilegiate (o blindate), inizialmente ristretto ad alcuni settori nevralgici per la tutela dell'ordinamento come la lotta al terrorismo, all'eversione e alla criminalità organizzata, è stato via via esteso dal Legislatore, che ha sempre più spesso fatto ricorso a questa categoria di circostanze per proteggere precise scelte di politica criminale, sottraendo ai giudici la tentazione di neutralizzare il rigore sanzionatorio voluto dal Legislatore attraverso il giudizio di bilanciamento con le (spesso concesse) attenuanti generiche.

Esempi di circostanze non bilanciabili:

1) artt. 280, comma 5, e 280-bis, comma 5, c.p., che prevedono le aggravanti delle lesioni gravi e gravissime e della morte, rispettivamente nell'attentato per finalità terroristiche o di eversione e negli atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi, le quali non sono bilanciabili con concorrenti attenuanti, salvo che ricorrano le attenuanti di cui agli artt. 98 e 114 c.p.;

2) art. 590-quater c.p., introdotto dalla l. 23 marzo 2016, n. 41, in tema di circostanze aggravanti dei reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali, le quali non sono bilanciabili con concorrenti attenuanti, salvo che ricorrano le attenuanti di cui agli artt. 98 e 114 c.p.;

3) art. 602-ter, comma 10, c.p., con riferimento alle aggravanti previste dai commi precedenti per i reati di cui agli artt. 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 601 e 602 c.p., le quali non sono bilanciabili con concorrenti attenuanti, salvo che ricorrano le attenuanti di cui agli artt. 98 e 114 c.p.;

4) art. 624-bis, comma 4, c.p., introdotto dalla l. 23 giugno 2017, n. 103, in materia di furto in abitazione e furto con strappo aggravati dalle circostanze di cui all'art. 625 c.p., le quali non sono bilanciabili con concorrenti attenuanti, salvo che si tratti delle attenuanti di cui agli artt. 98 e 625-bis c.p.;

5) art. 628, comma 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies c.p., in materia di rapina, introdotti dal d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119, le quali non sono bilanciabili con concorrenti attenuanti, salvo che ricorra l'attenuante di cui all'art. 98 c.p.;

6) art. 291-ter d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, introdotto dall'art. 1 l. 9 marzo 2001, n. 92, che per i reati di contrabbando di tabacchi lavorati esteri prevede le circostanze aggravanti dell'uso di armi o di mezzi di trasporto alterati, circostanze non bilanciabile con le attenuanti generiche;

7) art. 13 d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito con modificazioni dalla l. 6 febbraio 1980, n. 15, come sostituito dall'art. 4, l. 14 febbraio 2003, n. 34, che ha introdotto l'aggravante della finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, la quale non è bilanciabile con concorrenti attenuanti, salvo che ricorrano le attenuanti di cui agli artt. 98 e 114 c.p..;

8) art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla l. 12 luglio 1991, n. 203, che ha introdotto la circostanza aggravante del c.d. metodo mafioso, la quale non è bilanciabile con concorrenti attenuanti, salvo che ricorra l'attenuante di cui all'art. 98 c.p.;

9) art. 7 d.l. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni dalla l. 8 febbraio 1992, n. 172, il quale stabilisce che per i delitti di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p. le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'art. 98 c.p., concorrenti con le aggravanti di cui agli artt. 111 e 112, comma 1, n. 3 e 4 e comma 2, c.p., non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste se chi ha determinato altri a commettere il reato, o si è avvalso di altri nella commissione del delitto, ne è il genitore esercente la potestà ovvero il fratello o la sorella; in tali casi le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti;

10) art. 3 d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni dalla l. 25 giugno 1993, n. 205, che ha introdotto la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso o del fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, la quale comporta un aumento della pena fino alla metà e non è bilanciabile con circostanze attenuanti concorrenti diverse da quella prevista dall'art. 98 c.p.;

11) art. 12, comma 3-quater, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, che in materia di immigrazione clandestina prevede delle circostanze aggravanti non bilanciabili con circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114 c.p.;

12) art. 13, comma 4, l. 19 febbraio 2004, n. 40, che in materia di sperimentazione sugli embrioni umani prevede delle circostanza aggravanti non bilanciabili con nessuna circostanza attenuante;

13) artt. 186, comma 2-septies e 187, comma 1-quater, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), con riferimento alla circostanza aggravante della guida notturna (ovvero l'aver condotto un veicolo in stato di ebbrezza o di stupefazione dopo le ore 22 e prima delle ore 7), la quale non è bilanciabile con concorrenti attenuanti. Al riguardo deve osservarsi che si tratta dell'unico caso di blindatura a base totale per un'aggravante che comporta soltanto l'aumento dell'ammenda rispetto ad una fattispecie contravvenzionale. È una scelta quantomeno discutibile perché di scarso impatto pratico e difficilmente giustificabile sul piano costituzionale data l'evidente disparità di trattamento rispetto a reati di maggiore gravità;

14) art. 4 l. 16 marzo 2006, n. 146, che ha introdotto la circostanza aggravante della transnazionalità, la quale non è bilanciabile con concorrenti attenuanti, salvo che ricorra l'attenuante di cui all'art. 98 c.p.

Va detto che di regola le circostanze blindate, coerentemente con la loro ratio ispiratrice – proteggere specifiche scelte di tutela del Legislatore – sono aggravanti. Tuttavia, si registrano nell'ordinamento anche ipotesi di circostanze attenuanti sottratte al bilanciamento.

Una ipotesi, ad esempio, è stata introdotta dalla Corte costituzionale, che, con una sentenza di tipo additivo, ha sottratto al giudizio di cui all'art. 69 c.p. la circostanza attenuante della minore età (art. 98 c.p.) nel caso in cui concorra con una o più circostanze aggravanti che comportano la pena dell'ergastolo o che accedono ad un reato per il quale è prevista la pena base dell'ergastolo; e ciò al fine di adeguare il trattamento sanzionatorio alla peculiare personalità in fieri del minorenne (Corte cost., 27 aprile 1994, n. 168).

Altra ipotesi di circostanza attenuante “blindata” è stata, per così dire, introdotta in via interpretativa dalla Suprema Corte, che, nella sua composizione allargata, ha stimato come non bilanciabile l'attenuante della c.d.“dissociazione attuosa, prevista dall'art. 8, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla l. 12 luglio 1991, n. 203. La predetta circostanza consente di ottenere una riduzione della pena da un terzo alla metà (o la sostituzione dell'ergastolo con la reclusione da 12 a 20 anni) agli autori dei delitti di cui all'art. 416-bis c.p. o commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso che si dissociano dagli altri e si adoperano per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati.

Si ritiene che l'attribuzione del privilegio alle circostanze attenuanti per via interpretativa sia ammissibile in quanto garantisce un effetto favorevole all'imputato, dato che l'attenuante privilegiata non può soccombere nel giudizio di comparazione con le aggravanti.

(Segue). La recidiva e gli interventi della Corte costituzionale

Deroghe alle ordinarie regole sul bilanciamento sono previste anche dall'art. 69, comma 4, c.p., il quale, nella formulazione dovuta alla l. 5 dicembre 2005, n. 251, prevede che «le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti la persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato».

Il Legislatore ha dunque predeterminato in via legale, con riferimento ai casi di recidiva reiterata (art. 99, comma 4, c.p.) e determinazione del reato di persona non imputabile (art. 111 c.p.) o non punibile (art. 112, comma 1, n. 4 c.p.), l'esito del giudizio di bilanciamento tra circostanze (il quale pertanto non è escluso), che dovrà risolversi obbligatoriamente nella prevalenza delle predette aggravanti o nella loro equivalenza rispetto alle attenuanti (comuni, speciali e generiche: Cass. pen., Sez. III, 4 dicembre 2008, n. 45065), siano esse ad efficacia comune o ad efficacia o effetto speciale.

Nelle intenzioni del Legislatore, quello in esame doveva essere uno speciale regime derogatorio che, al cospetto della recidiva reiterata ex art. 99 comma 4, c.p., impedisse al giudice di considerare prevalenti eventuali circostanze attenuanti in concreto sussistenti.

La disciplina esposta ha suscitato da subito forti perplessità in dottrina; le censure più ricorrenti si sono appuntate sull'apparente incostituzionalità dell'art. 69, comma 4, c.p., dal momento che per i recidivi reiterati preclude al giudice la possibilità di operare qualsiasi diminuzione di pena, anche laddove ricorrano più circostanze attenuanti di rilievo decisivo; la pena, in definitiva, non potrebbe mai essere correttamente commisurata allo specifico disvalore del fatto, con buona pace dei fondamentali principi di uguaglianza e colpevolezza.

Sulla questione è stata più volte chiamata a pronunciarsi la Consulta.

Allo stato attuale, il divieto di prevalenza è tuttavia caduto in relazione alle seguenti circostanze attenuanti:

  1. art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, che nella formulazione previgente prevedeva una circostanza attenuante per i fatti di lieve entità (Corte cost., sent., 15 novembre 2012, n. 251);
  2. art. 648, comma 2, c.p., che prevede una attenuazione di pena per le ricettazioni di “particolare tenuità” (Corte cost., sent., 18 aprile 2014, n. 105);
  3. art. 609-bis, comma 3, c.p., relativo alla violenza sessuale di minore gravità (Corte cost., sent., 18 aprile 2014, n. 106);
  4. art. 73, comma 7, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, che prevede una diminuzione dalla metà a due terzi della pena prevista per la detenzione illegale di stupefacenti e le connesse fattispecie di cessione e traffico nei confronti di chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti (Corte cost., sent., 24 febbraio 2016, n. 74);
  5. art. 219, comma 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, per i reati di bancarotta fraudolenta, bancarotta semplice e ricorso abusivo al credito che abbiano cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità (Corte cost., sent., 21 giugno 2017, n. 205).
Il problema del concorso eterogeneo fra circostanze privilegiate e non

Mancando una norma specifica che regoli tale ipotesi, non è chiaro quale debba essere la disciplina del concorso eterogeneo fra circostanze quando solo alcune di esse sono privilegiate.

Stante l'unicità del giudizio di bilanciamento, si ritiene che il giudice, all'esito dello stesso, debba applicare le regole comuni per le circostanze non privilegiate e quelle proprie per le circostanze privilegiate.

In caso di prevalenza delle circostanze aggravanti, si dovranno operare tutti gli aumenti di pena previsti per ciascuna di esse, salvi i limiti generali.

Qualora, invece, il giudice dovesse optare per il giudizio di equivalenza fra le circostanze di segno opposto, occorre distinguere. Se si ritiene che le circostanze attenuanti debbano trovare comunque applicazione (v. par. 1), il giudice dovrà aumentare la pena edittale per effetto dell'aggravante privilegiata e quindi diminuirla per effetto delle attenuanti, mentre non dovrà tenere conto delle altre circostanze aggravanti non privilegiate perché neutralizzate dal giudizio comparativo. Se si ritiene, invece, che le circostanze attenuanti debbano trovare applicazione solo in caso di prevalenza, il giudice dovrà aumentare la pena edittale per effetto dell'aggravante privilegiata senza operare alcuna diminuzione.

Non è chiaro, infine, come determinare la pena se l'esito del giudizio di bilanciamento è nel senso della prevalenza delle attenuanti. Le alternative sono due:

  1. aumentare la pena edittale per effetto dell'aggravante privilegiata e poi ridurla per effetto delle attenuanti prevalenti; così facendo, però, la pena viene determinata nello stesso modo in cui si farebbe se le attenuanti fossero state dichiarate equivalenti e non prevalenti (ma del resto è la stessa dizione normativa a suggerire l'idea che la riduzione per l'attenuante operi sulla pena aumentata per l'aggravante privilegiata a prescindere da un giudizio di prevalenza o equivalenza);
  2. operare un'ulteriore riduzione della pena per effetto della prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti non privilegiate; così facendo, però, le attenuanti operano due volte, avendo già comportato una prima riduzione della pena aumentata per effetto della circostanza aggravante privilegiata.

Per superare i dubbi evidenziati sopra si dovrebbe tenere conto di tutte le circostanze presenti, operando tutti i relativi aumenti e diminuzioni di pena. In tal caso dovremmo ritenere che il giudizio di bilanciamento non possa operare se non coinvolgendo tutte le circostanze ricorrenti nel caso di specie, e che quindi lo schema delle circostanze privilegiate sia completamente derogatorio della disciplina prevista dall'art. 69 c.p.

Questa soluzione, però, avrebbe come conseguenza quella di inibire al giudice la possibilità di accordare prevalenza alle circostanze aggravanti nel giudizio di bilanciamento, tradendo così la volontà del Legislatore di introdurre, con il privilegio delle circostanze aggravanti, una disciplina di maggior rigore.

Un'ulteriore impostazione (seguita da Cass. pen., Sez. IV, 21 settembre 2017, n. 53280) potrebbe essere quella di escludere la circostanza aggravante privilegiata dal bilanciamento e operare quest'ultimo solo tra le residue circostanze non blindate. Operando in questo modo, la pena aumentata per l'aggravante blindata verrebbe diminuita solo se la circostanza attenuante dovesse risultare prevalente nella comparazione con le aggravanti non privilegiate. Tale soluzione, che appare più in linea con la ratio delle aggravanti privilegiate (ossia impedire che l'elemento accessorio blindato sia neutralizzato tramite il giudizio di bilanciamento con circostanze attenuanti), non sembra ostacolata dal tenore letterale delle disposizioni che prevedono circostanze blindate. Infatti, la previsione che la pena risultante dall'aumento conseguente alle aggravanti privilegiate debba essere diminuita per la ricorrenza di una attenuante potrebbe essere intesa come riferita all'ipotesi in cui l'aggravante blindata concorra solo con una o più attenuanti. Quando, invece, concorrono anche circostanze aggravanti non privilegiate, la diminuzione per le attenuanti opera solo se quest'ultime sono risultate prevalenti nella comparazione con le prime.

Qualche esempio di calcolo: rapina e guida in stato di ebbrezza

Tizio viene ritenuto responsabile di aver rapinato Caio (art. 628 c.p.), all'interno dell'abitazione di quest'ultimo (comma 3 n. 3-bis), con l'uso di un'arma (comma 3 n. 1 ultima parte).

Tizio viene ritenuto meritevole delle circostanze attenuanti generiche per l'assenza di precedenti penali, la giovanissima età e il corretto comportamento processuale (ha partecipato a tutte le udienze e si è sottoposto ad esame rendendo ampia confessione e dichiarando di aver deciso di commettere il reato perché caduto in stato di indigenza a seguito di licenziamento).

A questo punto occorre distinguere.

Se il giudice ritiene prevalenti le circostanze aggravanti, dovrà applicare la pena prevista dal quarto comma dell'art. 628 c.p. (reclusione da 6 a 20 anni e multa da 1.538 euro a 3.098 euro).

Se, invece, il giudice ritiene le circostanze attenuanti equivalenti rispetto alle circostanze aggravanti, occorre ulteriormente distinguere. Se si ritiene che le attenuanti debbano trovare comunque applicazione, il giudice dovrà applicare la pena prevista dal terzo comma dell'art. 628 c.p. (reclusione da 5 anni a 20 anni e multa da 1.290 euro a 3.098 euro) e diminuirla fino ad un terzo. Se si ritiene, invece, che le circostanze attenuanti debbano trovare applicazione solo in caso di prevalenza, il giudice dovrà applicare la pena prevista dal terzo comma dell'art. 628 c.p. (reclusione da 5 anni a 20 anni e multa da 1.290 euro a 3.098 euro).

Se, infine, il giudice ritiene le circostanze attenuanti prevalenti rispetto alle circostanze aggravanti, dovrà applicare la pena prevista dal terzo comma dell'art. 628 c.p. (reclusione da 5 anni a 20 anni e multa da 1.290 euro a 3.098 euro) e diminuirla fino ad un terzo

Tizio viene ritenuto responsabile di aver guidato in stato di ebbrezza alcolica grave (art. 186, comma 2, lett. c), d.lgs. 285/1992), in orario notturno (comma 2-sexies) e provocando un incidente stradale (comma 2-bis).

Tizio viene ritenuto meritevole delle circostanze attenuanti generiche per l'assenza di precedenti penali, la giovanissima età e l'atteggiamento collaborativo tenuto durante gli accertamenti (ha subito dichiarato agli agenti di aver partecipato ad una festa assumendo alcool e di aver perso il controllo del veicolo perché poco lucido).

A questo punto occorre distinguere.

Se il giudice ritiene prevalenti le circostanze aggravanti, dovrà applicare la pena prevista dalla lettera c) del capoverso dell'art. 186 d.lgs. 285/1992 (arresto da 6 mesi ad un 1 e ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000), raddoppiarla e aumentare l'ammenda da un terzo alla metà.

Se, invece, il giudice ritiene le circostanze attenuanti equivalenti rispetto alle circostanze aggravanti, occorre ulteriormente distinguere. Se si ritiene che le attenuanti debbano trovare comunque applicazione, il giudice dovrà applicare la pena prevista dalla lettera c) del capoverso dell'art. 186 d.lgs. 285/1992 (arresto da 6 mesi ad un 1 e ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000), aumentare l'ammenda da un terzo alla metà e diminuire la pena complessiva fino ad un terzo. Se si ritiene, invece, che le circostanze attenuanti debbano trovare applicazione solo in caso di prevalenza, il giudice dovrà applicare la pena prevista dalla lettera c) del capoverso dell'art. 186 d.lgs. 285/1992 (arresto da 6 mesi ad un 1 e ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000) e aumentare l'ammenda da un terzo alla metà.

Se, infine, il giudice ritiene le circostanze attenuanti prevalenti rispetto alle circostanze aggravanti, dovrà applicare la pena prevista dalla lettera c) del capoverso dell'art. 186 d.lgs. 285/1992 (arresto da 6 mesi ad un 1 e ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000), aumentare l'ammenda da un terzo alla metà e diminuire la pena complessiva fino ad un terzo.

Va detto che in giurisprudenza si registra una decisione secondo la quale, qualora concorrano le circostanze ad effetto speciale di aver provocato un incidente stradale e di aver commesso il fatto in orario notturno, e il giudice ritenga le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante bilanciabile dell'incidente stradale, non dovrebbe operarsi l'aumento previsto per la circostanza meno grave di aver commesso il fatto in orario notturno, sottratta al giudizio di bilanciamento in virtù del disposto di cui all'art. 186, comma 2-septies, d.lgs. 285/1992, atteso che, in caso di concorso di aggravanti ad effetto speciale, ai sensi dell'art. 63, comma 4, c.p., deve trovare applicazione la pena stabilita per quella più grave (Cass. pen., Sez. IV, 12 settembre 2017, n. 45846).

La soluzione non convince perché trascura di considerare che la disciplina prevista dall'art. 63 c.p. riguarda il concorso omogeneo di circostanze, mentre in caso di circostanze eterogenee deve operarsi il giudizio di bilanciamento; né vale a rendere operativi i limiti di cui all'art. 63 c.p. l'eventuale neutralizzazione delle circostanze attenuanti, rimaste soccombenti o equivalenti nel giudizio di bilanciamento con le aggravanti, posto che tale elisione riguarda soltanto gli effetti dosimetrici delle attenuanti, ma non vale ad escluderne l'esistenza e gli altri effetti correlati al loro riconoscimento (cfr. in tal senso Cass. pen., sez. VI, 15 ottobre 2002-5 novembre 2002, n. 37016, Rv. 222845; Cass. pen., sez. IV, 20 febbraio 2007-24 aprile 2007, n. 16444, Rv. 236606; Cass. pen., sez. IV, 12 gennaio 2012, n. 3557).

Guida all'approfondimento

TRINCI, Compendio di diritto penale. Parte generale, Roma, 2018.

TRINCI, La pena illegale, Milano, 2018.

ZANIOLO, Le circostanze del reato, Torino, 2013.

PECCIOLI, Le circostanze privilegiate nel giudizio di bilanciamento, Torino, 2010.

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