Distrazione delle spese

Mauro Di Marzio
20 Luglio 2017

L'art. 93 c.p.c. consente al difensore con procura di chiedere che il giudice, nella sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate.
Inquadramento

L'art. 93 c.p.c. consente al difensore con procura di chiedere che il giudice, nella sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate.

La disposizione fa eccezione alla disciplina posta dall'art. 91 c.p.c., che contempla la condanna del soccombente al rimborso delle spese in favore del vincitore, dal momento che la condanna è in questo caso pronunciata in favore del difensore antistatario (o anticipatario, o distrattario che dir si voglia), il quale diviene così creditore, oltre che del suo cliente, anche dalla controparte che abbia subito il provvedimento di distrazione, di modo che l'antistatario, una volta divenuto creditore diretto del soccombente, assume la qualità di parte nel processo, sia pure entro il ristretto ambito che si vedrà.

L'eccezione è volta a rafforzare la posizione del difensore in ordine al pagamento degli onorari e delle spese (Mandrioli, Diritto processuale civile, I, Torino, 2011, 411), e ad incoraggiare anticipazioni di carattere professionale e pecuniario da parte dello stesso (Redenti, Diritto processuale civile, I, Milano, 1995, 209).

Nell'inquadrare l'istituto, la SC ha osservato che l'art. 93, comma 1, c.p.c., usando un trattamento di speciale favore al difensore munito di procura, gli consente d'inserirsi nel processo come parte soggettivamente diversa dal suo difeso, per domandare ed ottenere di essere riconosciuto, nel caso di soccombenza della controparte, esclusivo creditore delle spese del giudizio e degli onorari in base alla sola dichiarazione, ritenuta vincolante per il giudice, salva la ipotesi di frode, di avere anticipato le prime e non riscosso i secondi. Il difensore agisce per la tutela di un diritto proprio ed autonomo e, pronunciata la distrazione, il rapporto si costituisce, ope iudicis, direttamente tra il soccombente e il difensore, senza passare per la parte vittoriosa, il cui interesse rimane circoscritto al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. Il credito sorge a favore del difensore e nei confronti diretti del soccombente, in quanto la legge ritiene che il cliente, non avendo anticipato le spese del giudizio, né corrisposto gli onorari, non ne é mai creditore e non può, quindi, sotto qualsiasi forma, cedere ad altri un credito, che non gli spetta. L'autonomia del diritto del difensore distrattario esclude necessariamente la possibilità che al medesimo sia opposto in compensazione dal soccombente il credito vantato verso la parte vittoriosa (Cass. civ., 30 marzo 1962, n. 670).

L'istanza di distrazione

La legittimazione a chiedere la distrazione delle spese giudiziali spetta al difensore munito di procura, non solo per sé ma anche per gli altri difensori (Cass. civ., 14 febbraio 1964, n. 329). Mancando di ius postulandi, non può chiedere la distrazione il difensore non cassazionista che abbia firmato il controricorso in cassazione unitamente ad avvocato iscritto nell'apposito albo (Cass. civ., sez. un., 19 aprile 1990, n. 3249). Parimenti la distrazione non può essere chiesta dal difensore che abbia rinunciato al mandato (Cass. civ., 29 agosto 1992, n. 9994).

In particolare, ove la parte abbia avuto più difensori, non si richiede necessariamente la concorrenza, quale cobeneficiario della distrazione stessa, del procuratore costituito con gli altri difensori, esigendosi, invece, soltanto che vi sia stata esposizione di uno o più di costoro e che la richiesta della corrispondente distrazione sia fatta da quello munito di procura, a favore di chi spetti, anche cioè se non ne sia egli il beneficiario (Cass. civ., 22 marzo 1984, n. 1907). In altri termini l'art. 93, comma 1, c.p.c., stabilendo che la richiesta di distrazione degli onorari non riscossi e delle spese anticipate è fatta dal difensore «in favore suo e degli altri difensori», impone al giudice di considerare e liquidare ― salvo il caso di diversa specificazione del richiedente la distrazione ― l'intero complesso delle prestazioni difensive erogate nel processo dai vari professionisti succedutisi nella difesa della parte vittoriosa (Cass. civ., 20 giugno 1989, n. 2931).

L'istanza di distrazione, che può essere avanzata anche nel procedimento di esecuzione (Cass. civ., 15 ottobre 1971, n. 2916), trattandosi di istituto di applicazione generale (Cass. civ., 30 marzo 2000, n. 3879), non richiede formule sacramentali (Cass. civ., 18 gennaio 1990, n. 234; Cass. civ., 26 febbraio 1990, n. 1442) e non pone a carico dell'istante alcun onere probatorio (Cass. civ., 6 aprile 2006, n. 8085): e cioè il difensore antistatario non è tenuto a provare di aver anticipato le spese e non riscosso gli onorari (Cass. civ., 5 agosto 1981, n. 4889). In definitiva gli basta dichiararsi antistatario: ed infatti è stato detto che la dichiarazione di aver anticipato le spese e non aver riscosso gli onorari è implicita nell'istanza di distrazione (Cass. civ., 6 aprile 2006, n. 8085).

L'istanza di distrazione, inoltre, può essere proposta in qualunque momento del processo, anche all'udienza di precisazione delle conclusioni (Cass. civ., 24 febbraio 1965, n. 304) o nella comparsa conclusionale (Cass. civ., 14 novembre 1974, n. 3616; Cass. civ., 12 gennaio 2006, n. 412), o, nel giudizio di cassazione, fino alla discussione orale (Cass. civ., 18 luglio 1972, n. 2455). La qual cosa viene giustificata sul rilievo che la controparte non ha interesse ad interloquire sull'istanza di distrazione dal momento che, ove essa risulti in definitiva soccombente, deve comunque pagare l'importo delle spese liquidate dal giudice, mentre è per essa indifferente essere tenuta a pagare al vincitore o, direttamente, al suo difensore (sul difetto di interesse della controparte a resistere all'istanza di distrazione v. Cass. civ., 12 gennaio 2006, n. 412; Cass. civ., 25 febbraio 2002, n. 2736; Cass. civ., 17 febbraio 1994, n. 1526).

Naturalmente, la distrazione può essere richiesta nel processo e non al di fuori di esso (Cass. civ., 18 luglio 1969, n. 2667), sicché non è ipotizzabile una domanda di distrazione formulata dopo lo spirare del termine per il deposito delle conclusionali o, nel rito del lavoro, dopo la chiusura della discussione.

Il provvedimento di distrazione

Il giudice può provvedere sulla distrazione soltanto in sede processuale e, dunque, con il provvedimento contenente la statuizione sulle spese di lite. Non può invece disporre la distrazione dopo aver statuito sulle spese con un provvedimento ad hoc.

Vale in proposito osservare che, sebbene l'art. 93 c.p.c. si riferisca alla «sentenza» contenente la pronuncia al rimborso delle spese, la distrazione avendo l'istituto carattere generale, può essere disposta ogni qual volta il giudice sia chiamato a regolare le spese di lite, indipendentemente dalla forma del provvedimento conclusivo del giudizio, come è testimoniato dalla già citata decisione che ha ammesso l'applicazione della distrazione nel processo di esecuzione.

Il provvedimento di distrazione presuppone la soccombenza e la conseguente condanna della controparte al rimborso delle spese, nonché la dichiarazione di avere anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari. Ne discende che, in caso di rinuncia agli atti da parte dei soggetti del rapporto sostanziale dedotto in giudizio e di loro accordo per la compensazione delle spese, precludono la distrazione delle spese (Cass. civ., 29 agosto 1992, n. 9994).

L'efficacia del provvedimento di distrazione delle spese a favore del difensore che dichiari di averle anticipate, non si limita alle sole spese liquidate, ma si estende alle spese relative ad atti accessori della sentenza, quali le spese di pubblicazione, di notificazione e di precetto (Cass. civ., 10 maggio 1984, n. 2870).

La distrazione non è impedita dalla cessazione della materia del contendere (Cass. civ., 21 dicembre 1982, n. 7057).

La posizione del distrattario nel processo

Secondo una parte della dottrina il difensore assume una posizione autonoma che gli attribuisce una veste assimilabile a quella della parte sia pure limitatamente alla proposizione dell'istanza e a questo aspetto della pronuncia (Mandrioli, op. cit., 412; Andrioli, Commento al codice di procedura civile, III, I, Napoli, 1957, 263).

Anche la SC si è orientata più volte nello stesso senso (Cass. civ., 10 ottobre 2011, n. 20744; Cass. civ., 13 novembre 2009, n. 24106; Cass. civ., 3 luglio 2009, n. 15745). Viene al riguardo osservato che, come si è già visto, il credito sorge direttamente a favore del difensore nei confronti del soccombente e che per disporre la distrazione è sufficiente la sua dichiarazione (Cass. civ.,1° ottobre 2009, n. 21070; Cass. civ., 24 settembre 2009, n. 20547).

Secondo altri il difensore opera quale adiectus solutionis causa (Luiso, Diritto processuale civile, I, Milano, 2009, 429), ossia quale soggetto legittimato a ricevere il pagamento al posto del creditore, ex art. 1188 c.c.

In tal senso la SC ha affermato che: «La richiesta di distrazione delle spese giudiziali, non attribuisce al difensore la qualità di parte bensì quella di semplice adiectus solutionis causa. Il difensore che abbia richiesto la distrazione assume la qualità di parte solamente allorché sorga controversia sulla distrazione» (Cass. civ., 14 febbraio 1964, n. 329; Cass. 24 febbraio 1965, n. 304; Cass. civ., 21 novembre 1967, n. 2797; Cass. civ., 9 luglio 1968, n. 2386; Cass. civ., 22 ottobre 1981, n. 5557). Il difensore distrattario — è stato ripetuto — assume la qualità di parte nel processo di impugnazione soltanto quando sorga controversia sulla distrazione» (Cass. civ., 10 marzo 1970, n. 615; Cass. civ., 10 gennaio 1973, n. 45; e più di recente Cass. civ., 19 agosto 2003, n. 12104; Cass. civ., 30 gennaio 1995, n. 1085), sicché il difensore non può far valere nei confronti del soccombente il credito per gli onorari e le spese in un giudizio diverso da quello in relazione al quale detto credito è sorto (Cass. civ., 14 gennaio 2011, n. 809). Non è dunque distrattario il difensore che abbia anticipato le spese ma non chiesto la distrazione nel giudizio in cui l'attività professionale è stata prestata (Cass. civ., 1 sez., 11 aprile 1975, n. 1352). Peraltro, il difensore non è tenuto a chiedere la distrazione in suo favore, sicché, se non l'ha chiesta la distrazione, ciò non vuol dire che il cliente abbia anticipato le spese (Cass. civ., 23 ottobre 1978, n. 4780).

Con riguardo al rapporto tra il distrattario e le parti del processo si è affermato che egli può sempre farsi pagare dal proprio cliente anziché dal soccombente (Cass. civ., 19 ottobre 1988, n. 5678), giacché, in forza del provvedimento di distrazione delle spese, il debito del soccombente verso il procuratore dell'altra parte si affianca, in via alternativa, a quello del cliente. Ed inoltre il difensore distrattario può sempre farsi pagare dal proprio cliente il di più che non è dovuto dal soccombente alla stregua ella liquidazione operata dal giudice (Cass. civ., 5 aprile 1990, n. 2814; Cass. civ., 7 luglio 2000, n. 9097).

Il difensore distrattario è titolare nei confronti del soccombente di un credito proprio, dovendosi escludere che si verta in ipotesi di cessione di credito, da parte del cliente, al proprio difensore (Cass. civ., 14 giugno 1965, n. 1202; Cass. civ., 5 luglio 1969, n. 2494; Cass. civ., 29 luglio 1974, n. 2307; Cass. civ.,10 maggio 1984, n. 2870).

Il rimedio in caso di omissione della distrazione

Con riguardo al caso in cui il giudice avesse omesso di provvedere sulla distrazione in sentenza, è qui il caso di rammentare che, secondo un indirizzo giurisprudenziale in tempo pressoché totalitario, la SC escludeva l'applicabilità del rimedio della correzione dell'errore materiale (Cass. civ., 30 marzo 1962, n. 668; Cass. civ., 12 marzo 1963, n. 609; Cass. civ., 26 ottobre 1972, n. 3286; Cass. civ., 14 gennaio 1974, n. 103; Cass. civ., 25 ottobre 1974, n. 3142; Cass. civ., 8 luglio 1976, n. 2573; Cass. civ., 17 febbraio 1978, n. 778; Cass. civ., 29 gennaio 1981, n. 697; Cass. civ., 29 ottobre 1988, n. 5887; Cass. civ., 23 dicembre 1988, n. 7049; Cass. civ., 18 marzo 1993, n. 3227; Cass. civ., 30 ottobre 1998, n. 10864; Cass. civ., 7 aprile 1999, n. 3356; Cass. civ., 25 febbraio 2002, n. 2736; Cass. civ., 17 maggio 2002, n. 7293; Cass. civ., 3 luglio 2009, n. 15745). Si riteneva, in breve, che l'omessa pronuncia sull'istanza di distrazione costituisse vizio riconducibile alla previsione dell'art. 112 c.p.c., che impone al giudice di provvedere «su tutta la domanda», e che tale vizio dovesse essere denunciato dal difensore interessato (trattandosi di omissione in cui fosse incorso il giudice di appello) con l'ordinario rimedio del ricorso per cassazione. Anche la dottrina meno recente aderiva alla tesi secondo cui il procuratore, fa valere con l'istanza di distrazione un diritto soggettivo autonomo, ancorché indissolubilmente legato alla sentenza che contiene la condanna alle spese nei confronti della controparte: perciò acquisendo la qualità di parte in senso proprio, tale da legittimare la proposizione delle impugnazioni ordinarie.

Più recenti pronunce hanno invece ritenuto doveroso ricercare nell'ordinamento uno strumento di garanzia della situazione giuridica fatta valere, alternativo e meno dispendioso dell'impugnazione, strumento individuato nel procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., giustificato della necessità di porre rimedio ad un errore solo formale, estraneo alla decisione, in quanto determinato da una divergenza evidentemente e facilmente individuabile, che lascia immutata la conclusione adottata.

A tale indirizzo hanno aderito le Sezioni Unite, affermando il principio secondo cui:

In evidenza

In caso di omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un'espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma. La procedura di correzione, oltre ad essere in linea con il disposto dell'art. 93, comma 2, c.p.c. - che ad essa si richiama per il caso in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese - consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo ed è un rimedio applicabile, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., anche nei confronti delle pronunce della Corte di cassazione (Cass. civ., sez. un., 7 luglio 2010, n. 16037; Cass. civ.,17 maggio 2017, n. 12437; Cass. civ., 24 settembre 2021, n. 25940; Cass. civ., 29 dicembre 2021, n. 41931)

Resta da rammentare che nel procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 391-bis c.p.c., impiegato per integrare la decisione mancante della distrazione, non è ammessa alcuna pronuncia sulle spese processuali, non essendo possibile individuare una parte vittoriosa e una parte soccombente (Cass. civ., 17 settembre 2013, n. 21213), considerata la natura sostanzialmente amministrativa della correzione.

Il distrattario in fase di impugnazione

La soluzione adottata dalle Sezioni Unite ha fatto venir meno il principale caso in cui si riteneva che il distrattario fosse legittimato ad impugnare la sentenza: il caso, cioè, in cui il giudice avesse omesso di provvedere sull'istanza di distrazione.

Va rivista in tal senso la ripetuta massima secondo cui il difensore che abbia richiesto la distrazione assume la qualità di parte solamente allorché sorga controversia sulla distrazione e, cioè, quando la sentenza non abbia provveduto sulla relativa istanza o l'abbia respinta o, comunque, quando sia in contestazione il diritto del difensore alla distrazione. Pertanto, il difensore, che ha chiesto la distrazione, non può impugnare in proprio la sentenza per la pronuncia o l'omessa pronuncia sulle spese, ma é legittimato a proporre l'impugnazione se il giudice del merito abbia omesso di statuire sulla domanda di distrazione delle spese ed onorari o abbia rigettato l'istanza (tra le tante Cass. civ., 14 febbraio 1964, n. 329; Cass. civ., 24 febbraio 1965, n. 304; Cass. civ., 21 novembre 1967, n. 2797; Cass. 9 luglio 1968, n. 2386; Cass. civ., 22 ottobre 1981, n. 5557).

Al di fuori del provvedimento di distrazione, il difensore distrattario non è legittimato né attivamente, né passivamente, all'impugnazione della sentenza (Cass. civ., 8 marzo 1986, n. 1580; Cass. civ., sez. un., 2 agosto 1995, n. 8458; Cass. civ., 12 gennaio 2006, n. 412). Sicché anche di recente è stato ribadito che qualora in primo grado il giudice abbia distratto in favore dell'avvocato le spese processuali riconosciute alla parte vittoriosa che l'avvocato rappresenta, l'avvocato, in proprio, non è contraddittore necessario nel processo (d'appello), in cui viene impugnata — anche, eventualmente, in riferimento all'entità delle spese — la suddetta sentenza, e, conseguentemente, non è nulla la sentenza pronunciata senza che il suddetto contraddittorio sia stato instaurato (Cass. civ., 31 gennaio 2012, n. 1371).

Il difensore distrattario, dunque, non può impugnare la sentenza per omessa od erronea pronuncia sulle spese (Cass. civ., 26 ottobre 1972, n. 3286; Cass. civ., 19 novembre 1985, n. 5695; Cass. civ., 17 dicembre 1997, n. 12765; Cass. 28 luglio 2008, n. 20531), nè può impugnare il quantum delle spese liquidate (Cass. civ., 29 ottobre 1971, n. 3058; Cass. civ., 10 gennaio 1973, n. 45; Cass. civ., 2 marzo 1990, n. 1644; Cass. civ., 13 maggio 1993, n. 5467), legittimato essendo il soccombente, in quanto soggetto comunque obbligato, nel rapporto con il professionista, a soddisfarlo delle sue spettanze (Cass. civ., 19 agosto 2003, n. 12104; Cass. civ., 10 settembre 2003, n. 13290; Cass. civ., 30 luglio 2004, n. 14637). Tantomeno il difensore che ha chiesto la distrazione non può impugnare la sentenza che ha respinto la domanda del suo cliente (Cass. civ., 27 giugno 1972, n. 2194; Cass. civ., 30 gennaio 1995, n. 1085). Parimenti il difensore che ha chiesto la distrazione non può impugnare la sentenza che ha compensato le spese (Cass. civ., 29 luglio 1985, n. 4378; Cass. civ., 20 ottobre 2005, n. 20321; Cass. civ., 6 marzo 2006, n. 4792). Il difensore distrattario non può inoltre avvalersi dell'impugnazione incidentale tardiva (Cass. 18 settembre 1979, n. 4802; Cass. civ., 3 gennaio 2008, n. 13), né può impugnare l'ordinanza di estinzione per rinuncia agli atti (Cass. civ., 29 agosto 1992, n. 9994), o intervenire in appello se non ha acquistato la qualità di parte (Cass. 18 luglio 1962, n. 1910).

Resta da dire che la parte vincitrice non può impugnare per il capo relativo alla disposta distrazione (Cass. civ., 6 maggio 1986, n. 3045) e che l'impugnazione proposta dalla parte, che denunci l'omessa distrazione, è inammissibile (Cass. civ., 3 luglio 2009, n. 15745; Cass. 29 agosto 1963, n. 2392). Viceversa, la parte rappresentata dal difensore distrattario può dolersi del quantum delle spese liquidate (Cass. civ., 6 marzo 1982, n. 1441; Cass. civ., 7 luglio 2000, n. 9097).

Chi intende impugnare il provvedimento di distrazione, deve farlo nei confronti del procuratore distrattario (Cass. civ., 23 marzo 1963, n. 721; Cass. civ., 16 luglio 1964, n. 1935; Cass. civ., 14 febbraio 1966, n. 451; Cass. civ., 7 ottobre 1967, n. 2334; Cass. civ., 5 agosto 1968, n. 2810), e però l'impugnazione va proposta nei confronti del vincitore se investe la statuizione sulle spese nella sua globalità ovvero nel quantum (Cass. civ., 12 gennaio 1972, n. 89; Cass. civ., 15 maggio 1980, n. 3195).

Il soccombente non ha interesse ad impugnare il provvedimento di distrazione in sé considerato (Cass. civ., 14 novembre 1966, n. 2762; Cass. civ., 28 giugno 1976, n. 2429; Cass. civ., 24 giugno 2004, n. 11746.

In caso di riforma della sentenza contenente la distrazione, la ripetizione di quanto già pagato per spese va richiesta al procuratore distrattario (Cass. civ., 5 agosto 2005, n. 16597).

L'esecuzione del provvedimento di distrazione

Va anzitutto osservato che la notificazione della sentenza ad istanza del difensore distrattario, al fine di ottenere il pagamento, non fa decorrere il termine breve per l'impugnazione nei confronti del soccombente (Cass. civ., 5 febbraio 1966, n. 388; Cass. civ., 4 giugno 1969, n. 1968; Cass. civ., 15 giugno 1973, n. 1754; Cass. civ., 18 ottobre 2003, n. 15639).

Com'è intuitivo, poi, solo il difensore distrattario, e non la parte personalmente, può intimare precetto di pagamento delle spese distratte (Cass. civ., 11 ottobre 1974, n. 2768).

A fronte dell'iniziativa volta all'esecuzione, il soccombente, tenuto conto dell'autonomia del rapporto, non può opporre al difensore distrattario un proprio controcredito nei confronti del vincitore (Cass. civ., 14 giugno 1965, n. 1202; Cass. civ., 13 ottobre 1972, n. 3037), né la rinuncia del vincitore ad eseguire la sentenza (Cass. civ., 9 marzo 1971, n. 649).

Nel rito del lavoro il difensore distrattario non può mettere in esecuzione, per le spese distratte, il solo dispositivo (Cass. civ., 23 agosto 2005, n. 17134; Cass. civ., 21 maggio 2007, n. 11804). Inoltre, ancorché consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, il credito azionato in executivis dal difensore distrattario, non condivide la natura dell'eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma ha natura ordinaria, corrispondendo a un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente, dovendosi escludere che si verta in ipotesi di cessione di credito, da parte del cliente, al proprio difensore (Cass. civ., 22 aprile 1997, n. 3474).

A norma dell'art. 2749 c.c. il privilegio accordato al credito si estende soltanto alle spese ordinarie per l'intervento nel processo esecutivo e per l'insinuazione nel passivo fallimentare e non anche alle spese processuali sostenute nel giudizio di cognizione in cui il suddetto credito è stato accertato. Il diritto al rimborso delle spese del giudizio di cognizione non é assistito da privilegio neanche a norma dell'art. 2751, n. 5, c.c., ancorché sia fatto valere, nel fallimento della controparte soccombente, dal difensore antistatario del creditore, poiché tale diritto attiene, pur sempre, al pagamento di spese giudiziali e non è suscettibile di assumere tale natura soltanto il credito che nasce dal rapporto diretto corrente fra il difensore ed il proprio cliente, a norma dell'art. 2229 c.c. (Cass. civ., 29 marzo 1977, n. 1211). Ha viceversa privilegio generale sui mobili, ai sensi del n. 1 l'art. 2751-bis c.c., in relazione all'art. 2749 c.c., e può essere fatto valere con tale prelazione nel fallimento il credito per spese, competenze e onorari attribuiti al difensore distrattario in esito al giudizio di esecuzione forzata introdotto per il soddisfacimento di credito di lavoro subordinato riconosciuto da sentenza irrevocabile nei confronti del soggetto in seguito fallito.

Distrazione delle spese e patrocinio a spese dello stato

Un ampio dibattito giurisprudenziale avuto ad oggetto la questione della compatibilità della distrazione delle spese con l'ammissione al gratuito patrocinio, oggi patrocinio a spese dello Stato.

Orientamenti a confronto

Secondo alcune pronunce, se la parte «povera» ha chi anticipa le spese per essa, non v'è ragione di ammetterla al gratuito patrocinio, giacché gratuito patrocinio e distrazione delle spese sono incompatibili.

Cass. 11 maggio 1978, n. 2321; Cass. 20 giugno 1978, n. 3055; Cass. 28 novembre 1978, n. 5579; Cass. 6 dicembre 1978, n. 5784; Cass. 24 marzo 1979, n. 1734; Cass. 4 gennaio 1980, n. 14; Cass. 26 agosto 1981, n. 5007 Cass. 7 giugno 1983, n. 3901 Cass. 12 gennaio 1984, n. 267.

Secondo altro indirizzo la richiesta di distrazione non importa automatica rinuncia al patrocinio a spese dello Stato.

Cass. 16 giugno 1979, n. 3406; Cass. 22 novembre 1979, n. 6094; Cass. 22 gennaio 1981, n. 530; Cass. 18 aprile 1984, n. 2535.

Sulla materia di sono infine pronunciate le Sezioni Unite, stabilendo che la presentazione dell'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non costituisce rinuncia implicita al beneficio da parte dell'assistito, attesa la diversa finalità ed il diverso piano di operatività del gratuito patrocinio e della distrazione delle spese, l'uno volto a garantire alla parte non abbiente l'effettività del diritto di difesa e l'altra ad attribuire al difensore un diritto in rem propriam, con la conseguenza che il difensore è privo del potere di disporre dei diritti sostanziali della parte, compreso il diritto soggettivo all'assistenza dello Stato per le spese del processo, potendo la rinuncia allo stesso provenire solo dal titolare del beneficio, e tenuto conto, peraltro, che l'istituto del gratuito patrocinio è revocabile solo nelle tre ipotesi tipizzate nell'art. 136 del d.P.R. 115/2002, norma eccezionale, come tale non applicabile analogicamente (Cass. civ., sez. un., 26 marzo 2021, n. 8561).

Revoca della distrazione

Ai sensi del secondo comma dell'art. 93 c.p.c., la parte può dimostrare di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese chiedendo conseguentemente al giudice la revoca del provvedimento di distrazione: viceversa, la parte che abbia pagato le spese al proprio difensore, ancorché distrattario, non può ripetere quanto pagato nei confronti della controparte se non previa revoca della distrazione (Cass. civ.,12 novembre 2008, n. 27041).

La revoca si ottiene mediante il procedimento di correzione.

Riferimenti
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, III, I, Napoli, 1957;
  • Lazzaro-Di Marzio, Le spese nel processo civile, Giuffrè, Milano;
  • Luiso, Diritto processuale civile, I, Milano, 2009;
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, I, Torino, 2011;
  • Redenti, Diritto processuale civile, I, Milano, 1995.
Sommario