Le Sezioni Unite devono individuare criteri di riferimento univoci tra diritto all’oblio e diritto all’informazione

Ilenia Alagna
12 Dicembre 2018

Sussistono dei criteri di riferimento univoci che consentano di conoscere preventivamente quando una vicenda personale possa essere oggetto di ripubblicazione e quando, invece, se ne possa chiedere la rimozione?
Massima

La Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione di massima e particolare importanza riguardante l'assetto dei rapporti tra diritto all'oblio e diritto di cronaca al fine di individuare dei criteri di riferimento univoci, che permettano agli operatori del diritto e agli stessi consociati di conoscere in via preventiva quando una vicenda personale può essere oggetto di ripubblicazione e quando se ne può chiedere, viceversa, la rimozione.

Il caso

Un soggetto ricorrente (d'ora in poi il S.) conveniva in giudizio il direttore di un quotidiano locale e la giornalista autrice di un articolo che rievocava un episodio di cronaca nera accaduto nel lontano 1982, che lo aveva visto come protagonista, in quanto era stato responsabile dell'omicidio della propria moglie, a seguito del quale aveva espiato 12 anni di reclusione. Secondo il S., la pubblicazione dell'articolo avvenuta dopo lungo tempo dall'episodio, non solo aveva determinato in lui un profondo senso di angoscia e prostrazione ma aveva altresì causato un notevole danno alla sua immagine e reputazione, poiché era stato esposto ad una nuova “gogna mediatica” quando ormai, era riuscito a ricostruirsi una nuova vita e a reinserirsi nel contesto sociale.
Sulla base delle suddette premesse il S. chiedeva la condanna del quotidiano in solido con il direttore responsabile e con la giornalista autrice dell'articolo, al risarcimento dei danni subiti.

Il Quotidiano e la giornalista, costituitisi in giudizio, contestavano in fatto e in diritto la domanda attorea poiché, a parer loro, la rievocazione dell'avvenimento a distanza di 27 anni non era illecita, neppur sotto il profilo della violazione del diritto all'oblio, poiché l'articolo in esame faceva parte di una rubrica settimanale, pubblicata sin dall'anno 2009 la quale aveva l'obiettivo di rievocare alcuni fatti di cronaca nera avvenuti in città, che per diverse ragioni avevano colpito e turbato la collettività.

I Giudici di primo e secondo grado, nonché i giudici di merito respingono l'azione proposta contro il giornalista e il quotidiano, ritenendo che nella specie non si era realizzata «nessuna gratuita e strumentale rievocazione del delitto (…), nessuna ricerca di volontaria spettacolarizzazione, come anche nessuna violazione (…) al principio della continenza delle espressioni, come nessuna offesa triviale o irridente del sentimento umano».

La questione viene sottoposta alla Corte di Cassazione.

La questione

Sussistono dei criteri di riferimento univoci, che consentono di conoscere preventivamente quando una vicenda personale può essere oggetto di ripubblicazione e quando se ne può chiedere, all'opposto, la rimozione?

Le soluzioni giuridiche

Con l'ordinanza n. 28084 del 5 novembre 2018, la III sezione civile della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione di massima e particolare importanza concernente l'assetto dei rapporti tra diritto all'oblio e diritto di cronaca o manifestazione del pensiero.

La Corte di Cassazione chiede l'intervento delle Sezioni Unite per ottenere un chiarimento sulla questione relativa al necessario bilanciamento tra il diritto di cronaca, posto al servizio dell'interesse pubblico all'informazione, e il diritto all'oblio, posto a protezione della riservatezza della persona.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul tema, muove le sue riflessioni da una ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale, sia interno che europeo, partendo dalle conclusioni da essa raggiunte in provvedimenti recenti, in primo luogo, nell'ordinanza del marzo 2018 n. 6919. In tale ultimo provvedimento erano stati individuati dei punti che giustificano la compressione del diritto dell'oblio a favore di quello di cronaca; tra questi, l'interesse effettivo e attuale alla diffusione della notizia, la notorietà della persona interessata, le modalità utilizzate per dare l'informazione, la concessione di un diritto di replica. Secondo la Corte di Cassazione tale elenco ridurrebbe eccessivamente i casi di prevalenza del diritto all'oblio, sino a renderlo inefficace, anche alla luce della previsione normativa introdotta dall'art. 17 del Regolamento europeo in tema di protezione dei dati personali.

Al fine di comprendere se ci sia stata una violazione del c.d. diritto all'oblio nel caso analizzato, i giudici hanno delimitato l'ambito di operatività sia di questa posizione soggettiva, sia del contrapposto diritto di cronaca, trattandosi di diritto collegato “in coppia dialettica” al primo.

Il diritto di cronaca viene definito come un diritto pubblico soggettivo, riconducibile nel più ampio principio di libera manifestazione del pensiero e della stampa, di cui all'art. 21 Cost., che si traduce nel potere-dovere, spettante al giornalista, di portare a conoscenza dell'opinione pubblica fatti, notizie e vicende interessanti la vita sociale. Nonostante l'importanza fondamentale del suo contenuto, tale diritto, tuttavia, non ha una estensione limitata; a tal riguardo, la giurisprudenza ha indicato i presupposti in presenza dei quali il suo esercizio risulta legittimo: la verità dei fatti esposti, la forma civile della esposizione, l'utilità sociale dell'informazione. La Corte rileva come tali requisiti assumano rilevanza non soltanto come fattori legittimanti l'iniziale diffusione della notizia, ma anche come elemento persistente nel tempo, volto a escludere l'antigiuridicità delle successive rievocazioni.

Il provvedimento ora analizzato ripercorre un excursus dei suoi precedenti, al fine di individuare il contenuto e l'estensione dell'ulteriore posizione giuridica oggetto di bilanciamento, ossia il diritto all'oblio. In particolare, i giudici svolgono un'analisi volta a definire l'operatività di tale diritto in tema di trasposizione on line degli archivi storici delle maggiori testate giornalistiche, di diffamazione a mezzo stampa, di trattamento dei dati personali. Particolarmente significativa, come già accennato, è l'ordinanza della Corte di Cassazione n. 6919/2018, che detta le linee da seguire nel delicato bilanciamento tra il diritto di cronaca e il diritto all'oblio, richiamando anche i principali precedenti della Corte di Giustizia (sentenza Google Spain) e della Corte EDU (sentenza 19/10/2017, Fuschsmann c/o Germania).

Il bilanciamento tra diritto di cronaca e diritto all'oblio incide, secondo la Corte, sul modo di intendere la democrazia nella nostra attuale società civile, che, da un lato fa del pluralismo delle informazioni e della loro conoscenza critica un suo pilastro fondamentale e, dall'altro, non può prescindere dalla tutela della personalità della singola persona umana nelle sue diverse espressioni.


Pare, ad avviso del Collegio, che solo partendo dal caso concreto, sia possibile definire: quando possa effettivamente configurarsi un interesse pubblico alla conoscenza di fatti (tali non essendo le insinuazioni di dubbi e le voci incontrollate); quando, nonostante il tempo trascorso dai fatti, detto interesse possa essere considerato attuale; in che termini, sulla sussistenza di detto interesse, possa incidere la gravità e la rilevanza penale del fatto, la completezza (o la incompletezza) della notizia del fatto, la finalità di trattamento del dato (se, ad es., per fini di ricerca scientifica o storica, per fini statistici, per fini di informazione o per altri motivi, ad es. di marketing), la notorietà (o la mancanza di notorietà) della persona interessata, la chiarezza della forma espositiva utilizzata (anche evitando l'accorpamento e l'accostamento di notizie false a notizie vere).

Una delle questioni più importanti riguardo il diritto all'oblio è determinare se esso prevalga o meno sul diritto di cronaca e quale sia il confine tra informazione e lesione della personalità. Il diritto di cronaca è riconosciuto dall'ordinamento italiano tra le libertà di manifestazione del pensiero e consiste nel diritto alla pubblicazione di ciò che è collegato a fatti e avvenimenti di interesse pubblico. L'esercizio di tale diritto non può avvenire in maniera assoluta e indiscriminata, occorre quindi rispettare i limiti che contemperino il diritto di cronaca con quello all'onore e alla dignità. Tali limiti identificabili nella verità, nella correttezza e nella continenza della notizia vanno a segnare il confine sottile tra l'esercizio di un diritto ed il reato di diffamazione. È quindi fondamentale che la notizia pubblicata sia vera e che sussista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti. Il diritto di cronaca, infatti, giustifica intromissioni nella sfera privata laddove la notizia riportata possa contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti. Il principio di continenza, infine, richiede la correttezza dell'esposizione dei fatti e che l'informazione venga mantenuta nei limiti dell'obiettività. Ci si domanda se il riattualizzare una notizia di cronaca dopo un certo periodo di tempo, vada oltre i limiti di cui sopra fino a costituire una lesione della personalità del diretto interessato, rendendo possibile l'esercizio del diritto all'oblio, o se invece il diritto all'informazione, riguardando la collettività, ampli i limiti stessi prevalendo sul diritto del singolo. Con sentenza n. 13161 del 24 giugno 2016, la Corte di Cassazione si è espressa relativamente ad una vicenda giudiziaria la cui analisi potrebbe dare una prima risposta al quesito.

Il Tribunale di Chieti condannò al risarcimento del danno per violazione del diritto all'oblio il direttore e l'editore di una testata giornalistica telematica per la permanenza indefinita di un articolo su una vicenda giudiziaria avente carattere penale la quale aveva coinvolto i ricorrenti per un fatto avvenuto tempo prima e che non si era ancora conclusa. I ricorrenti lamentavano naturalmente il pregiudizio alla propria reputazione personale con conseguente danno all'immagine di un locale da loro gestito. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale, sostenendo che, benché le modalità iniziali di pubblicazione e diffusione dell'articolo in rete fossero lecite, come le modalità di conservazione e di archiviazione dello stesso, l'illecito trattamento di dati personali è stato ravvisato nel mantenimento dell'accesso a quel servizio giornalistico pubblicato molto tempo prima e della sua diffusione sul Web, quanto meno a decorrere dal ricevimento della richiesta nel settembre 2010 per la rimozione della pubblicazione dalla rete. Tale Provvedimento è coerente con il fondamento normativo del diritto all'oblio contenuto nell'art. 17 del Regolamento Privacy, il quale stabilisce che il trattamento non sia legittimo qualora i dati siano conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo superiore a quello necessario agli scopi per i quali sono stati raccolti o trattati.

Le norme del predetto Regolamento riconoscono, altresì, il diritto per il soggetto interessato di avere conoscenza di chi detiene i propri dati personali, del modo in cui li adopera ma anche di opporsi al trattamento degli stessi chiedendone la cancellazione, la rettifica, l'integrazione, l'aggiornamento o il blocco. Il diritto all'oblio può quindi essere considerato come la naturale conseguenza del diritto di cronaca, il quale per essere esercitato necessita di un interesse della collettività ad essere informata; di conseguenza con il trascorrere del tempo lo stesso interesse pubblico va affievolendosi divenendo così ingiustificato e lesivo il facile raggiungimento della notizia attraverso la ricerca in rete.

Il diritto all'oblio può subire una compressione a favore del diritto di cronaca soltanto se ricorrono certi presupposti: il contributo della notizia a un dibattito di interesse pubblico, l'interesse effettivo e attuale alla diffusione della notizia, l'elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, le modalità impiegate per dare l'informazione, la preventiva informazione circa la pubblicazione della notizia. Con la precisazione che l'accertamento di tali presupposti deve avvenire, necessariamente, alla luce di una valutazione delle specificità del caso concreto, che costituisce l'imprescindibile punto di partenza del bilanciamento tra interessi contrapposti.

Una volta ricostruiti gli orientamenti della giurisprudenza nazionale ed europea, la III sezione dà conto anche dei mutamenti in atto nel quadro normativo di riferimento, partendo dal Regolamento UE n. 2016/679 sulla protezione dei dati personali, da cui è derivata una profonda modifica anche del Codice privacy (d.lgs. n. 196/2003), novellato dal d.lgs. n. 101/2018. In particolare, il Regolamento dedica al diritto all'oblio una apposita disposizione, l'art. 17, il quale al comma 1 individua i motivi in presenza dei quali è possibile chiedere la rimozione dei propri dati personali, tra cui: il fatto che i dati personali non siano più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati (lett. a); l'interessato si opponga al trattamento e non sussista alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento (lett. c); i dati personali siano stati trattati illecitamente (lett. d). Di fronte alla crescente complessità dei riferimenti normativi e delle stratificazioni giurisprudenziali, la necessità di un intervento chiarificatore da parte del supremo organo giudicante appare fondamentale. Per questi motivi, l'ordinanza chiede che vengano definiti «univoci criteri di riferimento, per consentire agli operatori del diritto (e ai consociati) di conoscere preventivamente i presupposti in presenza dei quali un soggetto ha diritto di chiedere che una notizia, a sé relativa, pur legittimamente diffusa in passato, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di divulgazione».

Osservazioni

L'elenco dei punti individuati nell'ordinanza n. 6919 del marzo 2018 che giustifica la compressione del diritto all'oblio a favore di quello di cronaca tenderebbe a ridurre i casi di prevalenza del diritto all'oblio sino a rendere inefficaci i casi previsti dall'art. 17 del Regolamento Privacy. La remissione alle Sezioni Unite della Corte di cassazione costituisce un passo rilevante per ottenere un indirizzo prevalente oltre a dei riferimenti univoci utili agli operatori del diritto e agli stessi consociati per conoscere in via preventiva quando una vicenda personale possa essere oggetto di ripubblicazione e quando se ne possa chiedere, viceversa, la rimozione.