Società tra professionisti: alcuni chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Fabio Gallio
17 Gennaio 2019

Con alcune risposte ad istanze di interpello presentate all'Agenzia delle Entrate, sono stati forniti chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle società tra professionisti (STP).
Premessa

Con alcune risposte ad istanze di interpello presentate all'Agenzia delle Entrate, sono stati forniti chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle società tra professionisti (di seguito anche STP).

In particolare, è stato chiesto quale sia il regime fiscale, sia in capo ai professionisti, sia in capo alla STP, dei compensi erogati ai soci che svolgono attività professionale per la società (cfr. la risposta n. 128 del 27 dicembre 2018).

Inoltre, è stata presentata un'istanza di interpello per stabilire quale sia il regime fiscale, sia ai fini delle imposte dirette, sia ai fini IVA, di un'operazione di conferimento di uno studio professionale in una STP (cfr. la risposta n. 125 del 21 dicembre 2018).

Infine, è stato chiarito il trattamento tributario di una trasformazione di un'associazione professionale in STP (cfr. la risposta 107 del 13 dicembre 2018).

Prima, però, di soffermarsi sugli aspetti tributari, è opportuno brevemente analizzare gli aspetti civilistici.

Cenni ai profili civilistici delle STP

Il comma 3 dell'art. 10 della Legge n. 183/2011 stabilisce che "è consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del Codice civile. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci non inferiore a tre".

La norma evidenzia che le società tra professionisti non costituiscono, quindi, un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche disciplinate dal Codice civile, con la conseguenza che le stesse sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto, salve unicamente le deroghe e le integrazioni espressamente previste dalla normativa speciale in relazione al loro particolare oggetto.

Tale norma annovera, tra i tipi sociali cui far ricorso, sia i modelli personalistici (società semplice, in nome collettivo, in accomandita semplice) che quelli capitalistici (società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata), sino a comprendere anche quello cooperativo, con la precisazione che, in tal caso, il numero minimo di soci non può essere inferiore a tre, coerentemente con quanto stabilito dall'art. 2521, comma 2, c.c., che ammette cooperative con meno di nove soci, purché i soci siano almeno tre e tutti persone fisiche.

Le società tra professionisti, nel modello del 2011, possono essere costituite da professionisti appartenenti allo stesso ordine professionale o anche da professionisti di diversa estrazione; ai sensi del comma 8 dell'art. 10, infatti, la società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali.

Peculiare, poi, trattandosi dello svolgimento di una attività professionale in forma societaria, è l'oggetto sociale: la lett. a) del comma 4 dell'art. 10, Legge n. 183/2011 impone il requisito dell'esclusività dello svolgimento dell'attività professionale da parte dei soci.

Ne consegue, quindi, l'impossibilità di inserire nell'oggetto sociale attività diverse dall'esercizio delle professioni protette, quali ad esempio le attività imprenditoriali o l'esercizio delle professioni non protette: l'eventuale inserimento delle predette attività nell'oggetto sociale violerebbe, infatti, il principio dell'esclusività, salvo che si tratti di attività meramente strumentali.

Al capitale partecipano soci professionisti, anche stranieri, purché iscritti all'albo e soci non professionisti. Questi ultimi possono essere chiamati per lo svolgimento di prestazioni tecniche, non deducibili nell'oggetto sociale, non essendo ammesso, come ricordato, un oggetto misto, ma esclusivo, oppure possono partecipare con finalità di puro investimento.

La legge prevede poi che il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti debba essere comunque tale da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.

Per un riassunto della normativa, si rinvia anche alla Circolare dell'INPS del 1° giugno 2018, n. 77.

Cenni ai principali profili fiscali delle STP

Il riferimento della normativa a società di persone, società di capitali e cooperative legittima l'inquadramento ai fini fiscali secondo le regole comuni. Dunque: i redditi prodotti da tali società, in virtù del combinato disposto degli artt. 6 e 81 del TUIR, sono considerati redditi d'impresa e determinati sulla base delle relative disposizioni, da qualsiasi fonte essi provengano.

Sul punto è intervenuta recentemente anche l'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 35/E del 7 maggio 2018 nella quale l'Agenzia precisa che sul piano civilistico le società tra professionisti sono costituite secondo i modelli regolati dai titoli V e VI del codice civile e pertanto non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche regolate dal codice e quindi come tali sono soggette integralmente alla disciplina legale. Conseguentemente, prosegue l'agenzia, in assenza di una precisa norma, l'esercizio della professione svolta in forma societaria costituisce attività d'impresa, in quanto risulta determinante il fatto di operare in una veste giuridica societaria piuttosto che lo svolgimento di un'attività professionale.

Se ne deriva quindi che per l'Agenzia delle Entrate il solo fatto che la STP assuma la veste formale di società comporta la qualificazione del relativo reddito in conformità con la presunzione di cui agli art. 6 e 81 del TUIR.

Ciò sarebbe conforme a quanto stabilito per le società tra ingegneri dalla Risoluzione dell'Agenzia Entrate del 4 maggio 2006, n. 56.

In altri termini, anche sul piano fiscale alle STP costituite sotto forma di società di persone, di capitali o cooperative, si applicano le previsioni di cui agli artt. 6, ultimo comma, e 81 del TUIR, per effetto delle quali il reddito complessivo delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'art. 73, comma 1, da qualsiasi fonte provenga è considerato reddito d'impresa.

Detta interpretazione risulta confermata anche dalla Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del dipartimento delle finanze che con nota n. 43619 del 19 dicembre 2017 ha evidenziato come sembra più opportuna la valorizzazione dell'elemento soggettivo dello schema societario, anziché l'elemento oggettivo della professione forense di fatto esercita.

Nessun dubbio dovrebbe sussistere relativamente all'assoggettabilità dei redditi prodotti dalle società ad IRAP, considerato che non vi sarebbe ragione di differenziare le forme societarie utilizzate da altri soggetti da quelle generalmente previste per i professionisti, essendo qualificabile il reddito delle prime quale reddito d'impresa.

Una volta individuate le forme societarie per l'esercizio della professione forense, ed evidenziato che ai fini tributari i proventi conseguiti da tali società debbano essere considerati redditi d'impresa, non farebbe sorgere particolari difficoltà l'individuazione dei redditi in capo ai singoli soci della società.

Se la società adotta il modello societario della società di capitali, il reddito prodotto, tassato in capo alla società quale reddito d'impresa, verrà assoggettato a tassazione in capo ai soci in caso di distribuzione degli utili ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. e), del TUIR.

Nel caso il modello societario scelto sia quello della società di persone, in applicazione dell'art. 5 del TUIR, i redditi della società saranno imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.

Essendo il reddito prodotto qualificato d'impresa, non dovrebbe essere applicata sui compensi la ritenuta ex art 25 d.P.R. n. 600/1973 (risposta dell'Agenzia delle Entrate ad interpello 954-64127/2014 del 9 maggio 2014).

Le recenti risposte agli interpelli

Come è stato accennato in premessa, l'Agenzia delle Entrate recentemente si è espressa in merito ad alcune problematiche di natura tributaria che interessano le STP.

In particolare, con la risposta n. 128 del 27 dicembre 2018, è stato chiarito che i compensi corrisposti da una STP ai soci, per le prestazioni d'opera da questi ultimi effettuate, sono da qualificarsi per i soci stessi, quali redditi di lavoro autonomo di cui all'art. 53 del TUIR, sui quali la STP è tenuta ad operare la ritenuta d'acconto di cui all'art. 25 d.P.R. n. 600/1973.

In relazione alla trattamento fiscale dei citati compensi nei riguardi della STP, è stata ritenuta possibile la deducibilità in capo a quest'ultima dei compensi corrisposti ai soci per le prestazioni d'opera.

Al riguardo, è stato precisato che, a seguito delle modifiche recate all'art. 83 TUIR ad opera dell'art. 13-bis del D.L. 30 dicembre 2017, n. 244, anche alle STP, in quanto soggetti IRES, trova applicazione la derivazione rafforzata, laddove le stesse non siano micro-imprese ai sensi dell'art. 2435-ter c.c.

Pertanto, i compensi in esame risulteranno deducibili ai sensi dell'art. 109, commi 1 e 2, del TUIR, sempreché la società integri i requisiti della micro-impresa. In caso contrario, l'art. 109, commi 1 e 2, del TUIR non troverà applicazione in base al combinato disposto degli artt. 2, comma 1, del D.M. 1 aprile 2008, n. 49 e dell'art. 2, comma 1, lettera a), n. 1), del DM 3 agosto 2017 e i compensi corrisposti ai soci rileveranno in bilancio in base alla corretta imputazione temporale.

Con la risposta n. 125 del 21 dicembre 2018, invece, è stato chiarito che, in caso di conferimento di uno studio professionale individuale in una STP, non è possibile applicare il regime di neutralità fiscale di cui all'art. 176 TUIR, ai sensi del quale “i conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze. (…)”.

Ciò in quanto, secondo l'Amministrazione Finanziaria, non è soddisfatto il presupposto soggettivo richiesto dalla citata disposizione, dal momento che il soggetto conferente non esercita (prima dell'operazione di conferimento) alcuna impresa commerciale ed inoltre il medesimo soggetto determina il proprio reddito imponibile secondo regole diverse da quelle previste per gli imprenditori commerciali.

Tali circostanze, quindi, secondo l'Agenzia delle Entrate, impedirebbero che il regime di neutralità fiscale di cui al citato art. 176 TUIR, possa trovare applicazione in riferimento all'operazione di conferimento in esame.

Di conseguenza, nel caso in cui il soggetto conferente è un lavoratore autonomo, l'operazione di conferimento de qua sarebbe disciplinata dal combinato disposto degli artt. 9 e 54 del TUIR.

Ai fini IVA, poiché lo studio professionale non può essere qualificato come azienda così come definita dall'art. 2555 c.c., l'operazione in esame non può essere considerata fuori campo ex art. 2, comma 3, lett. b), d.P.R. n. 633/72. Bisogna invece fare riferimento alll'art. 2, comma 1, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e pertanto, il conferimento costituisce una cessione di beni “e il relativo trattamento fiscale va verificato avendo riguardo all'oggetto del conferimento”.

Infine, con la risposta n. 107 del 13 dicembre 2018, l'Agenzia delle Entrate, occupandosi di un caso di una trasformazione di uno studio associato in STP, ha chiarito che tale operazione deve qualificarsi come realizzativa e, pertanto, si deve fare riferimento ai principi dettati dall'art. 171, comma 2, TUIR, che disciplina le operazioni di trasformazione che comportano l'ingresso, o la fuoriuscita, dei beni dal regime di impresa, determinando l'applicazione del combinato disposto degli artt. 9 e 54 del TUIR.

In altri termini, l'operazione non sarebbe fiscalmente neutrale ai sensi dell'art. 170 del TUIR, che disciplina le trasformazioni comportanti un mero mutamento della forma giuridica della società.

Al contrario, sarebbe applicabile l'art. 171 TUIR che, invece, disciplina le trasformazioni eterogenee che comportano il passaggio:

  • da società lucrative ad enti non commerciali (comma 1);
  • da enti non commerciali a soggetti IRES, per mezzo del rinvio all'art. 2500-octies c.c. (comma 2).

Tale conclusione si baserebbe sul fatto che l'elemento centrale che contraddistingue le trasformazioni soggette al richiamato art. 171 da quelle rientranti nell'art. 170 TUIR si rinviene nell'appartenenza o meno dei beni al regime del reddito d'impresa.

Nel caso di specie, la trasformazione prospettata, sul piano fiscale, sarebbe assimilata ad un conferimento di beni di cui all'art. 171, comma 2, citato.