Intercettazioni. Come è (ri)cambiata la disciplina dopo i decreti sicurezza e anticorruzione

Cesare Parodi
25 Gennaio 2019

Contestate, temute, discusse, desiderate. Punto di incontro – o meglio di scontro – nel dibattito tra necessità investigative, esigenze della difesa e tutela della riservatezza dei singoli. Oggetto di innumerevoli tentativi di riscrittura nonché di alcune riforme effettivamente realizzate (e sempre presentate come “risolutive”), i cui principi...
Abstract

Dopo la proroga dell'entrata in vigore del d.lgs. 216/2017 che ha profondamente riformato il “sistema” intercettazione, sia il c.d. decreto sicurezza che il c.d. decreto anticorruzione sono intervenuti sulla materia; il primo estendo la possibilità di intercettazione al nuovo delitto di invasione di terreni e edifici di cui all'art. 633, comma 3, c.p.p.; il secondo prevedendo l'utilizzo dei captatori informatici anche in caso di intercettazioni tra presenti nell'ambito di indagini per delitto contro la P.A.

Premesse

Contestate, temute, discusse, desiderate. Punto di incontro – o meglio di scontro – nel dibattito tra necessità investigative, esigenze della difesa e tutela della riservatezza dei singoli. Oggetto di innumerevoli tentativi di riscrittura nonché di alcune riforme effettivamente realizzate (e sempre presentate come “risolutive”), i cui principi – al contrario – sembrano inevitabilmente destinati a essere rimessi in discussione. Questo – e molto di più – sono le intercettazioni, alle quali, comunque, tutte le parti processuali (e non solo: la politica e i media fanno la loro parte) sono sempre pronte a dedicare una buona quota di attenzione.

La riforma introdotta dal d.lgs. 216/2017 (Disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 84, lettere a), b), c), d) ed e), della legge 23 giugno 2017, n. 103) ha subito un arresto nel momento in cui, il 24 luglio 2018, su proposta del Ministro della Giustizia il Consiglio dei Ministri aveva approvato – con il c.d. decreto milleproroghe, d.l.25 luglio 2018, n. 91 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative) – la proroga dell'entrata in vigore delle disposizioni in tema di intercettazioni di cui al citato decreto. Il termine originariamente fissato al 26 luglio 2018, era stato così posticipato a dopo il 31 marzo 2019. Nondimeno, con la legge di bilancio (l. 145 del 30 dicembre 2018, G.U. Serie Generale n. 302 del 31.12.2018 - Suppl. Ordinario n. 62), all'art 1, comma 1139, è stabilito che il termine “ slitta” a “dopo il 31 luglio 2019”.

Nondimeno, in attesa delle modifiche di carattere generale che potrebbero essere approvate entro quest'ultima data, il legislatore è intervenuto sul tema delle intercettazioni nell'ambito di due provvedimenti.

L'intervento in tema di occupazione abusiva

Il primo intervento è contenuto nel c.d. “decreto-sicurezza” (decreto legge 4 ottobre 2018 n. 113: Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) in relazione alla disciplina delle intercettazioni in tema di reato contro la P.A., convertito con la legge 1 dicembre 2018, n. 32 (G.U. 3 dicembre 2018).

La legge di conversione – art. 30- ha sostituito l'art. 633 c.p., nei seguenti termini

«Art. 633 (Invasione di terreni o edifici) –Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1032. Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e la multa da euro 206 a euro 2064 e si procede d'ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata. Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata».

È stato, pertanto, riscritto, il comma secondo e inserito un comma terzo. Il comma secondo assume un significato di non poco conto. L'art. 633 c.p. (Invasione di terreni o edifici) sanziona la condotta di «Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati , al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto»; la procedibilità è a querela e la pena della reclusione fino a due anni o della multa da centotre euro a milletrentadue euro. È stata prevista la pena congiunta e la procedibilità di ufficio «se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata». Il terzo comma delinea un'aggravante “generale”, per promotori e organizzatori delle occupazioni.

La previsione di una pena della reclusione sino a quattro anni, in termini procedurali, consente l'applicazione di misure cautelari, con esclusione della custodia in carcere, come previsto dall'art. 280 c.p.p. Per altro, l'art. 31-bis (Modifica all'articolo 284 del codicediprocedura penale) – prevede che «1-ter. La misura cautelare degli arresti domiciliari non può essere eseguita presso un immobile occupato abusivamente».

Sul piano della politica giudiziaria l'inasprimento di pena esprime evidentemente la preoccupazione del Legislatore per fenomeni diffusi e non facilmente controllabili di occupazione di immobili non tanto e non solo per esigenze abitative, quanto in un'ottica di contrasto/resistenza al sistema nel suo insieme. Fenomeno al quale, come pare evidente, il legisçatore intende dare una risposta in termini di maggiore efficacia.

Al riguardo, in effetti, l'art. 31 del citato decreto – modificato dalla legge di conversione – ha inserito una nuova ipotesi nell'art. 266, comma 1, c.p.p. , che prevede che «l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati […]». All'articolo 266, comma 1, lettera f-ter), del codice di procedura penale, le parole «516 e 517-quater del codice penale;» sono sostituite dalle seguenti: «516, 517-quater e 633, secondo comma, del codice penale».

Ferme restando, pertanto, le indicazioni generali di cui agli artt. 266 ss. c.p.p. in ordine ai presupposti e alle condizioni per procedere a intercettazione, il delitto di invasione di terreni e edifici aggravato ai sensi dell'art 633, comma 3, c.p. rientra tra quelli per i quali sarà possibili disporre le captazioni; captazioni “tradizionali” e captazioni ambientali, considerando, in quanto inserite nel primo comma dell'art. 266 c.p.p., sarà applicabile la previsione del comma secondo del medesimo articolo: «Negli stessi casi è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti che può essere eseguita anche mediante l'inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa».

Alla luce delle nuove indicazione e considerando che il reato in oggetto ha natura permanente, sarà possibile disporre intercettazioni ambientali anche a mezzo di captatori non solo nel caso di occupazione di edifici pubblici ma anche di private abitazioni o luoghi ai medesimi assimilabili, atteso che lo stesso perdurare dell'occupazione (ferma restando la necessaria ricorrenza dell'ipotesi di cui all'art 633, comma 3, c.p.p.) costituisce fondato motivo di ritenere che nell'edificio in oggetto si stia svolgendo l'attività criminosa.

Si segnala infine che il menzionato art. 31, al comma 2, prevede che «Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

L'intervento in tema di utilizzo del captatore in tema di reati contro la P.A.

Con la c.d. legge anticorruzione (l. 9 gennaio 2019, n. 3, Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici – GU n.13 del 16 gennaio 2019) l'intervento in tema di intercettazioni si articola sostanzialmente in due momenti.

Come è noto, la delega sul tema, prima della riforma, aveva previsto la «la semplificazione delle condizioni per l'impiego delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione». Un tentativo digarantire una maggiore efficacia “sostanziale” alla lotta alla corruzione, considerando, con sano realismo, lo strumento di ricerca dalla prova costituita dalle intercettazioni come assolutamente prioritario. Un dato esperienziale, tratto dalla realtà giudiziaria, che, nonostante tutto, trova ancora piena conferma.

L'attuazione della delega ha portato all'elaborazione dell'art. 6, comma 1, della l. 216/2018, in base al quale «Nei procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell'articolo 4 del codice di procedura penale, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203»

L'art. 6, comma 2, a sua volta, stabilisce: «L'intercettazione di comunicazioni tra presenti nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale non può essere eseguita mediante l'inserimento di un captatore informatico su dispositivo elettronico portatile quando non vi è motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa».

Il principio contenuto nel comma sopra riportato, in ordine ai limiti di utilizzo del captatore informatico nell'ambito della “semplificazione” prevista per le intercettazioni in materia di reati contro la P.A., consentiva l'uso del captatore informatico, anche per i delitti contro la pubblica amministrazione:

  • per le intercettazioni tra presenti nei luoghi diversi da quelli di cui all'art. 614 c.p.
  • per le intercettazioni nei luoghi di cui all'art. 614 c.p. nel caso in cui vi non sia motivo di ritenere che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa.

L'art. 2 (Modifica all'articolo 6 del decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, in materia di intercettazione di comunicazioni) ha abrogato il comma 2 dell'articolo 6 del decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216; ricordiamo che l'art. 6 era uno dei due articoli per il quale il d.lgs. 216/2017 aveva previsto un'immediata entrata in vigore. A prescindere dalla condivisibilità della scelta effettuata dal legislatore, l'abrogazione del comma secondo elimina una sorta di vizio logico e teleologico che caratterizzava le indicazioni del d.lgs. 216/2017.

Nel momento in cui si decide di “potenziare” l'utilizzo delle intercettazioni nel contrasto a una forma di criminalità percepita e indicata come particolarmente insidiosa per il sistema - ossia i delitti contro la P.A. – e si dà atto – con le indicazioni generali in tema di utilizzo del captatore- nella centralità “operativa” di tale strumento, non era parsa facilmente comprensibile la rinuncia all'utilizzo – proprio per l'accertamento di tali reati, all'uso dei captatori; in questo senso l'art. 13 d.l. 152/1991, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 203/1991, stabilisce «In deroga a quanto disposto dall'art. 267 c.p.p., l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'art. 266 dello stesso codice è data, con decreto motivato, quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione ad un delitto di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono in ordine ai quali sussistano sufficienti indizi. Quando si tratta di intercettazione di comunicazioni tra presenti disposta in un procedimento relativo a un delitto di criminalità organizzata e che avvenga nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia svolgendo l'attività criminosa».

Non si può negare che si sia trattato di una scelta coraggiosa e potenzialmente di grande efficacia sul piano dello stimolo alle investigazioni nel settore di specie e all'utilizzo dello strumento “intercettazioni”. Una scelta che risultava curiosamente “limitata” sul piano tecnico proprio con riguardo all'utilizzo del più efficace mezzo di captazione e che oggi, al contrario, può essere concretamente realizzata. In conseguenza dell'abrogazione, si può ritenere che l'intercettazione tra presenti in luogo di privata dimora per i reati in oggetto potrà avvenire utilizzando i captatori informatici.

Nella medesima prospettiva, l'art. 3 del citato decreto ha apportato - tra l'altro – modificato l'art. 266, comma 2-bis, c.p.p., al termine del quale sono state aggiunte le seguenti parole: «, e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4 ».

Questo, pertanto, il nuovo testo dell'articolo: “2-bis. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile è sempre consentita nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4».

Il captatore diviene così strumento operativo “comune”, a tutti gli effetti, alla ricerca della prova in settori certamente differenti – criminalità organizzata, terrorismo e delitti contro la p.a.- ma certamente ritenuti dal legislatore tali giustificare un'attenzione prioritaria.

Analogamente modificato risulta l'articolo 267, comma 1, terzo periodo, nel quale, dopo le parole: « all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater,» sono inserite le seguenti: «e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4». Si tratta, come è noto, della disposizione rubricata Presupposti e forme del provvedimento.

Conseguentemente, il nuovo testo dell'articolo del primo comma dell'art 267 c.p.p. risulta essere il seguente: «Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266. L'autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l'intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. Il decreto che autorizza l'intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile indica le ragioni che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini; nonché, se si procede per delitti diversi da quelli di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell'articolo 4, i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l'attivazione del microfono».

Anche in relazione alla captazioni in tema di delitti contro la p.a., pertanto, nel momento in cui il provvedimento di autorizzazione deve per forza di cose essere integrato con il dato cronologico e di localizzazione dell'attività, si deve ritenere che un corretto e puntale rispetto di tali precisazione non possa che avvenire tramite un sistema di attivazione “a uomo presente” e non in conseguenza del semplice inserimento del captatore sul device.

Si tratta di dare concreta attuazione – in particolare in relazione ai tempi e ai luoghi di attivazione della captazione- al progetto investigativo indicato dal P.M. e autorizzato dal Gip; progetto che implica l'individuazione anche in forma indiretta dei luoghi in cui si sposterà il dispositivo mobile controllato, e sempre che si proceda per delitti diversi da quelli di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater nonché , con la riforma, anche per i delitti contro la P.A. sopra precisati.

Per tutti tali reati, pertanto, non è ravvisabile alcun problema di specificazione degli ambienti controllati, ravvisabile, al contrario, tutte le volte in cui l'intercettazione debba essere autorizzata in ambito, in senso lato, domestico, a condizione che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa.

In modo molto opportuno, la relazione illustrativa al d.lgs. 216/2017 al riguardo così si esprimeva: «La formula – secondo la quale nel decreto autorizzativo i luoghi e il tempo, in cui il dispositivo può essere attivato da remoto, possono essere “anche indirettamente determinati” – si spiega […] nell'impossibilità di prevedere specificamente tutti gli spostamenti dell'apparecchio controllato; da qui la necessità logica di delimitare gli ambiti ai verosimili spostamenti del soggetto, in base alle emergenze investigative. A titolo esemplificativo, valga il riferimento a formule del tipo: “ovunque incontri il soggetto x”; “ogni volta che si rechi nel locale y” ecc. ecc.

La previsione dell'attivazione del microfono da remoto sta dunque a significare che, nel rispetto delle indicazioni contenute nel decreto autorizzativo, la captazione delle comunicazioni o conversazioni non può iniziare già dal momento dell'inserimento del captatore informatico. Questa è operazione preliminare necessaria, ma non sufficiente per procedere all'ascolto, dovendosi tener conto dei limiti di spazio e di tempo disegnati dal decreto autorizzativo».

Sull'utilizzo dei captatori in generale, è opportuno ricordare che il legislatore ha delineato le specifiche tecniche generali previste per tali apparati; la riforma di cui al d.lgs. 216/2017- come previsto dalla delega di cui alla l. 103/2017, ha previsto l'utilizzo in via esclusiva di programmi informatici conformi a requisiti tecnici stabiliti con decreto ministeriale, da emanarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi menzionati dalla delega; principio con il quale è (era) stata data attuazione con l'introduzione, nell'art. 89 disp. att. c.p.p., del comma 2-bis: «Ai fini dell'installazione e dell'intercettazione attraverso captatore informatico in dispositivi elettronici portatili possono essere impiegati soltanto programmi informatici conformi ai requisiti tecnici stabiliti con decreto del Ministro della giustizia». Al riguardo è intervenuto il D.M. 20 aprile 2018 – Disposizioni di attuazione per le intercettazioni mediante inserimento di captatore informatico e per l'accesso all'archivio informatico a norma dell'articolo 7, commi 1 e 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216 - il cui art. 4 precisa i Requisiti tecnici dei programmi informatici funzionali all'esecuzione delle intercettazioni mediante captatore.

In definitiva, non così semplice può risultare una lettura in chiave operativa- e in termini di sintesi- delle indicazione che, in vari passaggi- il legislatore ha fornito sul tema.

La l. 3/2019 è intervenuta, come abbiamo visto, in termini significativi sulla disciplina “generale” del captatore contenuta negli articoli 266, comma 2-bis, e 267, comma 1, terzo periodo c.p.p.; indicazioni introdotte con il d.lgs. 216/2018 la cui entrata in vigore, come abbiamo visto al punto 1, è stata rinviata per due volte, allo stato «dopo il 31 luglio 2019».

Nondimeno, sappiamo anche che la disposizione transitoria dell'art. 9 del d.lgs. 216/2017 non contemplava l'art. 6, che, pertanto, è da tempo in vigore. Non solo: con la l. 3/2019, è stato abrogato il comma secondo del citato art. 6 – che limitava le “potenzialità” contenute nel comma 1 – così che oggi la disciplina delle intercettazioni in tema di reati di p.a. è equiparata in tutto a quella in tema di criminalità organizzata e terrorismo. Ne consegue che, in attesa della piena operatività delle disposizioni generali sull'uso del captatore, l'esecuzione di tali forme di captazioni in tema criminalità organizzata, terrorismo e p.a. non potranno che essere valutate e eseguite in conformità alle indicazioni del testo originario degli artt. 266 e 267 c.p.p. sulla base delle indicazioni della S.C. (e in particolare delle Sezioni unite, 1 luglio 2016, n. 26889).

In conclusione
  • Il c.d. decreto sicurezza ha introdotto nel codice penale il nuovo delitto di cui all'art 633, comma 3, c.p.p. (Invasione di terreni ed edifici aggravata) stabilendo la possibilità di procedere a intercettazione per tale reato, inserendolo nell'elenco di cui all'art.266, comma 1, c.p.p.
  • Il c.d. decreto anticorruzione ha modificato la disciplina in tema di intercettazioni, prevedendo l'utilizzo dei captatori informatici anche in caso di intercettazioni tra presenti nell'ambito di indagini per delitto contro la P.A.; intercettazioni pertanto equiparate a quelle possibili in relazione alle indagini per i delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.
Guida all'approfondimento

I. COPPOLA, Riforma delle intercettazioni. Le nuove disposizioni per i delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A.;

L. FILIPPI, Attuazione delle delega sulle intercettazioni. Un'altra occasione mancata;

C. PARODI - N. QUAGLINO, Il captatore informatico “entra” nel sistema codicistico: un male necessario?;

M. TORRE, Intercettazioni tra presenti mediante captatore informatico. La S.C. sulla motivazione del provvedimento autorizzativo, commento a Cass. pen, Sez. VI, 8 marzo 2018 (dep. 9 ottobre 2018), n. 45486.