Applicabili i Regolamenti UE su rapporti patrimoniali tra coniugi ed effetti patrimoniali tra partner di unioni registrate
Giuseppina Pizzolante
29 Gennaio 2019
Applicabili dal 29 gennaio 2019 i due regolamenti riguardanti norme comuni in materia di giurisdizione, legge applicabile, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni nel settore dei regimi patrimoniali delle coppie internazionali. Un regolamento concerne i matrimoni (regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio del 24 giugno 2016), mentre l'altro riguarda le unioni registrate (regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del 24 giugno 2016). I regolamenti si applicano negli Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata e riguardano solo i procedimenti avviati, gli atti pubblici formalmente redatti o registrati e le transazioni giudiziarie approvate o concluse in tale data o successivamente.
Considerazioni preliminari. Definizione di un quadro giuridico strutturato e facilmente accessibile in grado di tutelare in egual modo le coppie internazionali.
Il 24 giugno 2016, il Consiglio dell'UE ha adottato due regolamenti recanti norme comuni in materia di giurisdizione, legge applicabile, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni nel settore dei regimi patrimoniali delle coppie internazionali. Un regolamento concerne i matrimoni [regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio del 24 giugno 2016 che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi], mentre l'altro riguarda le unioni registrate [regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate]. I regolamenti saranno direttamente applicabili solo nei Paesi dell'UE che vi aderiscono mentre i Paesi che non hanno adottato i regolamenti continueranno ad utilizzare le norme definite dai rispettivi sistemi di diritto internazionale privato. Le disposizioni dei regolamenti 2016/1103 e 2016/1104 presentano struttura e numerazione identica, con le differenze dovute al diverso status delle coppie, per cui, tranne per alcuni paragrafi, la trattazione avverrà congiuntamente. Inoltre la numerazione degli articoli, laddove non sia indicato il regolamento, si riferisce ad entrambi gli atti. Le cause dei problemi che incontrano le coppie legate da unione registrata, difatti, sono sostanzialmente le stesse di quelli delle coppie sposate. Tuttavia, l'istituto dell'“unione registrata” non esiste in tutti gli Stati membri, perciò non tutti gli Stati membri dispongono di norme sostanziali al riguardo.
I regolamenti in esame ricadono nel processo di armonizzazione dell'UE nel campo del diritto internazionale privato, completando gli strumenti già esistenti che disciplinano la giurisdizione e la legge applicabile in materia di divorzio [regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, regolamento Bruxelles II bis, e regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, regolamento Roma III] e successione [regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e all'accettazione e all'esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo].
Sebbene, dunque, il diritto dell'Unione europea già disciplinasse il riconoscimento e la legge applicabile anche in settori del diritto di famiglia, non esistevano norme del genere per i regimi patrimoniali tra coniugi e per i diritti di proprietà delle coppie non sposate, materia che soggiace quindi alle discipline nazionali e ad accordi internazionali tra Stati membri. Frattanto, la crisi economica degli ultimi anni, le opportunità e le migliori condizioni di lavoro hanno determinato lo spostamento massiccio di un numero di individui dal proprio paese di origine in un altro Stato membro nell'Unione, incrementando il numero di coppie formate da soggetti di diversa provenienza. L'apertura e la maggiore mobilità hanno contribuito a una crescita esponenziale del numero di matrimoni internazionali o di coppie che vivono in una situazione “transfrontaliera”. Si tratta di coniugi con cittadinanze diverse, coppie che vivono in uno Stato membro di cui non sono cittadini, che possiedono beni in Stati membri diversi e che talvolta divorziano o muoiono in un paese diverso da quello di origine. Per questi individui, in mancanza di regole comuni, è molto difficile capire qual è l'autorità giurisdizionale competente e la legge applicabile alla loro situazione personale e ai loro beni. Da questo punto di vista, i regolamenti raggiungono il loro obiettivo di aumentare la prevedibilità e la certezza del diritto in relazione alla giurisdizione e alla legge applicabile in materia di regimi patrimoniali, nonché di armonizzare le norme del diritto privato internazionale tra i paesi dell'UE.
Ambito di applicazione. Qualificazioni preliminari.
Come s'è detto, i regolamenti si occupano di chiarire le norme applicabili ai regimi patrimoniali per le coppie internazionali sposate e per le unioni registrate al fine di evitare procedure parallele ed eventualmente conflittuali nei diversi Stati membri dell'UE. Il termine regimi patrimoniali deve essere inteso in senso ampio, coprendo tutti i rapporti patrimoniali, quali la gestione e la liquidazione del regime patrimoniale, durante il matrimonio o l'unione e il loro scioglimento. In forza dell'art. 69, par. 1, i due regolamenti si applicheranno a decorrere dal 29 gennaio 2019 negli Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata e riguarderanno solo i procedimenti avviati, gli atti pubblici formalmente redatti o registrati e le transazioni giudiziarie approvate o concluse in quella data o successivamente. Se il procedimento è stato avviato anteriormente a tale data, secondo l'art. 69, par. 2, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni assunte successivamente sono regolati dalle relative disposizioni a condizione che la competenza sia stata attribuita conformemente a quanto stabilito nel capo II dei regolamenti.
Le disposizioni sulla legge applicabile sono applicabili ai coniugi che hanno contratto matrimonio o che hanno designato la legge applicabile al loro regime patrimoniale successivamente al 29 gennaio 2019, nonché ai partner che hanno registrato la loro unione o che hanno designato la legge applicabile agli effetti patrimoniali della loro unione registrata successivamente a tale data (art. 69, par. 3). Il 29 gennaio 2019, entreranno in vigore altresì i rispettivi regolamenti di esecuzione2018/1935 e 2018/1990.
I regolamenti adottati hanno, dunque, una “natura tripla”, poiché regolano la giurisdizione, la legge applicabile, il riconoscimento e l'esecuzione di sentenze straniere, mirando a facilitare la gestione delle proprietà familiari in situazioni transfrontaliere e rafforzando il diritto di proprietà che è contemplato nell'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Armonizzando le norme di conflitto si permette così l'applicazione della medesima legge allo stesso caso in tutta l'UE (eliminando il rischio del cosiddetto “forum shopping” e garantendo la scelta delle norme applicabili). Inoltre, l'armonizzazione delle norme sui conflitti di competenza riduce sensibilmente il rischio di procedimenti paralleli. Infine, le norme sul riconoscimento e sull'esecuzione facilitano la circolazione delle decisioni e degli atti. I regolamenti non importano alcun onere finanziario o amministrativo sui cittadini e non intervengono sulle modalità attraverso le quali la liquidazione dei regimi patrimoniali vengono tassati negli Stati membri.
Così come indicato nel considerando 17, il regolamento 2016/1103non riguarda la nozione di «matrimonio», che è definita dal diritto interno degli Stati membri, precisando che il termine «regime patrimoniale tra coniugi» deve essere interpretato autonomamente dovendo comprendere non soltanto le norme alle quali i coniugi non possono derogare, ma anche le norme facoltative eventualmente concordate dai coniugi in conformità alla legge applicabile, nonché le eventuali norme dispositive della legge applicabile. Esso include non soltanto il regime dei beni specificamente ed esclusivamente contemplato da determinate legislazioni nazionali in caso di matrimonio, ma anche tutti i rapporti patrimoniali, tra i coniugi e rispetto ai terzi, che derivano direttamente dal vincolo coniugale o dallo scioglimento di questo. Sono escluse le questioni inerenti a tali rapporti, quali la capacità giuridica dei coniugi, nonché quelle relative alla successione mortis causa e alle obbligazioni alimentari.
Il regolamento 2016/1104esclude dal proprio ambito di applicazione le coppie di fatto, distinguendo tra coppie la cui unione è istituzionalmente formalizzata mediante registrazione davanti a un'autorità pubblica e coppie che vivono in unione di fatto. La nozione di «unione registrata» intesa quale «il regime di comunione di vita tra due persone previsto dalla legge, la cui registrazione è obbligatoria a norma di legge e conforme alle formalità giuridiche prescritte da tale legge ai fini della sua creazione» viene prevista ai fini esclusivi dell'applicazione del regolamento e difatti il suo contenuto specifico deve continuare ad essere definito dal diritto interno degli Stati membri.
Il matrimonio e la partnership rimangono così questioni definite dalla legislazione nazionale degli Stati membri. Come avremo modo di chiarire nel prosieguo, le coppie possono eleggere la legge applicabile al loro regime patrimoniale, prima o durante il matrimonio o l'unione registrata. Questa può essere la legge dello stato in cui i coniugi, i futuri coniugi, i partner o i futuri partner abitualmente risiedevano all'epoca della conclusione dell'accordo o la legge dello stato in cui uno di essi è cittadino o la legge dello stato in cui è stata creata la partnership, a condizione che la scelta sia espressa per iscritto, datata, e firmata a mano o elettronicamente da entrambe le parti.
Uno dei profili più significativi dei regolamenti è il loro carattere universale, vale a dire che essi trovano applicazione anche se la legge applicabile risulti essere quella di uno Stato terzo. Lo scopo è di tutelare la mobilità delle coppie internazionali e consentire l'unità della legge applicabile, indipendentemente dal luogo in cui si trovino i beni, garantendo l'esplicarsi dei conflitti di leggi nei casi in cui siano coinvolti stati terzi. Pertanto, in materia di proprietà delle coppie, si crea un ponte tra Stati membri e paesi extra UE.
È utile chiarire, infine, che il quadro legislativo in cui si inseriscono gli atti è quello disegnato dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che sanciscono i diritti di libertà di circolazione e di soggiorno, di accesso alla giustizia e il rispetto dei diritti fondamentali, in particolare il diritto di proprietà, l'uguaglianza degli individui davanti alla legge, il principio di non discriminazione, il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, secondo le leggi nazionali, il diritto a un giudice imparziale.
La competenza giurisdizionale e l'opportunità di concentrare davanti ad un'unica autorità giurisdizionale i vari procedimenti
I regolamenti affermano il principio dell'unità della giurisdizione, atteso che procedure correlate sono gestite da uno stesso giudice. Difatti, l'autorità chiamata a decidere su questioni riguardanti successione, divorzio, separazione o annullamento del matrimonio, scioglimento dell'unione registrata, è competente a trattare le questioni relative ai rapporti patrimoniali dei coniugi o dei partner, a condizione che vi sia un accordo tra le parti. In particolare, secondo l'art. 4, il tribunale che ha giurisdizione sugli effetti patrimoniali dell'unione registrata è lo stesso di quello che ha giurisdizione ai sensi del regolamento 650/2012 in tema di successione del partner deceduto. In caso di scioglimento o annullamento dell'unione registrata, il giudice competente è quello relativo allo scioglimento o all'annullamento dell'unione, secondo l'art. 5 del regolamento 1104/2016. L'art. 5 del regolamento 1103/2016 dispone che l'autorità giurisdizionale che ha ricevuto una domanda di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, secondo il regolamento 2201/2003, è competente a pronunciarsi sulle questioni patrimoniali in connessione con la prima rivendicazione. Se ricorrono alcune condizioni elencate al paragrafo 2 dell'art. 5 del regolamento 1103/2016, la giurisdizione è estesa solo nella misura in cui vi sia l'accordo dei coniugi. L'art. 5 del regolamento 1104/2016 viceversa richiede sempre l'accordo dei partner.
Se nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro è competente ai sensi degli artt. 4 e 5 in casi diversi da quelli previsti da tali articoli, i regolamenti nell'art. 6 stabiliscono, in ordine successivo, i fori per determinare la giurisdizione, avendo riguardo al momento in cui l'autorità è stata adita. Si tratta:
della residenza abituale coniugi o dei partner;
dell'ultima residenza abituale dei coniugi o dei partner se uno di essi vi risiede ancora;
della residenza abituale del convenuto;
della cittadinanza comune.
Solo per le unioni civili, è prevista la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro ai sensi della cui legge l'unione registrata è stata costituita. In ogni caso, la giurisdizione residua va determinata secondo la legge nazionale.
Inoltre, negli “altri casi” contemplati all'art. 6 appena citati, le parti possono concordare di attribuire la competenza esclusiva a decidere sulle questioni inerenti al regime patrimoniale tra coniugi e agli effetti patrimoniali dell'unione registrata alle autorità giurisdizionali dello Stato membro la cui legge è applicabile ai sensi dell'art. 22, ovvero dello Stato di residenza abituale di una o entrambe le parti o di cui una delle parti abbia la cittadinanza, avuto riguardo al momento della conclusione dell'accordo. Le parti possono attribuire la competenza esclusiva altresì alle autorità giurisdizionali dello Stato membro la cui legge è applicabile ex art. 26, par. 1, lett. a) o lett. b), ovvero dello Stato della prima residenza abituale comune delle parti dopo la conclusione del matrimonio o dell'unione registrata o della cittadinanza comune delle parti al momento della conclusione del matrimonio o dell'unione, nonché, infine, alle autorità giurisdizionali dello Stato membro di conclusione del matrimonio o a quelle dello Stato membro ai sensi della cui legge l'unione registrata è stata costituita. L'art. 7 offre così l'opportunità di aumentare la certezza del diritto, la prevedibilità e l'autonomia.
La competenza alternativa e l'introduzione di un margine discrezionale a favore dell'autorità giurisdizionale
Un'innovazione significativa è l'introduzione di un margine giudiziario di apprezzamento nell'accettazione della giurisdizione. L'art. 9 dei regolamenti dispone che nel caso in cui il matrimonio o l'unione registrata non siano presenti nello Stato membro in questione, l'autorità giurisdizionale possa declinare la competenza. Gli Stati membri che non riconoscono le partnership registrate potrebbero non voler affrontare le conseguenze patrimoniali eventualmente conseguenti e, difatti, il regolamento non impone il riconoscimento di un'unione registrata conclusa in un altro Stato membro UE. In tal caso le parti possono attribuire la “competenza alternativa” alle autorità di un altro Stato membro. La competenza alternativa non trova applicazione laddove le parti abbiano ottenuto una decisione di scioglimento o annullamento di matrimonio o unione registrata che possa essere riconosciuta nello Stato membro del foro che dunque rimane competente. L'innovazione è estremamente importante anche nella prospettiva teorica. In effetti, la Corte di giustizia è apparsa ostile all'introduzione di un margine di apprezzamento nei confronti del giudice (in tal senso, Corte di giustizia UE, 1 marzo 2005, Owusu, causa C-281/02, in cui ha disposto, con riguardo alla Convenzione di Bruxelles del 1969, che il giudice di uno Stato contraente non possa declinare «la competenza conferitagli dall'articolo 2 della Convenzione medesima sulla base del rilievo che il giudice di uno Stato non contraente costituirebbe un foro maggiormente idoneo a decidere la controversia in questione»).
Più specificamente, l'autorità giurisdizionale può declinare la propria competenza qualora ritenga che la lex fori non preveda l'istituto dell'unione registrata o non riconosca il matrimonio in giuoco. Il rifiuto di attribuire qualsiasi rilevanza alla relazione personale – in caso di matrimonio e in caso di unione registrata – viola in astratto il diritto alla vita familiare. Inoltre, la dichiarazione di inesistenza di qualsiasi obbligo reciproco può compromettere i diritti di proprietà della coppia. L'art. 9 mira a bilanciare le aspettative delle parti e il dovere di applicare la legge. L'autorità giurisdizionale, dunque, può declinare la giurisdizione “senza indebito ritardo”, liberato dall'onere di suggerire posizioni o soluzioni in merito al caso.
Il rifiuto di esercitare la giurisdizione sulla base dell'impossibilità di decidere si presta ad inconvenienti lievi per le parti coinvolte perché non si formula appunto alcuna considerazione sul merito del caso, con particolare riguardo all'esistenza e agli effetti della relazione personale. In assenza di una decisione che abbia disposto sullo status, mettendo a repentaglio il relativo regime patrimoniale, coniugi e partner sono in grado di avviare un procedimento in un altro Stato membro. Sebbene occorra riavviare un nuovo procedimento sul merito, le parti coinvolte non saranno “perseguitate” all'interno dello spazio giudiziario europeo da una decisione pregiudizievole che dovesse affermare, anche se in via incidentale, che la relazione personale non esiste, o – in via definitiva – che non ci sono obblighi patrimoniali.
Dopo aver declinato la competenza, sono applicabili le regole ordinarie sulla scelta del giudice o sull'attribuzione della giurisdizione, poiché, al fine di garantire che coniugi e partner abbiano accesso alla giustizia, il regolamento prevede che essi possano rivolgersi a qualsiasi altro giudice che sarebbe altrimenti competente conformemente al regolamento. La possibilità di declinare la competenza per gli Stati membri che non riconoscono l'istituto dell'unione registrata è bilanciata dall'obbligo per tali Stati di riconoscere e applicare sul proprio territorio una decisione ottenuta dalla coppia in un altro Stato membro. Infine, laddove nessun tribunale di uno Stato membro sia competente, la giurisdizione sussidiaria si basa sulla presenza dei beni immobili nello Stato del foro (art. 10).
Le norme sul diritto applicabile e l'autonomia delle parti
Come si è già anticipato, la legge che regola i regimi patrimoniali dei coniugi o gli effetti patrimoniali delle unioni registrate si applica anche qualora non sia quella di uno Stato membro, sancendone la portata universale (art. 20). Per facilitare la gestione dei beni da parte dei coniugi e dei partner, i regolamenti migliorano il ruolo dell'autonomia nell'organizzazione del regime patrimoniale. Alcuni sistemi nazionali di diritto internazionale privato ammettono a prescindere una limitata libertà di scelta. Il regolamento 2016/1103, all'art. 22, par. 1, autorizza le parti a scegliere la legge applicabile al regime patrimoniale, indipendentemente dalla natura o dalla posizione della proprietà, tra le leggi con cui sono presenti stretti legami:
a) la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi o nubendi, o di uno di essi, al momento della conclusione dell'accordo;
b) la legge di uno Stato di cui uno dei coniugi o nubendi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell'accordo.
Il regolamento 2016/1104 aggiunge la possibilità di scegliere:
c) la legge dello Stato ai sensi della cui legge l'unione registrata è stata costituita.
Questa scelta può essere fatta in qualsiasi momento, prima della registrazione della partnership, al momento della registrazione o nel corso della partnership registrata. Sebbene gli effetti di una scelta sbagliata non siano regolamentati, l'art. 22 del regolamento 2016/1104 chiarisce che la legge applicabile deve attribuire effetti patrimoniali all'istituto dell'unione registrata.
La stessa regola non è prevista dal regolamento 2016/1103, sebbene possano sorgere problemi simili anche nei rapporti patrimoniali tra coniugi. La scelta sbagliata può essere corretta solo se lex fori e lex causae non coincidano in quanto l'autorità giurisdizionale potrebbe non applicare la lex causae, non riconoscendo il matrimonio che produce effetti contrari all'ordine pubblico e, ancora una volta, il non riconoscimento del rapporto personale e dei conseguenti effetti patrimoniali potrebbe violare il diritto alla vita privata e familiare e alla proprietà delle parti. L'art. 22, par. 3, dispone la non retroattività della scelta, stabilendo che tale legge sarà applicabile a decorrere dalla data dell'accordo. Qualsiasi modifica retroattiva della legge applicabile non pregiudica i diritti dei terzi derivanti da tale legge. Inoltre, secondo l'art. 23, l'accordo deve essere espresso per iscritto, datato e firmato dalle parti, coniugi o partner. Qualunque comunicazione elettronica che fornisca una registrazione durevole dell'accordo va considerata equivalente alla scrittura. Il requisito della validità formale rappresenta la più importante differenza tra i regolamenti in esame e il regolamento 593/2008, relativo alle obbligazioni contrattuali. A causa dei rigidi requisiti formali e in mancanza di qualsiasi regola esplicita, la scelta tacita o implicita di legge non pare ammissibile. La questione non è nuova alla luce dei requisiti formali previsti negli altri regolamenti in materia di diritto di famiglia, come ad esempio nel regolamento 1259/2010. Il consenso e la validità materiale debbono essere valutati secondo la legge applicabile se la scelta fosse valida, riproducendo la stessa regola prevista dall'art. 10 del Regolamento 593/2008.
L'accordo di scelta della legge applicabile svolge la sua rilevanza esclusivamente sul piano del conflitto di leggi ed ha natura giuridica di norma di conflitto e non di convenzione matrimoniale (G. Carella, Rapporti di Famiglia (dir. int. priv.), in Enciclopedia del diritto, Aggiornamento V, Milano, 2001, 912; nonché Id., Autonomia della volontà e scelta di legge nel diritto internazionale privato, Bari, 1999, 166-167). Tale accordo di scelta possiede la natura di atto giuridico unilaterale e non di convenzione negoziale.
La validità formale è richiesta, alle stesse condizioni, anche nei casi di convenzioni matrimoniali (art. 25). Queste sono definite come qualsiasi accordo tra coniugi o partner con cui disciplinare i regimi patrimoniali. I requisiti relativi alla validità formale sono gli stessi di quelli stabiliti per l'accordo sulla scelta della legge, ma se la legge applicabile al regime patrimoniale imponga requisiti formali supplementari, si applicano tali requisiti. La legge applicabile regola altresì la validità sostanziale di una convenzione (art. 27).
Sebbene le regole da ultimo illustrate non incoraggino l'autonomia delle parti, il vantaggio nel concludere una convenzione matrimoniale, rispetto ad un accordo sulla legge applicabile, è dovuto al contenuto, atteso che le parti possono decidere autonomamente la disciplina del loro rapporto patrimoniale e non solo il sistema giuridico applicabile. Lo strumento può rivelarsi estremamente utile qualora la legge applicabile favorisca l'autonomia privata, ad esempio stabilendo un insieme di regimi, tra cui la coppia può scegliere: la convenzione matrimoniale può riferirsi direttamente a uno di quelli. Tuttavia, la conclusione di una convenzione matrimoniale non può equivalere ad un'elusione dei limiti stabiliti per la scelta di legge, selezionando qualunque regime previsto da qualsiasi legge nazionale anche in mancanza di connessioni con la situazione o per una determinazione completamente libera da obblighi reciproci tra coniugi o partner. Le regole sulla validità sono molto simili proprio perché il regime patrimoniale deve trovare le sue basi in un sistema legale. Di conseguenza, le parti beneficiano del margine di autonomia ammesso dalla lex causae.
Queste disposizioni ci portano a sostenere che la scelta di un regime patrimoniale non è automatica, equivalendo altrimenti ad una scelta tacita di legge. Una prospettiva di questo tipo favorirebbe accordi abusivi. Tuttavia, in alcune circostanze l'accordo sul regime patrimoniale può costituire una scelta implicita di legge e il consenso delle parti dovrebbe essere rispettato. È il caso in cui l'accordo delle parti:
- sia valido formalmente e materialmente – questa condizione è facilmente soddisfatta a causa della convergenza delle norme sulla validità formale e materiale dell'accordo sulla scelta della legge e dell'accordo sul regime patrimoniale –;
- si riferisca univocamente ad un sistema legale;
- si tratti una legge prevista nell'art. 22 dei regolamenti.
Ciò che è assente è una clausola espressa sulla legge applicabile. Perciò, la mancata considerazione della volontà implicita ma chiara delle parti, che si sono sempre comportate secondo tale legge, comprometterebbe le loro legittime aspettative, i diritti e gli obblighi tra le parti e con terzi.
La legge applicabile in mancanza di scelta ai regimi patrimoniali tra coniugi
L'art. 26 del regolamento 2016/1103 prevede un elenco di criteri, in concorso successivo, adottando un metodo abbastanza classico nel campo della cooperazione giudiziaria civile dell'UE. In mancanza di scelta delle parti, la legge applicabile al regime patrimoniale tra coniugi è la legge dello Stato:
a) della prima residenza abituale comune dei coniugi dopo la conclusione del matrimonio;
b) della cittadinanza comune dei coniugi al momento della conclusione del matrimonio;
c) con cui i coniugi presentano assieme il collegamento più stretto al momento della conclusione del matrimonio, tenuto conto di tutte le circostanze.
Nonostante la chiara formulazione della disposizione, i criteri di collegamento potrebbero far sorgere alcune difficoltà interpretative. La soluzione promuove la vicinanza tra il caso e la legge applicabile, essendo strettamente connessa con la vita familiare. Tuttavia, mette a repentaglio la certezza e la prevedibilità del diritto applicabile. In effetti, se una controversia sorga prima che si sia delineata una stabilità familiare, la legge applicabile deve essere determinata in base agli altri fattori di collegamento, in mancanza di una (prima) residenza abituale comune; se la controversia sorga dopo, è applicabile la legge della residenza abituale. Questo risultato può creare incertezza per le terze parti.
L'art. 26, par. 2, disciplina le molteplici nazionalità comuni, statuendo che, in siffatti casi, il criterio di collegamento non è applicabile. Questa soluzione è conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenze, 7 luglio 1992, Micheletti, causa C-369/90; 2 ottobre 2003, García Avello, causa C-148/02; 16 luglio 2009, Hadadi, causa C-168/08), nella misura in cui, affermando l'irrilevanza delle nazionalità comuni, attua il principio in forza del quale nessuna cittadinanza prevale rispetto alle altre. Tuttavia, la norma non chiarisce se il fattore di connessione delle molteplici nazionalità comuni trovi applicazione qualora i coniugi con più cittadinanze, abbiano in comune una delle molteplici cittadinanze. In queste ipotesi potrebbe trovare applicazione il considerando 22 del regolamento 1259/2010 (Roma III), secondo il quale «laddove, ai fini dell'applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si riferisce alla cittadinanza quale fattore di collegamento, la problematica dei casi di cittadinanza plurima dovrebbe essere disciplinata dalla legislazione nazionale, nel pieno rispetto dei principi generali dell'Unione europea».
Al riguardo si sarebbe potuto adottare la soluzione accolta nel caso Hadadi, facendo operare le molteplici nazionalità comuni come fattori di connessione e permettendo ai coniugi di esercitare l'autonomia di scelta. Nel caso in cui non si fosse raggiunto il consenso sull'applicazione di una delle leggi comuni, non sarebbe stato applicabile il fattore di connessione della cittadinanza. Tale soluzione è impraticabile alla luce del richiamato art. 26, par. 2.
L'ultimo criterio è il collegamento più stretto al momento del matrimonio. Il giudice deve valutare ogni elemento fattuale e giuridico. A tale proposito, le molteplici cittadinanze comuni possono tornare in giuoco nella determinazione di questa stretta connessione. I coniugi potrebbero sentirsi particolarmente legati con lo Stato di una delle comuni nazionalità, superando l'impossibilità di poter scegliere tale criterio una volta sorta la controversia. Il criterio riecheggia quello presente, anche in reazione ai rapporti patrimoniali tra coniugi (art. 30), nella legge 218/1995 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, ovvero della prevalente localizzazione della vita matrimoniale.
Il regolamento, con alcune eccezioni, entrerà in vigore in Italia il 29 gennaio 2019, applicandosi ai matrimoni conclusi dopo il 29 gennaio 2019. I matrimoni conclusi prima di tale data saranno, dunque, ancora soggetti al diritto comune. Per quanto riguarda l'Italia, ciò significa che sarà applicabile l'art. 30, l. n. 218/1995, appena citato, secondo il quale «i rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge applicabile ai loro rapporti personali» e dunque dalla legge nazionale comune e dal luogo di prevalente localizzazione della vita matrimoniale. I coniugi possono tuttavia convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede.
Invero, la disposizione del regolamento 2016/1103, relativa alla legge applicabile in assenza di una scelta da parte dei coniugi, non collima con la disciplina italiana che, piuttosto che utilizzare il principio di “immutabilità”, adopera un criterio sociale basato sulla situazione più attuale dei coniugi ed espresso dalla prevalente localizzazione della vita matrimoniale. Supponendo che i coniugi siano ben integrati nel loro stato di abitazione, potrebbero trovare più vantaggioso applicare la legge dello Stato della loro attuale residenza abituale, come prescrive il criterio italiano della prevalente localizzazione della vita matrimoniale, piuttosto che la legge del primo stato di residenza abituale dopo la conclusione del matrimonio (come prescrive il regolamento).
Secondo il regolamento, due cittadini italiani che lavorano all'estero e si sposano e vi convivono per alcuni anni prima di rientrare in Italia saranno soggetti alla legge di quel paese in materia di regimi patrimoniali coniugali. Allo stesso tempo si potrebbe sostenere che l'applicazione della legge dello stato abituale “originale” o della legge nazionale comune consenta l'applicazione di una legge con la quale i coniugi possono sentirsi più in sintonia, specialmente nei casi in cui essi abbiano vissuto nel loro paese di abitazione attuale per un breve periodo di tempo. In tal senso, il regolamento risulta "mitigato" dal margine di apprezzamento offerto al giudice in punto di legge applicabile di cui si dirà meglio nel paragrafo successivo.
La legge applicabile in mancanza di scelta agli effetti patrimoniali delle unioni registrate
L'art. 26 del regolamento 2016/1104 stabilisce che in mancanza di un accordo di scelta delle parti, in forza dell'art. 22, la legge applicabile agli effetti patrimoniali delle unioni registrate sia quella dello Stato ai sensi della cui legge l'unione registrata è stata costituita. La norma presuppone che la lex loci actus ammetta la creazione di una partnership secondo una legge diversa. La regola garantisce la stabilità, dal momento che la legge applicabile non cambia durante la relazione. Nessuna rilevanza è attribuita alle leggi della residenza abituale comune e della nazionalità comune. Le ragioni della differenza rispetto ai regimi patrimoniali matrimoniali non è chiara. Il considerando n. 48 del regolamento 2016/1104, valorizza, in mancanza di scelta della legge applicabile, la prevedibilità e l'esigenza di certezza del diritto con le circostanze della vita reale di una coppia, stabilendo che la legge in base alla quale si è proceduto alla registrazione obbligatoria per costituire l'unione, si applichi agli effetti patrimoniali dell'unione registrata. Tuttavia, il regolamento 2016/1103 promuove gli stessi valori, pur garantendo un'offerta completa di soluzioni diverse.
I nuovi regolamenti offrono un'innovazione significativa costituita dal margine di apprezzamento lasciato al giudice nel determinare la legge applicabile. L'autorità adita con domande su questioni relative al regime patrimoniale tra coniugi o agli effetti patrimoniali di un'unione registrata può decidere che la legge di uno Stato, diverso da quello la cui legge è stata designata in base ai criteri sino ad ora illustrati, sia applicabile ai rapporti patrimoniali. Il giudice può superare l'applicazione della legge della prima residenza abituale comune dei coniugi o la legge in base alla quale la partnership è stata costituita, ma deve esserci una residenza abituale comune dopo la celebrazione del matrimonio o dopo la costituzione dell'unione per aggirare la sua applicazione. In secondo luogo, i coniugi devono avere avuto l'ultima residenza abituale comune in tale altro Stato per un periodo significativamente più lungo di quello di residenza abituale comune nello Stato della prima residenza abituale comune. Questa condizione diviene semplicemente un requisito di residenza di lunga durata nel campo del regime patrimoniale delle unioni. La divergenza dipende dalla circostanza che la prima residenza abituale comune non è un criterio di collegamento nei regimi patrimoniali delle partnership. In terzo luogo, i coniugi o i partner devono avere invocato l'applicazione di questa legge. Se questi requisiti sono soddisfatti, in via eccezionale e su richiesta di una delle parti, il giudice può decidere di applicare la legge dello Stato dell'ultima residenza abituale comune dei coniugi o dei partner. L'applicazione è retroattiva, a meno che le parti non siano d'accordo. In quest'ultimo caso, la legge si applica dall'istituzione dell'ultima residenza abituale comune. La norma cerca di promuovere le legittime aspettative delle parti secondo un criterio di prossimità. Infatti, la coppia potrebbe aver perso qualsiasi contatto sostanziale con la legge dello Stato determinata secondo l'art. 26, paragrafo 1. In effetti, nelle controversie sui regimi matrimoniali, la norma mira a una legge applicabile più strettamente connessa dal punto di vista sostanziale, sebbene non sia necessario che l'ultima residenza abituale comune sia anche quella corrente. Pertanto, la sua applicazione equivarrebbe a un nonsense quando la legge deve essere determinata ai sensi dell'art. 26, par. 1, l. b) e c) del regolamento. Se essa fosse applicata, la coincidenza tra forum e ius verrebbe raggiunta nella misura in cui l'ultima residenza abituale comune corrispondesse a quella corrente.
Il principio del mutuo riconoscimento in tema di libera circolazione delle decisioni, degli atti pubblici e delle trascrizioni giudiziarie
Nel campo della cooperazione giudiziaria in materia civile, l'obiettivo di tali disposizioni è garantire l'effettiva circolazione delle decisioni, nel contesto dei regimi patrimoniali. Questa libera circolazione assume la forma di una procedura uniforme per il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni, degli atti pubblici e dei rapporti giuridici originari di un altro Stato membro. La procedura sostituisce le procedure nazionali in vigore nei diversi Stati membri. Anche i motivi del mancato riconoscimento o del rifiuto di dare esecuzione sono armonizzati a livello dell'Unione o ridotti al minimo assoluto. Tali motivi, in forza dell'art. 37, riguardano la contrarietà all'ordine pubblico dello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento, il rispetto dei diritti di difesa, l'incompatibilità con una decisione emessa in un procedimento tra le stesse parti nello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento o con una decisione emessa precedentemente tra le stesse parti in un altro Stato membro o in un paese terzo, in un procedimento avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, qualora tale decisione sia riconoscibile nello Stato membro in cui è richiesto il riconoscimento.
Le norme sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni sono in linea con quelle contenute nel regolamento n. 650/2012, in materia di successioni e testamenti. Si riferiscono quindi alla procedura di exequatur stabilita in tale regolamento. Ciò significa che qualsiasi decisione di uno Stato membro è riconosciuta in altri Stati membri senza alcuna procedura speciale e che, per far eseguire una decisione in un altro Stato membro, i richiedenti debbono seguire una procedura uniforme nello Stato membro di esecuzione al fine di ottenere una dichiarazione di esecutività. La procedura è unilaterale ed è inizialmente limitata alla verifica dei documenti. Al momento, in attesa della piena operatività dei regolamenti, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni sono disciplinati dalle leggi nazionali degli Stati membri o dagli accordi bilaterali tra alcuni Stati membri. Per le procedure da seguire, i documenti necessari per ottenere una dichiarazione di esecutività e i motivi per i quali le decisioni straniere possono essere respinte, variano a seconda degli Stati membri interessati.
Secondo l'art. 40, in nessuna circostanza una decisione emessa in uno Stato membro può essere riesaminata nel merito, così come è escluso il riesame della competenza dello Stato d'origine (art. 39). In ogni caso, il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione sul regime patrimoniale tra coniugi ai sensi di questi regolamenti non può implicare in alcun modo il riconoscimento del matrimonio sottostante che ha dato origine alla decisione.
Le questioni poste in materia di rapporti patrimoniali da same sex marriage e same sex registered partnership
L'esame sin qui condotto pone il caso in cui l'autorità giurisdizionale, appartenente ad uno Stato che non consente i matrimoni o le unioni omosessuali, sia tenuta a pronunciarsi sul regime patrimoniale fondato su una relazione omosessuale. Il riconoscimento in astratto non sarebbe possibile a causa delle questioni classiche sollevate dall'istituto sconosciuto all'ordinamento.
Tuttavia, il matrimonio straniero potrebbe essere “declassato” in un'unione registrata conclusa tra persone dello stesso sesso e prevista dalla lex fori, poiché molti Stati membri, tra cui Italia, prevedono unioni di questo tipo, ammettendosi il “declassamento” in situazioni puramente interne. La stessa Corte europea, nella sentenza Hämäläinen c. Finlandia, del 16 luglio 2014, ha negato che la conversione forzata del matrimonio in una partnership civile, a seguito del mutamento di identità di genere di uno dei due coniugi e a fronte di un regime di diritti sostanzialmente comparabile, possa determinare una violazione della Convenzione. L'eventuale rifiuto di riconoscere un matrimonio omosessuale è un rischio persistente perché, come s'è detto, non è possibile imporre il dovere di accettare uno status familiare straniero attraverso regolamenti sui regimi patrimoniali.
La norma sulla competenza alternativa conferma questa conclusione, poiché considera l'ipotesi di non riconoscimento del matrimonio in questione da parte del giudice dello Stato investito della controversia in tema di regime patrimoniale. Di conseguenza, i regolamenti non possono garantire la libera circolazione degli status familiari, così come confermato dai considerando 64 del regolamento 2016/1103 e 63 del regolamento 2016/1104 che affermano chiaramente che il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione in materia di regime patrimoniale tra coniugi e di una decisione sugli effetti patrimoniali di un'unione registrata non implicano il riconoscimento degli istituti stessi. Pertanto, l'autorità giurisdizionale può rifiutarsi di esaminare il caso, se la lex fori e il diritto internazionale privato nazionale non prevedano l'istituto dell'unione registrata o non ammettano il riconoscimento del matrimonio. La base di partenza dei due nuovi regolamenti è che non tutti gli istituti familiari sono ammessi in tutti gli Stati membri. Il margine di discrezionalità lasciato agli Stati in materia di diritto di famiglia conseguentemente pone la questione se l'armonizzazione attraverso il diritto internazionale privato nei regimi patrimoniali porti ad un ravvicinamento delle leggi che dovrebbe essere il principale scopo della normativa UE.
Tuttavia, come si è appena riferito, questo riconoscimento non impone agli Stati l'obbligo di consentire il matrimonio tra persone dello stesso sesso all'interno del proprio ordinamento, trattandosi di dover includere nel campo di applicazione materiale dei regolamenti, ove previsti, i matrimoni omosessuali.
La Corte EDU ha ripetutamente affermato che le relazioni affettive omosessuali sono incluse nella nozione di vita familiare, ai sensi dell'art. 8 CEDU (Corte EDU, 7 novembre 2013, Vallianatos e a. c. Grecia, paragrafo 73, nonché Corte EDU, 14 dicembre 2017, Orlandi e a. c. Italia, paragrafo 143). E la stessa Corte di giustizia, richiamando l'art. 52, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali, ha riconosciuto espressamente che la Carta tutela, quale famiglia, le coppie dello stesso genere (Corte di giustizia UE, Coman, 5 giugno 2018, C-673/16, sulla quale v. G. Pizzolante, Il matrimonio same-sex quale presupposto giuridico per l'applicazione di norme materiali europee, in IlFamiliarista), statuendo che «l'obbligo per uno Stato membro di riconoscere un matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto in un altro Stato membro conformemente alla normativa di quest'ultimo, ai soli fini della concessione di un diritto di soggiorno derivato a un cittadino di uno Stato terzo, non pregiudica l'istituto del matrimonio in tale primo Stato membro, il quale è definito dal diritto nazionale e rientra, come ricordato al punto 37 della presente sentenza, nella competenza degli Stati membri. Esso non comporta l'obbligo, per detto Stato membro, di prevedere, nella normativa nazionale, l'istituto del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Tale obbligo è circoscritto al riconoscimento di siffatti matrimoni, contratti in un altro Stato membro in conformità della normativa di quest'ultimo, e ciò unicamente ai fini dell'esercizio dei diritti conferiti a tali persone dal diritto dell'Unione».
È utile precisare che la questione descritta non può essere confusa con il problema del limite dell'ordine pubblico internazionale. Infatti, non si tratta di dare efficacia nell'ordinamento UE, in generale ed a tutti gli effetti, al matrimonio tra due persone dello stesso sesso essendo in giuoco esclusivamente la questione di rendere possibile la realizzazione, nell'ambito di tale ordinamento, delle conseguenze della situazione giuridica costituitasi per il diritto di uno Stato UE.
La soluzione è, quindi, riscontrabile accantonando il problema del riconoscimento classico. Il matrimonio omosessuale può essere considerato incidentalmente come una situazione che causa le conseguenze legali di un regime patrimoniale. Lo Stato non deve “accettare” il matrimonio straniero quale status acquisito all'estero, ma può considerarlo come un fatto puro, avvenuto all'estero, al quale sono associate conseguenze patrimoniali. D'altro canto, non si può pensare di ingessare un provvedimento straniero ai fini del riconoscimento in un altro ordinamento, ricordando che l'eventuale rifiuto di “considerare” il matrimonio omosessuale straniero, per ragioni di sesso o orientamento sessuale, potrebbe costituire una violazione del principio di non discriminazione garantito, oltre che dalla CEDU, dall'art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Guida all'approfondimento
P. PICONE, Norme di conflitto speciali per la valutazione dei presupposti di norme materiali, Napoli, 1969.
P. PICONE, Saggio sulla struttura formale del problema delle questioni preliminari nel diritto internazionale privato, Napoli, 1971.
P. PICONE, Les méthode de la référence à l'ordre juridique compétent en droit international privé, in Recueil des Cours de l'Académie de droit international de la Haye, 1986, II, p. 229 ss.
L. GAROFALO, I rapporti patrimoniali tra coniugi nel diritto internazionale privato, II ed., Torino, 1997.
G. CARELLA, Rapporti di famiglia (diritto internazionale privato), in Enc. Dir., V agg., Giuffrè, 2001, p. 895 ss.
P. PICONE (a cura di), Diritto internazionale privato e diritto comunitario, Padova, 2004.
G. CARELLA, Sistema delle norme di conflitto e tutela internazionale dei diritti umani: una rivoluzione copernicana?, in Diritti umani e diritto internazionale, 2014, p. 523 ss.
G. CARELLA, Fondamenti di diritto internazionale privato. Tra sovranità, cooperazione e diritti umani, Torino, 2018.
S. MARINO, I rapporti patrimoniali della famiglia nella cooperazione giudiziaria civile dell'Unione Europea, Milano 2019.
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Sommario
La competenza giurisdizionale e l'opportunità di concentrare davanti ad un'unica autorità giurisdizionale i vari procedimenti
La competenza alternativa e l'introduzione di un margine discrezionale a favore dell'autorità giurisdizionale
Le norme sul diritto applicabile e l'autonomia delle parti
Il principio del mutuo riconoscimento in tema di libera circolazione delle decisioni, degli atti pubblici e delle trascrizioni giudiziarie