Vendita di beni strumentali con riserva di proprietà: profili civilistici e tributari

Alberto Molgora
29 Gennaio 2019

Come si disciplina, ai fini civilistici, la vendita di un cespite con riserva di proprietà? Quali sono i principali effetti di una simile operazione ai fini dell'imposizione diretta?

Come si disciplina, ai fini civilistici, la vendita di un cespite con riserva di proprietà? Quali sono i principali effetti di una simile operazione ai fini dell'imposizione diretta?

Normativa di riferimento: l'art. 1523 c.c. dispone che “nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell'ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”.

Ai fini fiscali, l'art. 109, comma 2, lett. a), del T.U.I.R., dopo avere enunciato il principio di carattere generale secondo cui “ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza, i corrispettivi si considerano conseguiti e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute alla data di consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell'atto per gli immobili e per le aziende ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale”, dispone che “non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà”.

Considerazioni di ordine civilistico/contabile: l'art. 2423-bis, comma 1, n. 1-bis, c.c. impone al redattore del bilancio il postulato secondo cui: “la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto”.

In forza di un simile principio, il Documento OIC n. 15, precisa, dapprima, che la rilevazione contabile di un credito presuppone “il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà, assumendo quale parametro di riferimento, per il passaggio sostanziale, il trasferimento dei rischi e benefici”; successivamente, il medesimo Documento OIC, prevede espressamente, proprio in relazione alla vendita con riserva di proprietà, che “la rilevazione del ricavo e del relativo credito avvengono alla consegna, indipendentemente dal passaggio di proprietà”, atteso che “il compratore acquista la proprietà della cosa con il pagamento dell'ultima rata di prezzo ma assume i rischi dal momento della consegna”.

In forza dei principi sopra richiamati – intesi a dare enfasi al profilo sostanziale dell'operazione – la vendita con riserva di proprietà, ai fini civilistici, è disciplinata, di fatto, secondo le medesime modalità proprie di una qualsiasi vendita ordinaria ad effetto traslativo “immediato”, senza che sia dunque necessario dovere attendere, per le rilevazioni contabili del caso, il trasferimento “formale” della proprietà ex art. 1523 c.c.

Più precisamente, il soggetto cedente con riserva di proprietà provvede all'eliminazione del bene dal proprio attivo patrimoniale al momento della consegna o spedizione (se trattasi di bene mobile), ovvero al momento della stipula dell'atto (se trattasi di azienda o bene immobile); quale contropartita contabile sarà rilevata la posizione creditoria in essere nei confronti della controparte, in uno con l'eventuale plusvalenza o minusvalenza realizzata

In via del tutto speculare, il soggetto acquirente con riserva di proprietà è tenuto da subito all'iscrizione del bene nel proprio attivo di bilancio, senza dovere attendere il pagamento dell'ultima rata di prezzo richiamato dall'art. 1523 c.c.

Le previsioni civilistiche sopra esposte risultano del tutto in linea con quelle fiscali; rilevanti al riguardo, tanto le disposizioni generali di cui all'art. 83 del TUIR – intese a richiamare la valenza ai fini fiscali dei “criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili” – quanto quelle espressamente previste per la vendita con riserva di proprietà dall'art. 109, comma 2, lett. a) del TUIR, così come già richiamate in premessa.

La stessa Amministrazione Finanziaria, con la Risoluzione n. 338 del 1° agosto 2008 ha affermato che “in presenza di un contratto di vendita con riserva della proprietà […] il verificarsi dell'effetto traslativo, differito a mero scopo di garanzia, è voluto da entrambi i contraenti già al momento della conclusione del negozio: è a tale ultima data, quindi che occorre fare riferimento per individuare il momento in cui ai fini della redazione del bilancio e ai fini fiscali rileva il trasferimento del bene”.

Di conseguenza il soggetto cedente provvede alla tassazione/deduzione della plusvalenza/minusvalenza riveniente dalla vendita con riserva di proprietà secondo gli ordinari criteri di competenza temporale di cui al sopra citato art. 109, comma 2, del T.U.I.R. (i.e. al momento della consegna o spedizione se trattasi di bene mobile ovvero al momento della stipula dell'atto se trattasi di immobile o azienda), a nulla rilevando, a tali fini, l'esistenza della clausola di riserva di proprietà.

Nel medesimo momento, come ulteriormente confermato dalla Risoluzione n. 11 del 9 gennaio 2009, l'acquirente è titolato all'iscrizione del cespite nel proprio attivo patrimoniale, potendo ordinariamente avviare, anche ai fini fiscali, il processo di ammortamento del bene, nella misura in cui il medesimo sia effettivamente entrato in funzione (art. 102, comma 1, T.U.I.R.).

Il cespite compravenduto con riserva di proprietà, giacché da considerarsi come fiscalmente acquisito da subito in capo al soggetto acquirente, concorrerà altresì alla determinazione del valore dei ricavi presunti ai fini dell'applicazione delle normativa in tema di società di comodo.

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