Codice della strada e prescrizione delle sanzioni accessorie
12 Marzo 2019
Massima
Il termine di prescrizione quinquennale di cui agli artt. 209 cod. strada e 28 l. 689/1981 opera solo con riguardo al provvedimento di sospensione della patente emesso dal Prefetto, ove consegua a illecito non integrante un reato, e ciò anche in caso di contestazione differita, e quindi di mancato ritiro immediato del documento di guida da parte degli organi accertatori, nonché in caso di acquiescenza alla sanzione pecuniaria principale che già conteneva i presupposti per l'applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente. Ove, invece, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente sia disposta dal giudice penale, vale il medesimo termine prescrizionale previsto per il reato cui essa accede. Il caso
Il Gip del tribunale di Venezia, accoglieva la richiesta di applicazione della pena nei confronti dell'imputato per il reato di cui all'art. 589, comma 2,c.p. - vigente ratione temporis - perché per colpa generica e violazione dell'art. 191 cod. strada, senza arrestarsi e senza concedere la precedenza a un pedone che attraversava la strada sulle apposte strisce pedonali, lo investiva cagionando gravi lesioni dalle quali derivava la morte. Il giudice disponeva altresì la sospensione della patente per 6 mesi. Avverso la sentenza, limitatamente all'applicazione della sanzione amministrativa accessoria, propone ricorso per cassazione l'imputato, lamentando violazione di legge in relazione alla disciplina degli artt. 222 e 209 cod. strada, in combinato disposto con l'art. 28 l. 689/1981, poiché tale sanzione amministrativa accessoria sarebbe prescritta. La questione
Il tema attiene all'individuazione del termine di prescrizione relativo all'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie. Preliminarmente, si osserva che la natura amministrativa della sanzione accessoria in conseguenza di ipotesi di reato, deriva dal fatto che l'autorità chiamata a darvi concreta attuazione è il prefetto, al quale è comunicato il provvedimento del giudice e che, con propria ordinanza, detrae il periodo di sospensione eventualmente presofferto in via provvisoria. Come da giurisprudenza ormai consolidata, in sede di patteggiamento, l'applicazione della sanzione accessoria da parte del giudice – che non costituisce una pena accessoria, nè una misura di sicurezza, nè, propriamente, un effetto penale della sentenza di condanna – è obbligatoria, indipendentemente dal fatto che di detta sanzione sia stata fatta menzione nell'accordo delle parti. Infatti, la locuzione accertamento del reato con cui la rubrica dell'art. 222 cod. strada subordina l'applicazione della sanzione accessoria, serve solo a sottolineare il suo carattere di automaticità quale conseguenza della violazione correlata a un reato – e non a richiamare l'attenzione dell'interprete sulla necessità che applicazione e determinazione della misura della sanzione presuppongano (logicamente o normativamente) la declaratoria di responsabilità penale, attraverso una sentenza di condanna in senso proprio, del tutto estranea alla sfera sanzionatoria amministrativa. La normativa, in conclusione, rinvia l'effetto automatico dell'applicazione della sanzione accessoria a un esito del procedimento penale, che presuppone un fatto (costituente reato) al quale accede (di diritto) la sanzione amministrativa. La sentenza di patteggiamento, ha in sé tale tipo di accertamento, posto che il giudice deve verificare la corrispondenza tra il fatto e la fattispecie legale, nonché accertare che non ricorrano le condizioni per un proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p., rifiutandosi di ratificare l'accordo in caso di esito negativo delle sue valutazioni. L'art. 209 cod. strada stabilisce che il diritto della P.A. a riscuotere le somme dovute a titolo di sanzioni amministrative pecuniarie è, soggetto a prescrizione –causa generale di estinzione del diritto, derivante dal suo mancato esercizio da parte del titolare, per il tempo determinato dalla legge (art. 2934 c.c.). Nello specifico, ai fini dell'individuazione del termine, si deve far riferimento all'art. 28 l. 689/1981, concernente il sistema sanzionatorio amministrativo, che costituisce il corpo principale della normativa extracodicem in materia. Tale norma prevede che l'interesse pubblico all'afflizione si evapora - nel senso che comporta l'estinzione del diritto alla riscossione – con il decorso di 5 anni dal giorno della commessa violazione. Per il computo del termine non si conta il giorno iniziale e la prescrizione si verifica allo scadere dell'ultimo attimo del giorno finale, dies a quo non computatur in termine, dies ad quem computatur (art. 2963 c.c.). Il decorso del termine di prescrizione si interrompe - per cui ricomincia, dal giorno successivo alla comunicazione, per intero un nuovo periodo di prescrizione (5 anni) - ogni qualvolta la P.A. compia un atto di esercizio del suo diritto. In caso di contestazione immediata della violazione, la prescrizione comincia a decorrere dal giorno successivo e si compie, senza atti interruttivi, al quinto anno. A scopo esemplificativo, una violazione commessa e contestata il 30 aprile 2015, si prescrive alle ore 24 dell'1 maggio 2020. In assenza di contestazione, la prescrizione comincia ugualmente a decorrere dal giorno successivo a quello della commissione ma la notifica del verbale interrompe la prescrizione. Se il trasgressore propone ricorso al Prefetto ex art. 203 cod. strada, la prescrizione è interrotta dalla notifica dell'ordinanza-ingiunzione di rigetto. Allo stesso modo, in caso di ricorso in opposizione all'Autorità Giudiziaria - ai sensi degli artt. 204-bis avverso il verbale, e 205 avverso l'ordinanza prefettizia, disciplinati secondo il rito del lavoro, rispettivamente dagli artt. 7 e 6 d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 - la lettura del dispositivo della sentenza ha natura interruttiva della prescrizione. Infine, in ipotesi d'impugnazione della sentenza del giudice di pace, ulteriore atto interruttivo si rinviene nella sentenza del giudice del gravame divenuta esecutiva. Qualora, invece, non avvenga il pagamento in misura ridotta e non venga proposto ricorso al Prefetto o opposizione all'Autorità Giudiziaria, la comunicazione di iscrizione a ruolo debitamente notificata al trasgressore, interrompe il decorso della prescrizione. Ulteriore, atto interruttivo, è la notifica dell'avviso di mora. L'atto interruttivo della prescrizione effettuato nei confronti di uno dei condebitori solidali, produce effetti anche nei confronti degli altri obbligati, i quali restano tenuti al pagamento, sinché non sia esaurito l'ultimo degli eventi interruttivi. Sulla base di questa premessa, la tesi sostenuta dalla difesa è che in assenza di una norma espressa sul regime della prescrizione delle sanzioni accessorie, debba farsi ricorso a un'interpretazione sistematica delle norme che conduca all'applicazione della prescrizione concernente le sanzioni pecuniarie anche per le sanzioni accessorie Le soluzioni giuridiche
Nel dichiarare il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato, la Corte osserva che il sopraevidenziato regime di prescrizione quinquennale, non potendo essere oggetto né di interpretazione estensiva né di applicazione analogica, resta riferibile letteralmente solo alle sanzioni pecuniarie e non anche alle sanzioni accessorie. Nel caso di specie, la sospensione della patente integra una sanzione amministrativa accessoria che consegue di diritto, con irrogazione obbligatoria ex art. 222 cod. strada, alla condanna per il delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. In quanto tale, la sua applicazione non può che conseguire all'esito del giudizio penale. Ne deriva che non si può ritenere svincolata la sanzione accessoria dal reato sotto il profilo della prescrizione, pena la creazione di un inammissibile doppio binario, idoneo a recare conseguenze abnormi, concernenti il diverso termine di prescrizione per il reato e per la sanzione accessoria (in tal senso, già Cass. pen., Sez. III, 2 agosto 2011, n. 30545). In merito, si ricorda che la Consulta, con ordinanza 27 gennaio 1999, n. 25, rilevava che il rapporto di accessorietà rispetto alla pena inflitta, esclude che il giudice penale possa applicare la sanzione amministrativa senza limiti di tempo. Ne deriva che:
opera il termine di prescrizione amministrativa quinquennale. Nel caso in cui, invece, l'applicazione della sospensione della patente derivi dall'accertamento effettuato dal giudice penale, ai fini della prescrizione della sanzione amministrativa vale il termine previsto per il reato cui accede. Osservazioni
La sentenza risulta condivisibile Non si può fare a meno, tuttavia, di osservare che il comma 2 dell'art. 222 cod. strada, in relazione ai delitti di omicidio e lesioni stradali, prevede, contemporaneamente, come sanzione amministrativa accessoria sia la sospensione, al II e III periodo, che la revoca della patente, al IV periodo, con buona pace della chiarezza. Tanto da costringere la Cassazione a correre in soccorso ermeneutico del distratto legislatore, affermando che la contraddittoria doppia comminatoria per la medesima violazione, costituisce il risultato di un difetto di coordinamento normativo, da risolversi propendendo per una interpretatio arbogans del II e III periodo, a seguito della riformulazione del IV periodo (Cass. pen., Sez. IV, 2360/2018 e, più di recente, Cass. pen., Sez. IV, 3247/2019). Come noto, di recente, la Corte costituzionale ha riconosciuto la legittimità della revoca automatica della patente solo in caso di condanna per reati stradali aggravati dallo stato di ebbrezza o di alterazione da stupefacenti mentre, nelle altre ipotesi di condanna per omicidio o lesioni stradali ha escluso l'automatismo, riconoscendo al giudice il potere di valutare, caso per caso, se applicare, la revoca o la, meno grave, sanzione della sospensione della patente. |