Il fenomeno delle frodi assicurative tra qualche criticità e possibili “precauzioni”

18 Marzo 2019

Il delitto di frode assicurativa rappresenta, purtroppo, una costante negativa del panorama criminologico italiano; un reato – se così ci può dire – “tipicamente” nazionale, che bene esprime un particolare approccio alla realtà economica. Non è un caso se le tariffe assicurative italiane sono tra le più alte d'Europa, in quanto “scontiamo” i costi di un numero di frodi che – in effetti – nella stessa Europa non trova molti paragoni.
Abstract

La rilevanza economica del settore assicurativo ha portato – da tempo – allo sviluppo di forme di criminalità che “corredano” lo stesso; da un lato, denunce di sinistri stradali non accaduti condizionano i costi delle polizze e impongono di realizzare modelli organizzativi di contrasto a tali forme di condotte illecite, riconducibili alla fattispecie di cui all'art. 642 c.p.; d'altro canto, la diffusione delle attività telematiche ha portato alla diffusione di offerte assicurative del tutto fittizie, finalizzate solo a ottenere un illecito profitti derivanti dal versamento di “premi” indebitamente versati.

Il fenomeno delle frodi assicurative

Il delitto di frode assicurativa rappresenta, purtroppo, una costante negativa del panorama criminologico italiano; un reato – se così ci può dire – “tipicamente” nazionale, che bene esprime un particolare approccio alla realtà economica. Non è un caso se le tariffe assicurative italiane sono tra le più alte d'Europa, in quanto “scontiamo” i costi di un numero di frodi che – in effetti – nella stessa Europa non trova molti paragoni.

Un fenomeno che se per certi aspetti si manifesta in particolare in alcune zone del territorio nazionale, di fatto coinvolge l'attività della Procure della Repubblica di molte ragioni, alla luce delle indicazioni sul luogo di consumazione del reato che – come vedremo – si sono ormai sedimentate da molti anni. Un fenomeno che, nelle zone nelle quali si presenta come endemico, vede coinvolte vere e proprie organizzazioni criminali, nell'ambito delle quali soggetti intervengono a vario titolo, in forza di differenti professionalità, per assicurare un “prodotto finale” consistente nella percezione del risarcimento. Percezione i cui destinatari sono spesso privati cittadini in realtà estranei ad ambienti delinquenziali, ma indotti dalla difficoltà economiche a fare ricorso a uno strumento – giudicato semplice e relativamente sicuro – per poter “incassare” profitti illeciti.

L'incidenza del fenomeno è, pertanto, favorita dall'effetto combinato di due fattori: il disagio economico diffuso e la presenza di organizzazioni criminali e può essere misurata dal costo delle polizze RC auto che, in conseguenza del numero dei sinistri viene a gravare sui cittadini residenti nelle singole aree. Non a caso, tra le tariffe più elevate troviamo quelle della Campania, con il capoluogo Napoli al primo posto; tariffe elevate sono riscontrabili anche in altre regioni del mezzogiorno (Puglia, Calabria e Sicilia) indubbiamente frutto (anche) della significativa presenza di organizzazioni criminali.

Non mancano le iniziative – oltre a quelle dell'A.G.– dirette a contrastare il fenomeno. Tra questa, fondamentali quelle svolte dall'IVASS (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) anche attraverso la gestione della Banca Dati sui Sinistri R.C. Auto (BDS) – istituita in forza di legge e attuate con disposizioni regolamentari – e la interconnessione con basi informative esterne all'Istituto.

L'archivio integrato antifrode dell'IVASS è uno strumento gestito proprio dall'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, finalizzato a prevenire e contrastare le truffe ai danni delle compagnie assicuratrici. Il servizio si basa su un archivio in cui sono racchiusi tutti i dati relativi ai sinistri oggetto di truffa ed è in grado di fornire indicazioni su quelli potenziali, incrociando tutti i dati e le informazioni contenute nell'inflessibile database.

Sono stati anche stipulati protocolli d'intesa in materia di frodi assicurative, tra IVASS, ANIA e alcune Procure della Repubblica; tali protocolli sono diretti disciplinare e agevolare la collaborazione e lo scambio d'informazioni tra i soggetti firmatari, al fine di rendere più efficace e tempestiva l'azione di prevenzione e contrasto delle frodi assicurative e di accelerare i tempi della giustizia. In questo modo, le Procure avranno accesso alla Banca dati sinistri, all'Anagrafe testimoni e all'Anagrafe danneggiati, mentre IVASS potrà fornire a richiesta le informazioni dell'Archivio integrato antifrode (Aia).

Sarebbe tuttavia errato pensare che il fenomeno delle frodi assicurative – in senso lato – si limiti alla denuncia di sinistri mai avvenuti. In realtà l'informatica e la telematica, anche in questo settore, hanno portato a una diffusione esponenziale di condotte penalmente rilevanti differenti, sebbene sempre riconducibili al medesimo alveo criminale, anche se– come vedremo – non tali da integrare il delitto di cui all'art. 642 c.p., rispetto alle quale le “vittime” risultano essere utenti alla ricerca di servizi assicurativi e – indirettamente – le compagnie stesse.

Una prima criticità: il locus commissi delicti

Esiste indubbiamente una preliminare e non secondaria criticità per chi deve svolgere indagini sul delitto di cui all'art. 642 c.p. (Fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona), nel secondo comma del quale viene descritta quella che è – indubbiamente – la condotta illecita che più frequentemente è protagonista nella aule giudiziarie: la denuncia di “sinistro non accaduto”.

La norma prevede la reclusione da uno a cinque anni, per chi, al fine di conseguire per sé o per altri l'indennizzo di una assicurazione o comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione «cagiona a se stesso una lesione personale o aggrava le conseguenze della lesione personale prodotta da un infortunio o denuncia un sinistro non accaduto ovvero distrugge, falsifica, altera o precostituisce elementi di prova o documentazione relativi al sinistro». Nel caso in cui il colpevole consegua tale intento, la pena è aumentata.

Ancora di recente, in relazione al momento consumativo del reato di fraudolento danneggiamento la S.C. (Cass. pen., Sez II, 19 ottobre 2017, n. 52953) ha ribadito un proprio consolidato indirizzo giurisprudenziale, affermando che tale delitto deve ritenersi consumato nel momento in cui si realizza la fraudolenta distruzione o il fraudolento occultamento della cosa assicurata; un delitto, pertanto, a consumazione anticipata che, come tale, non richiede, per la sua integrazione, il conseguimento effettivo di un vantaggio, ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo ed idonea a raggiungere lo scopo.

Per la S.C., «Premesso che il reato di cui all'art. 642 c.p. è a consumazione anticipata e non richiede conseguentemente un effettivo vantaggio ma che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo ed idonea a raggiungere lo scopo […] tale obiettivo può ritenersi raggiunto quando la richiesta di risarcimento giunge a conoscenza dell'effettivo titolare del potere dispositivo del diritto (e quindi presso la sede legale del soggetto giuridico legittimato ad istruire la pratica procedendo alla liquidazione del sinistro), essendo a tal fine irrilevante la ricezione dell'atto da parte della locale agenzia intermediaria tra l'assicurato e la società assicuratrice» (Cass., pen. Sez. II, 12 ottobre 2016, n. 48925).

È proprio in conseguenza di tale principio che i Principali criteri di orientamento sulla risoluzione di contrasti ex artt. 54, 54bis e 54quater c.p.p. emanati dalla Procura Generale presso la S.C., precisano che «nel caso di denuncia di infortuni mai accaduti (art. 642, comma 2, c.p.), è stato ritenuto che il reato si perfeziona nel momento e nel luogo in cui la denuncia perviene alla società assicuratrice, soggetto passivo del reato, che solo al momento della ricezione viene a conoscenza di un atto che fino a quel momento resta nella sfera del denunciante. Ne consegue la competenza della Procura ove si trova l'ufficio cui la denuncia viene recapitata, ma nessuna influenza sulla competenza spiega la ricezione della denuncia solo "per conoscenza" da parte di impresa non deputata a provvedere al risarcimento».

Una soluzione che non cambia laddove la denuncia del falso incidente si accompagni alla falsificazione di certificati medici attestanti lesioni in realtà mai riportate (art. 476 c.p.), posto che, pur nella connessione dei delitti previsti dagli artt. 642 e 476 c.p., non conoscendosi il luogo in cui quest'ultimo, decisamente più grave, sia avvenuto, la competenza deve determinarsi in relazione al reato residuo. Analoga soluzione è proposta nel caso in cui la truffa si sostanzi nella falsa denuncia del furto dell'auto (art. 367 c.p.).

In questa sede – ovviamente – non s'intende formulare alcun rilievo sulla correttezza di tale criterio (che consente di evitare che la competenza possa essere rimessa alla discrezionalità dell'autore del reato, che a fronte di altri criteri potrebbe “scegliersi” la Procura sulla base dell'ufficio assicurativo al quale inviare la richiesta) che nondimeno, per evidenti ragioni, non semplifica la possibilità di svolgere tempestivamente ed efficacemente indagini per il delitto in oggetto, in quanto frequentemente il luogo e i soggetti sui quali devono essere svolte le indagini si trovano a grande distanza dalla Procura della Repubblica competente per le stesse.

Indubbiamente, la denuncia del sinistro deve essere considerato un atto unilaterale recettizio che produce effetto solo nel momento in cui si può ritenere verificata la conoscenza (o almeno la conoscibilità) da parte della compagnia di assicurazioni, titolare del diritto patrimoniale compromesso. È, tuttavia, molto frequente che le Procure competenti territorialmente (ossia quelle sul cui territorio hanno sede le principali compagnie assicurative italiane: tra queste certamente Milano, Torino, Bologna, Treviso) siano destinatarie delle querele presentate da tali soggetti; querele che non sempre sono depositate presso gli uffici competenti e – ancora non infrequentemente – sono presentate a distanza di tempo dai fatti. Circostanza– come vedremo – che non necessariamente determina una declaratoria di tardività della querela e che – nondimeno – rende difficili, se non impossibili, alcuni accertamenti che potrebbero essere decisivi.

Tra questi, prima di tutto e soprattutto, i tabulati dei telefoni riconducibili ai soggetti (almeno apparentemente) coinvolti nel sinistro, per i quali comprendere non solo eventuali rapporti pregressi ma anche una conferma sulla presenza sul luogo nel giorno e ora del fatto denuncia può essere fondamentale. Accertamento che, ai sensi dell'art. l'art. 132 d.lgs. 196/2003 in relazione alla l. 45/2004, modificato dal d.lgs. 109/2008, non può essere effettuato ove siano trascorsi più di 24 mesi dal fatto.

Un secondo problema: legittimazione e termine per la querela

Il delitto in oggetto – per il quale, vista la pena, è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare – è procedibile a querela.

In relazione alla legittimazione a proporre querela, la S.C., con giurisprudenza da tempo univoca, ha chiarito che con riguardo all'art. 642 c.p., la nozione di persona offesa dal reato non coincide con quella di danneggiato, essendo quest'ultimo portatore di interessi connessi alle conseguenze privatistiche dell'illecito penale e legittimato all'esercizio dell'azione civile nel processo penale (Cass. pen., Sez. V, 28 gennaio 1983, n. 4116), mentre persona offesa dal reato (alla quale viene riconosciuto il diritto di querela) è il soggetto titolare dell'interesse direttamente protetto dalla norma penale e la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l'essenza dell'illecito (Cass. pen., Sez. VI, 24 febbraio 2004).

Ancore recentemente, (Cass. pen., Sez. II, 7 marzo 2018, n. 10425) ha ribadito che in materia di legittimazione a proporre querela per il reato previsto dall'art. 642 c.p., il diritto di querela spetta sia alla compagnia assicuratrice che gestisce il sinistro, sia a quella debitrice, in quanto parti direttamente coinvolte, seppur con ruoli diversi, nella richiesta di risarcimento del danno, che come tali hanno interesse alla corretta gestione del sinistro e a non vedere depauperato il proprio patrimonio da false denunce (Cass. pen., Sez. II, 27 aprile 2017, n. 24075); ciò considerando che possono pertanto coesistere più soggetti passivi di un medesimo reato, da individuarsi con riferimento alla titolarità del bene giuridico protetto (Cass. pen., Sez. VI, 24 febbraio 2004).

Precisa la S.C. che l'art. 642 c.p. è reato plurioffensivo posto a tutela della genuinità dei rapporti assicurativi; ovviamente il patrimonio degli enti assicuratori (nonché, l'interesse degli assicurati a non esser gravati da aumenti dei premi determinati da comportamenti fraudolenti di terzi).

Logico corollario di tale assunto è dato dal fatto che la compagnia gestionaria del sinistro deve ritenersi legittimata a proporre querela in proprio: a tale compagnia la falsa denuncia è inoltrata, così che deve istruire la pratica e liquidare il danno «ferma la successiva regolazione» con l'imprese debitrice ex art. 149, comma. 3, d.lgs., 7 settembre 2005, n. 209; inoltre, fermo restando che, nonostante la “successiva regolazione", sulla base del suddetto meccanismo, la compagnia gestionaria subisce comunque un danno diretto perché il meccanismo di compensazione (nei confronti della società debitrice), che si attiva una volta che la gestionaria abbia liquidato il danno, da una parte, «non tiene affatto conto dei costi di apertura e gestione della pratica di sinistro, nonchè delle relative attività istruttorie che restano a completo carico della Gestionaria, senza riconoscimento alla stessa di alcun rimborso, dall'altra, alla società debitrice viene addebitato un importo predeterminato, parametrato forfettariamente alle somme liquidate dalla società Gestionaria a titolo di risarcimento del danno, ma non corrispondente al quantum erogato in concreto» (Cass. pen., Sez. II, 27 aprile 2017, n. 24075).

Occorre, poi comprendere, da quanto decorra il termine per proporre querela; per la S.C. (Cass. pen., Sez II, 12 ottobre 2016, n. 43095) lo stesso andrebbe calcolato dalla data di piena cognizione dei fatti da parte dell'interessato. In particolare «occorre che la persona offesa abbia avuto conoscenza precisa, certa e diretta del fatto in modo da essere in possesso di tutti gli elementi di valutazione necessari per determinarsi. In ogni caso, l'onere della prova dell'intempestività della proposizione della querela incombe su chi la allega e, a tale fine, non è sufficiente affidarsi a semplici presunzioni o supposizioni, ma deve essere fornita una prova contraria rigorosa» (Cass. pen., Sez VI, 12 marzo 2015, n. 24380; Cass. pen., Sez. I, 28 gennaio 2008, n. 7333). La decisione contiene anche alcuni interessanti “indicatori”– in negativo – della menzionata “piena cognizione”; in questo senso, nel caso di specie, la S.C. rileva che:

  • la società aveva comunicato l'impossibilità di fare un'offerta risarcitoria per non aver potuto riscontrare traccia di intervenuto urto fra i dei mezzi e che esistevano solo motivi di sospetto emergenti dal contenuto del certificato medico del soggetto richiedente, in cui si faceva riferimento ad una caduta accidentale dalla moto;
  • non erano ancora pervenuti gli esiti degli accertamenti presso l'Ufficio Antifrode o Aree speciali e del conferimento a un'agenzia investigativa di un incarico
La nozione di sinistro

È importante soffermarsi sull'individuazione dell'ambito di applicazione della norma derivante dal concetto di sinistro. In questo senso, le fattispecie descritte nell'art. 642 c.p. sono molteplici, ma indubbiamente l'ipotesi di maggiore rilievo statistico è quella che formula riferimento alla denuncia un sinistro non accaduto; si tratta, in concreto, di un'ipotesi di falsità ideologica, destinata a un soggetto privato, che si sostanzia in una frode nella rappresentazione del sinistro.

Sul concetto di sinistro, la S.C. ha precisato che lo stesso non può essere limitato al solo incidente stradale: la fattispecie di reato di cui all'art. 642 c.p. punisce chiunque, ponendo in essere una delle condotte delineate nella norma incriminatrice de qua, voglia ottenere un indebito risarcimento nascente da qualsiasi contratto assicurativo depauperando ingiustamente il patrimonio della Compagnia di Assicurazione, così che per sinistro deve intendersi qualsiasi evento dannoso rilevante sotto il profilo assicurativo (Cass. pen., Sez. III, 26 febbraio 2014, n. 21816)

Si deve, pertanto, ritenere, che anche in base al significato letterale della parola sinistro, lo stesso non può essere limitato all'ambito stradale, dovendo ricomprendere un evento dannoso di varia natura che può riguardare una cosa, una persona o il patrimonio in generale dell'assicurato. In questo senso, è stato riconosciuto rientrare nell'ambito dell'art. 642 c.p. anche la falsa denuncia di rapina di un'autovettura, effettuata da un soggetto allo scopo di ottenere il relativo indennizzo da parte della Compagnia di Assicurazioni (Cass. pen., Sez. II, 17 dicembre 2013, n. 1856).

Sul piano formale, infine, la denuncia tale da assumere rilievo penale può essere presentata sia come avviso di sinistro (avviso che nell'assicurazione contro i danni, l'assicurato è tenuto a fornire all'assicuratore entro tre giorni dal momento nel quale il sinistro si è verificato o l'assicurato ne è venuto a conoscenza (art. 1913 c.c.), sia come richiesta di risarcimento, che l'assicurato, a seconda dei casi, può rivolgere all'impresa di assicurazione propria o del responsabile civile (artt. 148 e 149 d.lgs. 209/2005).

Le frodi tramite siti irregolari

Una ricognizione sui profili di rilevanza penale nel settore assicurative risulterebbe incompleta senza una – seppur rapida – analisi di un differente fenomeno criminale, identificabile nelle condotte fraudolente finalizzate a ottenere somme per la stipulazione di contratti assicurativi di fatto inesistenti.

Negli ultimi anni il mercato delle assicurazioni online ha visto una crescita dei propri volumi; questo fenomeno è stato intercettato da sedicenti intermediari assicurativi, i quali tramite siti internet irregolari che utilizzano nomi evocativi del mondo assicurativo, propongono, all'insaputa degli ignari acquirenti, polizze RCA contraffatte a prezzi apparentemente molto “vantaggiosi”.

In tali casi il sito internet è creato utilizzando frequentemente elementi riconducili a imprese realmente esistenti, ad es. utilizzando nel dominio, per intero o in parte, il nome del marchio dell'impresa, oppure utilizzando loghi o immagini rassicuranti carpite dal web. Nel sito sono comprese sezioni nelle quali gli agenti si presentano, anche con fotografie che dovrebbero rappresentarli, corredate da comunicazioni rassicuranti sull'efficienza del servizio offerto. In concreto, tali siti sono registrati ( al riguardo, è sufficiente inserire i dati anagrafici dell'intestatario del dominio e effettuare il pagamento richiesto per l'abbonamento di hosting) su un hosting provider a nome di un soggetto verosimilmente all'oscuro dell'intera attività.

Una volta che la vetrina di e-commerce è online, il sito web viene pubblicizzato sui principali motori di ricerca. Sono inoltre registrate le keywords con maggior appeal per la ricerche di polizze RCA; in questo modo, laddove un utente effettui una ricerca nel web, a mezzo di un apposito motore di ricerca, digitando termini quali “polizza auto economica”, “polizze temporanee”, “polizza 5 giorni” e simili il sito in questione comparirà tra i primi nei risultati della ricerca stessa

L'utente che entra in contatto con il sedicente sito d'intermediazione assicurativa deve inserire, dove richiesto, i propri recapiti (mail e cellulare),i dati anagrafici e i dati del veicolo da assicurare; in alternativa, l'utente può chiamare direttamente i recapiti presenti nel sito.

Il gestore del sito raccoglie i dati e simula un premio verosimilmente compatibile col profilo di rischio selezionato. In seguito, ricontatta l'utente al recapito telefonico proponendo a nome di un'impresa assicurativa realmente esistente un'offerta per la polizza RC.

A questo punto, in molti casi, il gestore del sito propone un ulteriore sconto a tempo limitato, per metter fretta all'acquirente e concludere velocemente la trattativa fraudolenta.

Nel caso in cui la proposta sia accettata, l'utente invia tramite app mobile la propria carta d'identità e la carta di circolazione del veicolo da assicurare. Questi documenti in seguito – purtroppo – potranno essere utilizzati dagli autori del reato per intestare utenze telefoniche, carte prepagate e registrare siti internet.

Il pagamento del corrispettivo del premio è richiesto tramite ricarica carta prepagata o bonifico bancario; le carte “ricaricabili” hanno associato un codice IBAN che permette di ricevere un flusso finanziario anche tramite bonifico, quindi anche nel secondo caso può essere destinataria delle somme una carta ricaricabile emessa da un istituto di credito. Il punto è che tali carte sono in molti casi intestate a un soggetto all'oscuro di tutto, in conseguenza del cd “furto d'identità”. Non solo: spesso gli autori dei reati procedono a costruito un network di carte prepagate intestate a soggetti differenti, che permette di far circolare i proventi illeciti, occultandone la provenienza.

In definitiva, dopo il pagamento, alla vittima del reato è inviata la documentazione di polizza, tramite e–mail o whatsapp mobile; questi circolerà ignaro della truffa subita fintanto che verrà sottoposto un controllo da parte delle autorità preposte al settore o – nella peggiore delle ipotesi – fino a che non risulterà coinvolto in un incidente.

La qualificazione della condotta e le possibili “precauzioni”

La condotta sopra descritta indubbiamente non rientra tra quelle previste e punite dall'art. 642 c.p., sopra esaminato. Un'analisi superficiale potrebbe portare a individuare nel delitto di frode informatica la “naturale” collocazione della stessa; nondimeno, potrebbe trattarsi più verosimilmente di un'ipotesi di truffa ex art. 640 c.p., al più aggravata dalla circostanza di cui all'art. 61 n. 5 c.p. (in questo senso, ravvisata a proposito delle truffe in line da Cass., Sez. II. dep. 14.10.2016, n. 43705, in questa rivista, 2017, con nota di C. PARODI, Truffe on line: applicabile l'aggravante della minorata difesa?)

Invero, non sono ravvisabili nel caso di specie interventi di alterazione in qualsiasi modo del funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenenti senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, atteso che la condotta trova luogo al di fuori dei “ circuiti” assicurativi ufficiali, a mezzo degli artifizi e raggiri on line sopra descritti. A questo– in alcuni casi– potrebbe aggiungersi il delitto di sostituzione di persona (art. 494 c.p.), ravvisabile a fronte dei soggetti che creino e utilizzino un "account" di posta elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diverso soggetto, inducendo in errore gli utenti della rete 'internet' nei confronti dei quali le false generalità siano declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese (Cass. pen., Sez. V, 8 novembre 2007, n. 46674).

La realtà del settore consente di individuare elementi distintivi che permettono di riconoscere un sito web non abilitato alla commercializzazione di polizze assicurative.

Lo stesso IVASS, attraverso il proprio portale web, informa l'utenza di prestare attenzione ai seguenti elementi distintivi:

  • iscrizione della compagnia di assicurazione all'Albo delle Imprese
  • iscrizione al Registro Unico degli Intermediari (RUI) nel caso si trattasse di un soggetto terzo (distributore).
  • laddove – come può accadere– gli autori dei reati siano intervenuti su quest'ultima criticità, fornendo nel sito internet un'iscrizione al RUI appartenente ad altro intermediario regolarmente iscritto al registro, è possibile comunque verificare se il sito internet è presente nell'elenco diramato da IVASS come sito web irregolare

È inoltre possibile effettuare una verifica sui dei dati presenti in polizza o preventivo, come ad es. la ragione sociale in intestazione se presenta imperfezioni o errori.

Ulteriori elementi che devono indurre a sospetto sono:

  • l'utilizzo da parte dell'intermediario– come strumento di comunicazione –in via esclusiva di email, cellulare o applicazioni whatsapp;
  • l'indicazione, tra i documenti di polizza consegnati, del contrassegno assicurativo da esporre sul parabrezza ( atteso che tale obbligo è stato abolito da ottobre 2015 a seguito della dematerializzazione del contrassegno)
  • l'omessa indicazione nel sito internet dei dati societari a piè di pagina (ad es. partita IVA, sede legale , ecc…; recentemente gli autori dei reati sono intervenuti su tale aspetto, indicando nel sito internet indicando una partita iva appartenente ad altra società regolarmente iscritta alla Agenzia delle Entrate);
  • il fatto che l'indirizzo della sede dell'intermediario riportata sul sito non trova conferma da una ricerca effettuata nel web;
  • l'indicazione di un premio di polizza proposto nettamente inferiore a qualsiasi altro premio trovato sui siti convenzionali;
  • il fatto che come unico mezzo di pagamento sia indicata la ricarica di una carta prepagata intestata a persona fisica;
  • la presenza tra i contatti disponibili di un indirizzo e–mail composto dal nome di una società assicurativa riferibile a un provider presente sul mercato (quali gmail/libero/virgilio ecc. …)
In conclusione
  • Il reato di frode assicurativa di cui all'art. 642 c.p., laddove oggetto della condotta sia la denuncia di un sinistro stradale mai avvenuto, è un delitto a consumazione anticipata e si consuma nel luogo ove ha sede la compagnia destinataria della richiesta di risarcimento.
  • La legittimazione a presentare la querela per il delitto sopra indicato deve essere riconosciuta spetta sia alla Compagnia assicuratrice che gestisce il sinistro, sia a quella debitrice, in quanto parti direttamente coinvolte, seppur con ruoli diversi, nella richiesta di risarcimento del danno.
In conclusione

M. ALESCI, La Cassazione si pronuncia sull'esatta portata della fattispecie di denuncia di un sinistro non accaduto di cui all'art. 642 c.p., nota a Cass.pen., Sez. III, 26/2/2014, n. 21816, CP, 2015, II, 616;

A.NATALINI, La nuova veste di un reato vecchio: truffa ai danni delle assicurazioni. Analisi degli elementi costitutivi della nuova fattispecie, Dir. e Giust. 2003, 85;

D. PORRINI, Frodi nell'assicurazione RC auto: analisi economica e possibili rimedi, Riv.pol.econ., 2002, n. 3-4;

M. RE, Il fenomeno della criminalità nella R.C. auto, DPP, 2002, 633.

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