Danno da premorienza e mala gestio

25 Marzo 2019

Ritardo da parte della compagnia assicurativa nel liquidare il risarcimento per l'elevata invalidità permanente subita in un incidente stradale: sussistenza o meno, in caso di premorienza della vittima, del diritto degli eredi a ricevere iure successionis il risarcimento per l'i.p. subita dal congiunto.

In caso di incidente stradale, ove la compagnia di assicurazione ritardi il risarcimento del danno alla vittima (cui è riconosciuta una i.p. del 97%) e questa dopo un anno e mezzo muoia, spetta agli eredi il risarcimento iure successionis del danno alla persona da i.p.? Può desumersi un obbligo dell'assicuratore per mala gestio?

L'ipotesi è quella in cui la vittima dell'incidente, prima di morire, abbia già conseguito la guarigione clinica e, dunque, i postumi permanenti si siano ormai stabilizzati, sopravvenendo la morte per altri fattori. Diverso è il caso in cui la morte intervenga prima della guarigione clinica dalle lesioni e a causa di esse: la risposta che segue non affronta quel diverso problema.

Il risarcimento del danno non patrimoniale alla persona per i postumi permanenti di una lesione altro non è se non il ristoro del disagio che, sul piano biologico, si patisce per dover sopportare, dopo la stabilizzazione (o guarigione clinica; prima viene risarcita la c.d. invalidità temporanea), l'esito duraturo delle lesioni per il resto della vita.

Pertanto, se, al momento della liquidazione, l'infortunato è in vita, si farà riferimento all'aspettativa di vita media (che trova traduzione nel sistema tabellare nel c.d. demoltiplicatore per l'età); altrimenti, la durata di quel disagio non può che essere pari al periodo trascorso sino alla data certa della morte. Nel primo caso (danneggiato vivo al momento della liquidazione), siamo in presenza di un danno futuro (il patimento dei postumi che si protrarrà sino all'epoca della presumibile morte, che viene fissata in base alle statistiche della vita media); nel secondo, di un danno passato (il patimento dei postumi dalla data del loro stabilizzarsi sino al decesso già avvenuto).

Da sempre la S.C. giudica erronea una liquidazione del danno che sia eguale nei due casi: per contro, la prima ipotesi seguirà l'ordinario meccanismo tabellare (che vede nell'applicazione del coefficiente di minorazione collegato all'età il modo per tenere conto in concreto delle diverse età dei danneggiati: un bambino appena nato, infatti, non ha alcun abbattimento, avendo davanti a sé l'aspettativa di una intera vita di durata media); mentre il secondo dovrà basarsi sulla effettiva durata, ormai nota, della vita del soggetto leso. Sul punto, cfr, fra le molte, Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1999 n. 489; Cass. civ., sez. III, 9 agosto 2001 n. 10980; Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 2007 n. 22338; Cass. civ., sez. III, 30 ottobre 2009 n. 23053; Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 2011 n. 2297; Cass. civ., sez. III, 14 novembre 2011 n. 23739; Cass. civ., sez. III, 30 giugno 2015 n. 13331, la quale, in motivazione, suggerisce anche, per la quantificazione, «[…] il criterio della proporzione, secondo cui il risarcimento che si sarebbe liquidato a persona vivente sta al numero di anni che questi aveva ancora da vivere secondo le statistiche di mortalità, come il risarcimento da liquidare a persona già defunta sta al numero di anni da questa effettivamente vissuti tra l'infortunio e la morte. […]»).

Conclusione: (1) certamente gli eredi hanno diritto di ricevere iure successionis il risarcimento del danno per i postumi permanenti subiti dal proprio congiunto, stabilizzatisi prima della morte; nondimeno; (2) la liquidazione non sarà identica a quella che si sarebbe operata se la vittima fosse ancora in vita, ma terrà conto della reale durata residua lungo la quale essa ha patito l'incidenza dei postumi permanenti. Ed è agevole verificare, adottando il criterio della proporzione indicata da Cass. civ., n. 13331/2015 o qualsiasi altro, che la somma riparatoria subirà per gli eredi un abbattimento significativo, talora macroscopico.

Effetto perequativo e armonizzante può derivare dall'applicazione dei criteri orientativi elaborati dall'Osservatorio della Giustizia Civile di Milano e trasfusi nelle recenti tabelle, edizione 2018, nel paragrafo dedicato al danno da premorienza, formula lessicale scelta per designare il caso qui trattato. Il sistema liquidatorio si fonda sull'attribuzione di una somma predeterminata (e che cresce al crescere dell'i.p.) per il primo anno (o per i primi due anni) dopo l'evento lesivo, nonché di ulteriori somme di minor importo per ogni anno successivo (al secondo) sino alla morte; sempre con la possibilità di un aumento sino al 50% per tenere conto di profili peculiari della singola fattispecie

Nella fattispecie concreta, l'importo base prevista in tabella (per la liquidazione del danno biologico accertato nella misura del 97%) è pari ad euro 25.404,00; questa somma, per il primo anno, si raddoppia ed è quindi pari ad Euro 50.808,00; per i successivi sei mesi è pari all'importo base di Euro 25.404,00 aumentato del 50% ed il risultato, pari ad Euro 38.106,00, deve essere diviso per due atteso che il danno biologico è stato patito dalla vittima solamente per la metà del secondo anno ed è quindi pari ad Euro 19.053,00; in definitiva, il danno risarcibile è quindi pari a complessivi Euro 69.861,00.

Il tema della mala gestio non pare rilevare nella fattispecie.

Il problema più rilevante, in quanto economicamente più significativo, che si potrebbe porre è se un ritardo colpevole dell'assicuratore potrebbe esporlo all'obbligo di corrispondere agli eredi, per mala gestio impropria (ossia nei confronti del danneggiato: cfr. Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2003 n. 10725), la stessa somma che si sarebbe dovuta pagare alla vittima, se ancora in vita al momento della liquidazione (che, come si è già notato, è sempre più elevata).

Va affermata la soluzione negativa.

Infatti, non si può ravvisare alcun nesso causale giuridicamente rilevante fra il ritardo nella liquidazione, quand'anche colpevole, e la riduzione della somma riparatoria, che deriva esclusivamente da una modifica della situazione di fatto (ossia dal venir meno del soggetto leso e, dunque, dalla sostituzione del dato statistico della vita media con il dato effettivo della vita reale), che nulla ha a che fare, se non in modo del tutto contingente e causalmente scollegato, coi tempi della compagnia. È insomma vero che la sopravvenuta morte della vittima, alla quale consegue una sensibile riduzione del quantum risarcitorio, ricade cronologicamente nell'area del colpevole ritardo dell'assicuratore nel liquidare il danno; ma, come ovvio, in alcun modo può dirsene causa o concausa. Il nocumento patrimoniale che si determina per il minor risarcimento dovuto a seguito della morte della vittima, insomma, è di mero fatto e non di diritto, tanto è vero che non è risentito dal soggetto leso, ma da persone diverse, ossia dagli eredi (i quali, prima della morte del congiunto, non erano titolari di alcun diritto risarcitorio).

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