La morte del coniuge dopo passaggio in giudicato della sentenza parziale sullo status determina la cessazione della materia del contendere?

Caterina Costabile
12 Aprile 2019

Affrontata la questione della sorte delle domande accessorie di contenuto economico ancora sub iudice nell'ipotesi di morte del coniuge in pendenza del giudizio di divorzio, sopraggiunta dopo l'emissione ed il successivo passaggio in giudicato di una sentenza parziale sullo status.
Massima

A seguito del passaggio in giudicato della sentenza parziale sullo status, il procedimento di divorzio prosegue nonostante il decesso del coniuge, per la definizione delle questioni di rilevanza patrimoniale, permanendo l'interesse dall'altra parte alla pronuncia.

Il caso

Nel corso del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra Tizio e Caia veniva emessa, su richiesta dell'attore, sentenza parziale sullo status.

Dopo il passaggio in giudicato della pronuncia di stato, i difensori di parte attrice davano atto del decesso di Tizio e chiedevano che fosse pronunciata dal Collegio la cessazione della materia del contendere in ordine alle domande ancora pendenti tra le parti.

A tali istanze replicava la convenuta Caia chiedendo la prosecuzione del giudizio per l'accertamento del proprio diritto all'assegno divorzile.

Le parti insistevano nelle rispettive domande e la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione.

La questione

Il Tribunale di Milano ha affrontato la questione della sorte delle domande accessorie di contenuto economico ancora sub iudice nell'ipotesi di morte del coniuge in pendenza del giudizio di divorzio, sopraggiunta dopo l'emissione ed il successivo passaggio in giudicato di una sentenza parziale sullo status.

Le soluzioni giuridiche

Costituisce principio ormai pacifico in giurisprudenza che la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale o di divorzio prima della pronuncia sullo status comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio ed a tutti i profili economici connessi (cfr. ex multis Cass. civ. sez. I, sent. 20 novembre 2008, n. 27556).

Tale conclusione si fonda sul pacifico assunto che, a norma dell'art. 149 c.c., il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi. Non vi è pertanto alcun interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio, per l'assorbente ragione che il giudice non potrebbe statuire sulla modifica o la cessazione di un rapporto giuridico – quello matrimoniale– già venuto meno per morte di uno dei coniugi. Sul piano processuale, la declaratoria di cessazione della materia ha l'effetto di travolgere ogni statuizione in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato, e di rendere improseguibile il giudizio anche per le domande di natura economica che siano connesse alla separazione o al divorzio

Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità non è ancora pervenuta ad una soluzione unitaria in ordine agli effetti della morte del coniuge in pendenza del giudizio di divorzio sopraggiunta dopo l'emissione ed il successivo passaggio in giudicato di una sentenza parziale sullo status.

Secondo un primo e più risalente orientamento, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza parziale sullo status, il procedimento di divorzio prosegue nonostante il decesso del coniuge, per la definizione delle questioni di rilevanza patrimoniale, permanendo l'interesse dall'altra parte alla pronuncia (cfr. Cass. civ. sez. VI, sent. 24 luglio 2014, n.16951; Cass. civ. sez. VI, ord.11 aprile 2013, n. 8874; Cass. civ. sez. I, sent. 3 agosto 2007, n. 17041).

Una diversa e più recente impostazione ritiene, invece, che la morte di una delle parti in qualsiasi fase del procedimento divorzile determina la cessazione della materia del contendere ed il conseguente travolgimento delle domande accessorie ancora sub iudice, a nulla rilevando l'intervenuto passaggio in giudicato della pronuncia non definitiva sullo status divorzile (cfr. Cass. civ. sez. I, sent. 20 febbraio 2018, n. 4092; Cass. civ.sez. VI, ord. 8 novembre 2017, n. 26489; Cass. civ. sez. I, sent. 26 luglio 2013, n. 18130).

Il Tribunale di Milano, con la pronuncia in commento, ha aderito al primo orientamento sulla base delle seguenti considerazioni:

1) non può ritenersi sussistente nell'ipotesi in esame la ratio sottesa alla cessazione della materia del contendere non venendo affatto meno l'interesse della parte superstite alla prosecuzione del giudizio, atteso che dall'attribuzione dell'assegno divorzile dipende la possibilità per il coniuge superstite, ormai privato dell'eventuale assegno di mantenimento, di richiedere la pensione di reversibilità a norma dell'art. 9, comma 2, l. n. 898/1970;

2) l'estensione della cessazione della materia del contendere alle domande di contenuto economico ancora sub iudice non risulta coerente con il dettato dell'art. 149 c.c. atteso che, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza sullo status divorzile, il matrimonio è già cessato e la morte dell'ex coniuge non è più in grado di incidere su di un rapporto matrimoniale in essere: di conseguenza, risulta improprio derivare conseguenze in punto di assegno divorzile (il travolgimento delle domande di contenuto economico ancora pendenti) sulla scorta di un presupposto (lo scioglimento del matrimonio per effetto della morte) che non si è integrato;

3) con la decisione sulla domanda di assegno divorzile, il Tribunale si pronuncia sulla spettanza di tale contributo in un periodo compreso tra il passaggio in giudicato della sentenza di status e la morte del coniuge, accertando così la sussistenza di un diritto (o di un obbligo) maturato nel patrimonio del coniuge superstite prima della morte dell'altro.

Osservazioni

È noto che la cessazione della materia del contendere si ha per effetto della sopravvenuta carenza d'interesse della parte alla definizione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l'effettivo venir meno dell'interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito.

Secondo l'impostazione fatta propria dal Tribunale di Milano nella pronuncia in esame, se il giudizio di divorzio ha ad oggetto esclusivamente domande di natura personale (es. l'affidamento dei figli), il decesso di una parte determina la cessazione della materia del contendere (trattandosi di questioni che non possono essere trasmesse agli eredi) mentre, se le domande sub iudice hanno carattere patrimoniale, deve dichiararsi l'interruzione del processo, con possibilità di riassunzione nei confronti degli eredi atteso il perdurante interesse del coniuge superstite ad ottenere la relativa pronuncia (in tal senso v. Trib. Genova 21 settembre 2017).

Ciò in quanto il principio dell'intrasmissibilità, dal lato passivo, dell'obbligo di versamento dell'assegno divorzile non trova applicazione, una volta proposta la relativa domanda giudiziale, per il periodo successivo all'inizio del procedimento e fino alla data del decesso dell'ex coniuge, residuando, in tal caso, l'interesse della parte istante alla prosecuzione del giudizio in riferimento alla definitiva regolamentazione del diritto all'assegno de quo per il periodo anzidetto (Cass. civ. sez. I, sent. 2 settembre 1997, n. 8381; Cass. civ. sez. I, sent. 23 ottobre 1996, n. 9238; Cass. civ. sez. I, sent. 15 novembre 1982, n. 1757).

Conseguentemente, la parte che richiede l'assegno divorzile può ottenere una sentenza che accerti il suo diritto per il periodo intercorrente tra il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio e la morte dell'obbligato, anche al fine di poter successivamente richiedere la pensione di reversibilità a norma dell'art. 9, comma 2, l. n. 898/1970.

Particolarmente interessanti appaiono le considerazioni effettuate dal Tribunale milanese in ordine alla circostanza che il più recente indirizzo di legittimità – dalla quale la pronuncia in esame di discosta - si basava anche sulle statuizioni in tema di assegno divorzile di cui alla sentenza della Suprema Corte sent. n. 11504/2017, che aveva sottolineato come con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale, comportando il totale azzeramento della precedente esperienza matrimoniale. Impostazione poi superata dalle Sezioni Unite (Cass. civ. S.U., sent. 11 luglio 2018, n. 18287) che hanno ribadito la funzione assistenziale dell'assegno in uno con quella compensativa e risarcitoria, in funzione perequativa e riequilibratrice, tenuto conto della incidenza della relazione matrimoniale sulla condizione personale e reddituale del coniuge al momento dello scioglimento del vincolo.

Inoltre, appare pregnante l'evidenziazione da parte dei giudici milanesi della radicale diversità del contesto sostanziale e processuale dell'evento morte nel caso di giudizio di separazione o di divorzio. Invero, ogni statuizione resa in sede separativa, sia essa passata in giudicato o meno, non fa venire meno il matrimonio ma incide unicamente sui diritti ed i doveri gravanti sui coniugi, con la conseguenza che viene meno anche l'interesse del coniuge superstite alle pronunce di contenuto economico, vantando egli ancora diritti ereditari.

Guida all'approfondimento

Bonilini, La morte di uno dei coniugi intervenuta durante il procedimento di divorzio, in Fam. Pers. Succ., 2009

Canestrelli, Appello del coniuge superstite avverso la sentenza di divorzio e legittimazione processuale dei successori, in Dir. fam., 2010

Danovi, Morte della parte prima del giudicato di divorzio: i rimedi per il coniuge superstite, in Fam. e Dir., 2017

Parlanti, Effetti della morte del coniuge in pendenza del giudizio di separazione e divorzio, in ilfamiliarista.it

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