L'abbreviato che verrà

15 Aprile 2019

L'evoluzione storica del giudizio abbreviato rappresenta la cartina di tornasole del tentativo, mai sopito, di smantellare pezzo per pezzo l'idea del processo accusatorio. Ci eravamo già occupati, su questa rivista, del tema. Torniamo a farlo oggi, all'indomani dell'ennesima, e contraddittoria, riforma legislativa (disegno di legge n. 925 AS, non ancora promulgato alla data di pubblicazione del presente lavoro): il divieto di accesso al rito abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo.
Abstract

L'evoluzione storica del giudizio abbreviato rappresenta la cartina di tornasole del tentativo, mai sopito, di smantellare pezzo per pezzo l'idea del processo accusatorio.

Ci eravamo già occupati, su questa rivista, del tema (v. SIRAGUSA, Gli equivoci del rito abbreviato: la parabola discendente di un codice "colabrodo"). Torniamo a farlo oggi, all'indomani dell'ennesima, e contraddittoria, riforma legislativa (disegno di legge n. 925 AS, non ancora promulgato alla data di pubblicazione del presente lavoro): il divieto di accesso al rito abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo.

L'abbreviato ostativo

La legge citata ha introdotto una nuova regola di giudizio per l'accertamento dei delitti puniti con la pena dell'ergastolo e ha per essi imposto la verifica dibattimentale da parte del giudice naturale precostituito per legge: la Corte d'assise.

L'articolo 1 della legge ha modificato l'art. 438 c.p.p. e dispone ora che «Non è ammesso il giudizio abbreviato per i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo».

Dall'impianto della novella legislativa si ricava come il rito abbreviato possa - ma sarebbe più corretto e prudente dire debba - essere richiesto dall'imputato o dal suo procuratore speciale anche nelle (sicure) ipotesi di inammissibilità. Infatti, secondo il novellato (e aggiunto) comma 6-ter dell'art. 438 c.p.p. «Qualora la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile ai sensi del comma 1-bis, il giudice, se all'esito del dibattimento ritiene che per il fatto accertato sia ammissibile il giudizio abbreviato, applica la riduzione della pena ai sensi dell'articolo 442, comma 2».

Del resto, a conforto della tesi qui esposta, concorre la disciplina interna dell'udienza preliminare circa il termine di preclusione per l'accesso al rito speciale: secondo il riformulato comma 6 dell'art. 438 c.p.p. «In caso di dichiarazione di inammissibilità o di rigetto, ai sensi, rispettivamente, dei commi 1-bis e 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2».

Semplificando: pare che la richiesta di giudizio abbreviato vada comunque versata agli atti per essere dichiarata inammissibile, salvo il “recupero” della premialità sanzionatoria in esito alla pronuncia di condanna dibattimentale.

In alternativa, la regola è destinata ad operare nei limitati casi in cui si svolga un'attività probatoria integrativa in udienza preliminare, il cui esito giustifichi la reiterazione della richiesta sul presupposto che le nuove informazioni probatorie qualifichino in diminuzione il fatto contestato.

Invero, nel caso di contestazioni in diminuzione, che eliminino cioè la preclusione oggettiva, l'accesso al rito contratto è possibile nei termini previsti dal comma 2 dell'art. 438 c.p.p.

A contrario, nel caso di contestazioni in aumento. Infatti l'articolo 2 della legge ha modificato l'articolo 441-bis c.p.p. con l'inserimento del comma 1-bis, in base al quale: «Se, a seguito delle contestazioni, si procede per delitti puniti con la pena dell'ergastolo, il giudice revoca, anche d'ufficio, l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato e fissa l'udienza preliminare o la sua eventuale prosecuzione. Si applica il comma 4».

A confortare la lettura della novella legislativa che è stata proposta, concorre infine l'articolo 4 della legge citata nella parte in cui ha inserito, all'articolo 429 c.p.p., il comma 2-bis («Se si procede per delitto punito con la pena dell'ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell'articolo 458»). Com'è noto, infatti, il giudice dell'udienza preliminare compie una verifica sulla correttezza dell'imputazione (cfr. Cass. pen., Sez. Unite, 5307/2008) e ha la possibilità di modificarla: se lo fa in diminuzione, rimuovendo la condizione ostativa, il decreto che dispone il giudizio deve dare avviso all'imputato che può reiterare la richiesta di giudizio abbreviato nel prologo dibattimentale.

Costituiscono corollari della riforma e, anzi, ne qualificano la portata (contraddittoria), l'abrogazione del secondo e del terzo periodo dell'articolo 442, comma 2, c.p.p. che, in caso di condanna all'esito del giudizio abbreviato, prevedevano, rispettivamente, la sostituzione della pena dell'ergastolo con quella della reclusione di anni 30, e la sostituzione dell'ergastolo con isolamento diurno con la pena perpetua senza isolamento.

Per schermare la legittimità costituzionale della novella e sul rilievo che le norme in materia di giudizio abbreviato hanno natura sostanziale, l'articolo 5 della legge prevede l'applicabilità del nuovo regime ai fatti commessi successivamente alla data della sua entrata in vigore, indicata nel giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La norma, detto altrimenti, assicura il rispetto del principio di legalità e garantisce la irretroattività della disciplina più sfavorevole in ossequio all'art. 25, comma 2, della Costituzione e del 7 § 1, Cedu.

Sulle false premesse della riforma

Le ragioni politiche che hanno armato la mano del legislatore riformante non sono oggetto di questo lavoro. E, tuttavia, da esse non si può prescindere nell'anelito di comprensione del no sense riformatore.

Sul piano della comunicazione mediatica la riforma è stata spesa – in nome della propaganda - come l'"abolizione degli sconti di pena per i delitti più gravi", oppure con il richiamo a-tecnico a esigenze di "certezza della pena" sotto lo slogan del "chi sbaglia, paga".

O tempora o mores: nell'era del populismo, il linguaggio del c.d. diritto penale no-limits (cfr. Vittorio Manes), impone il ricorso a espressioni di marketing comunicativo tanto efficaci quanto ingannevoli.

Cessato il quarto d'ora di celebrità comunicativa, proviamo a ristabilire lo stato dell'arte della questione.

La premialità del rito abbreviato risiedeva nell'esigenza di celerità e di rapida definizione della vicenda processuale, a fronte delle quali la rinuncia da parte dell'imputato alle garanzie costituzionali dell'accertamento dibattimentale (id est: il contraddittorio) veniva ricompensata, in caso di condanna, con la riduzione di un terzo della pena. Nel caso di delitti puniti con la pena dell'ergastolo, la ricompensa era quella della sostituzione del (fine) pena (mai) con la reclusione di trent'anni. Quest'ultimo premio era però stato eliminato dalla l. 4/2001 per i casi previsti dall'art. 72 c.p., con la previsione della pena dell'ergastolo anche per gli accertamenti di colpevolezza abbreviati, con la conseguenza che, in tale ipotesi, residuava il modesto beneficio della eliminazione dell'isolamento diurno. Come tutti sanno, dunque, anche con il giudizio abbreviato pre-vigente era possibile irrogare la pena dell'ergastolo.

Al quadro si era poi aggiunta la riforma Orlando (l. 103/2017) con l'introduzione della regola di rinuncia e sanatoria del comma 6-bis dell'art. 438 c.p.p.: chi opziona l'accertamento del fatto per via abbreviata rinuncia al giudice naturale (incompetenza per territorio) e sana i vizi del procedimento (le nullità a regime intermedio e quelle relative, oltre alle inutilizzabili probatorie).

Sono queste le ragioni che, negli anni, hanno reso il rito abbreviato poco attrattivo e hanno alimentato la convenienza della ribalta dibattimentale, incidendo profondamente sulla scommessa deflativa e sul funzionamento del sistema accusatorio.

Nella vulgata comune, dalla quale il populismo ha attinto a man bassa, il giudizio abbreviato è stato rappresentato, in modo fallace, come “il rito scelto dal colpevole che vuole lucrare uno sconto automatico di pena”.

Una inconsapevole regola di garanzia?

Come si è visto, non vi sono ragioni sistematiche a sostegno della novella legislativa che, al netto dell'effetto propagandistico, non sempre incide sul trattamento sanzionatorio (l'ergastolo era irrogabile già nel sistema pre-vigente) né sulla celerità del processo (che, anzi e come vedremo, dilata).

A fronte della negatoria di accesso al rito (inammissibile se la contestazione riguarda delitti puniti con l‘ergastolo anche per effetto delle circostanze aggravanti contestate), lo sconto di pena, in caso di condanna, può essere “concesso” in esito all'accertamento dibattimentale, con la conseguenza che ora la premialità non è più agganciata alla celerità del processo ma alla garanzia del giusto processo.

Si aggiunga che, per i delitti puniti con l'ergastolo in forza delle aggravanti, la riduzione dibattimentale della pena sarà una mera conseguenza del giudizio di esclusione delle circostanze originariamente (in udienza preliminare) preclusive del rito contratto. Qui, ci pare, si annidi la fallacia della riforma: essa ha inteso riportare indietro le lancette dell'orologio (alla sentenza Corte Cost. n. 176/1991) sia pure con la costosa (per il sistema) ma più garantista (per l'imputato) verifica dibattimentale.

Per paradosso, la novella populista sul giudizio abbreviato risulta inconsapevolmente garantista: impone di non rinunciare al giusto processo accusatorio e premia con il medesimo sconto del sistema pre-vigente ove, in esito al dibattimento, vengano meno i vincoli ostativi.

Sfugge alla comprensione di chi scrive quanto il sistema delineato dalla riforma sia coerente con le ragioni scientifiche che avevano progettato il fu giudizio abbreviato.

La posizione critica verso la riforma calibrata sulla sottrazione del diritto a essere giudicati sulla base degli atti e senza dibattimento, impone invece qualche riflessione. In effetti, l'argomentazione intende porre l'accento sulla sottrazione di un'opzione difensiva (il diritto potestativo alla definizione allo stato degli atti), dovendosi escludere che la critica investa il modello costituzionale del contraddittorio. Del resto, è certo che le nuove previsioni incentivano la pena dell'ergastolo e si pongono «in modo distonico rispetto al recente orientamento della stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 149/2018) che, seppur in tema di ergastolo ostativo, ha abbandonato la tradizionale difesa della tenuta costituzionale di tale pena, in favore dell'affermazione del principio della rieducazione del condannato non più ritenuto sacrificabile sull'altare di ogni altra funzione della pena» (cfr. S. Scuto).

Le ricadute sul sistema

Secondo le statistiche ministeriali riguardanti il rapporto tra i procedimenti relativi ai reati puniti con la pena dell'ergastolo definiti con rito ordinario e quelli definiti con rito abbreviato, la percentuale di procedimenti definiti con il rito contratto era del 68% nel 2016 e del 79% nel 2017:

Al contrario, l'abbreviato relativo ai reati puniti con una pena diversa dall'ergastolo - sempre secondo le statistiche ministeriali - aveva una scarsa attrattiva (17% nel 2016 e 21% nel 2017), mentre il rapporto complessivo tra il rito speciale e quello ordinario, negli anni considerati, s'è mantenuto sempre al di sotto del 5%.

È facile prevedere che la riforma, da un lato, aumenterà il carico pendente delle Corti d'assise e, dall'altro, duplicherà i giudizi nelle ipotesi di imputazioni cumulative.

Quid iuris, infatti, nel caso di abbreviato parziale?

Fino a qualche tempo fa non si era mai dubitato come fosse impossibile abbreviare solo alcune imputazioni: le esigenze di celerità ed economicità del rito “imponevano” la definizione in un rito simultaneo (speciale oppure ordinario).

Adesso, invece e come è stato osservato dal C.S.M. (delibera 6 febbraio 2019), «laddove nell'imputazione cumulativa, in aggiunta a reati puniti con la pena dell'ergastolo, siano compresi altri reati puniti con pena temporanea, la natura ostativa del primo reato» potrebbe non costituire ragione idonea a giustificare una richiesta di rito abbreviato “parziale” «in special modo quando sia richiesto l'abbreviato “semplice”, che, come già detto, configura un vero e proprio diritto potestativo dell'imputato […]. In assenza di una specifica disciplina che preveda in caso di imputazioni cumulative quale sia il rito applicabile ai reati non ostativi, è dunque possibile che, in via interpretativa, si possa pervenire alla soluzione di ritenere ammissibile l'abbreviato parziale, e cioè, limitato ai soli reati per cui il rito è ammissibile».

Conforta l'assunto in tesi l'analisi dei lavori della Commissione parlamentare che, all'art. 1 del disegno di legge, ha sostituito l'originaria formulazione (sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo) con l'attuale testo (non è ammesso il rito abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo).

La conseguenza, come intuibile, è che nei procedimenti con imputazioni cumulative, l'esercizio dell'opzione “abbreviato” rispetto ai reati ammissibili al rito imporrà la separazione e la duplicazione del procedimento «che sarà celebrato, per i reati ostativi, con rito ordinario dinanzi alla Corte d'Assise e, per quelli non ostativi, con rito speciale dinanzi al GUP», con «un aggravio processuale per entrambi gli Uffici, [e] ulteriori allungamenti dei tempi di definizione dei procedimenti».

Si pensi ad una ricettazione (ad esempio di un'arma) legata ad un omicidio dall'aggravante del nesso teleologico: la lettera del nuovo comma 1-bis dell'art. 438 c.p.p. non esclude che l'imputato possa chiedere di abbreviare l'accertamento del delitto di ricettazione, mentre [gli] impone il dibattimento per quello di omicidio aggravato ex art. 61 n. 2 c.p. (punito con la pena dell'ergastolo). In un caso simile, oltre alla denunciata duplicazione dei giudizi, si avrebbero potenziali conflitti di giudicati. Quid iuris, infatti, se il giudice del rito abbreviato assolve l'imputato dalla ricettazione? Il giudicato assolutorio del giudizio abbreviato estende i suoi effetti sul giudizio dibattimentale innanzi la Corte d'assise quanto all'esclusione dell'aggravante? E la Corte d'assise è vincolata a ridurre la pena per l'omicidio in caso di condanna?

Il vero vulnus al sistema: il pubblico ministero decide il metodo di accertamento

Se una critica può esser mossa a questa riforma improvvisata, ci pare convincente quella che pone l'accento sull'autarchia della decisione del pubblico ministero in ordine a quali siano le regole che presiedono all'accertamento del fatto; regole che l'imputato subisce per effetto delle scelte dell'organo inquirente.

In verità la questione non è nuova, e già accade per altro verso che la qualificazione giuridica del fatto, operata nell'imputazione dall'inquirente, determini le opzioni processuali dell'imputato. Si pensi, ad esempio, a un fatto di violenza privata contestato come sequestro di persona (delitto che è preclusivo della possibilità di accedere all'istituto della messa alla prova); oppure si pensi alla contestazione di un delitto comune (corruzione) con l'aggravante dell'art. 7 d.l. 152/1991, conv. in l. 203/1991, che consente di scartare sul binario meno garantista del processo di criminalità l'accertamento del fatto. In casi simili, è l'organo dell'azione a decidere (per l'imputato) le opzioni difensive oppure il metodo probatorio. Il che, ci pare, non sia rispondente ad un processo di parti.

L'abbreviato che verrà

Parafrasando Lucio Dalla, il giudizio abbreviato che sta arrivando porterà ancora grandi novità.

Infatti, al tavolo della concertazione ministeriale sulla “riforma epocale della giustizia” le parti stanno contrattando un nuovo giudizio abbreviato condizionato, nel quale la condizione del supplemento istruttorio non sarà più agganciata al giudizio di celerità ed economia processuale, ma alla valutazione di ammissibilità e conducenza ex art 190 c.p.p. oppure alla novità del tema istruttorio.

Non ci vuol molto a prevedere che, se prenderà forma, il prossimo Leviatano segnerà la morte definitiva del rito accusatorio a trent'anni dalla sua entrata in vigore.

Il nuovo abbreviato condizionato diventerà infatti il terreno elettivo per l'esercizio del diritto alla prova e del diritto di difendersi provando, recando con sé tutte le rinunce e sanatorie già introdotte con la riforma Orlando.

Come si vede siamo in presenza di un modo surrettizio e più ampio di quello proposto dalla A.N.M. nel documento del 10 novembre 2018, che proponeva la lettura ex art. 511 c.p.p. di tutte le informative a firma dei testi di polizia giudiziaria.

Con l'abbreviato che verrà sarà dunque «tre volte Natale e festa tutto il giorno, [ma] questa [non] è la novità»: il progetto di staccare la spina al rito accusatorio affonda le sue radici, anche ideologiche, sin dai primi anni della sua entrata in vigore (alludiamo al «principio di non dispersione delle fonti di prova») e trova oggi, nel nuovo corso populista, la sua migliore occasione di realizzazione.

Se è vero che «la svalutazione del coefficiente euristico del contraddittorio – cardine del processo accusatorio – nasconde una preferenza ideologica per il modello inquisitorio» (P. Ferrua), l'unica nota positiva è costituita dal venir meno della finzione di questi anni: «l'accusatorio sulle labbra e l'inquisitorio nel cuore».

«Ma qualcosa ancora qui non va … anche i muti potranno parlare, mentre i sordi già lo fanno» e l'occasione è unica, irripetibile: chi si intesterà il demerito di staccare definitivamente la spina al processo penale del 1989?

Guida all'approfondimento

M. SIRAGUSA, Gli equivoci del rito abbreviato: la parabola discendente di un codice “colabrodo”;

V. MANES, Diritto penale no-limits. Garanzie e diritti fondamentali come presidio per la giurisdizione, in Questione giustizia;

Consiglio Superiore della Magistratura, Parere sulla proposta di legge AC 392C abbinata alla n AC-460C avente ad oggetto inapplicabilita del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo;

P. FERRUA, Anamorfosi pagg. 173 e ss in AA.VV., Studi sul processo penale, Vol. II, Torino, 1992

S. SCUTO, Perché è sbagliato escludere i delitti puniti con l'ergastolo dal giudizio abbreviato, in Il Sole 24 ore;

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