Le nuove forme di legittima difesa domiciliare

Alex Ingrassia
18 Aprile 2019

Con il DDL Modifiche al codice penale altre disposizioni in materia di legittima difesa, approvato in via definitiva dal Senato il 28 marzo 2019, il volto della c.d. legittima difesa domiciliare è stato ampiamente modificato, riducendo gli spazi di sindacato giudiziale sui suoi presupposti, intervenendo sulla disciplina civilistica del risarcimento e e garantendo sul piano processuale una rapida trattazione dei processi che vedano imputati per lesioni o omicidio colposo coloro che si siano difesi nel proprio domicilio...
Abstract

Con il DDL Modifiche al codice penale altre disposizioni in materia di legittima difesa, approvato in via definitiva dal Senato il 28 marzo 2019, il volto della c.d. legittima difesa domiciliare è stato ampiamente modificato, riducendo gli spazi di sindacato giudiziale sui suoi presupposti (artt. 52, commi II, III e IV, e 55, comma II, c.p.), intervenendo sulla disciplina civilistica del risarcimento (art. 2044 c.c.) e garantendo sul piano processuale una rapida trattazione dei processi che vedano imputati per lesioni o omicidio colposo coloro che si siano difesi nel proprio domicilio (art. 132-bis disp. att. c.p.p.), oltre che il rimborso delle spese processuali e di difesa (art. 115-bis d.P.R. 115/2002) per chi venga archiviato o assolto per aver commesso il fatto in una situazione in cui operi la legittima difesa quale scriminante (art. 52, comma II, III e IV, c.p.) o scusante (art. 55, comma II, c.p.). Il legislatore ha inoltre inasprito le pene per i delitti di violazione di domicilio (614 c.p.), furto in abitazione (624-bis, comma I, c.p.), furto con strappo (art. 624-bis, comma II, c.p.) e rapina (art. 628 c.p.). Infine, il testo approvato ha posto l'obbligo di integrale risarcimento quale condizione per la concessione della sospensione condizionale della pena in relazione ai delitti di furto con strappo e in abitazione (art. 165 c.p.).

Introduzione

Con il DDL in esame, la discussa riforma della legittima difesa ha visto la luce, nel contesto di un provvedimento di più ampio respiro teso, nella prospettiva del legislatore, a garantire maggiore sicurezza ai cittadini nell'estrinsecazione della libertà individuale - soprattutto, ma non solo - nel proprio domicilio.

Due i fondamentali strumenti a cui è ricorso il legislatore per ottenere l'auspicato risultato: un inasprimento della risposta sanzionatoria per alcune figure delittuose poste a presidio (anche) della predetta libertà e una modifica a tutto campo della disciplina della legittima difesa, per (provare a) dare corpo a quel mantra che ha accompagnato la riforma, per cui “la difesa è sempre legittima”.

Ci si ripromette qui di offrire un commento a primissima lettura della novella, che, come notato già da coloro (Bartoli e Gatta) che hanno autorevolmente analizzato il testo legislativo prima della sua definitiva approvazione, porrà non pochi problemi esegetici e di tenuta costituzionale.

L'analisi prenderà l'abbrivio dalle modifiche alla disciplina della legittima difesa, cuore dell'intervento normativo, in tutte le sue sfaccettature: dalla formulazione della scriminante (rectius delle scriminanti), alla creazione di una nuova scusante per sottrarre all'enforcement penalistico alcune ipotesi di eccesso colposo, per poi considerare le ricadute civilistiche di tali modifiche contenute nel novellato art. 2044 c.c., fino a considerare le disposizioni lato sensu processuali (in ordine alla trattazione prioritaria dei processi in cui si debba verificare la sussistenza della legittima difesa domiciliare e il pagamento delle spese processuali per chi si sia lecitamente o incolpevolmente difeso).

Nella parte conclusiva dello scritto si prenderanno in considerazione gli inasprimenti sanzionatori consistenti, da un canto, nell'innalzamento dei minimi e/o dei massimi edittali dei delitti di violazione di domicilio, rapina, furto in abitazione e con strappo, dall'altro, nell'obbligo di integrale risarcimento quale condizione per la concessione della sospensione condizionale della pena in relazione ai delitti di furto con strappo e in abitazione.

Una scriminante a matrioska: il volto nuovo della legittima difesa domiciliare (comune e speciale)

Con il testo approvato la scriminante della legittima difesa di cui all'art. 52 c.p. appare aver assunto la struttura di una matrioska, il famoso insieme di bambole di origine russa, in cui la più grande, che contiene tutte le altre, è chiamata ‘madre' e la più piccola ‘seme'; a) la legittima difesa comune di cui all'art. 52, comma I, c.p., come la ‘madre' nella matrioska, contiene un'ipotesi speciale, che definiremo qui, per semplificarne l'identificazione, b) la legittima difesa domiciliare comune di cui all'art. 52, commi II e III, c.p., che contiene a sua volta una nuova sotto-fattispecie, che identificheremo come c) legittima difesa domiciliare speciale, il ‘seme' inserito nell'inedito comma IV dell'art. 52 c.p., per l'ipotesi di reazione ad aggressioni qualificate dalla violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica.

Ebbene, ciò che val la pena subito sottolineare è che – quantomeno nella prospettiva del legislatore – nello scorrere dalla scriminante ‘madre' al ‘seme' il giudice penale perde spazi di discrezionalità, passando da una piena cognizione/verifica dei requisiti della scriminante generale, a una cognizione limitata per l'ipotesi di legittima difesa domiciliare comune, fino a pervenire alla presunzione di legittima difesa di cui al ‘seme', in cui il giudice – quantomeno se si guarda al tenore letterale delle disposizione – dovrebbe essere mera bouche de la loi.

a) Fuor di metafora, la scriminante della legittima difesa comune, tipizzata nel primo comma dell'art. 52 c.p., non ha subito alcuna modifica, per cui il giudice penale deve verificare la sussistenza di tutti i requisiti della scriminante, ovvero la necessità di difesa, l'aggressione ingiusta, la proporzione tra difesa e offesa, l'attualità del pericolo per un bene proprio o altrui.

b) La prima modifica si registra rispetto alla legittima difesa domiciliare comune (art. 52, commi II e III, c.p.): il legislatore ha introdotto l'avverbio “sempre” in riferimento alla sussistenza del requisito della proporzione ove il soggetto, che si trovi legittimamente nel proprio domicilio o in altro luogo in cui si esercita un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale, usi un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo per difendere, alternativamente: i) la propria o altrui incolumità; ii) i beni propri o altrui, a patto che non vi sia desistenza e vi sia pericolo di aggressione.

Ebbene, come esattamente notato (Gatta), appare trattarsi di una modifica meramente simbolica, che non sembra poter mutare in alcun modo la disciplina vigente (e, soprattutto, il diritto vivente). Infatti, il II e il III comma dell'art. 52 c.p., introdotti con la l. 59/2006, prevedevano già una presunzione di proporzione che, al ricorrere dei requisiti tipizzati, non poteva che applicarsi “sempre”, non certo “talune volte” o “a piacere del giudice”.

D'altro canto, per l'integrazione della scriminante resta necessario, secondo la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte (per tutte Cass. pen., Sez. I, 8 marzo 2007, n. 16677, Rv. 236502, P.G. in proc. Grimoli) verificare tutti gli altri requisiti richiesti dalla legittima difesa comune, ovvero l'attualità del pericolo di aggressione, l'ingiustizia dell'offesa e, soprattutto, la necessità di difesa (da intendersi quale ricorso allo strumento meno offensivo disponibile eppur efficace per garantirsi la difesa).

Del resto, nemmeno si può pensare che, attraverso l'introduzione dell'avverbio “sempre”, il legislatore abbia voluto allargare la presunzione dalla proporzione agli altri requisiti di cui al primo comma dell'art. 52 c.p., come dimostrato, dall'introduzione del nuovo comma quarto.

c) Il citato quarto comma dell'art. 52 c.p., qui indicato come legittima difesa domiciliare speciale costituisce la modifica più dirompente della novella, il “seme” della matrioska, per cui, nell'ambito del domicilio o degli altri luoghi in cui si svolge un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale, «agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone».

Come notato dai primi commentatori (Bartoli, Gatta), si tratta, quantomeno nella prospettiva del legislatore, di una presunzione assoluta di legittima difesa, nel caso in cui il soggetto agisca in presenza di un'aggressione perpetrata secondo le cadenze dell'ipotesi aggravata del delitto di violazione di domicilio (art. 614, comma IV, c.p.).

La previsione si apre con una formula di rinvio “nei casi di cui al secondo e terzo comma”: l'esegesi di tale rinvio costituirà un punto qualificante della disciplina e della sua tenuta costituzionale.

Si prospettano, a parere di chi scrive, due possibili interpretazioni: i) il rinvio è funzionale a perimetrare i luoghi in cui la difesa è “sempre” legittima; ii) il rinvio è più ampio, richiedendo per la sussistenza della scriminante la presenza dei requisiti contenuti nel secondo e terzo comma, compatibili con la nuova causa di giustificazione.

i) Aderendo alla prima esegesi, il sindacato giudiziale sui requisiti di proporzionalità, necessità e attualità del pericolo per l'incolumità o i beni patrimoniali propri o altrui verrebbe obliterato: nel momento in cui un soggetto si introduce nel domicilio altrui illecitamente, con violenza (anche solo reale) o minaccia di ricorso ad armi o strumenti lesivi è lecita qualsiasi difesa. Al giudice penale resterebbe da verificare esclusivamente l'esistenza di una condotta di violazione di domicilio qualificata, essendo in tale contesto possibile ogni e qualsiasi reazione dell'aggredito.

L'interpretazione sembra aderire perfettamente alle intenzioni del legislatore storico, al ‘mantra' della difesa sempre legittima; tuttavia, si tratterebbe di una soluzione di dubbia (si tratta di eufemismo) legittimità costituzionale.

Come esattamente rilevato (Gatta), per giurisprudenza consolidata del Giudice delle Leggi, sono in contrasto con l'art. 3 Cost. in quanto irragionevoli, le presunzioni che non rappresentino l'id quod plerumque accidit: ebbene, non sembra difficile dimostrare che sia possibile in moltissimi casi respingere un'intrusione nel domicilio senza utilizzare necessariamente le armi e, soprattutto, senza togliere la vita all'aggressore. Ma anche a ritenere ragionevole la presunzione, proprio nel caso di legittima difesa con esito letale per l'aggressore originario, tale presunzione si porrebbe in contrasto con l'art. 2, comma II, lett. a), CEDU, parametro interposto per una questione di illegittimità costituzionale ex art. 117 Cost.

Più in generale, pare a chi scrive, che una presunzione assoluta di legittima difesa porti con sé un sovvertimento del peso dei beni in gioco, ammettendo il sacrificio di una vita umana pur di garantire il godimento del proprio domicilio o del patrimonio: una tale soluzione sembra in contrasto con lo spirito più profondo della Costituzione e dell'idea di Umanità e di Società Civile in essa contenuto, che si incarna nella previsione dell'art. 2 Cost.

ii) Nella seconda prospettiva (già sostanzialmente proposta in dottrina da Gatta), valorizzando il rinvio ai “casi di cui al secondo e terzo comma”, sarebbe possibile ridurre gli spazi – apparentemente sconfinati – della previsione in commento, anche nel tentativo di trovare un'interpretazione conforme a Costituzione.

In concreto: (I) l'azione “sempre in stato di legittima difesa” sarebbe solo quella tipizzata nel secondo comma dell'art. 52, ovvero l'uso di armi – purché legittimamente detenute – o di un altro mezzo di difesa; (II) la violenza e la minaccia qualificate dovrebbero avere una direzione finalistica univoca, cosicché sia integrata la scriminante solo ove il soggetto agisca per difendere “la propria o altrui incolumità” oppure “i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione”.

Così inteso il rapporto tra le due forme di legittima difesa domiciliare, quella speciale si distinguerebbe dalla comune, rispetto ai presupposti, richiedendo un'aggressione qualificata, e rispetto alla disciplina, essendo prevista una duplice presunzione, non solo di proporzione, ma anche di necessità.

Anche tale interpretazione ortopedica non sembra pienamente rispettosa dei principi costituzionali per le ragioni già esposte poco sopra: ammettere sempre e comunque una difesa che consenta l'omicidio altrui, non necessario per sventare un'aggressione (sebbene qualificata), appare difficilmente compatibile con gli artt. 2, 3, e 117 Cost.

In definitiva, l'intervento della Corte Costituzionale appare come un passaggio necessitato per verificare fin dove possa spingersi il legislatore, pur eventualmente sulla base di un consenso popolare diffuso e radicato, per affermare, più nello specifico, se la nostra Carta fondamentale consenta di ritenere “sempre” legittima la difesa.

I nuovi limiti all'eccesso colposo per le forme di legittima difesa domiciliare

Il legislatore nella prospettiva di garantire un'impunità ad ampio spettro a chi reagisca ad un'aggressione nel proprio domicilio ha introdotto un nuovo comma, il secondo, all'art. 55 c.p. che disciplina l'eccesso colposo nelle cause di giustificazione.

Come noto, si parla di eccesso colposo quando, in presenza di una situazione scriminante, il soggetto ecceda i limiti della causa di giustificazione: in tale ipotesi il fatto resta antigiuridico, ma per essere ascritto sarà, ovviamente, necessario che l'eccesso sia rimproverabile a titolo doloso o colposo (ove sia prevista, ovviamente, una fattispecie colposa).

L'eccesso può dipendere da un errore nella valutazione della situazione (Caio ritiene che Tizio, che lo sta effettivamente aggredendo, disponga di un'arma vera, mentre si tratta di un giocattolo) o nella fase esecutiva (Caio, aggredito da Tizio, intende sparare un colpo in aria per allontanare l'aggressore, ma preme troppo presto il grilletto e lo attinge al petto).

Ebbene, il nuovo capoverso dell'art. 55 c.p. prevede una eccezione alla disciplina generale dell'eccesso colposo: «Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5, ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto».

La previsione pare a tutti gli effetti una scusante: il legislatore individua una situazione in cui il soggetto non appare rimproverabile per un'azione pur tipica e antigiuridica, poiché circostanze peculiari hanno inciso in modo irresistibile sulla volontà e sulla capacità di autodeterminazione dell'agente.

La scusante mira a escludere dall'enforcement penalistico i casi in cui il soggetto agisca oltre i limiti della legittima difesa domiciliare ordinaria o speciale, per reagire ad un'offesa diretta alla propria o altrui incolumità, purché, alternativamente: a) l'aggressione sia realizzata in una condizione di minorata difesa (ex art. 61, comma I, n. 5 c.p.); b) il pericolo in atto abbia creato in chi reagisce uno stato di grave turbamento.

a) Quanto alla prima ipotesi ricorre l'aggravante della minorata difesa quando chi si introduce nel domicilio altrui si approfitti «di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa».

Come è stato notato (Gatta), con una certa sciatteria il legislatore ha utilizzato un'aggravante, che descrive una modalità della condotta, per tipizzare lo stato emotivo di chi respinge tale condotta. La conclusione è che intanto sussisterà la scusante, in quanto chi reagisca all'aggressione lo faccia in una situazione in cui la difesa è più difficile e, dunque, risulti non – o, comunque, meno - rimproverabile un errore di valutazione della situazione stessa o nell'esecuzione della difesa: si pensi a chi si trovi a difendere sé e i propri figli piccoli, di notte, da una pluralità di aggressori, magari entrati nell'abitazione con modalità rocambolesche come l'uso di un'auto trasformata in un ariete.

b) Ugualmente non rimproverabile sarà chi ecceda nella legittima difesa, ma in uno stato di grave turbamento, cagionato dalla situazione di pericolo in corso. Proprio lo stato di grave turbamento costituisce il cuore della scusante: per declinare la struttura e l'accertamento di tale concetto può farsi ricorso alla all'elaborazione giurisprudenziale in materia di minaccia grave (art. 612, comma II, c.p.) e di atti persecutori (art. 612-bis, c.p.).

Segnatamente, la Cassazione, in relazione all'art. 612, comma II, c.p., ha precisato che il grave turbamento va desunto dall'insieme delle circostanze concrete nelle quali la minaccia è stata commessa e dalle condizioni particolari in cui si trovano i soggetti del delitto (Cass. pen., Sez. V, 10 febbraio 2017, n. 32368; Cass. pen., Sez. VI, 16 giugno 2015, n. 35593); ugualmente, come esattamente notato (Gatta), attualizzando l'insegnamento in tema di dimostrazione degli eventi del delitto di atti persecutori, la prova del grave turbamento passa attraverso le dichiarazioni di chi si è difeso, i suoi comportamenti contemporanei e successivi all'aggressione subita e alle modalità stesse dell'aggressione e della difesa (Cass. pen., Sez. V, 2 marzo 2017, n. 17795; Cass. pen., Sez. V, 25 gennaio 2017, n. 12799).

Ciò che stupisce è il richiamo alla scriminante della legittima difesa domiciliare speciale: se si tratta di una causa di giustificazione ‘assoluta', che non ammette deroghe come vorrebbe il legislatore, non si comprende che spazio possa avere la disciplina dell'eccesso colposo, di cui l'art. 55, comma II, c.p. costituisce eccezione/delimitazione. A ben vedere, infatti, gli errori valutativi o esecutivi integrano l'eccesso colposo nella misura in cui fanno trascendere alla condotta difensiva i limiti della necessità e proporzione che, tuttavia, nella previsione dell'art. 54, comma IV, c.p. dovrebbero essere presunti, sottratti all'accertamento del Giudice e, per ciò solo, non travalicabili.

Non si fa fatica ad immaginare che l'intento del legislatore di sottrarre ‘sempre' chi si difenda dalle maglie della legge penale abbia condotto ad un surplus di previsioni che escludono la punibilità: tale surplus, tuttavia, crea maggiori incertezze interpretative, generando maggiori problemi di quelli che dovrebbe risolvere.

La nuova scusante trova i propri confini: nell'eccesso doloso, ovvero il caso in cui scientemente chi si difende travalichi i limiti della scriminante, ad esempio per ragioni di vendetta o di fredda e razionale rabbia, fatto senz'altro punibile; nella totale incapacità di intendere e di volere, cagionata dallo stress dell'aggressione, che ove porti a stati psichici di completa incapacità di gestire e comprendere le proprie azioni, escluderà in radice l'imputabilità di chi si è difeso.

Le modifiche alle conseguenze civilistiche per chi agisce scriminato o scusato

La novella in commento interviene anche sull'art. 2044 c.c., introducendo ex novo un secondo e terzo comma, pendant civilistico rispettivamente delle scriminanti e della scusante di nuova introduzione.

Il nuovo secondo comma dell'art. 2044 prevede che «nei casi di cui all'articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale, la responsabilità di chi ha compiuto il fatto è esclusa». Si tratta di una previsione del tutto inutile giacché pacificamente ove il fatto sia realizzato in presenza di una scriminante, essa lo rende lecito per l'intero ordinamento: in concreto, se il fatto è giustificato, esso non dà luogo a nessun risarcimento.

Di maggior interesse il comma successivo, pure di nuova introduzione: «nel caso di cui all'articolo 55, secondo comma, del codice penale, al danneggiato è dovuta una indennità la cui misura è rimessa all'equo apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato». Rispetto alle offese, scusate dal grave turbamento o dalla minorata difesa sulla base della previsione di cui al capoverso dell'art. 55 c.p., il legislatore chiarisce che esse non danno luogo ad un risarcimento, ma ad una mera indennità, non differentemente da quanto avviene in relazione allo stato di necessità di cui agli artt. 54 c.p. e 2045 c.c.

La nuova previsione individua anche le fondamentali variabili che devono orientare “l'equo apprezzamento del giudice”, che in termini penalistici attengono al disvalore della condotta dell'aggressore e alla sua con-causalità rispetto al danno patito dallo stesso originario aggressore.

Le modifiche lato sensu processuali: le spese sostenute dal soggetto scriminato o scusato e la trattazione dei processi

Le modifiche alla disciplina della legittima difesa toccano anche aspetti processuali (in senso ampio).

In primo luogo, il legislatore è intervenuto sull'art. 132-bis disp. att. c.p.p., disposizione in cui sono individuati i procedimenti penali che devono essere trattati con priorità assoluta, introducendo una nuova ipotesi alla lettera a-ter).

Segnatamente, i processi per omicidio e lesioni colposi, in cui si dovrà verificare la sussistenza dei requisiti delle scriminanti domiciliari o della scusante, assumono priorità di svolgimento.

Ebbene, la norma trova la propria ratio nel tentativo di sottrarre quanto più rapidamente al giudizio penale chi si sia lecitamente o incolpevolmente difeso nel proprio domicilio: ove non intervenga un provvedimento di archiviazione e sia necessario un accertamento giudiziale, questo dovrà essere il più rapido possibile.

L'ulteriore innovazione consta dell'aggiunta dell'art. 115-bis al d.P.R. 115/2002 e riguarda le spese, sostenute da chi abbia agito in legittima difesa, relative al proprio difensore, al consulente tecnico e all'ausiliario del giudice: il legislatore nazionale, sulla scia delle disposizioni del Regolamento Regione Lombardia 1/2016, ha previsto che in caso di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento, motivate dalla sussistenza della legittima difesa domiciliare (scriminanti o scusante), il giudice liquida le spese a favore del soggetto imputato.

Ovviamente, chiarisce la disposizione, in caso di sentenza definitiva di condanna, a seguito di revoca del decreto di archiviazione o della sentenza di non luogo a procedere o, ancora, in caso di riforma o annullamento della sentenza di assoluzione, lo Stato ha diritto di ripetere le somme anticipate al soggetto condannato.

È interessante notare che il ‘costo' dell'innovazione è valutato in 590.940 euro, una somma in linea (se non persino eccessiva) con il fenomeno empiricamente assai limitato dei processi per legittima difesa domiciliare: come rilevato da Gatta, le decisioni della Cassazione in tema di art. 52, commi II e III, c.p. sono solo una cinquantina (circa 4 per ogni anno di vigenza della norma, introdotta con la l. 59/2006).

L'inasprimento della pena per i delitti di violazione di domicilio, rapina, furto con strappo e in abitazione

Parallelamente alle modifiche alla disciplina della legittima difesa domiciliare, il legislatore è intervenuto inasprendo le pene per alcuni delitti connessi – in senso assai ampio – alle aggressioni che possono precedere la reazione scriminata o scusata. Segnatamente, l'intervento ha ritoccato al rialzo il minimo e/o il massimo delle cornici edittali relative ai delitti di i) violazione di domicilio, ii) furto con strappo e furto in abitazione e iii) rapina.

i) Quanto alla violazione di domicilio il legislatore ha previsto un aumento sia della fattispecie generale sia di quella aggravata di cui al quarto comma dell'art. 614 c.p.

La pena per la previsione di cui al I comma passa da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni di reclusione, ad un minimo di un anno ad un massimo di quattro anni di reclusione. La modifica non preclude la possibilità per 'imputato di accedere alla sospensione e messa alla prova di cui all'art. 168-bis c.p. né di ottenere la declaratoria di particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p.

L'ipotesi aggravata di cui al quarto comma vede raddoppiato il minimo della reclusione, che passa da un anno a due anni, e aumentato il massimo, da cinque a sei anni. L'aumento preclude la possibilità del riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

Sono ora possibili l'arresto facoltativo in flagranza l'adozione di misure cautelari personali diverse dalla custodia cautelare in carcere anche per l'ipotesi del primo comma.

ii) In ordine al furto in abitazione, previsto dal I comma dell'art. 624-bis c.p., il legislatore è intervenuto innalzando sia il minimo (che passa da tre a quattro anni di reclusione) sia il massimo (che da sei raggiunge i sette anni di reclusione) della pena detentiva prevista. Tale modifica si ripercuote sul delitto di furto con strappo, di cui all'art. 624-bis, cpv., c.p., la cui risposta sanzionatoria è individuata attraverso un rinvio alla previsione del furto in abitazione.

Ugualmente ritoccata al rialzo è la pena prevista per l'ipotesi aggravata di entrambi i reati, che ricorre ove sia integrata una delle aggravanti comuni ex art. 61 c.p. o di quelle speciali del furto di cui all'art. 625 c.p.: in tale ipotesi, la reclusione da quattro a dieci anni e la multa da 927 euro a 2000 sono sostituite con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da 1.000 a 2.500 euro.

È ora possibile il fermo anche per le ipotesi non aggravate.

iii) Infine, quanto al delitto di rapina, ugualmente si registrano innalzamenti della risposta sanzionatoria, che riguardano: a) il minimo di reclusione per l'ipotesi di rapina propria e impropria semplice, che passa da quattro a cinque anni;

b) il minimo di reclusione e la multa per l'ipotesi di rapina propria e impropria mono-aggravata di cui al terzo comma dell'art. 628 c.p., che passano rispettivamente da cinque a sei anni di reclusione, e dalla multa da 1.250 a 3.098 euro a quella da 2.000 a 4.000 euro;

c) l'ipotesi pluri-aggravata in cui, specularmente, la pena minima viene innalzata da sei a sette anni di reclusione e la multa passa da una cornice che varia da 1.538 euro a 3.098 euro ad altra dai 2.500 ai 4.000 euro.

Si tratta, in generale, di inasprimenti sanzionatori dal forte valore simbolico, ma sulla cui idoneità dissuasiva rispetto alla decisione di delinquere possono nutrirsi fondati dubbi, considerato il carattere già severo della risposta penale quanto alla pena detentiva e alla cronica incapacità del sistema di eseguire le sanzioni pecuniarie.

È appena il caso di segnalare al lettore che le nuove cornici edittali potranno applicarsi, stante lo sbarramento dell'art. 2, comma IV, c.p., solo a fatti consumati dopo l'entrata in vigore della legge.

La concessione della sospensione condizionale subordinata al risarcimento del danno per i delitti di furto con strappo e in abitazione

L'ultima modifica compiuta dal provvedimento in commento riguarda l'art. 165 c.p., che disciplina gli obblighi a cui può o deve essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena. In generale, il giudice può subordinare l'applicazione del beneficio al risarcimento del danno, alle restituzioni, alla pubblicazione della sentenza ove sia disposta a titolo di riparazione del danno, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e, infine, se il condannato non si oppone, alla prestazione di lavoro di pubblica utilità; la subordinazione diviene obbligatoria nelle ipotesi in cui:

a) il condannato abbia già goduto del beneficio in precedenza o

b) abbia realizzato i delitti di peculato (art. 314 c.p.), concussione (art. 317 c.p.), corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c.p.) o per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.) o in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.) sia per quanto riguarda il pubblico ufficiale, l'incaricato di pubblico servizio (art. 320 c.p.) che per il corruttore (art. 321 c.p.), induzione alla corruzione (322 c.p.) e induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), nei quali casi il condannato sarà tenuto al pagamento della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ex art. 322-quaterc.p.

Una ulteriore disposizione che richiede obbligatoriamente il risarcimento del danno per poter fruire della sospensione condizionale è poi contenuta nella legislazione speciale in materia di reati tributari (art. 12, comma II-bis, d.lgs. 74/2000).

A tali previsioni si aggiunge ora una nuova ipotesi, introdotta al IV comma dell'art. 165 c.p., che subordina, solo in relazione alle fattispecie di furto con strappo e in abitazione, la concessione del beneficio al pagamento integrale del risarcimento del danno alla persona offesa.

Ebbene, tale previsione desta evidenti perplessità in relazione al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.: non si comprende, infatti, perché solo per i reati in parola dovrebbe prevedersi l'obbligo di risarcimento per il riconoscimento della sospensione condizionale e non per altri delitti che offendono i medesimi beni giuridici e presentano un maggior disvalore già in astratto, su tutti il reato di rapina e di furto pluriaggravato, o che, pur preservando esclusivamente il patrimonio, possono nei casi concreti realizzare offese di pari disvalore, come in ipotesi particolarmente gravi di truffa ai danni dello Stato o di frode in emigrazione.

In ogni caso, deve sottolinearsi, anche sul punto, che i limiti alla concessione della sospensione condizionale potranno operare solo in relazione ai delitti consumati dopo l'entrata in vigore della legge.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema: Bartoli, Verso la ‘legittima offesa, in Diritto penale contemporaneo, 14/1/2019; Cadoppi, La legittima difesa domiciliare (cd. ‘sproporzionata' o ‘allargata'): molto fumo e poco arrosto, in Diritto penale e processo, 2006, 434 ss.; Diamanti, Il diritto incerto. Legittima difesa e conflitto di beni giuridici protetti, in Riv. it. dir. proc. pen., 2016, 1353 ss.; Dolcini, La riforma della legittima difesa: leggi ‘sacrosante' e sacro valore della vita umana, in Diritto penale e processo, 2006, 431 ss.; Gatta, Sulla legittima difesa ‘domiciliare': una sentenza emblematica della Cassazione (Caso Birolo) e una riforma affrettata all'esame del Parlamento, in Diritto penale contemporaneo, 22/10/2018; Gatta, La nuova legittima difesa nel domicilio: un primo commento, in Diritto penale contemporaneo, 1/4/2019; Paliero, La legittima difesa territoriale (ovvero un paradigma orientato sulla sproporzione) l. 13 febbraio 2006, n. 59, in Legislazione penale, 2006, 569 ss.; Pulitanò, Legittima difesa: fra retorica e problemi reali, in Diritto penale contemporaneo – Rivista trimestrale, f. 4

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario